L’equivoco della finanza

borsa_valoriTempi n.17 2 maggio 2012

Creare posti di lavoro senza prendersi cura della creazione di ricchezza e l’atteggiamento di chi da impulso alla finanza fine a se stessa sono frutto della mancata considerazione del rapporto tra produzione e ripartizione

di Paolo Togni

La crisi dell’economia è stata determinata  soprattutto dalla eccessiva prevalenza della finanza sulla produzione e sui servizi. La spiegazione di questo stato di cose, nei suoi aspetti fondamentali, è semplice: non c’è vera crescita se non quando si produce qualcosa, cioè quando da un insieme di fattori – materia prima, semilavorati, lavoro, servizi – esce qualcosa che vale più della loro somma.

In questa logica, è evidente, la finanza ha natura strumentale, dato che non è suscettibile di produrre ricchezza, ma solo di mettere risorse a disposizione del processo produttivo o di sottrargliele, trasferendole all’uso particolare. Ritenere che la finanza da sola produca qualcosa significa cadere in un equivoco, tanto più tragico in quanto le conseguenze possono essere, e concretamente ed effettivamente sono, drammatiche.

Nel considerare le attività finanziarie più “vivaci” spesso si trascura l’analisi sull’effettiva produzione di nuova ricchezza: lo stesso errore che si fa quando si considera come fattore di crescita la creazione di nuovi posti di lavoro, il che è vero solo se i posti creati e il lavoro che vi si svolge producono un effetto moltiplicatore della ricchezza di sistema. Nel caso del lavoro altre considerazioni di carattere sociale devono essere svolte, prima tra tutte quella che il lavoro non è solo un fattore dell’economia, ma una componente essenziale della dignità dell’uomo; con la conseguente necessità di passare ogni valutazione e ogni decisione al vaglio dei necessari impegni di solidarietà.

Sia la propensione a creare posti di lavoro senza preoccuparsi della creazione di ricchezza, sia l’atteggiamento di chi da impulso alla finanza fine a se stessa sono frutto della mancata considerazione del rapporto tra la produzione e la ripartizione. Ciò che non è stato prima prodotto non può essere distribuito: e così caricare sul sistema economico costi aggiuntivi per remunerare lavori improduttivi costituisce un inutile appesantimento dello stesso, esattamente come organizzare una grande attività per rastrellare i proventi della produzione a favore di pochi operatori finanziari non può non depauperare il sistema, in quanto alla lunga sottrae alla produzione stessa le risorse per alimentarsi.

Risolvere questo problema in termini di corretta ecologia umana richiede un attento equilibrio etico-politico e grande sapienza tecnica nella gestione dei suoi vari fattori. Attività difficile, certamente estratta a soggetti privi della sensibilità e della legittimazione democratica che derivano dalla consacrazione nonostante tutto garantita dal processo elettorale.