Capire Benedetto XVI, esigenza per pensiero e fede

Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân

sulla Dottrina sociale della Chiesa

di Stefano Fontana

Ratzinger ha trattenuto la dissoluzione della fede cattolica, difendendo quanto andava difeso, ma non è riuscito a chiudere il cerchio. Ha ri-fondato il rapporto essenziale tra fede e ragione, e sostenuto tesi formidabili sulla centralità di Dio nella pubblica piazza. In alcuni giudizi sulla modernità, come sull’illuminismo, non è stato altrettanto convincente. Valutare il suo pensiero è fondamentale. Presentazione del libro “Capire Benedetto XVI. Tradizione e modernità ultimo appuntamento”, Cantagalli, Siena 2021, euro 10,00 [Il libro può essere ordinato e ricevuto senza spese postali scrivendo a abbonamenti_acquisti@vanthuanobservatory.org e versando euro 10 sul conto dell’Osservatorio Iban IT 09 P 02008 60451 000040096979].

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Capire Benedetto XVI è un’esigenza del pensiero e della fede. In lui tradizione e modernità si sono date come un ultimo appuntamento. Egli ha trattenuto (come un Katéchon) la dissoluzione della fede cattolica, difendendo quanto andava difeso e ribadendo quanto andava ribadito, ma non è riuscito a chiudere il cerchio e a mettere in sicurezza la nave dalla tempesta.

Chi dice che è stato sconfitto su tutti i fronti e che il modernismo alla fine ha prevalso, chi dice che l’esito era inevitabile dato che anche il suo pensiero, in fondo anche se non in tutto, dipendeva dalle res novae di una modernità negatrice della tradizione. C’è chi pensa invece – come il sottoscritto – che Benedetto XVI abbia indicato molti punti fermi in chiaro contrasto con la tendenza del modernismo a sciogliere la Chiesa nel mondo e la trascendenza nella storia ma che non abbia completato l’opera che quegli stessi punti fermi da lui posti richiedevano per coerenza interna.

Ha detto molto ma non ha detto tutto. Il suo pontificato è rimasto inconcluso non solo per le dimissioni, ma anche dal punto di vista del pensiero teologico. Ha illuminato molti problemi ma non è arrivato ad indicarne la soluzione. Valutare il pensiero teologico di Benedetto XVI è di fondamentale importanza. Facendolo, si finisce per valutare ben di più. La sua teologia è stata il frutto più alto dell’intero periodo conciliare e postconciliare: valutarla nel suo insieme comporta anche valutare questo intero periodo.

Fare il punto su di lui vuol dire capire perché tante cose vere da lui dette sono poi andate a finire male. Perché la Teologia della liberazione, che egli aveva condannato, è stata poi riabilitata? Perché il “Cortile dei Gentili”, da lui inteso in un certo modo, è finito nelle iniziative salottiere e radicaleggianti di Ravasi? Perché il dialogo con il pensiero laico (gli “atei devoti”) fondato sul concetto di “laicità aperta” non ha tenuto e si è invece imposto un esasperato laicismo?

Perché mentre lui diceva che le religioni possono trovarsi “insieme per pregare” ma non per “pregare insieme” ora si fa il contrario? Perché di principi non negoziabili non si parla più e di legge naturale nemmeno? Perché la fede, che egli diceva essere “uno stare”, si fa liquida col prevalere di un malinteso discernimento fatto in coscienza? Ha sbagliato tutto? Oppure è stato egli stesso complice?

Oppure – come pensa il sottoscritto – ha fatto un enorme tentativo ma poi non lo ha condotto a termine?

Ci sono nel suo pensiero esigenze non completamente soddisfatte? Si può partire da esse per recuperare qualche pezzo mancante e porre ordine nella grande problematica del rapporto tra tradizione e modernità?  Benedetto XVI ha fondato o ri-fondato il rapporto essenziale tra fede e ragione con la sua centralità del Logos. Il suo discorso all’Università di Ratisbona vale un intero pontificato. Per lui, quando la ragione si stacca dalla fede finisce per autolimitarsi e cadere nel relativismo (che poi si trasforma in dittatura).

In questo campo i suoi insegnamenti sono di straordinaria importanza. Però non è altrettanto netto il suo giudizio sulla modernità, cioè sul punto in cui quel distacco avviene per la prima volta e con conseguenze poi disastrose. Sono varie e profonde le sue critiche al razionalismo della filosofia moderna, ma non vanno alla radice. Se in molte occasioni egli critica la modernità, in altre la esalta. Per esempio, apprezza l’illuminismo e nel discorso al Parlamento tedesco del 2011 fa dipendere dal cristianesimo l’illuminismo, la dichiarazione sui diritti umani e la stessa Costituzione tedesca.

Distingue tra un illuminismo radicale e un illuminismo liberale senza però tenere conto che ambedue sono una minaccia per la fede. La sua lode per la soluzione americana del rapporto tra politica e religione, più volte manifestata, non convince pienamente. Circa la centralità di Dio nella pubblica piazza il pensiero di Benedetto XVI ha tratti formidabili, avendo egli sostenuto con coraggio tesi che la teologia conciliarista considera superate e che invece sono vere e attuali: “Chi difende Dio difende l’uomo”, “solo chi conosce Dio conosce la realtà e può disporre di essa in modo adeguato”, “chi esclude Dio dal suo orizzonte falsifica il concetto di realtà”. Affermazioni che farebbero rabbrividire un Rahner redivivo.

Alla Westminster Hall nel 2010 aveva detto che non esistono solo “i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica”, ribadendo così il ruolo pubblico del Dio cristiano, sia come Creatore che come Redentore. Però, alla fine, l’apporto della religione (e della Chiesa) viene ricondotto alla funzione di fondare le esigenze morali della politica, escludendo quindi un rapporto con le esigenze religiose, le quali vivrebbero solo nelle coscienze dei credenti e non anche nelle istituzioni e nelle leggi.

Tutti questi problemi (e altri ancora) possono essere riassunti nell’immagine del Barone di Münchhausen. Costui era caduto in una palude, ma non si dava per preoccupato perché sarebbe bastato prendersi per i capelli e tirarsi sulla riva. La grandezza del pensiero di Benedetto XVI sta nell’aver sviluppato la critica a questa pretesa, che è poi la pretesa della modernità, senza però riuscire a chiudere la partita.

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N.B. Le riflessioni qui esposte sono approfondite nel libro appena uscito Capire Benedetto XVI. Tradizione e modernità ultimo appuntamento (Cantagalli, Siena 2021, pp. 120) scritto dallo stesso autore di questo articolo, Stefano Fontana. Il libro può essere ordinato e ricevuto senza spese postali scrivendo a abbonamenti_acquisti@vanthuanobservatory.org e versando euro 10 sul conto dell’Osservatorio Iban  IT 09 P 02008 60451 000040096979].