Bukovskij, dissidente contro il potere irrazionale

La Nuova Bussola quotidiana

29 Ottobre 2019  

Vladimir Bukovskij, scrittore, dissidente sovietico e attivista politico, è morto il 27 ottobre, nel Regno Unito, all’età di 76 anni. Denunciò anche complicità e ipocrisie dell’Occidente democratico e le ambiguità dell’Ue. Un ricordo con testimonianze dell’amico giornalista Dario Fertilio.

di Stefano Magni

Dimostrando una resistenza umana incredibile, un cittadino sovietico passò 12 anni di vita fra prigioni e ospedali psichiatrici, uscendone ancora sano e determinato a raccontare la verità. Quest’uomo era Vladimir Bukovskij, dissidente sovietico e attivista politico, morto il 27 ottobre, nel Regno Unito, all’età di 76 anni.

Era nato nell’Urss di Stalin, era cresciuto sotto Chrushev, aveva sofferto sotto Breznev, poi finalmente era espatriato in Paesi liberi che però, purtroppo, non lo hanno mai realmente compreso.

Di Bukovskij il grande pubblico ha letto Il vento va e poi ritorna, la sua esperienza di dissidente incarcerato e ricoverato, ormai considerato come uno dei grandi classici della letteratura del dissenso sovietica. Bukovskij è diventato celebre, per la prima volta nel mondo libero nel 1971, quando riuscì a smascherare il gulag psichiatrico.

Fece trapelare all’estero le cartelle cliniche di sei noti dissidenti. Gli psichiatri occidentali poterono così studiare i casi e giungere alla conclusione che i loro colleghi sovietici formulavano diagnosi false, allo scopo di internare e torturare, fisicamente e psicologicamente, persone perfettamente sane di mente, colpevoli solo di essere critiche nei confronti del regime comunista.

Della sua esperienza nei manicomi-gulag, Bukovskij racconta dettagli raccapriccianti. Ma non perde il suo amore per il paradosso, per l’umorismo, per un atteggiamento di scherno nei confronti del potere, della crassa ignoranza dei suoi aguzzini. E soprattutto delle mille contraddizioni dell’ideologia marxista, su cui tutto questo sistema repressivo si reggeva.

Il Bukovskij che l’Occidente ha invece voluto dimenticare è quello critico delle democrazie liberali, troppo spesso affascinate dai sistemi socialisti. Liberato nel 1976 a seguito di uno scambio di prigionieri, barattato con Luis Corvalan, segretario del Partito Comunista cileno, visse nel Regno Unito e frequentò spesso anche gli Usa.

Non le mandò a dire, né a Carter, con le sue politiche ireniste, né alla stessa Thatcher, troppo incline a credere a Gorbachev e la sua dubbia volontà di riformare il sistema socialista. Denunciò la mala fede del movimento pacifista degli anni ’80 ed espose le mille ipocrisie di una sinistra che, pur non dichiarandosi mai comunista, tantomeno filo-sovietica, ha svolto più volte il ruolo di utile idiota di Mosca.

Nel 1992, subito dopo la caduta del regime sovietico, riuscì a portarsi a casa migliaia di documenti, che dimostravano quanto i tentacoli del Kgb e del Partito Comunista dell’Unione Sovietica arrivassero ovunque. Espose contatti segreti del regime comunista di Mosca con partiti, sindacati, organizzazioni non governative, imprenditori, movimenti apparentemente spontanei, gruppi di guerriglia, terroristi.

E soprattutto: come il Comitato Centrale li usava tutti come pedine nella scacchiera mondiale, in franche conversazioni interamente registrate ed esposte in quelle carte. Sono documenti che scottano tuttora. Per questo la loro pubblicazione è sempre stata una lotta. In Italia sono stati pubblicati dalla piccola casa editrice Spirali, con il titolo Gli archivi segreti di Mosca.

Il Bukovskij attivista, rivelatore di segreti scomodi e pronto a battersi contro le ipocrisie del potere, è diventato presidente dei Comitati per le Libertà (nome ufficiale latino: Comitatus pro libertatibus), movimento transnazionale fondato dal giornalista del Corriere della Sera Dario Fertilio, subito dopo la pubblicazione in Italia de Gli archivi segreti di Mosca, vent’anni fa.

Fertilio organizzò ogni anno il Memento Gulag, evento internazionale in ricordo dei crimini e delle vittime dei regimi comunisti nel mondo. Bukovskij scelse la data della celebrazione: il 7 novembre, giorno della presa del potere dei Bolscevichi (1917).

Le edizioni si tennero a Roma, Bucarest, Berlino, La Roche sur Yon (Vandea), Parigi, Milano, Trieste, Bologna. La memoria di Bukovskij rischiava di restare infangata in tarda età, accusato di essere in possesso di materiale pedo-pornografico. “Un’accusa falsa e grottesca – commenta Fertilio alla Nuova Bussola Quotidiana – Bukovskij venne ‘misteriosamente’ denunciato alla magistratura britannica.

Il tipo di denuncia rivela anche la matrice: è un classico della disinformazione del Kgb, poi dell’Fsb post-sovietico. Non dimentichiamo che Putin considerava Bukovskij come il suo ‘avversario mistico’. Una definizione che indica il personaggio percepito come nemico carismatico. E c’è una continuità diretta fra la carriera di Putin nel servizio segreto sovietico e la sua esperienza ai vertici della Russia post-sovietica”.

Il valore aggiunto di Bukosvksij, rispetto ad altri dissidenti che restano legati esclusivamente alla loro memoria storica, è proprio il suo attivismo politico. Nel 2008, provò a candidarsi contro Medvedev, alle presidenziali russe. Non poté avviare la sua campagna perché non era residente nel Paese. Oltre alla Russia, bersaglio della sua critica è l’Unione Europea.

Subito dopo la pubblicazione de Gli archivi segreti di Mosca, uscì anche Eurss, titolo giocato sulla sovrapposizione degli acronimi di Unione Europea e Unione Sovietica. Lungi dall’essere un pamphlet polemico come tanti altri, è un testo che espone, tramite documenti sovietici, i fittissimi contatti fra i padri del progetto unitario europeista, soprattutto François Mitterrand, con Michail Gorbachev, allo scopo di creare una “casa comune europea”, assieme all’Urss e, sostanzialmente, contro gli Usa.

L’Ue appare, in questa prospettiva, come una prosecuzione di quel progetto. Sia i documenti sovietici che il dialogo euro-sovietico contribuiscono a spiegare come mai le classi dirigenti occidentali, con poche eccezioni, rimasero fredde, quando non ostili, alle rivoluzioni di velluto che rovesciarono i regimi comunisti europei nel 1989.

“Seppe riconoscere anche in Occidente il virus totalitario che rischia di infettare le democrazie – ci spiega Fertilio – Si batté contro tutti i movimenti che erano portatori potenziali di questa tremenda malattia”. E nel farlo prese posizioni politicamente molto scorrette, inaccettabili per l’intellighenzia occidentale, come il suo sostegno a Benjamin Netanyahu in Israele e Viktor Orban in Ungheria. “Era un critico senza compromessi, proprio per questo carismatico”.

Bukovskij era intransigente quando si trattava di giudicare le responsabilità e le complicità. Durante un Memento Gulag, ricorda Fertilio, “rimise a posto anche l’ex presidente Cossiga, che ironizzava sui finanziamenti sovietici al Pci ‘portatori di buona valuta in Italia’. Bukovskij non rise e spiegò, con estrema durezza, come Mosca usasse i partiti fratelli da rompighiaccio, per distruggere le democrazie”.

Bukovskij volle sempre un processo di Norimberga per il comunismo. Progetto mai realizzato, né in Russia né in Occidente. Motivo per cui non c’è ancora una condanna del comunismo, né una reale comprensione della sua dimensione criminale.

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 Dal blog Lo Scoglio 18 Novembre 2019

In morte di Bukovskij

di Andrea Bartelloni

Domenica 27 ottobre è scomparsa una delle principali figure della dissidenza sovietica all’epoca di Breznev, Vladimir Kostantinovic Bukovskij. Nato in Russia il 30 dicembre 1942 fondatore di “Cronaca dei fatti correnti”, un foglio di informazione che all’interno del samizdat diffondeva notizie che nessuno avrebbe mai letto sugli arresti, sulle violazioni dei diritti umani, i processi e altri fatti relativi al mondo del dissenso.

Trascorse dodici anni tra prigioni, campi di lavoro e ospedali psichiatrici fino all’espulsione dall’Urss nel 1976 grazie ad uno scambio con il leader del partito comunista cileno Luis Corvalàn Tornò in Russia nel 1991 quando fu invitato come perito in un processo contro il Partito comunista.

Arrivato con un computer e uno scanner si mise a copiare una serie di documenti all’insaputa dei presenti che non conoscevano certe apparecchiature e quando ebbe finito, tra lo stupore generale, si alzò, andò all’aeroporto e lasciò Mosca.

Grazie proprio a quei documenti copiati si conobbero alcuni fatti relativi al suo arresto: durante una riunione del Politbjuro del 1967 non tutti era favorevoli al suo arresto per le reazioni che avrebbe provocato sia in Urss che all’estero e decisero di rinchiuderlo in un ospedale psichiatrico.

Nasce così l’epoca degli ospedali psichiatrici speciali. Sistema che vede la luce dopo il disgelo e trova complicità nel mondo delle istituzioni psichiatriche sovietiche che coniarono termini nuovi per definire particolari stati di malattia mentale.

Crimini denunciati proprio da Bukovskij quando, nel 1971, riuscì a mandare in occidente 150 pagine che documentavano gli abusi psichiatrici, l’”assassinio spirituale” dei dissidenti, come ebbe modo di definire il ricovero in manicomio di persone sane, Aleksandr Solzenicyn.

Assieme a Stéphane Courtois lanciò l’idea di una giornata dedicata a tutte le vittime del comunismo: Memento Gulag. Il 7 novembre, data di inizio della Rivoluzione d’ottobre che vede fin da subito la nascita di campi di concentramento, si celebra la giornata del ricordo di tutte le vittime dei totalitarismi, l’altra metà della memoria, ora anche in ricordo di colui che l’ha voluta e che un infarto ha strappato alla vita all’età di 76 anni e che nel 2014 motivò cosi la sua lotta contro il sistema repressivo sovietico:

“Tutti noi dissidenti abbiamo detto che la politica deve essere morale. E non ci siamo presentati come movimento politico. Eravamo un movimento morale. Il nostro impulso fondamentale non è stato quello di trasformare la Russia, ma semplicemente di non partecipare alla criminalità. Non entrare a far parte del regime. Questa è stata la motivazione più potente”.