Dimensioni spirituali di Comunione e Liberazione

Litterae Communionis Anno V – Novembre 1978

di Fausto Perrenchio

Riprendiamo dal n. 7 (1978) della rivista “Note di pastorale giovanile”, questo articolo di don Fausto Perrenchio, docente all’Università Salesiana di Roma, che compendia l’essenza dottrinale e l’impostazione etica di Comunione e Liberazione. Lo riteniamo strumento assai utile sia per quanti partecipano alla vita del Movimento, sia per quanti possono essere interessati a seriamente conoscerla: è un esempio di come un’osservazione simpatetica con la nostra esperienza sappia farne emergere tutti i valori.

Le bombe «molotov» contro le sue sedi, i successi elettorali, i convegni a ranghi folti e ordinati, l’attività editoriale, i centri culturali di quartiere, l’organizzazione e la gestione di scuole alternative, di appartamenti, di mense, di cooperative, questi soprattutto gli aspetti per cui l’opinione pubblica italiana conosce Comunione e Liberazione.

Che il fatto cristiano s’incarni, si declini visibilmente in attuazioni storiche concrete, è una delle esigenze più sentite dal Movimento; tuttavia ritengo che è a livello dei fondamenti dottrinali, essenzialmente teologici, che si trova la chiave privilegiata per comprenderne il segreto specifico, le intuizioni essenziali, che, in qualità di matrici, modulano poi le varie applicazioni metodologiche.

C’è da notare inoltre che l’intelaiatura dottrinale assume in questo Movimento un rilievo particolarmente vistoso, in paragone con altre espressioni ecclesiali analoghe. Ciò è dovuto sia all’ambito, quello della scuola, in cui il movimento è nato e cresciuto, sia alla presunzione insita nel suo ideale di fondo: offrire una risposta adeguata alla domanda sul senso della vita, che sia corredata da una veste culturale dignitosa.

Il mio intervento comprenderà due parti. Nella prima, presenterò alcune linee teologiche, particolarmente qualificanti, del Movimento; nella seconda, traccerò un abbozzo dell’itinerario spirituale, che, in generale, percorre un membro del Movimento.

PARTE PRIMA

Linee teologiche fondamentali

1. Essenza dell’ annuncio cristiano

Il Cristianesimo non è essenzialmente una teoria, una filosofia, un progetto di vita, anche se genera una conoscenza e una serie di progetti. Nemmeno è una prassi, nel senso di una serie di norme e di riti a cui l’uomo dovrebbe uniformarsi mediante uno sforzo morale. Il Cristianesimo è essenzialmente un avvenimento, l’avvenimento di Dio che irrompe nella storia nella persona di Gesù Cristo per salvare l’uomo e la realtà.

Questo avvenimento, e di conseguenza la persona di Gesù Cristo, è l’unica possibilità di vita vera e di liberazione adeguata per l’uomo. L’uomo, infatti, abbandonato alle sue forze è incapace di superare la contraddizione tra la sua istanza profonda di liberazione, cioè di rapporto nuovo, armonico, con se stesso, con gli uomini e le cose e le insufficienze e i limiti delle sue concrete realizzazioni.

Anche la generosità e la capacità di sacrificio più grandi rischiano di degenerare presto in una volontà di dominio o in una stanchezza scettica. L’uomo ha bisogno di qualcuno che sia «diverso», irriducibile strutturalmente alla sua limitata misura ed insieme capace di cambiarlo nell’essere.

Questo qualcuno è Cristo: nella sua morte e risurrezione Egli ha preso possesso definitivo di tutta la realtà, l’ha unificata in sé e già ne ha iniziato la trasformazione. Dunque soltanto la comunione con Cristo diviene principio di libertà vera e di armonia con tutta la realtà.

Compito dell’uomo è la fede. Con essa, egli si apre, accoglie e dà credito all’avvenimento misericordioso di Dio che gli viene incontro in Gesù Cristo, ammette ed afferma che non esiste altro fondamento, altra consistenza, e dunque altro principio di vera libertà, al di fuori di Dio, che si rende contemporaneo e consanguineo a lui in Gesù Cristo, come vita, come significato, come pienezza del reale.

Attraverso l’atto di fede, l’avvenimento di Dio incontra oggettivamente la libertà dell’uomo e lo trasforma in un essere nuovo. Ora un tale atteggiamento è impossibile, senza una conversione ed una contrizione profonda.

Ammettere lucidamente che la salvezza e la liberazione vengono da un altro; che l’essenza ed il significato della propria vita consiste in questo rapporto di strutturale dipendenza da un altro; che quanto di positivo emerge nella propria esistenza non è riconducibile ad un progetto o ad una impresa propria ma è frutto di un evento gratuito, di un dono prolungato, tutto questo esige uno svuotamento radicale di sé, il bando ad ogni presunzione.

Ma accanto a questo sentimento di mortificazione a radici addirittura « metafisiche», l’uomo vive, in questa prospettiva, un sentimento di pace profonda. Non è più lui il primattore della sua vita, la sua personalità non è sostituita e costruita dai piani e dalle imprese della sua umanità, inesorabilmente macchiati dall’ambiguità, l’«a fondo» della sua identità sta nell’essere amato tenacemente e fedelmente da Dio in Cristo.

Per questo motivo, nonostante la consapevolezza dei propri limiti ontologici e morali, l’uomo ricupera la capacità di accettarsi e perdonarsi e riscopre l’ardimento di annunciare senza complessi il significato, la positività e il valore della vita.

2. La realtà della Chiesa

Se Gesù Cristo è l’unica risposta autentica ed esaustiva alla istanza di liberazione, come e dove l’uomo lo può incontrare? La risposta è: nella Chiesa, almeno come norma. La Chiesa è l’ambito in cui, per volontà positiva del Signore, il suo evento salvifico e liberatore riavviene continuamente lungo la storia. L’uomo incontra Cristo dentro il segno della Chiesa.

E’ necessario, dunque, che la realtà della Chiesa ramifichi e moltiplichi la sua presenza, ovunque vive l’uomo. Questo avviene mediante le comunità ecclesiali particolari, le quali, secondo una bella immagine di don Giussani, «sono nei confronti della realtà globale della Chiesa come la mano che accarezza, la quale non è la persona, ma nello stesso tempo è la persona nella concretezza del suo gesto».

Le comunità di CL hanno questo esclusivo obiettivo: essere ambiti in cui la Chiesa vive. In particolare il Movimento ha puntato la sua attenzione sull’importanza delle comunità cristiane d’ambiente, intendendo per ambiente quel complesso di realtà in cui l’individuo è immerso con una certa stabilità, in modo da influire sulla fisionomia e sullo sviluppo della sua personalità.

La scuola ed il lavoro sono i due ambienti in cui CL ha intensificato la sua attività per rinnovare in essi una chiara presenza cristiana. Se dunque Cristo rappresenta la definitiva risposta all’istanza di liberazione dell’uomo e se l’incontro con Lui avviene oggi normalmente nella Chiesa, ecco che l’apporto specifico dei cristiani al mondo sarà quello di ricostruire e dilatare genuine realtà ecclesiali, che siano segni reali ed eloquenti di una vita nuova possibile per tutti ed iniziabile da subito.

E’ questa la missione, concepita non come un dovere ulteriore da compiere, ma come un’esigenza vitale, quasi per sovrabbondanza, di far partecipare altri all’evento di comunione liberante di cui si è fatto esperienza. La tensione alla «missione» è in proporzione esatta con la verità della «comunione» con Cristo e con la Chiesa.

Con ciò non si vuole escludere che anche al di fuori della Chiesa ci siano desideri e sforzi autentici di verità e liberazione, si dice però che nella Chiesa soltanto essi trovano il loro inveramento e compimento definitivi. Per questo la Chiesa ha il diritto e il dovere di contestare al mondo la presunzione di poter costruire con le proprie mani, attraverso analisi e cambi strutturali, una risposta globale ed esaustiva agli interrogativi più profondi dell’uomo.

Resta da chiedersi se ci siano delle condizioni perché si verifichi un’autentica presenza di Chiesa. CL ne evidenzia fondamentalmente due. La prima è l’unità dei cristiani, sensibilmente espressa, socialmente documentabile.

Essa deriva dal riconoscimento di una comune identità: l’essere in comunione con Cristo. Un’unità, dunque, che non nasce dal fare delle cose insieme, ma dal riconoscersi costituiti nel profondo della propria struttura ontologica dallo stesso mistero, il mistero di Cristo.

Questa unità, che ha nel Battesimo la sua radice, si alimenta e si esprime nella partecipazione comune ai sacramenti, e tende poi a generare una struttura comunitaria globale, che giunge a permeare tutti gli ambiti dell’esistenza. E’ importante capire che a questa unità non si tende perché essa rende più efficace e incisiva l’azione, bensì semplicemente perché essa è la condizione essenziale perché la Chiesa sia Chiesa, cioè sacramento della comunione con Cristo.

La seconda condizione, che garantisce oggettivamente l’autenticità ecclesiale di una comunità, è il nesso con l’autorità, cioè con il vescovo. «La comunità cristiana in un ambiente costituisce la presenza di Gesù Cristo, e quindi della potenza divina che fa nascere e diffondere il Suo Regno, nella misura in cui essa è avallata dall’autorità e nella misura in cui essa è fondata sul riferimento all’autorità, nella misura in cui essa è «missione» ed è vissuta come «missione».

A quel riferimento tutto deve essere interiormente e geneticamente subordinato ed eventualmente sacrificato. E’ attraverso l’autorità che scaturisce l’energia del mistero; quell’energia non nasce dalla scaltrezza delle nostre concezioni psicologiche e pedagogiche, né dai nostri tentativi sociali». Tento di schematizzare, irrigidendo, per motivi di chiarezza, i connotati dei vari passaggi. La vita, si sa, è sempre più complessa e fluida.

PARTE SECONDA

L’itinerario spirituale

I momenti e le forme, attraverso cui questo incontro contagioso si realizza, sono innumeri: il gesto personale di accoglienza, di ascolto, di aiuto all’insegna della gratuità, l’espressione artistica, il canto, la festa, la liturgia. Tutto può essere mezzo per estrinsecare la diversità che uno si porta dentro, cioè l’Avvenimento di Cristo Signore, centro rigeneratore della propria umanità. Da notare che l’Incontro va inteso, non come gesto strumentale per introdurre ad altro, ma già come coinvolgimento della persona dentro l’Avvenimento di Gesù Cristo.

1. L’inizio

L’inizio del cammino è designato, nei testi del Movimento, con il termine «Incontro». Esso indica l’imbattersi in un tipo umano, una persona singola o una comunità di persone, che si impone, in quanto carico di una promessa per la vita. Una presenza provocante per l’accento di verità che emana, per l’offerta di significato e gusto per la vita che promette.

L’effetto è uno stupore sconosciuto, un’improvvisa attrattiva per qualcosa di non ben definito, e che tuttavia si presenta con la presunzione di essere esaudimento del proprio fondamentale bisogno, risposta all’invocazione che uno è.

Anche se all’inizio con il carattere di una risonanza misteriosa, è importante che la adesione al Movimento sia dettata da questa corrispondenza tra la proposta che viene fatta ed il proprio bisogno originale autentico (al momento magari sepolto sotto le ceneri di altri bisogni secondari, artificiosi, indotti), altrimenti il cammino inizia sotto il segno dell’alienazione.

2. Il Cammino

L’esperienza dell’Incontro esige decantazione e verifica: un processo che implica un cammino nel tempo. Logico che la convalida la si cerchi in compagnia di coloro che hanno destato questa speranza nuova. E’ la prima cosa che viene richiesta a chi è interessato a «vederci più chiaro».

«Sta’ con noi, condividi la nostra esperienza, con disponibilità aperta ed insieme intelligente, ma senza selezionare capricciosamente ciò che ti garba e ciò che non ti garba, altrimenti ti impediresti un’autentica verifica!». E’ uno «starci» che può per un pezzo coesistere con dubbi, interrogativi ed oscurità, ma che si rivela fecondo, come il candire di un frutto, immerso in un liquore.

Il termine «sequela» indica quest’istanza metodologica. E’ un punto che va ben capito, per non rischiare equivoci pericolosi e grossolani. Innanzitutto, come già ho notato, la sequela è ragionevole, perché nasce dall’intento di verificare fino in fondo un’ipotesi, della cui fecondità si è già avuto un anticipo concreto nel momento dell’Incontro.

Inoltre si segue della gente, che si scorge ricca di una qualità umana suggestiva e rara, non per un’imitazione pedissequa e acritica, ma al fine di immedesimarsi e di assimilare il valore, il fatto misterioso che ne anima così vigorosamente la vita e che col tempo rivelerà il suo volto: l’esperienza cosciente e viva di Dio.

Ancora: questa sequela, man mano che matura, diviene sempre più creativa, costruttiva, capace di originare giudizi e decisioni personali, non in forma individualistica, ma a partire da una coscienza comunionale, divenuta facile e spontanea. Infine: questo itinerario, per essere corretto, non può prescindere dall’immanenza all’ambiente.

Niente quindi comunità-ghetto, comunità-isole felici! E’ nell’impatto con la somma concreta di attrattive, provocazioni e bisogni della situazione in cui ognuno è inserito: scuola, lavoro, famiglia, che esso deve essere percorso.

Nella progressiva maturazione che la sequela comporta e quindi nel crescente disvelamento della presenza di Dio in Gesù Cristo, come fattore-cardine di una vita vissuta in pienezza, due elementi vengono ad acquisire un peso sempre più grande: il Sacramento e la Preghiera.

Il Sacramento, inteso come il gesto in cui Cristo concentra, al massimo grado, la sua energia di vita e di amore, capace quindi di convertire l’uomo e di trasformarne la mentalità e i criteri di vita. Intimamente legata al Sacramento tutta l’esperienza della Liturgia.

L’altro elemento è la Preghiera, intesa come memoria vigile e coscienza attiva della presenza del Signore nella propria vita, come sguardo di fede che percepisce le cose e gli avvenimenti alla luce della Sua realtà.

3. L’esito

L’esito di questo cammino, la cui durata è scandita dal calendario di Dio, è il cristiano adulto nella fede. Quali ne sono i connotati? Innanzitutto una coscienza chiara, nitida della propria identità, della propria realtà, alla luce del mistero di Dio, cioè un’autocoscienza definita dalla fede.

Il cristiano adulto è colui che si percepisce come un essere voluto, amato, penetrato da Dio, che, attraverso Cristo, nel Battesimo ha preso possesso di lui, riplasmandone la radice dell’essere e facendolo creatura nuova; è colui che riconosce che il suo significato e la sua consistenza stanno in questa appartenenza e che questo è vero non soltanto per lui, ma per tutti i cristiani, per cui la comunione, la dimensione del «noi», è un valore ontologico, una modalità strutturale dell’«io».

Questa autocoscienza, che non è una cosa accanto alla realtà umana, non è un vestito, ma è la realtà stessa della persona, compresa nel suo nucleo più vero e più ricco, determina il cambiamento del modo di concepire, di valutare e di vivere ogni rapporto.

L’adulto nella fede — ed è il secondo connotato caratteristico — diviene così capace di annuncio, di proposta, di missione, di testimonianza. E ciò non attraverso strategie apostoliche, inventate a tavolino e bacate in partenza o di volontarismo presuntuoso o di astrattismo ideologico, ma attraverso una comunicazione di vita, lasciando cioè emergere ed esplodere quanto egli sperimenta vero nella propria carne, che cioè Cristo è realmente la chiave di volta dell’esistenza personale e del mondo.

La missione nasce così dalla passione del cuore che vuole comunicare il motivo della propria pienezza di gioia e di vita, nella consapevolezza che ogni uomo è alla ricerca dell’incontro con Cristo.  Proprio per questo le vie, gli strumenti, con cui rendere concreta questa testimonianza, sono frutto della creatività personale. L’importante è che sia una testimonianza organica ed adiacente al tempo, allo spazio, alla storia, alla situazione nella sua concretezza capillare.

Proprio questa realistica aderenza ai problemi concreti, spingerà il cristiano adulto ad utilizzare tutte le strumentazioni e le analisi elaborate nei vari ambiti culturali e scientifici, pur nella consapevolezza del loro carattere precario e della loro strutturale ambiguità.

Anzi, questa convinzione lo potrà portare ad un atteggiamento di resistenza al mondo, inteso come regno dell’apparenza, della menzogna, di contrattacco alla mentalità comune, alla teoria dominante, all’ideologia del potere, e ciò non come opposizione preconcetta, ma come lavoro in positivo, al servizio della verità.

E’ questo, nella storia, il compito specifico del cristiano: confessare e testimoniare che Gesù crocifisso è stato costituito Signore delle cose tutte e che nulla più sfugge a questa signoria.

Conclusione

Comunione e Liberazione è dunque un Movimento ecclesiale di evocazione e di educazione alla fede: al riconoscimento cioè del mistero di Cristo, presente nel segno visibile dell’unità ecclesiale.

Questa unità, questa comunione misteriosa ma reale, non accetta di venire censurata e confinata in campi prestabiliti ma tende a diventare esistenzialmente visibile e documentata e ad influire efficacemente non solo sulla propria vita personale, ma anche sui contenuti culturali, sociali e politici dell’esistenza comune e della società civile.

Il metodo per raggiungere questa maturità di fede consiste in un cammino ecclesiale, sorretto dalla compagnia cordiale ed autorevole di cristiani che, in comunione tra loro nel nome di Cristo Signore, riattualizzano il miracolo della sua feconda presenza, unica risposta adeguata all’anelito fondamentale dell’uomo.