Obiezione di coscienza: presidio di libertà

obiezionePer Rassegna Stampa 19 giugno 2012

Aldo Ciappi
Scienza e Vita di Pisa e Livorno

Agli abortisti non va proprio giù che una percentuale sempre maggiore di medici ginecologi e anestesisti (siamo al 62% secondo le stime degli stessi) anche nella “progressista” Toscana si rifiutino di praticare l’intervento di asportazione del “prodotto del concepimento” (in questo orrendo modo si esprime la legge 194/78 che ha introdotto l’ “I.V.G.”, “Interruzione Volontaria di Gravidanza”, altro termine usato per anestetizzare le coscienze).

Come al solito, i difensori ad oltranza del diritto delle donne di decidere se la vita che si sviluppa nel loro seno debba o meno essere lasciata crescere o piuttosto gettata nel cassonetto dei rifiuti speciali, non sono sfiorati dal minimo dubbio su ciò che accade ogni volta che quel processo vitale viene interrotto: un essere umano, quell’essere umano, cromosomicamente unico ed irripetibile, non vedrà mai più la luce.In altre parole: se, per esempio, quegli illustri ospiti all’incontro promosso dall’A.I.E.D. per la giornata nazionale contro gli obiettori di coscienza nella Sala regia del Palazzo Comunale di Pisa, svoltosi il 13 giugno scorso, non fossero nati prima del 1978, protetti, a loro insaputa, da una legislazione che puniva l’aborto, bensì dopo tale fatidica data e avessero avuto la sfortuna di essere stati concepiti da una donna alla quale essi creavano un “serio pericolo per la salute psichica” della stessa, si può esser certi che le battaglie in favore di certi “diritti civili” (non si sa bene in base a quale scala di valori considerati tali, visto che, nella prospettiva relativista ciascuno si sceglie i propri e non rende conto a nessuno) avrebbero fatto a meno di loro.

Forse una riflessione sul punto potrebbe suggerire un po’ di cautela nel giudicare la classe medica – di certo non inquadrata né inquadrabile in alcuna formazione politica o religiosa – che anche in regioni ampiamente secolarizzate come la Toscana mostra, a grande maggioranza, di non volersi macchiare le mani del sangue innocente di quelle piccole creature estratte, talvolta ancora vive, dall’utero di quelle madri che hanno deciso di abortirle.

Perché di sangue si tratta e non di quello della madre che, subìto l’intervento, se ne va dopo qualche ora portandosi per sempre dentro il fardello di quello che ha fatto, mentre il piccolo “abortito” resta lì, abbandonato, con quelle inconfondibili forme umane; a cinque mesi, poi, tutto è a posto, ben delineato e pronto per affrontare l’avventura della vita “fuori”.

E’ così difficile immaginare quali laceranti angosce assalgano la mente di un medico non (ancora) obiettore che si appresta a fare un “I.V.G.”, magari pochi minuti dopo aver combattuto con tutte le proprie forze per strappare alla morte un altro piccolo essere umano, partorito prematuramente, la cui madre l’ aveva implorato di salvargli la vita ad ogni costo?

Si può lottare, una volta, contro la morte e la volta successiva darla a semplice richiesta? Ma che idea hanno della figura del medico questi custodi della 194? Un freddo esecutore di desideri altrui; un burocrate pagato per fare qualsiasi tipo di lavoro; un macellaio o un angelo a seconda del codice stampato sulla prescrizione?

I medici che facevano esperimenti durante il nazionalsocialismo tedesco erano pagati dallo Stato per fare quel lavoro; anche quelli erano dei buoni medici perchè non obiettavano? Che differenza c’è tra queste due azioni: sperimentare un farmaco letale su un ebreo e spegnere la vita di un feto di sei mesi? E uccidere un neonato perché è deforme? Quali differenze sul piano etico passano tra queste diverse condotte?

In nome di quella “Scienza” (!?) troppo spesso a sproposito invocata, ci sia spiegato, per favore, dove sta la differenza e quale deve essere il criterio per discernere ciò che è lecito da ciò che non lo è. Non basta l’esistenza di una legge a far buona l’azione, altrimenti Hitler non avrebbe potuto essere giudicato da nessuno; le leggi c’erano ed erano state approvate nel rispetto delle procedure vigenti.

Si vorrebbe davvero costringere i medici a praticare gli aborti obbligandoli così a violare il sacro giuramento di Ippocrate o forse è giunto il momento di porsi seriamente qualche domanda?