Gli assoluti morali della politica

bene_maleL’Indipendente 13 maggio 2005

Ebbene la lotta tematica al relativismo morale può, deve essere, il cemento di questo nuovo soggetto degli italiani e per gli italiani.

di Marco Respinti

La pratica politica felicemente più amorale, più lucidamente spregiudicata, addirittura più intelligentemente cinica (quella che rifugge le sirene del perbenismo generatrici di cortocircuiti perversi) si fonda su un assunto. Che il proprio orizzonte di azione sia quello delimitato da alcuni paletti, addirittura – vale la pena di riscoprirla questa parola scandalosa – da tabù. Che la politica, cioè, sia governare nel modo migliore possibile il reale.

E affinché il reale non sia solo una formula, occorre che chiara sia l’idea di quanto è bene e di quanto è male, di quanto è giusto e di quanto è ingiusto. E su un piano praticissimo: quello che non può prescindere dal sapere cosa davvero sia un uomo, quale la sua natura, quali i suoi bisogni, quella la norma che regola quella sua natura. La politica, cioè – quell’ambito nel quale vale un certo “relativismo moderato” delle opzioni concrete –funziona al meglio se opera entro quelli che il filosofo giusnaturalista John Finnis chiama gli «assoluti morali». Altrimenti cambia statuto  e smette di fare il proprio mestiere.

Il ragionamento è peraltro assolutamente laico. Si fonda cioè su assunti e su ragionamenti che in primis impegnano la ragione. Quando, con l’intelligenza che lo contraddistingue e con la finezza che lo connota, afferma (nell’intervista a Panorama del 5 maggio) che Papa Benedetto XVI «può aiutare soprattutto la destra a trovare una sua identità», il presidente del Senato Marcello Pera non tira il Pontefice per la giacchetta. Enuncia una grandissima verità.

Se per una cosa Papa Ratzinger è già noto, questa è la sua lucida analisi del relativismo morale contemporaneo e la sua denuncia di esso come nemico il più insidioso e pericoloso. Pera, popperiano doc – ossia allievo di quel pensatore per il quale tutto è fallibile e quindi fallibile è pure l’idea di stigmatizzare le certezze di qualcuno – non vede contraddizione fra la battaglia culturale contro il relativismo e la libertà pratica della politica sana.

È solo l’umanitarismo, infatti, che mente a proposito dell’uomo e che, mistificandolo, ne fa carne da macello. Ma questo appartiene al mondo che in Occidente, da duecento anni, definiamo Sinistra. Anzi, è questo ciò che la Sinistra rivendica essere.

Per questo motivo è vero che la chiarezza del pontefice filosofo-teologo può irrorare anzitutto e soprattutto la Destra, con la maiuscola che le si addice. In Italia ci si sta oggi interrogando su una questione nobile. Come smettere le sole, pur importantissime, alleanze strategiche onde pensare un soggetto nuovo capace di rappresentare e di governare il popolo italiano. Capace, cioè, di essere il partito della nazione, il partito del freddo, sano realismo politico, addirittura il partito della verità: la verità di pensare che alla politica compete lo spazio umano racchiuso entro un recinto oltre il quale c’è solo l’inumano, il disumano.

Ebbene la lotta tematica al relativismo morale può, deve essere, il cemento di questo nuovo soggetto degli italiani e per gli italiani. Guide culturali (ché questo non spetta alla politica) ve ne sono, e fortunatamente molte.

Perché allora non cominciare? Fuori c’è infatti solo l’inumano, il disumano.