“La repressione è il nostro vaccino!” ‘Indagine’ di Petri, 1970 (2021)

PsycoPolitics 11 Marzo 2021

Elio Petri e il cinema ‘psico-politico’ italiano degli anni Settanta

di Federico Soldani

Oltre mezzo secolo fa usciva uno dei film piu’ famosi del cinema cosiddetto ‘politico’ italiano: “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” del regista Elio Petri.  Realizzato nel 1969 uscì l’anno successivo nelle sale cinematografiche. Il film vinse il Grand Prix Speciale della Giuria al 23 Festival di Cannes in Francia e il Premio Oscar nel 1971 come miglior film straniero negli Stati Uniti a Hollywood.

Vinse anche il David di Donatello come miglior film e Gian Maria Volonte’ come miglior attore. Oltre 30 anni dopo nel 2003 vinse il Boston Society of Film Critics Award. Una lista dei premi per cui il film fu candidato o che si vide riconosciuti si trova su IMDb.

Il soggetto e la sceneggiatura – che l’anno successivo all’uscita nelle sale fu candidata all’ Oscar – furono realizzati in collaborazione tra Petri e Ugo Pirro. Lo stesso anno, 1972, Pirro (nome d’arte di Mattone) fu nominato a due Premi Oscar sia per la sceneggiatura originale di Indagine sia per quella non originale de Il giardino dei Finzi-Contini.  Le musiche del film furono composte da Ennio Morricone e il motivo musicale di fondo divenne celebre.

Indagine fu ai tempi un film che pretendeva di presentare ed effettivamente presentava una critica radicale a certi aspetti del potere, in particolare poliziesco, dello stato. Qualche anno fa mi capitò di vedere online una discussione sul film presso la New York University durante la quale non fu neanche pronunciata la parola “potere”.

Nei principali paesi del Patto di Varsavia il film non venne proiettato, con l’eccezione dell’Ungheria. Questo poteva avere a che fare con il tema del ruolo politico della polizia che il film presentava. In Italia la cosiddetta intellighentsia, soprattutto quella che si considerava di sinistra, era ai tempi piuttosto critica dei film di Petri, forse per la connotazione per così dire commerciale di stampo americano con cui si presentavano.

Interessante come nel film il protagonista, un “anonimo” funzionario di polizia appena promosso a capo dell’ufficio politico – anonimo per gli spettatori che non ne sapranno mai il nome – che chiaramente fa parte integrante ed è uno degli emblemi di un sistema poliziesco repressivo, sia “complice” e cerchi di usare un giornalista di sinistra, se non proprio comunista, del quotidiano Paese Sera per i propri scopi.

Paese Sera fu l’edizione pomeridiana di un quotidiano riaperto nel 1948, primo direttore Tomaso Smith, su incoraggiamento del Partito Comunista Italiano – partito di cui si celebra in questi giorni il centenario – in modo da poter disporre di un quotidiano romano nei mesi precedenti le cruciali elezioni del 18 Aprile.

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Lo scopo del protagonista appare nel film il voler dimostrare come il potere vada oltre i fatti, forse oggi si potrebbe parlare di una visione post-moderna o di un mondo in cui le notizie e non solo si trovano in una sfera di cosiddetta “post-verita’”. I fatti sono piegati e reinterpretati dal potere istituzionale così come da coloro che ne subiscono gli effetti in base al potere stesso.

Il personaggio dello “stagnaro” interpretato da Salvo Randone, nella sequenza di fotogrammi qui sotto, è emblematico a questo proposito. Il protagonista interpretato da Volontè quindi dimostra in ultima istanza come il potere si identifichi con la verità e come per questo scopo usi ogni mezzo anche psicologico e tecnologico a propria disposizione.

I temi che poi diverranno famosi negli anni ’70 anche tramite pensatori come Michel Foucault del panopticon e dell’archivio, qui entrambi in versione tecnologica, rivestono un ruolo predominante nel film di Petri: confessione, sorveglianza, archivio – e in altri film di Petri anche temi di bio-politica quali le epidemie e le vaccinazioni – il rapporto tra il sapere dell’archivio e il potere dello stato, così come il potere disciplinare anonimo delle istituzioni moderne.

In una serie di scene significative, prima un sottoposto spiega al capo dell’ufficio politico (fotogramma qui sotto) come l’archivio cartaceo – in cui si capisce siano schedati per gruppi di appartenenza cittadini attivi politicamente di tutte le tipologie senza necessariamente alcun problema con la legge – sarebbe stato presto contenuto in uno spazio molto piccolo.

“Col progresso logicamente tutto questo verrà distrutto – dice il sottoposto – e sarà riunito in due piccolissime stanzette”.  Oltre alle intercettazioni telefoniche rappresentate come una vera e propria catena di montaggio, Petri introduce il tema dell’elaboratore elettronico che una volta ricevuta una domanda di prova, ovvero se l’omicidio attorno a cui ruota il film e in particolare l’indirizzo dove si è svolto in via del Tempio, 1 possa avere un legame politico, si mette in moto. “Facciamo una prova – dice il capo dell’ufficio politico – immaginiamo che il delitto Terzi abbia uno sfondo politico”.

La messa in moto dell’elaboratore elettronico, il “regolatore” come lo chiamano nel film, fa esclamare al protagonista “Oeh! Ma che succede eh! E’ arrivata l’America, la rivoluzione!

Il film, che venne girato prima dei tragici avvenimenti di Piazza Fontana, decisivi per la storia dell’Italia del dopoguerra, fin dall’inizio divenne oggetto di confronto e scontro politico, nonostante iniziasse con la dicitura “Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.”

Il periodico Lotta Continua – che passò da cadenza pressoché’ settimanale a quindicinale durante il 1970 – elogiò il film, invitando per altro i lettori a riconoscere nel personaggio interpretato da Gian Maria Volonté la figura del commissario di polizia Luigi Calabresi, che effettivamente lavorò anche all’ufficio politico.

Accusato dal periodico di essere responsabile della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli divenne poi vittima un paio di anni più tardi di un attentato i cui colpevoli vennero alla fine riconosciuti tra i membri della organizzazione extraparlamentare Lotta Continua. I procedimenti giudiziari si protrassero per decenni.

Petri girò anche, proprio con Volontè, un film documentario a forte carattere politico sulla vicenda: ‘Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli’ (1970). Il connubio tra il regista Elio Petri e l’attore Gian Maria Volonté caratterizzò una parte significativa del cinema politico italiano degli anni ’70 e si concluse con l’interpretazione di Volonté come Aldo Moro (non nominato come tale nel film ma apertamente ispirato all’allora Presidente del Consiglio dei Ministri in base allo stesso Petri) nel 1976 in “Todo modo”.

Il titolo era una citazione dallo spagnolo del fondatore della Compagnia di Gesu’ Sant’Ignazio di Loyola: “Todo modo para buscar y hallar la voluntad divina”, che in italiano si può tradurre come “qualsiasi mezzo per cercare e trovare la volontà divina”.

Il film (video qui sotto) si apriva con una epidemia e la richiesta di vaccinazione obbligatoria della popolazione emanata da una ambulanza munita di megafoni che si aggirava per le strade della città.  “Todo modo”, con Volontè e Marcello Mastroianni, mise in scena la morte di Aldo Moro due anni prima che questa effettivamente accadesse in modo tragico nel maggio del 1978.

Quando uscì, il film fu messo sotto sequestro a poco meno di un mese dall’inizio delle proiezioni nelle sale.  Il film Indagine ha indubbi aspetti psicologici e in particolare psicoanalitici, che meritano di essere trattati a parte, anche considerato che Petri era appassionato lettore di Sigmund Freud, come in anni recenti ha ribadito il suo co-sceneggiatore Pirro.

Anche per questo motivo nel caso di molti dei film “politici” di Petri così come di altri autori suoi contemporanei a mio avviso si può parlare di un vero e proprio cinema psico-politico italiano. Un altro film politico italiano degli anni ’70 con Gian Maria Volonté fu “Io ho paura” (1977) di Damiano Damiani, in cui temi in questo caso “paranoici” su uno sfondo politico venivano presentati apertamente.

Temi simili legati alla pazzia – la figura del “pazzo furioso” richiamata nel film – all’elemento “paranoico” e alla tecnologia usata per intercettare le comunicazioni di nuovo su uno sfondo politico si ritrovano in un film di colui che é stato considerato da alcuni l’iniziatore del cinema cosiddetto politico italiano, ovvero in “Cadaveri eccellenti” (1976) di Francesco Rosi, con protagonista l’attore Lino Ventura.

Era lo stesso anno in cui usciva “Todo Modo” di Petri, in epoca di cosiddetto “compromesso storico” tra D.C. e P.C.I., ma mentre lì si rappresentava l’uccisione del presidente della Democrazia Cristiana (D.C.) qui si rappresentava l’uccisione del segretario del Partito Comunista Italiano (P.C.I.).

Il protagonista alla fine del film viene accusato apertamente dalle autorità alla TV (primo fotogramma qui sotto): “tornato nella capitale ha dato segni di squilibrio, tanto che era stato messo in congedo. Vedeva dappertutto complotti e si era messo a seguirne gli inesistenti fili. Forse si era convinto che persino il segretario del Partito Comunista facesse parte di questa immaginaria macchinazione.”

Nel dialogo finale un giornalista (interpretato da Luigi Pistilli, nel secondo fotogramma sotto) aggiunge “non era un pazzo, il complotto c’era.” Gli viene risposto da un dirigente del P.C.I.: “Ma tu che cosa vuoi, la guerra civile, lo scontro frontale! […] Scatenare la piazza, questo vogliono!

Alla affermazione solo vagamente interrogativa del giornalista “allora la gente non dovrà mai sapere la verità” il film si conclude con la risposta del suo interlocutore dirigente P.C.I. secondo cui “la verità non è sempre rivoluzionaria”.

Dopo i titoli di coda una frase simile a quella con cui si apriva Indagine di Petri: “I fatti e i personaggi di questo film non hanno riferimento con fatti e persone reali.”

“Cadaveri eccellenti” di Rosi venne incluso, assieme anche a Indagine di Petri, nel progetto 100 film italiani da salvare.

Psicologi in una società militarizzata e colpita da una sorta di misteriosa epidemia sono presenti nel film “I cannibali” di Liliana Cavani (1970), anche questo film accompagnato dalla musica di Morricone. Proprio come Indagine venne girato nel 1969 e uscì l’anno successivo.

Il film alla presentazione al Lincoln Center di New York City, secondo il New York Times, ricevette quindici minuti di applausi. L’attore principale Pierre Clémenti divenne poi famoso nelle cronache di quegli anni per problemi legati all’uso di droghe e fu successivamente anche protagonista di un cortometraggio realizzato per la casa farmaceutica svizzera Sandoz “Autoritratto di uno schizofrenico” (1977).

Claudio Bisoni nel suo libro dedicato a Indagine di Petri (2011) scrive come secondo Richard Dyer “il divismo è legato a un richiamo continuativo tra star-image e personaggio.” Come nel caso del divo Volonté, anche per Clémenti l’immagine pubblica dell’attore e i personaggi recitati nei film agli occhi del pubblico spesso si mescolavano e sovrapponevano.

Fulvio Grimaldi

L’attore giornalista di Paese Sera in Indagine, chiamato Patané nel film, è il giornalista italiano Fulvio Grimaldi che successivamente lavorò anche per la RAI e come corrispondente di guerra. Grimaldi, giornalista apertamente impegnato in politica da posizioni di sinistra, è stato recentemente sostenitore del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo come riportato sul suo blog, e tra altre cose ha avuto uno scambio acceso con il collettivo di scrittori bolognese Wu Ming.

E’ stato l’unico testimone italiano del Bloody Sunday a Derry / Londonderry in Irlanda del Nord nel 1972 come documentato in “Blood in the Street” Guildhall Press (1998). L’ultimo suo libro é “Cambiare il mondo con un virus – Geopolitica di un’infezione” Francoforte, Zambon (2020).

In anni recenti il film Indagine ha anche indirettamente ispirato la critica sociale, in particolare da parte di sindacalisti, agli obblighi sanitari sempre più generalizzati come quando nel 2017 in Italia si è discusso dei provvedimenti di legge che rendevano obbligatori tutti o quasi i vaccini sul mercato praticamente per l’intera popolazione, si veda a questo proposito l’articolo ‘La libertà ai tempi del morbillo’.

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“Il popolo è minorenne, la città è malata,  ad altri spetta il compito di curare e di educare.

A noi il dovere di reprimere! La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!”