Il Mondo usurpato: breve Storia degli inglesi (1)

Il Nuovo Arengario 7 Dicembre, 2019

di Emilio Biagini

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UNA PATRIA NATA DALL’USURPAZIONE DELLA PATRIA ALTRUI

Cominciarono con un’usurpazione, usurparono mezzo mondo, stanno finendo vittime di un’immensa usurpazione. Tutte le nazioni europee si trovano, all’incirca, sul territorio ove nacquero. Gli inglesi no. Il territorio dell’Inghilterra è il risultato di un’usurpazione ai danni dei celti romanizzati.

L’occupazione romana ebbe termine agli inizi del sec. V, ed iniziò allora il calvario dei celti, cacciati dalla loro terra che rimase in mano ai teutoni invasori, provenienti dalla Germania settentrionale e dalla Danimarca: Juti, Angli, Sassoni.

Sul territorio conquistato i barbari fondarono piccoli regni tribali in perenne lotta fra loro, ai quali la Chiesa inviò missionari. A prezzo di gravi sacrifici, questi eroi della Fede riuscirono in qualche modo ad evangelizzare le popolazioni. A partire dal sec. VIII ebbe luogo una nuova invasione, dalla Scandinavia, finché, dal 1016 al 1042, l’Inghilterra fu sotto dominio danese, a cui seguì, pacificamente, l’ascesa al trono di un re sassone.

Ma Guglielmo, duca di Normandia, invase l’Inghilterra nel 1066 e la conquistò, costituendovi un regno feudale. Questo regno condusse una guerra praticamente continua contro l’uno o l’altro dei paesi delle Isole Britanniche in cui sopravviveva la cultura celtica: Galles, Scozia, Irlanda.

Anche gli scozzesi (a loro volta anglicizzati nel sud del loro paese, mentre i clan delle alte terre rimanevano celtici) partecipavano alacremente alle continue lotte, al punto da suscitare il commento di Dante su questi popoli incapaci di stare nei propri confini (Paradiso 19, 121-123):

Lì si vedrà la superbia ch’asseta,

che fa lo Scotto e l’Inghilese folle,

sì che non può soffrir dentro a sua meta.

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CONFLITTI CONTINUI

All’interno dell’Inghilterra, lotte e ribellioni erano all’ordine del giorno, mentre la violenza inglese valicava la Manica per scatenare sulla Francia la Guerra dei Cent’Anni (1337-1453), con spaventose distruzioni.

Sconfitti e cacciati da Santa Giovanna d’Arco, sulla quale gli inglesi si vendicarono mettendola al rogo, gli scornati invasori si ritirarono in Inghilterra a combattersi in una feroce guerra fratricida che durò trent’anni (1455-1485), alla fine della quale, con Enrico VII, ebbe inizio il dominio della tirannica dinastia Tudor. Gli succedette il figlio Enrico VIII, il quale, in odio alla Chiesa che gli aveva rifiutato l’annullamento del matrimonio, impose la separazione da Roma.

Tutti i vescovi inglesi, che conducevano vite scandalose, aderirono allo scisma, con l’unica eccezione di San John Fisher, vescovo di Rochester, che il tiranno fece uccidere, come pure martirizzò San Tommaso Moro, che era stato suo fedele cancelliere, e numerosi altri cattolici.

Stupende abbazie furono distrutte, chiese profanate, secolari capolavori d’arte distrutti. Come prevedibile, lo scisma sfuggì ben presto di mano. Quello che avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni del re, una semplice separazione da Roma, conservando in tutto il resto la dottrina cattolica, scivolò rapidamente nell’eresia protestante e nella frammentazione settaria della stessa Chiesa anglicana.

Tutto ciò diede grande e inaspettato slancio al protestantesimo, che sarebbe altrimenti rimasto confinato a parte della Germania e forse a qualche regione adiacente. Il figlio di Enrico VIII, Edoardo VI, morì a 15 anni, nel 1553. I reggenti che governarono in sua vece sostennero l’eresia.

Gli succedette la sorellastra Mary che restaurò il Cattolicesimo e fece giustiziare i persecutori dei martiri cattolici, ciò che le valse, da parte protestante, il soprannome di “Maria la Sanguinaria” (Bloody Mary). Le succedette Elisabetta, che restaurò prontamente il protestantesimo. Alla sua ascesa al trono dichiarò di volere quarant’anni di regno a prezzo della sua anima.

Ebbe i suoi quarant’anni di regno, perseguitò in modo spaventoso i cattolici, ma la storiografia politicamente e penosamente corretta sostiene che il suo protestantesimo sarebbe stato “moderato”. Morì nubile e senza eredi nel 1603, dopo essersi macchiata dei più orrendi delitti che ben più di Maria le avrebbero meritato la qualifica di “sanguinaria”.

Tra questi vi fu, nel 1553, l’esecuzione della cugina Maria Stuarda, che aveva diritto al trono più di lei. Si trattò di un atto gravissimo che ledeva il principio monarchico: altri sovrani erano stati uccisi, ma si era sempre trattato di ribellione e tradimento, mentre questa fu una condanna formale, facendo balenare il principio che vi fosse un’autorità più alta del re.

Ed ecco uno dei modi in cui la riforma protestante preparò la rivoluzione francese: tutti passi sull’empio cammino della Rivoluzione, magistralmente illustrato da Plinio Corrêa de Oliveira. William Shakespeare, segretamente cattolico perché esserlo apertamente significava la morte, prese la “buona” regina Elisabetta a modello per la sanguinaria Lady Macbeth.

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GLI STUART E LE ATROCITÀ DI CROMWELL

Il figlio di Maria Stuarda, Giacomo I in Inghilterra (VI in Scozia) ascese ai troni d’Inghilterra e di Scozia uniti solo per unione personale. I precettori, accuratamente scelti dall’aristocrazia protestante, gli avevano inculcato l’odio verso la Chiesa. Ma la dinastia Stuart pendeva irresistibilmente verso il Cattolicesimo e ciò la rese impopolare presso quella medesima aristocrazia.

Il ritorno al Cattolicesimo avrebbe significato la rinuncia a una religione di comodo senza il fastidioso Sacramento della Confessione, e dover rendere conto delle enormi ricchezze rubate alla Chiesa.

Non a caso, tutte le maggiori casate nobiliari arricchitesi con le terre strappate ai monasteri, vedevano un possibile ritorno al Cattolicesimo come il fumo negli occhi. Alle tendenze cattoliche degli Stuart si univa la tendenza ad andare d’accordo con la Spagna, che invece i mercanti inglesi, finanziatori della pirateria, consideravano un nemico da aggredire e saccheggiare.

Proprio a causa delle sue tendenze pacifiche e filospagnole, Carlo I Stuart entrò in urto col parlamento, così che finì per scoppiare la guerra civile. Il correttume politico dominante nelle scuole e nelle università propala naturalmente una spiegazione del conflitto del tutto falsa, secondo la quale il parlamento, animato dal sacro fuoco della “democrazia”, volle opporsi alle tendenze “autoritarie” del re. In realtà l’augusto consesso rappresentava meno dell’uno per cento della popolazione.

Vi sedevano mercanti le cui navi abitualmente esercitavano la pirateria, tutta gente che odiava le simpatie cattoliche del re e i suoi tentativi di pacificazione verso la Spagna, che avrebbero compromesso le “democratiche” imprese dei pirati inglesi.

La guerra civile scoppiò nel 1642 e, dopo la vittoria dei “puritani” che sostenevano il parlamento, re Carlo I fu processato e giustiziato nel 1649. Questo fu il secondo colpo mortale inflitto dagli eretici all’immagine regale, al quale i rivoluzionari francesi poterono richiamarsi per accampare una giustificazione dei propri delitti.

L’Inghilterra divenne repubblica sotto la dittatura del generale vincitore Oliver Cromwell. Sotto il suo governo, che durò fino alla sua morte nel 1658, l’Irlanda, che da secoli gemeva sotto il tallone inglese, si sollevò. La repressione fu spaventosa, un vero e proprio genocidio, con atrocità che nulla avevano da invidiare a quelle hitleriane.

Dato che il figlio ed erede di Oliver Cromwell si era rivelato un incapace, il regime richiamò gli Stuart. Salì quindi al trono Carlo II, previo accordo che il nuovo re non avrebbe interferito né con le imprese dei pirati inglesi che infestavano i mari, né con i privilegi delle élites terriere protestanti, lasciando i terreni usurpati a chi li aveva arraffati (specie gli irlandesi avevano subito la quasi totale usurpazione della loro terra).

Ma, per quanto “normalizzati”, gli Stuart non erano graditi: troppo cattolici e troppo attaccati al diritto divino dei re, così che, quando nel 1688 il re Giacomo II, apertamente cattolico, ebbe un figlio maschio che “minacciava” di stabilire una successione cattolica, il parlamento invitò a impadronirsi del trono il governatore dei Paesi Bassi, Guglielmo di Orange.

Costui era marito di Anna Stuart, figlia protestante di Giacomo II, così che il suo diritto alla successione era quanto meno discutibile, ma poco importava, dato che il diritto divino dei re era ormai traballante. Guglielmo venne, vide e vinse, non trovando alcuna resistenza.

Il regime salutò il rivolgimento rivoluzionario come la “Gloriosa Rivoluzione”, dato che in Inghilterra era avvenuto senza colpo ferire. Non fu invece per nulla incruento per la povera Irlanda, dove Giacomo II si era rifugiato e aveva reclutato un esercito nel vano tentativo di riconquistare il trono. L’isola venne nuovamente saccheggiata e devastata.

(continua)

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