Perché non si torna a dire che non basta semplicemente salvarsi?… Sempre che questo lo si dica

Il Cammino dei Tre sentieri 11 febbraio 2020

Oggi, nella vita spirituale, si tende a giocare al ribasso e quando non si arriva all’estremo secondo cui il Paradiso spetterà a tutti, si arriva almeno a dire che basterebbe salvarsi.

E’ evidente che già salvarsi è un obiettivo enorme che merita tutta la fatica per poterlo raggiungere. San Pio da Pietrelcina, con il suo parlare schietto, semplice, ma comunque di alta teologia, diceva ai suoi figli spirituali che in “Paradiso non si va in carrozza“.

Però nella catechesi un tempo si insisteva sull’obbligo che ognuno di noi ha di raggiungere la perfezione, di essere perfetti come ci dice Gesù: “Siate perfetti, come è perfetto il padre vostro che è nei Cieli.” (Matteo 5,48).

Oggi, invece, se ne avverte la mancanza. Facendo perdere all’annuncio cristiano quel fascino che è legato anche alla sua costitutiva tensione eroica.

Ovviamente ciò non vuol dire che abbiano ragione i pelagiani per cui la salvezza sarebbe solo nello sforzo dell’uomo, generando una pericolosa presunzione personale, in stile: io sono più bravo di tutti… no, per carità!

Nel Tempio dobbiamo essere come il pubblicano e non come il fariseo (cfr. Luca 18,9-14). Piuttosto bisogna tener presente quel famoso esempio dell’anello d’oro che va cercato in una stanza buia. Quando ritorna la luce (la Grazia) diventa possibile cercare l’anello, ma per trovarlo occorre che ci si cali per cercarlo.

Dunque, occorre la luce (la Grazia), ma occorre anche corrispondere alla luce per renderla fruttuosa, ovvero lo sforzo personale per ritrovare l’anello. E su questo sforzo che si gioca la partita. Ed è su questo che il nostro sforzo deve mirare alla perfezione.

Scrive padre Antonio Royo Marin nel suo insostituibile Teologia della perfezione cristiana (Introduzione 3,6):  “(…) una sola cosa è necessaria (Luca 10,42): la salvezza dell’anima; però soltanto in cielo sapremo apprezzare l’enorme differenza che passa tra la salvezza conseguita nel suo infimo grado (cristiani imperfetti) e la salvezza conseguita nel suo grado pieno e perfetto (santi). Questi fruiranno di un grado di gloria molto più alto e, soprattutto, glorificheranno immensamente di più Dio per tutta l’eternità. Il conseguimento della propria felicità, subordinata alla glorificazione eterna di Dio, costituisce la ragione stessa della creazione, della redenzione e della santificazione del genere umano.”