Cannabis a fin di bene? Un disegno perverso

cannabisLa Bussola quotidiana 1 aprile 2011

Ci mancava solo il campo di canapa per produrre olio di marijuana “a scopo terapeutico”. È questa l’ultima trovata del governatore pugliese, Nichi Vendola. Un’iniziativa che segue il progetto della regione Toscana di legalizzare l’uso della cannabis “per fini medici” sulla falsariga di un provvedimento già approvato in Puglia. Ce n’è abbastanza per non scorgere l’ennesimo tentativo di voler sdoganare le impropriamente dette “droghe leggere”. Abbiamo chiesto un parere a don Chino Pezzoli, della Fondazione Promozione e Solidarietà Umana, che da anni lavora sul campo per sottrarre i giovani all’abisso della tossicodipendenza.

di Chino Pezzoli

Le ultime iniziative vogliono di fatto sminuire gli effetti negativi della marijuana. La solita superficialità, le solite sparate! La nostra esperienza di trent’anni ci fa dire che la cannabis fa male. Gli studi scientifici, già da tempo, hanno dimostrato le conseguenze dannose prodotte in chi ne ha fatto uso; così come c’è la consapevolezza che solo l’ideologia sessantottina, cara ad alcuni dei nostri politici, riconosce validità al binomio fumo-innocuità.

Tra la solita disinvoltura dei mezzi di comunicazione si è diffusa, nei più, la convinzione della cosiddetta canna come sostanza inoffensiva. “Fa più male l’alcol quando ci si sbronza”, si dice, come se il problema fosse di scegliere il meno dannoso di due veleni, dimenticando il particolare, non proprio irrisorio, che entrambe le sostanze avvelenano l’esistenza umana. Recentemente gli studi hanno ribadito tutta la nocività della cannabis.

Già nel 2001, Giovanni Battista Cassano, rinomato docente dell’Università di Pisa denunciava che «Questa droga (la marijuana) agisce nelle stesse strutture del cervello interessate dalla cocaina e dalla morfina, e costituisce un gradino, sia per l’assunzione delle droghe “pesanti”, sia come attivatore di patologie psichiatriche […] di tipo paranoide […] o crisi di depersonalizzazione”. Nel 2002 una Relazione Ministeriale sulle Tossicodipendenze in Italia ha confermato gli effetti dannosi sul cervello del tetracannabinolo, il principio attivo presente nella cannabis. Esso provoca: «le paranoie, il risentimento, una sorta di vischiosità del pensiero, una subdola forma di depersonalizzazione, con ostilità ed irritabilità non presenti nei tratti caratteristici del paziente […]».

Un ulteriore lavoro da parte dei medici americani, pubblicato su una rivista specialistica medica, cita che «l’impiego di cannabis è un fattore a rischio per una successiva assunzione di cocaina o di oppiodi». Tutto ciò la direbbe lunga anche sullo scarso rendimento scolastico degli alunni; l’atteggiamento di disimpegno è difatti una delle caratteristiche tipiche del consumatore della canapa indiana. Queste ed altre conseguenze negative risultanti dal consumo della cannabis, sono descritte nel libro di Claudio Risé, dal titolo Cannabis, come perdere la testa e a volte anche la vita. Lo psicanalista con forza afferma di non chiamare più la cannabis droga leggera. La leggerezza sta solo nel considerarla poco pericolosa.

Oggi gli spinelli sono geneticamente modificati e potenziati per avere effetti sempre più micidiali, e causano gravi danni cerebrali. “Di cannabis, oggi, si può anche morire”, dice lo psicanalista. “La cannabis, continua lo psicanalista, è una bomba per il cervello, specie per gli adolescenti in via di sviluppo. Dà problemi di memoria e concentrazione, provoca apatia e demotivazione, disturbi nella capacità di formulare idee e risolvere problemi. Può causare ansia e depressione, allucinazioni, attacchi di panico e paranoia.

E gravi malattie mentali, come psicosi e schizofrenia”. Lo skunk è micidiale. Negli ultimi anni si è passati dal 4 al 25 per cento di thc (il principio attivo della cannabis): lo spinello più forte, chiamato skunk, può provocare da solo un’overdose, anche senza l’aggiunta di altre sostanze. Uno solo può causare una crisi psicotica. E l’età in cui si comincia ad assumere cannabis si abbassa sempre più. Attenti quindi alla vita che finisce in fumo.

I genitori, purtroppo che pensano agli spinelli di quando erano giovani, hanno l’obbligo di informarsi. I danni al sistema nervoso e cerebrale ci sono sempre stati. La novità è che ora si può morire rapidamente. Oggi la cannabis può avere gli stessi effetti devastanti del “buco” di 20 anni fa. Come minimo, fa da autostrada per altre droghe: i tossicodipendenti iniziano sempre con “una canna”. Dobbiamo evitare che i nostri figli muoiano o diventino pazzi». Chiediamoci, perché tanto pressapochismo?

I motivi sono diversi. In sostanza, la diminuzione del prezzo, l’aumento della quantità distribuita grazie alla legge del libero mercato, la diffusione sempre più capillare grazie anche a un’imponente crescita degli immigrati, il raddoppio della quantità personale ammessa per legge, disegnano i contorni di un Paese schizofrenico, dove si piangono le morti giovani del sabato sera, ma non ci si interessa mai veramente su cosa le provochi e perché. Dietro questi numeri, o c’è un intero popolo che viene tenuto da politici e media all’oscuro dei pericoli che l’uso di questa sostanza porta con sé.

Nessun giornale italiano ha avuto il coraggio di comportarsi come il quotidiano britannico The Independent che, nel marzo scorso, è uscito con in copertina il titolo “Cannabis: an apology“, “Cannabis: scusateci”, in cui rivedeva le posizioni che, un decennio prima, lo avevano spinto a una campagna per la sua liberalizzazione e il suo declassamento fra le droghe cosiddette leggere e non punibili. Un cambiamento dovuto al fatto che, come ha spiegato Colin Blakemore, responsabile del Medical Research Council, «il legame tra cannabis e psicosi adesso è chiaro, mentre non lo era dieci anni fa».

Di fronte a tutte le droghe occorre essere intolleranti. Il vantaggio certamente è quello di rendere chiaro a tutti, senza confusione e pressappochismo, che qualsiasi tipo di droga fa male. E’ falso ribadire che tale strategia non darà risultati, anche perché, fino adesso, è prevalsa la tesi del permissivismo ed è stata diffusa l’idea che gli “spinelli” non fanno male; anzi qualcuno ha pure sostenuto la tesi, senza un fondamento scientifico, che curano persino determinate malattie. Educhiamo, per favore, i nostri giovani al bene della salute e, finiamola una buona volta per tutte, di far passare una informazione falsa e soprattutto di impartire cattivi esempi. Conosco papà e mamme che passano ai loro figli gli “spinelli” e li fumano insieme. Sono degli irresponsabili. Così pure ci sono insegnanti che sostengono che una “canna” disinibisce e apre le “piste cerebrali”: quelle della pazzia purtroppo.

____________________________

Leggi anche:

Ma dopotutto uno spinello che male vuoi che faccia

L’industria dello spinello libero

Legalizzazione della cannabis: implicazioni sanitarie e sociali

Non è vero che la cannabis «non fa male»

“Cannabis terapeutica”: negli Stati Uniti si inizia a fare marcia indietro