“Il cristianesimo non è la religione dell’immigrazione”

Newsletter di Giulio Meotti

4 febbraio 2021  

Intervista al grande politologo francese Pierre Manent. “Nessuno può vivere in un mondo senza confini”. Fratelli tutti? “Sì, ma non abolendo il concetto di nazione che ha reso grande l’Europa”

di Giulio Meotti

“Il malessere cristiano è un aspetto del malessere generale dei cittadini europei, che si trovano di fronte non solo a un declassamento delle loro nazioni nella scala del potere, ma a una perdita di fiducia nella legittimità e nel significato stesso della forma di vita che la nazione ospita”. Parla così a Le Figaro Pierre Manent, il politologo allievo di Raymond Aron, autore di importanti saggi sul liberalismo, docente all’Ecole des Hautes Etudes e fra i massimi intellettuali francesi.

“Papa Francesco non parte da un’analisi rigorosa dei fenomeni migratori, ma dal presupposto, oggi largamente condiviso nelle istituzioni internazionali, che la migrazione sia il fenomeno più significativo del momento”, dice ancora Manent. “Secondo questa opinione ci sarebbero migranti come c’erano i proletari per Karl Marx: rappresentano insieme giustizia e forza, e le loro richieste sono la promessa di un’umanità riconciliata!”.

“È frettoloso e unilaterale rimproverare le nazioni di essere ‘chiuse’, poiché questa ‘chiusura’ è la condizione della loro esistenza e dei loro benefici (…) Lo sguardo umanitario vuole vedere i migranti solo come ‘uomini simili’ quando sono anche ‘cittadini diversi’. Sebbene sia un obbligo aiutarli quando sono in pericolo, questo obbligo non include l’obbligo di renderli concittadini. Accolgo volentieri l’incoraggiamento di Papa Francesco a mostrarci ‘fraterni’, ma mi rammarico che il punto del suo rimprovero sia diretto contro le nostre antiche nazioni cristiane”.

Manent parla dell’importanza del concetto di confine: “Quale uomo riflessivo può sognare un mondo senza confini? Nessuna istruzione superiore cresce dove gli uomini non possono essere orgogliosi di ciò che realizzano con la loro azione comune”. Parla anche del concetto di nazione: “I nostri padri hanno potuto redigere questa ‘giusta misura’ della nazione, o meglio delle nazioni che, educandosi a vicenda in un’emulazione di cui la rivalità bellica non è che un aspetto, hanno portato la prodigiosa ricchezza e fecondità della civiltà europea”.

E ancora: “Non confondiamo il cristianesimo con la religione dell’umanità che è oggi la religione politica dell’Occidente. La religione dell’umanità si basa su un sentimento immediato, che tutti gli uomini condividono a vari livelli, vale a dire il sentimento di similitudine, il sentimento di umanità dell’altro uomo, che conterrebbe la promessa di un’umanità attraverso una sorta di contagio irresistibile, identificandosi ciascuno con il proprio prossimo, trasportandosi attraverso l’immaginazione al posto del prossimo.

La religione dell’umanità ha preso piede tra noi grazie al declino del cristianesimo. Consacra la nostra passività: incapaci di volere qualcosa di nostro, aspettiamo che l’altro venga da noi”.