Pillole abortive. Ella One, l’ultima arrivata

ellaOneRassegna Stampa 7 novembre 2011

Vademecum sulla “pillola dei cinque giorni dopo

Paola Biondi e Renzo Puccetti

Medici di Medicina Generale e Bioeticisti. Membri di Scienza&Vita Pisa-Livorno

Il Consiglio Superiore di Sanità (CSS) ha dato il via libera alla “pillola dei cinque giorni dopo”, che, insieme alla già commercializzata e utilizzatissima “pillola del giorno dopo”, è spacciata come “contraccettivo d’emergenza”, mentre è un farmaco potenzialmente abortivo. Dopo il parere favorevole del CSS, perché ellaOne (nome commerciale della “pillola dei cinque giorni dopo”) sia commercializzata anche nel nostro Paese, servirà l’approvazione dell’AIFA, l’Agenzia Italiana per il Farmaco.

Come un vademecum, vi segnaliamo le principali informazioni da tenere presenti su questa pillola potenzialmente abortiva, che speriamo di cuore possa esservi utile per comprendere la malvagità di questo prodotto e dei suoi terribili effetti sulla vita umana nascente e sulla società tutta.

CHE COS’E’ ellaOne?

L’ulipristal acetato (UPA) è la molecola attiva presente nel prodotto approvato in data 26 Maggio 2009 da parte dell’European Medicines Agency (EMEA) con il brand ellaOne. L’UPA appartiene alla classe dei modulatori selettivi del recettore per il progesterone (SPRM) approvato per la “prevenzione” della gravidanza quando somministrato entro 120 ore (appunto 5 giorni) da un rapporto sessuale non protetto o caratterizzato dal fallimento di altro contraccettivo.

L’UPA condivide con il mifepristone (meglio conosciuto come RU486, pillola con cui anche in Italia si eseguono gli aborti chimici) un potente effetto antiprogestinico: impedendo infatti il legame del progesterone (ormone necessario al mantenersi della gravidanza) ai recettori progestinici, l’UPA blocca la trascrizione genetica fisiologicamente attivata dal progesterone durante la gravidanza, inibendo così la sintesi delle proteine necessarie al mantenimento della gravidanza stessa.

COME FUNZIONA ellaOne?

L’UPA somministrato in singola dose esplica la propria azione attraverso un meccanismo complesso, che possiamo sinteticamente riassumere:

1) Se somministrato prima dell’ovulazione, l’UPA è in grado di bloccare lo sviluppo del follicolo ovarico dominante o prevenire la rottura del follicolo e, quindi, la liberazione della cellula uovo (meccanismo contraccettivo di ellaOne, detto anche meccanismo antiovulatorio).

2) Ma, se la somministrazione di UPA avviene in fase luteale precoce, cioè ad ovulazione già avvenuta, induce assottigliamento e ritardo della maturazione endometriale (mucosa dell’utero) e provoca l’alterazione dei marcatori di impianto embrionale progesterone-dipendenti. Tali modificazioni sono in grado di inibire l’impianto del concepito riducendo la recettività uterina (meccanismo abortivo, detto anche meccanismo anti-nidatorio).

L’azione antinidatoria di UPA è analoga a quella del mifepristone [RU 486], molecola ampiamente studiata e usata non solo come abortivo ad annidamento già completato, ma anche come intercettivo postcoitale. L’adozione di una molecola con meccanismo d’azione analogo a quello del mifepristone, ma non registrata come farmaco abortivo, bensì come “contraccettivo d’emergenza”, è ritenuta maggiormente accettabile per la pubblica opinione; tuttavia, in ambito scientifico (come dimostra ampia letteratura) il possibile meccanismo anti-nidatorio (abortivo) di UPA è attualmente incontestato.

QUANDO INIZIA LA GRAVIDANZA?

A partire dal 1965 l’American College of Obstetricians and Gynaecologists (ACOG) ha ridefinito la gravidanza, facendo iniziare il concepimento non più con il momento della fecondazione (cioè, con l’unione della cellula uovo con lo spermatozoo), ma con il momento dell’impianto dell’embrione nella mucosa uterina.

Storicamente tale metamorfosi, peraltro non unanimemente condivisa nel mondo scientifico, non si è affermata quale conseguenza di nuove acquisizioni scientifiche, ma quale necessità operativa per ridurre la resistenza all’impiego di alcuni prodotti con meccanismo d’azione intercettivo (cioè abortivo).

CHE COSA SI INTENDE PER “contraccettivo d’emergenza”?

Per  “contraccettivo d’emergenza” si intende un «qualsiasi farmaco o strumento usato dopo un rapporto non protetto per prevenire una gravidanza indesiderata».

Questa definizione, fondata sulla nuova definizione di “gravidanza” come “impianto”, non è capace di risolvere le gravi problematicità etiche che tenta di nascondere. Essa è infatti completamente orientata sui processi biologici che riguardano la donna, ma è del tutto indifferente ad un fatto biologicamente accertato e incontestabile: nei 5-7 giorni che intercorrono tra il concepimento e l’adesione dell’embrione alla mucosa uterina si è comunque in presenza di un embrione, di un nuovo essere umano vivente!

La prescrizione, la somministrazione, la dispensazione e l’utilizzo di farmaci in grado di interferire dopo la fecondazione (detti intercettivi) si configurano, dunque, come comportamento abortivo. Il termine “aborto” infatti, nella sua radice etimologica, riveste il significato di “non nato”.

IL TERMINE “contraccettivo d’emergenza” E’ CORRETTO?

NO! Per due ragioni:

1) la letteratura scientifica dimostra che sia per la “pillola del giorno dopo” che per quella “dei cinque giorni dopo”, accanto ad un meccanismo propriamente contraccettivo (inibire l’ovulazione), ve ne può essere anche uno intercettivo, cioè abortivo (inibire l’impianto in utero dell’embrione concepito): per cui parlare solo di “contraccezione” risulta eticamente, oltrechè scientificamente e deontologicamente, scorretto.

2) anche il termine “d’emergenza” è usato in maniera impropria, e quindi falsa, perché è termine da riferirsi a patologia che richieda un tempestivo intervento medico: ma la gravidanza di per sé, anche se non programmata o non desiderata, non costituisce affatto una patologia e non é inclusa in nessun elenco internazionale delle patologie.

La prescrizione della “pillola dei cinque giorni dopo” non costituisce pertanto condizione d’emergenza.

IL CSS PREVEDE L’ESECUZIONE DEL TEST DI GRAVIDANZA PRIMA DELLA PRESCRIZIONE DI ellaOne: E’ UNA VERA DIFESA DEL CONCEPITO?

La positivizzazione del test di gravidanza mediante dosaggio di beta-HCG, molecola di origine trofoblastica, richiede un intervallo di tempo di almeno 7 giorni dal momento del concepimento.
L’esecuzione di un normale test di gravidanza prima dell’assunzione di UPA (che avviene entro 5 giorni) non può quindi in alcun modo servire ad evidenziare l’avvenuto eventuale concepimento!

Per rilevare il concepimento in fase pre-nidatoria si dovrebbe infatti ricorrere al dosaggio di una molecola, l’Early Pregnancy Factor (EPF), il cui impiego non è standardizzato ed al momento non costituisce un esame di routine.

In presenza pertanto di un normale test di gravidanza risultato negativo, non si può in alcun modo essere rassicurati che la somministrazione di UPA non svolga un’azione anti-nidatoria nei confronti del concepito.

LE DONNE DESIDERANO ESSERE ADEGUATAMENTE INFORMATE SU COSA ASSUMONO?

La letteratura scientifica, attraverso indagini specifiche, è univoca nell’affermare che:

1) molte donne individuano l’inizio della vita umana e della gravidanza con la fecondazione.

2) le donne desiderano conoscere l’esatto meccanismo d’azione dei farmaci registrati come contraccettivi.

3) un cospicuo numero di donne non assumerebbe un farmaco registrato come contraccettivo se anche vi fosse solo la possibilità di un’interferenza con lo sviluppo dell’embrione.

4) scoprire a posteriori di avere assunto comportamenti contrari alle proprie convinzioni morali può mettere a rischio la salute mentale della donna.

Quindi celare ad una paziente il possibile meccanismo anti-nidatorio della “pillola dei cinque giorni” dopo, come di quella “del giorno dopo”, è una grave scorrettezza deontologica e pone a rischio la salute delle donne.

SE COMMERCIALIZZATA, SARA’ POSSIBILE L’OBIEZIONE DI COSCIENZA ALLA PRESCRIZIONE E DISPENSAZIONE  DELLA “PILLOLA DEI CINQUE GIORNI DOPO”?

La risposta va condotta riferendosi alle disposizioni previste per la prescrizione/dispensazione della “pillola del giorno dopo” (Levonorgestrel), purtroppo già in commercio da anni nel nostro Paese.

Sul versante degli operatori sanitari la possibile azione post-fertilizzativa (abortiva) del Levonorgestrel ha condotto il Comitato Nazionale per la Bioetica, in due distinti documenti, a ritenere eticamente lecito consentire al medico ed al farmacista, sulla base del riconoscimento della “clausola di coscienza”, il rifiuto di prescrizione e dispensazione di tali preparati.

Sulla stessa linea una nota del 2006 del presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (FNOMCeO) ha stabilito che la “clausola di coscienza” prevista dal Codice Deontologico dei medici possa essere ritenuta “assimilabile” all’obiezione di coscienza prevista dalla legge 194/78 per l’interruzione di gravidanza.

In entrambe i casi, si tratta di documenti che riconoscono la ratio del diritto all’obiezione di coscienza, sia per il medico che per il farmacista, in base all’interpretazione analogica dell’art.9 della Legge 194/78 e dell’art.16 della Legge 40/04, grazie alla quale si riconosce che la volontà di molti medici e farmacisti di non mettere in atto condotte lesive, o anche solo potenzialmente tali, del concepito non è indipendente dalla loro dimensione scientifica.

PERCHE’ POSSIAMO DIRE CHE LA VITA UMANA INIZIA DAL CONCEPIMENTO?

Già al suo primo stadio di sviluppo unicellulare (ossia lo zigote), attraverso un protagonismo biologico realmente e scientificamente evidente, l’embrione si presenta con cinque caratteristiche:

1) L’identità umana attestata dal corredo cromosomico.

2) La sua individualità e unicità comprovata anche attraverso modelli matematici.

3) La sua autonomia biologica testimoniata dall’efficienza energetica del suo metabolismo.

4) L’assunzione del piano-programma genomico che si distingue per livelli di gradualità, continuità e coordinazione.

5) Il dialogo con la madre (cross-talk) ai fini dell’impianto e della tolleranza immunologica.

A buon diritto, infatti, è stato autorevolmente affermato che “l’embrione non è passivo: è un attivo direttore d’orchestra del suo impianto e del suo destino futuro”. Il protagonismo biologico dell’embrione e la sua relazionalità con la madre mediante messaggi ormonali, immunologici, biochimici, sono le condizioni indispensabili perché si abbia un “buon impianto”.

Sperando di avervi aiutato a comprendere più a fondo la malvagità di quest’ennesima invenzione, che temiamo possa diffondersi rapidamente, contribuendo ad allargare il male e la strage silenziosa di innocenti, ci uniamo alle preghiere vostre e di tutta quanta la Chiesa, affidando ogni famiglia, “santuario della vita”, alla potente intercessione e protezione della nostra amata Madre Buona.