Sedazione profonda, via italiana all’eutanasia?

International Family News 22 febbraio 2020

L’allarme di Paola Binetti al seminario di Scienza & Vita a dieci anni dalla legge, disattesissima, sulle cure palliative

di Federico Cenci

Sono passati dieci anni dalla legge 38/2010 sulle cure palliative. Un lasso di tempo foriero di bilanci, nonché di nuove sfide che attendono il delicato tema dell’ultimo tratto della vita umana.

Se ne è parlato giovedì in Senato al seminario organizzato dall’Associazione Scienza & Vita dal titolo Ricordati di me. Oltre la fine che verrà.  Tra gli intervenuti, anche la senatrice Paola Binetti, che fu relatrice di quella legge in veste di deputata dell’Unione di Centro. Intervistata da “IFamNews”, la Binetti sottolinea che la norma sulle cure palliative, benché divenuta un modello in Europa, è ancora disattesa, specie nei confronti dei pazienti d’ambito pediatrico.

«Occorre garantire a tutti l’accesso alle cure palliative», afferma, «rilanciando la famosa formula delle tre “h”, home, hospice, hospital, cioè mettendo il paziente nelle condizioni di usufruire di un sistema integrato di servizi che coinvolga la sua abitazione, gli hospice e gli ospedali». Non solo.

La Binetti lancia chiara e netta l’allarme anche sulla «corretta applicazione» della legge. «La sedazione profonda, cui si fa riferimento nel testo, è oggi considerata da taluni una sorta di “via italiana all’eutanasia”», dice. Ciò che preoccupa la senatrice, che è neuropsichiatra infantile, è «il combinato disposto con la legge 209/2017 sul fine vita, che liberalizza il desiderio del paziente», compreso quello al suicidio assistito.

La sentenza della Corte costituzionale del 25 settembre scorso pone dei paletti, tra cui quello di dover sentire un comitato etico prima di procedere. «Ma c’è un modo per aggirare la sentenza dei giudici», riflette la Binetti, «facendo riferimento direttamente alla legge sulle cure palliative, che non contempla l’appello al comitato etico nel passaggio sulla sedazione profonda».

È così, prosegue, «che un paziente può ricorrervi senza passare prima per un parere terzo». Come intervenire per evitare ciò che la senatrice definisce «una banalizzazione» delle cure palliative? «Con la formazione del personale sanitario», risponde, «affinché si abbia una formazione d’insieme degli strumenti normativi e non venga fatta confusione».

Questo rischio lo intravede anche Giovanna Razzano, professore associato di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università «La Sapienza» di Roma. «Nei Paesi europei che l’hanno legalizzata, cioè Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo», spiega ad “IFamNews”, «l’eutanasia è diventata un’opzione all’interno delle cure palliative. C’è tuttavia una differenza sostanziale, poiché l’intenzione dell’eutanasia è anticipare la morte, mentre la sedazione palliativa è volta a dare sollievo al dolore quando gli altri mezzi terapeutici non hanno sortito effetti».

A tal proposito la Razzano ricorda la lezione dell’infermiere cristiana inglese Cicely Saunders (1918-2005), pioniera degli hospice e delle cure palliative: «Tu vali in ogni condizione; io ti curo perché sei tu».

Un concetto, questo, ripreso da Chiara Mantovani, medico e bioeticista, consigliere di Scienza & Vita, la quale ha presentato la «terapia della dignità», sviluppata anni fa dallo psichiatra canadese Harvey Max Chochinov. Si tratta, spiega la Mantovani, «di un percorso psicoterapeutico che, oltre al sollievo dal dolore, prevede anche la presa in carico degli aspetti spirituali, psicologici e relazionali», giacché «è nella totalità della dimensione metafisica e fisica che si trova la cifra del nostro essere».

Questo importante appuntamento in Senato segna l’avvio di un serie di incontri promossi in tutta Italia che vedranno Scienza & Vita impegnata a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del prendersi cura di chi è in fase terminale. Un tema imprescindibile per la buona battaglia a favore della vita.