La religione del «grande reset»

International Family News

19 Novembre 2020

Sfruttare il CoViD-19 per cambiare economia, politica e società globali: così vuole il World Economic Forum

di Federico Cenci

I grandi poteri finanziari intendono utilizzare la pandemia di CoViD-19 come pretesto per instaurare un nuovo ordine mondiale. Quest’affermazione non è il preambolo di qualche elucubrazione complottistica, basata su ipotesi pur suggestive cronicamente però sempre tutte da dimostrare e spesso vere sfide per il principio popperiano di falsificabilità. Piuttosto, è un obiettivo dichiarato.

Lo testimonia la copertina del settimanale Time uscito il 22 ottobre, dove è raffigurato un modello di globo terrestre in costruzione contornato da ponteggi sui quali lavorano operai e manager. In alto la scritta «The Great Reset», ossia «Il grande ripristino», come quando si azzera tutto per re-iniziare daccapo in modo diverso.

Il Grande Reset

Ma cosa sarebbe questo «grande reset» cui il celebre settimanale ha dedicato l’intero numero? La spiegazione sta nelle parole di Klaus Schwab, direttore esecutivo del World Economic Forum (WEF), detto anche «Forum di Davos», dalla città svizzera dove si danno appuntamento annuale economisti, miliardari, intellettuali e capi di Stato per gettare le basi di nuove iniziative globali in ambito economico e politico.

In un intervento, Schwab spiega: «Ora è il momento storico non solo di combattere seriamente il coronavirus, ma anche di dare forma al sistema che verrà nell’epoca post-corona. Possiamo decidere di rimanere passivi, amplificando le tendenze che vediamo oggi: polarizzazione, nazionalismo, razzismo e in ultimo crisi sociali, disordini e conflitti. Ma abbiamo un’altra opzione: costruire un nuovo contratto sociale», basato su rispetto della dignità umana, ecologia e digitalizzazione. «In poche parole», conclude Schwab, «abbiamo bisogno di un “grande reset”».

Contro la ricchezza

E quale sarebbe la ricetta per raggiungere l’obiettivo? Il tema viene affrontato anche sul sito ufficiale del WEF, che, in una nota pubblicata in luglio, afferma che «la più grande minaccia per il mondo» al tempo del CoViD-19 non sia il patogeno, quanto «la ricchezza». Del resto, come rilevano ancora gli scienziati che hanno lavorato allo studio del WEF, «la ricchezza è il motore dell’impatto ambientale e sociale», pertanto, «la vera sostenibilità richiede cambiamenti significativi nello stile di vita, piuttosto che sperare che un uso più efficiente delle risorse sia sufficiente».

Classe media nel mirino?

Tuttavia, non è dato sapere cosa intendano a Davos con «cambiamenti significativi nello stile di vita» delle persone. Un’affermazione così forte avrebbe bisogno di essere precisata. Anche perché le vite della maggior parte della popolazione mondiale sono state effettivamente stravolte dal CoViD-19, ma almeno finora le trasformazioni non hanno giovato alla maggioranza. Se c’è una ricchezza che si è indebolita, come dimostrano diversi studi, è quella del ceto medio.

Al contrario, rileva un’inchiesta del Corriere della Sera, il virus ha reso ancora più ricchi i magnati. In sintesi: mentre 50milioni di lavoratori nel mondo hanno perso il lavoro a causa della pandemia, alcuni “paperoni” hanno incrementato di oltre un quarto il valore del proprio patrimonio. Per il momento, dunque, questa erosione della ricchezza auspicata a Davos ha solo immiserito la classe media, colpendo i risparmi delle famiglie. E l’impoverimento complessivo non concorre certo a un miglioramento generale della società, poiché suscita malcontento, crisi, contestazioni, disordini sociali.

Odio diffuso

È infatti lo stesso WEF, in un altro articolo, ad avvertire: «Grazie alla pandemia in corso, il mondo è sbilanciato e rimarrà tale per gli anni a venire. Lungi dall’assestarsi di una “nuova normalità”, dovremmo aspettarci un effetto domino del CoViD-19, che innescherà ulteriori interruzioni, positive e negative, nel prossimo decennio. L’ondata di disordini civili che di recente si è diffusa in tutta l’America può essere un esempio».

L’odio, l’intolleranza, la censura del dissenso, e poi la violenza, l’iconoclastia, il razzismo al contrario che hanno investito le città degli Stati Uniti d’America potrebbero rappresentare, per il WEF, l’anticamera di stravolgimenti sociali diffusi su scala planetaria e propedeutici al cambiamento. Dinnanzi a simili prospettive, appare sconveniente auspicare questo «grande reset», tanto meno se in nome di una ridefinizione green dell’economia globale.

Il ritorno del malthusianesimo

L’ecologismo, d’altronde, si coniuga con il mito della sovrappopolazione. Come ha scritto su “iFamNews” l’economista Maurizio Milano, l’idea alla base dell’ambientalismo e della «decrescita felice» è che «la popolazione mondiale cresca troppo, con il rischio di produrre rischi seri di carenza delle risorse disponibili nei prossimi decenni. La “soluzione” proposta è del resto sempre quella di contrastare la crescita demografica con la “pianificazione familiare” per la “salute riproduttiva e sessuale”, che, nella neolingua dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), significa promozione della contraccezione, della sterilizzazione, di quell’altro male nefando che è l’aborto e ultimamente anche dell’eutanasia, i nuovi “diritti umani” da promuovere e, nel caso, da imporre».

Non è un caso che i più strenui sostenitori di questa tesi puntino l’indice verso chi mette al mondo figli arrivando ad asserire che «i bambini sono la cosa peggiore che si possa fare per l’ambiente». È così che Thomas Robert Malthus (1766-1834) rivive con il «grande reset».

«Grande reset» contro Redenzione

Ma oltre a Malthus, la trasformazione celebra pure ideologia gender e transumanesimo. Se in un articolo uscito sul sito del WEF si promuovono politiche in favore degli LGBT+ come «parte di un’importante strategia economica», in un intervento al Chicago Council on Global Affairs Schwab ha preannunciato con generiche finalità positive: «La Quarta Rivoluzione Industriale porterà alla fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica».

Come “iFamNews” ha più volte raccontato, ogni deriva generata dal progresso scientista – dall’uomo-macchina che pretende di sconfiggere la malattia all’utero artificiale – si concia di buoni propositi. Ecco allora che va accesa una spia d’allarme anche alla lettura di un post come quello con cui il ministro italiano per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, Paola Pisano, ha salutato il 2019. «Saranno i robot a salvare l’Uomo», scrive, perché «ne miglioreranno la vita, lo sottrarranno a rischi inutili e a lavori disumanizzanti e anzi gli permetteranno di migliorarsi e di migliorare la propria vita».

Qualche cristiano è rimasto al fatto che è Gesù Cristo a salvare l’uomo. Ma evidentemente ci si trova di fronte a una religione diversa, innovativa. Il cristiano crede nella Redenzione, non nel «grande reset».