La “cintura musulmana” e la leva jihadista uigura

Tratto da Ora pro Siria martedì 7 gennaio 2020

di René Naba  

(Traduzione Gb.P. per OraproSiria)

Impantanati in Afghanistan da quasi vent’anni, molestati dai loro ex alleati talebani, gli Stati Uniti sembrano voler aggrapparsi a quella che è stata a lungo la loro arma preferita, la strategia del “Muslim Belt”, la cintura verde dello spazio musulmano, nell’intento di circondare la “Heartland” (zona d’influenza, NDT) eurasiatica (Cina e Russia) che detiene le chiavi per dominare il mondo.

Un’arma in qualche modo erosa dalle battute d’arresto dei gruppi terroristici in Siria, dal crollo politico della Fratellanza dei Fratelli Musulmani, matrice originale dei gruppi takfiristi sradicatori e dalla disaffezione dell’Arabia Saudita nei loro confronti.

Su suggerimento di Washington e Ankara, il Partito islamista del Turkestan (PIT) ha quindi intrapreso il percorso della globalizzazione del suo combattimento, con obiettivi prioritari, la Cina e i buddisti, in altre parole, l’India.

1 – TURCHIA E STATI UNITI, SPONSOR OCCULTI DEL PIT

Dopo otto anni di presenza in Siria, in particolare nel nord del paese nel settore di Aleppo, il movimento jihadista in Turkestan si sta preparando a dare slancio regionale alla sua lotta, oltre la Siria, con un obbiettivo prioritario: la Cina.

Questa è almeno la sostanza del discorso mobilitante del predicatore Abou Zir Azzam trasmesso in occasione della festa di Fitr, nel giugno 2018, sottolineando “l’ingiustizia” subita dal Turkestan nelle sue due parti, quella occidentale (Russia) e il versante orientale (Cina).

Nel giugno 2017, la Turchia e gli Stati Uniti hanno incoraggiato questo orientamento con il pretesto di preservare i combattenti di questa formazione al fine di assegnarli ad altri teatri operativi, contro gli avversari degli Stati Uniti raggruppati all’interno dei BRICS (Cina e Russia), il centro della contesa per l’egemonia americana in tutto il mondo.

2 -LA DOPPIEZZA DELLA TURCHIA

Combattuto tra le sue alleanze contraddittorie, il neo-islamista Recep Tayyip Erdoğan, membro del gruppo Astana (Russia, Iran, Turchia) e contemporaneamente membro della NATO, ha proposto la pianificazione di un vasto perimetro volto a dar rifugio ai jihadisti in un’area sotto l’autorità della Turchia al fine di separare i gruppi islamisti iscritti nella lista nera del terrorismo dai jihadisti raggruppati sotto l’etichetta VSO “The Vetted Syrian Opposition” (opposizione siriana gradita all’Occidente) in un’operazione intesa a consentire al turco di separare il “buon grano” dalla pula, secondo lo schema della NATO.

In altre parole, liberare i siriani, pentiti e disarmati, mettere in stand-by i siriani estremisti, in particolare il gruppo Adanani, e tenere sotto controllo i combattenti stranieri (ceceni, Uiguri) in vista di esfiltrarli segretamente verso altri teatri d’operazione.

Grazie allo spiegamento delle forze americane nel nord della Siria, nel perimetro della base aerea di Manbij e Idlib, la Turchia ha approfittato di questa fase preparatoria dell’offensiva per esfiltrare i suoi simpatizzanti, principalmente gli Uiguri e Al Moharjirine (i migranti), i combattenti stranieri sotto “Hayat Tahrir Al Sham” di tendenza jihadista salafita, il cui gruppo è stato inserito nella lista nera delle Nazioni Unite nel 2013.

Il presidente russo Vladimir Putin ha accettato la proposta turca al vertice di Sochi dieci giorni dopo, il 17 settembre, desideroso di preservare la sua nuova alleanza con la Turchia nel mezzo di una guerra ibrida da parte degli Stati Uniti Indurre alle dimissioni della Turchia costituisce la carta vincente della Russia nei suoi negoziati con la coalizione occidentale al punto che Mosca sembrerebbe così ansiosa di incoraggiare questa disconnessione strategica dell’asse Turchia-Stati Uniti, da arrivare al punto di promettere la consegna del sistema balistico S-400 per il 2019.

Ankara, da parte sua, spera di conservare gran parte della sua forza di disturbo nell’area, con l’obiettivo di sviluppare un’enclave turca nel settore di Idlib, sul modello della Repubblica turca di Cipro, procedendo a una modifica demografica dell’area concentrandovi in una sorta di barriera umana i cittadini siriani che rientrano nella sfera dei Fratelli Musulmani che essa considera rientranti nella sua autorità.

La zona smilitarizzata concessa provvisoriamente alla Turchia si estende per oltre 15 km di larghezza lungo il confine tra Siria e Turchia nel settore di Idlib, compresa la zona di schieramento delle forze curde sostenute dagli Stati Uniti Sulla duplicità della Turchia nella guerra siriana, vedi questi link:

https://www.madaniya.info/2014/09/22/turquie-base-arriere-du-recrutement-djihadiste-compte-daech-isis/

  https://www.madaniya.info/2016/02/08/turquie-de-la-politique-de-zero-probleme-a-la-politique-de-zero-ami/

3 – LA TERMINOLOGIA MARXISTA COME COPERTURA LEGALE ALLA SVOLTA

La composizione ideologica della svolta del PIT è stata disegnata dalla terminologia marxista. Alla fine di un dibattito interno di diversi mesi, gli esperti legali di questa formazione hanno deciso di dare una dimensione planetaria alla loro lotta privilegiando IL NEMICO VICINO (Cina) sul NEMICO LONTANO (Siria).

Si è stabilita una competizione giurisdizionale tra i prescrittori rivali Abdel Rahman Al Chami, vicino a Jabhat Al Nusra, ramo siriano di Al Qaida, e Abdel Halim Al Zarkawi, vicino a Daesh.

4- IL DISCORSO MOBILITANTE DI ABOU ZIR AZZAM

Questo predicatore ha fatto un’irruzione politica a partire da un discorso mobilitante trasmesso in occasione della festa di Fitr, nel giugno 2018, mettendo in evidenza “l’ingiustizia” subita dal Turkestan nelle sue due parti, quella occidentale (Russia) e il versante orientale (Cina). Invocando un boicottaggio commerciale della Cina, ha elencato le sevizie storiche inflitte dai Cinesi agli Uiguri, citando “lo stupro delle donne musulmane” e “l’imposizione di mangiare carne di maiale”.

5 – CINA: LA SIRIA, UN RICETTACOLO PER IL TERRORISMO GLOBALE

La fermentazione jihadista uigura in Siria e in paesi della lontana periferia della Cina ha indotto Pechino, nel marzo 2018, a dispiegare discretamente truppe in Siria col motivo ufficiale di allenare alcuni distaccamenti dell’esercito siriano e fornire loro supporto logistico e medico.

Pechino ha giustificato questo atteggiamento di supporto a motivo della sua prossimità ideologica con il potere baathista a causa della sua natura secolare, nonché per la presenza nel nord della Siria di un grande contingente di combattenti Uiguri.

Così facendo, la Cina mira a intrappolare i jihadisti Uiguri, di cui vuole neutralizzare il loro eventuale ritorno in Cina, mentre i legami tra i separatisti islamisti nelle Filippine e in Mayanmar e i gruppi islamisti che operano in Siria sono confermati, come testimonia l’arresto di agenti dello Stato islamico (Daesh) in Malesia nel marzo 2018 e a Singapore nel giugno 2018.

Il graduale ingresso della Cina nel teatro siriano, dove ha già ottenuto di usufruire di strutture navali nel perimetro della base navale russa a Tartous, sta consolidando la sua posizione, come uno dei tre principali investitori nel finanziamento della ricostruzione della Siria, al pari di Russia e Iran.

Oltre a Tartous, la Cina ha costruito la sua prima base navale all’estero a Gibuti, nel 2017. Adiacente al porto di Doraleh e alla zona franca di Gibuti – entrambe costruite dalla Cina – questa base non dovrebbe ospitare in un primo tempo che “solo” 400 uomini.

Ma, secondo diverse fonti, sono quasi 10.000 gli uomini che potrebbero stabilirsi lì entro il 2026, quando i soldati cinesi avranno trasformato questa enclave in un avamposto militare della Cina in Africa.

Inoltre, all’inizio di settembre la Cina ha partecipato alle manovre navali russe al largo del Mediterraneo, le più importanti manovre della flotta russa nella storia navale mondiale. Ha inviato truppe in Siria, per la prima volta nella sua storia, nel marzo 2018, per supportare le forze del governo siriano durante la presa di Idlib, in particolare per decriptare le comunicazioni tra i jihadisti Uiguri al fine di neutralizzarle.

Per quanto riguarda la Cina, la Siria funge da ricettacolo per il terrorismo globale, compreso quello interno cinese. Cercando di alleviare la spesa finanziaria russa e di sostenere lo sforzo di guerra siriano, la Cina ha concesso aiuti militari per 7 miliardi di dollari alla Siria, le cui forze combattono nella battaglia di Aleppo i jihadisti Uiguri, (musulmani di lingua turca della Cina nordoccidentale), dove quasi 5.000 famiglie, ossia quasi quindicimila persone, si sono stabilite nella zona orientale di Aleppo

6- LA QUESTIONE UIGURA

La strumentalizzazione degli Uiguri da parte degli americani risponde alla loro preoccupazione di avere una leva contro Pechino, in quanto “la Cina e gli Stati Uniti sono impegnati, a lungo termine, su una rotta di collisione. I precedenti storici mostrano che un potere crescente e uno in declino sono spesso condannati allo scontro”, sostiene l’ex primo ministro francese Dominique de Villepin, “in particolare in un momento in cui la scena diplomatica internazionale è nel mezzo della transizione verso un mondo post occidentale. Il suo obiettivo di fondo è quello di ostacolare l’attuazione della seconda via della seta”.

Musulmani di lingua turca, gli Uiguri jihadisti provengono dalla provincia di Xingjiang, nell’estremo ovest della Cina, al confine con otto paesi (Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan e India).

Molti Uiguri hanno combattuto in Siria sotto la bandiera del Movimento islamico del Turkestan orientale (Sharqi Turkestan) alias Xinjiang, un’organizzazione separatista di lotta armata il cui obiettivo è la creazione di uno “Stato Islamico Uiguro” nello Xinjiang.

I combattenti Uiguri hanno ricevuto assistenza dai servizi segreti turchi per il loro trasferimento in Siria, attraverso la Turchia. Questo fatto ha generato tensione tra i servizi di intelligence turchi e cinesi in quanto la Cina è preoccupata per il ruolo dei turchi nel sostenere i combattenti Uiguri in Siria, un ruolo che potrebbe favorire il sostegno turco ai combattimenti nello Xinjiang.

La comunità uigura in Turchia conta 20.000 membri, alcuni dei quali lavorano per l’Associazione di Solidarietà e Istruzione del Turkestan orientale, che fornisce aiuti umanitari ai siriani ed è sotto osservazione dalla Cina. Un video del PIT del gennaio 2017 afferma che la sua brigata siriana ha combattuto con il fronte di al-Nosra nel 2013 nelle province di Raqqa, Hassakeh e Aleppo.

Nel giugno 2014, il gruppo jihadista ha ufficializzato la sua presenza in Siria: la sua brigata sul posto, guidata da Abu Ridha al-Turkestani, un portavoce di lingua araba, probabilmente un siriano, ha rivendicato la responsabilità di un attacco suicida a Urumqi nel maggio 2014 e di un attacco alla Piazza Tienanmen nell’ottobre 2013.

Il gruppo ha promesso fedeltà al Mullah Omar dei Talebani. Ventidue Uiguri sono stati arrestati a Guantanamo, poi rilasciati per mancanza di prove. Seguendo l’esempio dell’Emirato Islamico del Caucaso, la cui filiale siriana operava nell’ambito di Jaysh Muhajirin Wal-Ansar, il PIT ha creato la propria filiale in Siria che opera in concerto con Jabhat Al Nusra tra le province di Idlib e Lattakia.

7 – L’AMBIENTE JIHADISTA IN INDIA E IL SUO SPOSTAMENTO VERSO ISRAELE

La distruzione dei Buddha di Bamyan da parte dei Talebani nel marzo 2001, sei mesi prima dell’attacco dell’11 settembre contro i simboli dell’iperpotenza americana, fu un fattore scatenante che indusse l’India ad abbandonare la sua tradizionale politica di amicizia con i paesi arabi, in particolare l’Egitto, il suo principale partner nel Movimento dei Non Allineati, per avvicinarsi ad Israele.

L’ambiente jihadista dell’India ha d’altronde portato i suoi dirigenti ad avvicinarsi anche agli Stati Uniti in un contesto segnato dalla scomparsa del partner sovietico, in contemporanea a un’accentuazione della cooperazione sino-pakistana che porta al trasferimento di energia da Pechino a Islamabad e il lancio di un programma nucleare pakistano con sussidi sauditi.

La nuova alleanza con gli Stati Uniti e Israele è stata sigillata sulla base di una convergenza di interessi e di un approccio sostanzialmente simile di paesi che si presentano come democrazie che condividono la stessa visione pluralista del mondo, avendo lo stesso nemico comune, “l’Islam radicale”.

Il riavvicinamento con Israele ha portato a una normalizzazione delle relazioni israelo-indiane nel 1992, materializzata dalla prima visita di un leader israeliano a Nuova Delhi, nel 2003, nella persona del primo ministro Ariel Sharon, l’anno dell’invasione americana dell’Iraq.

Terza potenza regionale con Cina e Giappone, l’India si trova in una posizione ambivalente in quanto deve mantenere stretti legami con le superpotenze per rimanere nel gruppo alla testa della leadership mondiale, senza allentare i legami con il Terzo mondo, di cui è stata una delle leader per lungo tempo.

La sua presenza nei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) risponde a questa logica. Gli Uiguri, dal ricordo dell’osservatore, non sono morti mai per la Palestina, neppure uno. Ma molti sono stati contro la Siria, in una deviazione settaria della loro ideologia.

Agli occhi degli strateghi del Pentagono, la strumentalizzazione dell’irredentismo uiguro dovrebbe avere lo stesso effetto destabilizzante sulla Cina del jihadismo ceceno sulla Russia di Putin. Ma una possibile ascesa al potere del Partito islamico del Turkestan potrebbe avviare una ridistribuzione delle carte, le cui principali vittime potrebbero essere i jihadisti Uiguri, come gli islamisti in Siria.

A voler troppo servire da «carne da cannone» a combattimenti mercenari decisi da committenti guidati esclusivamente dalla loro ragione di stato della loro propria potenza, il destino dei suppletivi è ineluttabilmente segnato: Tacchini ripieni di un gigantesco inganno.

8 – LA DEFEZIONE DI TRE PAESI MUSULMANI ALLEATI DELL’OCCIDENTE

Di fronte a una tale configurazione, il Pakistan, il pompiere piromane del jihadismo planetario per decenni sembrava aver avviato una revisione dolorosa delle sue alleanze, rinunciando al suo precedente ruolo di guardia del corpo della dinastia wahhabita per un ruolo più gratificante di partner della Cina, la potenza planetaria in via di realizzazione, tramite il progetto OBOR (ONE BELT ONE ROAD o Nuova via della seta – NDT). https://www.madaniya.info/2017/01/02/l-hecatombe-de-guerre-de-syrie-six-ans-apres-declenchement/

Altri due paesi musulmani, ex alleati dell’Occidente, ne han seguito l’esempio: la Malesia e senza dubbio la Turchia, a medio termine, colpita da sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti.

Se l’ipotesi del jihadismo anti-buddista dovesse materializzarsi, darebbe inizio a una gigantesca tettonica delle placche con l’effetto di sigillare un’alleanza di fatto tra Cina e India, i due stati continenti dell’Asia, oltre che non musulmani, in vista di sconfiggere l’idra islamista che si aggira alla loro periferia

Per Approfondire

https://www.madaniya.info/2017/01/02/l-hecatombe-de-guerre-de-syrie-six-ans-apres-declenchement/