Nuovi totalitaristi crescono

islamTempi n-23 – 13 giugno 2012

Non erano il capitalismo né gli ebrei i veri nemici dei movimenti estremisti che insanguinarono il secolo scorso. Fascisti e bolscevichi volevano cancellare la trascendenza dell’uomo. Proprio come fa, oggi, l’islam radicale. Parla Ernst Molte

di Vito Punzi

Non stupisce più di tanto che l’ultimo libro di Ernst Nolte, definendo l’islamismo come «terzo movimento di resistenza radicale» accanto a bolscevismo e fascismo, abbia suscitato a suo tempo eco e reazioni significative sulle stampa tedesca. Protagonista nel 1986 della cosiddetta “disputa tra gli storici” per le sue analisi dei due grandi fenomeni totalitari del XX secolo, Nolte è dunque tornato a suscitare polemiche con questo corposo studio (II terzo radicalismo, ora edito anche in Italia per i tipi di Liberai), frutto di una lunga gestazione, nel quale il “pensatore della storia” ritrova nell’islamismo, inteso come dimensione bellica e dogmatica dell’islam, elementi comuni con il bolscevismo e il fascismo.

Da grande personalità qual è, Nolte non ha difficoltà ad ammettere i propri limiti nella conoscenza dell’oggetto. Tuttavia, essendo l’islamismo ormai riconosciuto nel dibattito pubblico come un fenomeno d’opposizione radicale al “moderno”, ha ritenuto necessario non lasciare ai soli specialisti un tema così caldo e palpabile. Col rischio di esporsi a dure critiche – come, per esempio, quelle ricevute da Walter Laqueur, ritenuto uno dei fondatori della ricerca sulle origini del terrorismo, secondo il quale il libro di Nolte si sofferma troppo sulle dittature novecentesche.

In realtà i tratti che assimilano il «terzo movimento di resistenza radicale» alle altre due «rivoluzioni conservatrici» possono essere colti solo riproponendo le caratteristiche del marxismo e del nazionalsocialismo, ecco il motivo di quella lunga prima parte del lavoro così poco apprezzata da Laqueur.

L’elemento essenziale che lega i tre “movimenti”, secondo Nolte, è l’aspirazione a salvare le relazioni di vita primordiali dalla modernità. Da qui lo storico parte per raccontare il progressivo confronto dell’islam con il mondo a partire dal XIX secolo, iniziando dall’arrivo di Napoleone in Egitto, attraverso il sionismo, interpretato come la sfida decisiva della modernità al cuore dell’islam, per finire con l’islamismo, inteso come forza rilevante nel contesto del conflitto globale.

Taciuta all’estero dai suoi detrattori, ma anche dai suoi estimatori, la domanda di Nolte si concentra su quale sia il nemico contro il quale combatterono bolscevismo e fascismo, che è lo stesso contro il quale combatte oggi l’islamismo. Quel nemico – è la risposta dello storico tedesco – non è il capitalismo, e neppure l’ebraismo.

«È piuttosto un “qualcosa” presente nel capitalismo che è stato a lungo preso in esame da pensatori ebrei e non ebrei: la ricchezza più interiore, o meglio, il destino vero dell’uomo, che va “oltre se stesso”, cioè (…) la trascendenza, la necessità di porsi in un rapporto emozionale con il mondo nella sua interezza». Una considerazione che lo conduce all’origine stessa del male, la ribellione dell’uomo contro il suo creatore.

«Se è giusta la tesi degli ideologi islamici – scrive Nolte – secondo la quale l’islam null’altro è se non il ritorno dell’essenza ribelle dell’uomo contro l’armonia dell’universo creato da Dio, allora il concetto di “trascendenza”, inteso come qualcosa di negativo e dunque da negare, si lascia usare (nell’islamismo, ndr) in maniera non diversa da come venne usato da Lenin e Hitler».

L’attualità del tema e la lucidità con cui Nolte legge i movimenti della storia umana in relazione alle aspirazioni del singolo rendono anche questo suo lavoro, nonostante il limiti da lui stesso ammessi, imprescindibile. Anche per comprendere i fenomeni in atto nel contesto arabo

Professor Nolte, tutto il mondo ha seguito e segue con attenzione ciò che sta accadendo da oltre un anno nei paesi del Nord Africa e nel Medio Oriente arabo e musulmano. La cosiddetta “primavera araba”, quella che i tedeschi chiamano “Arabellion”, ha preso apparentemente le mosse da legittime aspirazioni di libertà e giustizia. Oggi, però, i segnali indicano un po’ ovunque una possibile deriva islamista del fenomeno, più che una vittoria delle forze democratiche. C’è dunque il rischio reale che la battaglia per la libertà contro i regimi dittatoriali porti all’affermazione di quell’isiam radicale di cui parla nel suo libro?

Nella cosiddetta “Arabellion” si affrontano due forze aspiranti al potere che fino ad oggi sono state sottomesse ai regimi dittatoriali: da un lato quella dei Fratelli Musulmani, la cui storia in una certa misura conosco, e dei salafiti, i quali al tempo di questo mio studio non giocavano ancora un ruolo significativo; dall’altra l’allineamento all’Occidente, sia attraverso la soppressione delle strette prescrizioni morali dell’islam, sia con l’emigrazione di massa verso i paesi occidentali.

Lei parla nel libro di Israele come “centro di modernità” nel contesto del mondo islamico, sottintendendo gli stretti legami dello Stato ebraico con l’Occidente. Dopo quanto è accaduto dall’inizio della “primavera araba” ad oggi, quali ripercussioni politiche immagina che ci potranno essere appunto nei paesi occidentali, intendendo tra questi anche Israele?

Sia i Fratelli Musulmani che i salatiti sono, per motivi facilmente comprensibili, nemici radicali di Israele e i più estremisti tra loro aspirano di fatto all’annientamento dello Stato e del popolo ebraico. I solenni giuramenti degli uomini e delle donne di Stato occidentali non lasciano intravedere alcuna altra via che non sia quella di un sostegno incondizionato a Israele, se necessario anche di carattere militare.

Se la richiesta di annientamento avesse come obiettivo solo la scomparsa dell’Israele “sionista”, col fine di rendere possibile la convivenza di ebrei, musulmani e cristiani in un unico stato (così come gli Alleati della Seconda Guerra Mondiale non pretesero la distruzione della “Germania”, ma della “Germania nazionalsocialista”), in Occidente non sarebbe più possibile la perpetuazione dell’interpretazione unilaterale della richiesta islamica di annientamento, e quegli uomini e quelle donne dovrebbero decidersi: sostenere incondizionatamente anche l’Israele inteso come “potenza d’occupazione” oppure solo l’Israele degli anni 1949-50 riconosciuto dal diritto internazionale.

Come giudica il ruolo dei salafiti negli atti di vandalismo verificatisi in Germania nelle ultime settimane? Ritiene che questo radicalismo rappresenti il futuro della Germania e dell’Europa?

Questo radicalismo, di cui sono protagonisti piccolo gruppi, non può essere il futuro della Germania e dell’Europa. Qualcosa del genere potrebbe però accadere qualora proseguisse l’immigrazione incontrollata di musulmani verso l’Europa e se il fanatismo della volontà di “conquista del mondo in nome della vera fede”, immanente all’islam in quanto tale, sebbene spesso mascherato o diventato inefficace, prendesse il sopravvento sulla maggioranza diventata nel frattempo minoranza.