Maschio e femmina li creò

Dal sito Noifamiglia, Diocesi di Cesena Sarsina

III seminario di studio – Lunedì 03 Novembre 2014

C’è una bellezza da salvaguardare. L’eclissi della differenza
Coniugi Laura e Claudio Gentili

CLAUDIO GENTILI Le cose su cui ci avete chiesto di parlare sono molto complicate, per questo chiedo scusa agli eventuali specialisti presenti in sala, perché ne farò praticamente un’ omogeneizzato, quindi taglierò molto con l’accetta per far arrivare dei messaggi semplici. Le cose sono davvero complesse e non consentono di dire tutto. Non tutto è bianco o nero e vi sono molti chiaroscuri. È un tema grossissimo che può essere motivo di grandi scontri ideologici o di grandi incontri pastorali.

La fine di un mondo non è la fine del mondo. E’ finito, il mondo della famiglia patriarcale, quel mondo lì è morto e sepolto e è morto e sepolto per ragioni buone, perché nella cultura patriarcale, che è ancora dominante tra gli islamici, la donna non conta niente, non c’è dialogo tra i partner e nella cultura patriarcale non c’è l’importanza del soggetto. Stiamo dicendo che questo mondo, in cui abbiamo costruito una certa idea di famiglia, non c’è più e non solo perché il mondo si evolve; ma in questa evoluzione non possiamo vedere solo tragedia e macerie, esso nasconde anche verità importantissime.

La Chiesa deve mettersi in presa diretta con la realtà, non possiamo stare fuori dal mondo, dobbiamo lasciarci interrogare da questo mondo che cambia. Dobbiamo evitare due cose: il rimpianto – ah, quanto era bello quando le chiese erano piene, ah, quanto era bello quando i figli ubbidivano, ah, com’era bello quando le moglie non ci rompevano le scatole – quel mondo lì non c’è più.

Seconda cosa, evitare la lamentela. Papa Francesco disse che noi ogni giorno al mattino facciamo le lodi alla dea lamentela, ci alziamo e diciamo: oh, come sto male, oh, mi fanno male le ossa, oh che marito, oh che moglie. Se vi accorgete di come vi svegliate la mattina capite che atteggiamento avete verso la realtà e la dea lamentela riceve da noi incensi quotidiani. Qual è questo mondo che è cambiato così profondamente? Il primo elemento è che le generazioni oggi non comunicano, abbiamo una crisi intergenerazionale. Ci sono padri attempati che, grazie al viagra, si innamorano delle segretarie, che vanno negli stessi pub dei loro figli; ci sono figli che non hanno più il desiderio di comunicare con padri che sono assenti. Il complesso più diffuso tra i giovani è il complesso di Telemaco, che fa guardare molti ragazzi la spiaggia in attesa che torni il padre. Abbiamo padri che si sono dimessi del loro ruolo di padre.

Noi quando facciamo i nostri corsi di Betania, la prima cosa che raccontiamo è: torniamo al principio. Betania è un’esperienza, un centro di formazione che ha uno scopo: aiutare le parrocchie formando coppie che lavorano su di se, sulla propria relazione, coltivando il giardino meraviglioso della relazione maschio –femmina, marito – moglie. Un giardino che spesso quando nascono i figli smettiamo di zappettare con la scusa che i figli ci obbligano al cento per cento ad occuparci di loro. Quindi chiediamo loro di lavorare su di sé per tornare in parrocchia a fare meglio, a fare bene, aiutando i parroci e la pastorale familiare postmatrimoniale. Noi ci occupiamo non dei fidanzati, ma di gente sposata a cui chiediamo di dedicarci quattro week-end in cui trasferiamo a queste coppie, sposate da due anni o da trent’anni, quattro messaggi molto semplici.

Il primo messaggio: una coppia deve essere capace di comunicare, di mettersi in relazione. Il primo elemento su cui lavoriamo è l’essere sposo e l’essere sposa e il primo impatto con questa realtà è quello del principio. Citiamo all’inizio il passo importantissimo di Matteo 19: Caro Gesù, Mosè ci ha dato il ripudio per cui come fai a dirci che il matrimonio è indissolubile se Mosè ci ha dato il ripudio? E Gesù risponde: è accaduto per la durezza dei vostri cuori, ma in principio non era così. Perciò noi diciamo alle persone “torniamo al principio”.

Andiamo a scoprire questo principio. Gesù non dice: torniamo al passato, alla famiglia patriarcale, al vecchio caro mondo antico che non si può più fare risorgere. Dice: tornate al principio, cioè tornate all’essenziale. E cosa è l’essenziale? L’essenziale sono due parole ish e ishàh cioè tornate a fare lo sposo e la sposa e riscoprite cosa vuol dire essere maschio e femmina.

Gli Ebrei sono un popolo materialista, realista, concreto; quando dice maschio dice maschio e quando dice femmina dice femmina e allora cosa dice la Bibbia? Dice che Dio ci crea zakar e neqeba Se voi andate a cercare nel vocabolario ebraico che significa zakar e cosa significa neqeba, maschio significa “il puntuto” e neqeba, femmina, significa “la perforata”. E questa è già la prima contraddizione perché ci si accorge che oggi il puntuto non sono io, io sono spuntato; la vera puntuta è mia moglie. Noi siamo già in una cultura dove queste primordiali caratterizzazioni – non del maschilismo e dell’essere donna di piacere, ma della bellezza del maschile e della bellezza del femminile – via, via sono andate evaporando.

Domanda: perché sono evaporate? Quando sono evaporate?

Questa domanda ci porta a pronunciare sottovoce, perché ci vorrebbero due ore solo per spiegare tutto quello che c’è dietro, una parola: postmoderno. Che vuol dire postmoderno? Postmoderno è il movimento filosofico iniziato intorno agli anni 70, che spiega la nostra realtà. Attenzione, si chiama post perché prima è moderno, cosa fa il postmoderno? Se la prende con il cristianesimo, fa a pezzetti la famiglia come la concepiamo noi, distrugge il senso della Chiesa? No, fa cose molto peggiori. Il postmoderno decostruisce, demolisce, manda in soffitta le tre grandi narrazioni sul progresso che avevano caratterizzato per diversi secoli la vita dell’Occidente: l’Illuminismo, ovvero il progresso come dominio della ragione; l’Idealismo, ovvero il progresso come ibrido dell’idea; il Marxismo ovvero il progresso come dominio della classe operaia. Queste tre grandi narrazioni che spiegavano il mondo che nell’Ottocento si sono diffuse come modi di leggere la realtà, sono state screpolate, ridotte a macerie dal Novecento, dalle grandi guerre del Novecento e dai grandi totalitarismi.

Cosa dice il postmoderno? Abbiamo avuto una filosofia forte, che ha creato comunismo e nazismo, lasciamo perdere ogni filosofia forte, accontentiamoci di una filosofia debole, di un pensiero debole. Cosa fa il postmoderno? Decostruisce ogni certezza. Chi è il postmoderno? Il postmoderno è Crozza, che demolisce tutto; adesso sta demolendo anche la Fiom e la Cgil, ha demolito il presidente Berlusconi per tanto tempo, Renzi, il presidente della Repubblica, ogni istituzione viene demolita. Se ci pensate un po’ è postmoderno anche Papa Francesco, cosa sta demolendo? Sta demolendo una struttura curiale istituzionale, quella del Vaticano. E’ postmoderno perché ama la relazione prima ancora dell’idea, è postmoderno perché dice buongiorno e buonasera, è postmoderno perché prima di dire che la verità ti schiaccia, dice che la misericordia ti salva.

LAURA GENTILI. Volevo soltanto aggiungere un pezzettino al puzzle del postmoderno, che ha questi grandi aspetti di decostruzione, per cui se io decostruisco tutto, alla fine non rimane nulla. La verità è una verità assoluta che viene usata come una clava contro l’altro per cui io dico: non c’è più una verità, ci sono tante verità e come diceva Claudio, questo è il pensiero debole. Ma c’è anche una positività nel pensiero debole. Noi dobbiamo imparare a cogliere i segni dei tempi in tutta la riflessione umana, perché l’uomo è sempre immagine di Dio anche quando è nella confusione ed è lontano da Dio. L’uomo conserva questa immagine, lui è portatore di questo grande valore. E dunque nelle cose che dice c’è nascosto sempre qualcosa da cogliere, da prendere, da cui partire per evangelizzare, per portare indietro l’annuncio, perché non ci sia una divisione, una separazione totale dall’altro, perché il Signore ci chiama a salvare il mondo.

Anche nella postmodernità, che ha tutti questi aspetti di negatività, si possono cogliere alcuni aspetti preziosi per noi, per la Pastorale. Uno di questi è proprio che avendo la modernità, cioè le grandi nazioni, usato la verità contro l’altro, avendo creato sempre nemici in chi non la pensava nello stesso modo il postmoderno invece questo non lo vuole più, lo rifiuta e cerca di recuperare l’altro. Lo fa in modo confuso e certamente contaminato, però per noi è importante perché lì si può creare l’aggancio con questo uomo postmoderno per il quale noi siamo chiamati a fare un lavoro grande di evangelizzazione.

CLAUDIO GENTILI. Direi che la postmodernità pone alla Chiesa una sfida analoga alle altre grandi sfide che la Chiesa ha dovuto affrontare, pensate la sfida dell’Illuminismo, che nasce come filosofia che voleva cancellare la realtà della fede, eppure, Paolo VI dirà che è stata una felix culpa quella di aver fatto finire il potere temporale della Chiesa. Pensate alla grande sfida del marxismo e alla Rerum Novarum, 1891, il Marxismo era un grande movimento che cercava giustizia e molti che si dicevano cattolici erano padroni che facevano lavorare per diciotto ore i bambini. Allora, quando la Rerum Novarum esce è la sfida del marxismo che viene accolta dalla Chiesa per dire: il marxismo pone un problema reale di ingiustizia sociale, ma propone una terapia sbagliata: la cancellazione delle differenze in nome di una omologazione che cancella la libertà della persona, in nome della giustizia si cancella la libertà personale.

Il gender fa esattamente la stessa cosa. Cos’è il gender? Uno dei figli del postmoderno è la teoria del gender. Questa teoria è stata diffusa in Italia da un grande filosofo che si chiama Lino Banfi il quale in dosi omeopatiche e in maniera molto suadente ha lanciato il messaggio che tutto è normale, che non c’è niente di anormale. Avete visto “Medico in famiglia” negli ultimi dieci anni? Il “Medico in famiglia” è il paradigma di una realtà, dove il maschile e il femminile non sono la modalità dell’umano, ma una delle tante modalità con cui ci si può relazionare. Tutto diventa normale.

C’è una data per spiegare la nascita del gender, 1995, conferenza di Pechino dell’ONU sulla donna. Attenzione, il gender nasce da un Segretario Generale della conferenza che è cattolica, che va da Wojtyla a dire: bellissimo annuncio, abbiamo fatto un bellissimo documento a favore dell’emancipazione femminile e della protezione dei diritti della donna che sono conculcati in tanti paesi e come abbiamo fatto? Poiché la violenza sulle donne la fanno i maschi, poiché le donne sono oppresse dal maschilismo, poiché in molti paesi africani le donne non possono neanche andare a scuola, devono portare il burka ecc., come facciamo a liberare la donna da questa oppressione? È semplice: buttiamo il bambino insieme con l’acqua sporca. Insieme all’acqua sporca dell’ingiustizia, della discriminazione, dell’omofobia, del maschilismo, del femminicidio, buttiamo anche la differenza sessuale, perché se togliamo la differenza sessuale abbiamo tolto la causa della mancata emancipazione femminile. E cosa dice Pechino? Una cosa banale: non ci sono più zakar e neqeba, non c’è più una differenza sessuale biologica, non è più possibile che uno nasca donna e quindi condannata ad essere un essere inferiore. C’è la possibilità di far diventare la differenziazione dei sessi una scelta. Ma come faccio a scegliere se nasco con un certo organo sessuale? ma non c’entra nulla! perché la differenza sessuale non è un fattore biologico, l’orientamento di genere è una costruzione culturale. Attenti, tutta la filosofia postmoderna nasce da un aforisma di Nietzsche: non ci sono fatti, solo interpretazione, non ci sono sessi, solo interpretazione, non ci sono mariti, solo interpretazione, non ci sono gatti ma solo interpretazione, sto ovviamente filosofeggiando, ma quest’aforisma di Nietzsche è la base fondamentale della nostra realtà.

Andate in un museo e scoprirete che quando nasce il postmoderno non ci si capisce più niente nella pittura, non ci sono più fatti, solo interpretazioni, cubismo, surrealismo, post-cubismo, varie correnti artistiche. Il postmoderno nasce nell’arte, in letteratura e poi si sviluppa nella filosofia. I filosofi più importanti che scrivono la condizione postmoderna fanno una scoperta importante: sono finite queste tre grandi narrazioni, Illuminismo, Idealismo, Marxismo e tutto è moda. I jeans, la realtà è moda, la televisione è il nostro nuovo filosofo collettivo, i sondaggi.

Il postmoderno è il mondo fragile in cui viviamo dove addirittura il consumo è diventato non solo consumo di beni, ma consumo di relazioni. Io consumo tutto, sono libero di consumare tutto per cui una volta si ci fidanzava certe volte, ci si sposava una volta. Adesso ci si fidanza una volta e ci si sposa certe volte, non c’è niente di stabile. In Italia, l’unica cosa stabile che è rimasta, prima dall’articolo 18, è il matrimonio tra un datore di lavoro e un lavoratore, tutto il resto è dissolubile, non c’è nulla di indissolubile, l’indissolubilità è finita.

Perché abbiamo scritto L’eclisse della differenza? Perché secondo noi quello che sta accadendo è una fase dello sviluppo storico che ha un inizio e avrà una fine, dobbiamo essere pronti per la fine. Sarà come il crollo dell’impero romano e come il monachesimo. Quando c’è un’eclissi, una brava mamma non si mette a urlare se il sole si è oscurato, una brava mamma non fa ideologia, non urla ma accende dei lumi, accende delle fiaccole. C’è una metafora bellissima: ci sono due modi per dire la verità; la verità può essere un faro freddo, fermo, luminoso, stabile a cui io posso guardare e dire:  quello è vero, quello è falso; oppure la verità può essere una fiaccola che accompagna le persone anche in percorsi tortuosi, ed è quello che fa la Pastorale Famigliare: l’accompagnamento. C’è una verità, perché senza verità diventiamo tutti vittime del relativismo, ma questa verità non è una clava che io uso per giudicare, è una persona che ho incontrato per amare. Se noi capiamo quest’aspetto, capiamo la Chiesa di Papa Francesco.

Papa Francesco sostanzialmente è un Papa psicologo. Noi abbiamo avuto un grande Papa che è stato filosofo e tutto il nostro libro è dedicato a Giovanni Paolo II e alle sue catechesi sul corpo, sulle sessualità, sul maschile, femminile, sul desiderio, sulla bellezza del corpo, sulla bellezza dello scoprirsi maschio e femmina, del desiderare. Abbiamo avuto un Papa teologo, grande teologo, Ratzinger, e scopriremo nei prossimi anni il patrimonio enorme che ci ha donato. Ora abbiamo un Papa psicologo. Da dove capiamo che è un Papa psicologo? Dal fatto che lui dà una grande importanza alle relazioni: buongiorno, buonasera, ditevi in famiglia grazie, scusa, perdono, perché la relazione è la dimensione fondamentale dell’incontro con l’altro. L’accompagnamento è la dimensione essenziale dell’incontro con Dio, io ho un grande compito in questo momento, non fare il moralista, ma accompagnare un mondo anemico, il mestiere della Chiesa oggi è il mestiere di un padre con un figlio adolescente Non funziona l’autoritarismo con un figlio adolescente, non gli puoi dire la verità è questa, si va a drogare lo stesso, devi aiutarlo a scoprire una nuova compagnia, che è una compagnia che lo libera dalle cattive compagnie, e oggi la Chiesa sta pagando questo nel mondo. Oggi la Chiesa sta accompagnando un mondo fatto di anomia, cioè di lontananza della legge, per portarlo sul monte e portarlo sul monte vuol dire faticare, fare un cammino. Come si fa questo cammino? Non è facile, vi do qualche riflessione.

Il primo elemento è: l’eclissi della differenza sessuale nasce dalla scoperta del soggetto, quindi noi siamo di fronte a un movimento di cultura, di opinione, di sensibilità che pone al centro il soggetto, il primato del soggetto e di fronte a questo mondo dobbiamo riscoprire la relazione tra i soggetti. Spesso vado a Milano per lavoro e mi sono accorto di una cosa, forse c’è anche qui a Cesena.  A Milano quando giro con la mia nipotina vedo un sacco di gente con un cane, ci sono una valanga di cani, il cane è l’amico dell’uomo, ma è anche una espressione: “essere soli come un cane”, ebbene spesso si è soli con un cane. E’ un fenomeno spaventoso: a Milano  il 53% dei contribuenti che fanno il 730 sono persone sole, single, sole per scelta, non per condanna. E’ un un mondo di solitudini. Del Sinodo sulla famiglia, i giornali hanno dato una visione deformata: si è parlato di due fenomeni: omosessualità e separati risposati che vogliono fare la comunione. Ma quanti sono i separati risposati che vogliono far la comunione? Diciamo lo 0,3%. Quanti sono quelli che non vanno mai in chiesa, ma che sono convinti che è un diritto sacrosanto dei separati, dei risposati fare la comunione? Il 90%. Quanti sono i gay che vogliono sposarsi? Lo 0,3% della popolazione. Quanti sono quelli che ritengono che sia un diritto che i gay si sposino? Il 90%. Allora non ci sono fatti, solo interpretazioni, e questo è il mondo. Se noi a questo mondo poniamo l’ideologia cattolica del vecchio caro mondo antico, diventiamo quella bella riserva indiana ma che è fuori dal mondo. Noi dobbiamo invece riscoprire quella grande capacità di ogni epoca della fede di incontrare il mondo.

Faccio un solo esempio. C’è stata un’epoca dove sono nati i Comuni, la civiltà dei comuni. Bene, la Chiesa non era preparata al post medioevale, il “postmoderno” di quell’epoca, e si è inventata una cosa meravigliosa. C’erano i monasteri, che erano in campagna, mentre la vita si è spostata nelle città, così la Chioesa ha inventato due movimenti on the road, Domenicani e Francescani, che andavano nelle piazze, nelle strade, uscivano dai conventi, incontravano la nuova umanità che si addensava nelle realtà cittadine. Cosa ci chiede il postmoderno a noi cristiani?

Un aspetto fondamentale è la cultura. Siamo in un mondo dove vogliamo per i nostri figli il master ma siamo ignorantissimi nelle cose spirituali. La Chiesa ha un patrimonio enorme che tenteremo di scoprire proprio adesso, perché il postmoderno è una sfida seria, in cui occorre dialogare con persone che hanno cultura, hanno letto i filosofi, sanno argomentare, tu non puoi dire: Dio ti ama, sono sicuro che mi ama, ma poi nella fattispecie concreta che risposta dai?

LAURA GENTILI. Ecco una fattispecie concreta: perché, che senso ha e quanta importanza ha il fatto che Gesù in Matteo 19 rimanda al principio rispetto al postmoderno? È importante, è superato, non ha più senso? E’ importantissimo e noi possiamo cogliere tutto il valore proprio accostandolo alla problematica postmoderna. Cosa dice il postmoderno? Il postmoderno, in poche parole, dice: la natura non è più importante, la natura non ha più un valore metafisico, è soltanto materia per cui io posso usarne come voglio anche perché come uomo io ho la capacità di modificare la materia, di essere appunto come la filosofia che sta dietro al gender costruttivista. Cioè certamente costruire l’essere umano secondo la ragione, le mie idee, il gender è questo. Io costruisco il mio essere uomo come voglio; questa è la grande sfida. La metafisica non c’è più, la natura non è più segno di un creatore assoluto, la natura è soltanto materia manipolabile, è l’uomo il creatore, io sono dio e decido chi essere. Questo è il peccato postmoderno. Questo è l’uomo postmoderno che si fa dio.

Perché allora è importante parlare di creazione? Gesù illumina e Gesù dice di nuovo: tu non ti sei creato in modo assoluto, è vero che l’uomo è anche cultura pertanto tu rifletti e ragioni, ma rifletti e ragioni su un dato che ti precede: la natura; tant’è che il mondo ci precede e continuerà dopo di noi. Non vuoi vedere che la natura ha un valore metafisico? Cioè che è segno di Dio, di un Creatore? bene, però considera almeno il fatto che la natura c’è e ti precede, è un dato. La cultura non può prescindere dal fatto che, per quanto tu manipoli, manipoli un dato che ti è stato donato, dato. Guardiamo la Parola di Dio. Come dicevano i padri, se la mettiamo accanto alla realtà sviluppa significati all’infinito, perché è parola per tutti gli uomini che verranno per tutti i tempi. Verissimo! Quella Parola per noi era normale; per noi cattolici la creazione è normale, è Dio creatore. Ma quella stessa Parola se posta accanto alla cultura postmoderna produce una comprensione nuova, un valore nuovo e Gesù ti sta dicendo, attraverso questa Parola, che devi recuperare la natura come dono misterioso in cui tu sei stato posto e sei stato posto con delle caratteristiche che ti precedono, che hanno senso e significato, perché tu non sei Dio. Tu non sei Dio, l’essere lo ricevi, lo partecipi, ma non te lo dai; tant’è che ti è tolto, verrà il momento in cui ti sarà tolto perché è un dono.

Dentro questa visione, questo accogliere la creazione in modo stupefacente, questo dono meraviglioso che ci è stato fatto, ci precede e per cui diventa una guida per la nostra vita, per comprendere la realtà, altro che tutto è interpretazione! C’è qualcosa che guida alla comprensione irreale e questo perché è importante? Perché oggi la filosofia di nuovo sta abbandonando le rive del postmoderno e purtroppo la situazione è questa: quando nasce una filosofia prima che diventi vulgata, prima che diventi mentalità comune, passano tanti anni, piano, piano si sviluppa in piccole élite e poi diventa un pensiero dominante attraverso i mass-media.

Il postmoderno è nato dopo gli anni Cinquanta, quando è cambiato il sistema economico – la famiglia patriarcale appartiene ad un sistema economico agricolo, preindustriale –  e tutto è diventato consumistico, capitalistico, è cambiata la struttura dello Stato, il rapporto uomo – Stato. La donna adesso può lavorare, va nei supermercati a fare la spesa, il mondo permette all’individualismo di concretizzarsi di più. Ci sono state basi filosofiche ed economiche che hanno deciso questi mutamenti. Adesso è importante cogliere il fatto che si stanno creando nuove élite di pensiero; mentre nel mondo è propagato il postmoderno come pensiero ormai diffuso per tutti, in realtà è in fase di superamento e nuove élite, per noi cattolici molto interessanti in quanto sono vere “segni dei tempi”, che parlano di nuovo realismo.

I filosofi non credenti, quelli che fanno la cultura, si rendono conto che non si può andare avanti negando la natura, dunque si torna al principio.

CLAUDIO GENTILI. Un filosofo, Maurizio Ferraris, ha scritto qualche anno fa, Il manifesto del nuovo realismo. Ferraris è un discepolo di Vattimo, quindi un pensatore debole che si è stufato di essere debole e ha detto che bisogna tornare alla realtà. Come vediamo ci sono flussi e riflussi ma è importante sapere che il cristianesimo è un grande incontro con la realtà, che non c’è niente di più reale che Dio, che non c’è niente di più fantasticamente illusorio che allontanarsi da Dio. Bisogna tornare a un cristianesimo che racconti la realtà, per esempio alle scuole di cucito e di femminilità per le ragazze. Io sono scout e vedo che molte ragazzine che frequentano i campi scout si vestono da maschietto, aborrono truccarsi. Nella Chiesda allora bisogna cominciare a raccontare, attraverso il Cantico dei cantici, la bellezza dell’essere educati al maschile ed educati al femminile. Se diamo a un bambino una bambola la distrugge e ci fa un trattore, se diamo un Transformer a una bambina, lo culla. Grazie a Dio ci sono fenomeni di caratterizzazione maschile e femminile che in barba all’ONU, in barba alla UE, in barba all’ABC che ci insegneranno nelle scuole per far capire che l’omosessualità è una cosa buona, tranquilla, ecc, permangono.

Quando facciamo i nostri corsi diciamo sempre di ricordare che il papà e la mamma hanno caratteristiche diverse per il bene dei figli, il ruolo paterno è caratterizzato sempre da tre P, indipendentemente che ci sia un padre forte o un padre debole: potenza, permesso, protezione. Il padre è potente agli occhi del figlio, il papà dà il permesso, il papà protegge. E la mamma, a sua volta, è accoglienza, è tenerezza, è intimità; guai a una mamma che non insegni l’intimità ai figli, l’intimità nasce dal fatto che il bambino è nel seno della madre.

Queste cose si sono completamente smarrite, perché c’è una attribuzione di ruolo maschilista eccessiva e anche qui è buttato via il bambino con l’acqua sporca. Realismo significa ricostruire piano, piano, con un linguaggio nuovo, qualcosa che sia utile oggi, ma essendo consapevoli di cosa accade oggi.

Oggi cosa accade? L’amore è liquido, non c’è più sogno in un mondo liquido, la stabilità non è più un valore, i valori sono narcisismo, individualismo, emozionalismo. Narcisismo, individualismo e emozionalismo, divorzi, separazioni, unioni dello stesso sesso, eclissi della differenza, diffusione dell’indifferenza, scarsa considerazione del per sempre, paura del per sempre, omologazione culturale, omologazione giuridica. Ogni capriccio diventa un diritto: il capriccio di avere un gattino diventa il capriccio di avere un bambino, magari facendolo fare da una mamma surrogata, povera dei paesi in via di sviluppo. Ma stiamo attenti alle risposte intransigenti.

Lo dicevo all’inizio: la fine di un mondo non è la fine del mondo, attenti a usare la verità come una clava: acquisiamo lo stile di Papa Francesco, che è lo stile di una Chiesa in uscita. Io non ho capito così bene la storia della Chiesa in uscita fino a quando non ho ascoltato Bergoglio che parlava alla diocesi di Roma e usava questa felice metafora: nel Vangelo si dice che se sfugge una pecora, il pastore lascia le 99 e va dietro a quella che è scappata. Sono fuggite 99 e noi siamo rimasti a pettinare l’unica pecora che è rimasta dentro! Basta pettinare la pecora, basta quei movimenti che pettinano sempre le stesse pecore per vent’anni! Una Chiesa in uscita è una Chiesa che cambia volti, cambia persone, smette di pettinare le pecore, perché il pastore pascola le pecore e non le pettina.

Cosa vuol dire una Chiesa in uscita? Vuol dire una Chiesa che fa errori, che si muove nel mondo, che può, giustamente qualcuno dirà leggendo poi la storia di questo pontificato, mettere in atto gesti o comportamenti che potranno ex post essere giudicati poco utili ai fini dell’evangelizzazione.  Quello che io vedo oggi però, è una realtà nuova dove la Chiesa torna ad essere in simpateticità, in armonia, in accompagnamento con la realtà che ci circonda.

Io ho sempre pensato: perché Gesù Cristo risorto non ha incontrato i discepoli in Giudea? Che è andato a fare in Galilea? Poteva restarsene in Giudea, era risorto e li incontrava. Invece li precede in Galilea, cioè li precede fuori. Uscite, uscite, e uscire significa anche uscire da sé stessi, dalle sicurezze, dal tran tran. Per esempio, che vuol dire uscire per la Pastorale Sociale o per la Pastorale Famigliare? Cos’è una Pastorale Famigliare in uscita? Cos’è una Pastorale Sociale in uscita? Provo a dare qualche risposta. Primo: tornare al Kerigma, senza il Kerigma non c’è il cristianesimo. Due: trasmettere con gioia l’idea della famiglia: ferita, piena di cerotti, in conversione, che però è una famiglia non tradizionale ma ecologica. Che vuol dire famiglia ecologica? Vuol dire una famiglia che è a contatto con la realtà primigenia del maschile e del femminile, che non si fa omologare, che non sceglie la via dell’inquinamento della plastica: è una famiglia come Dio l’ha concepita, come Dio l’ha inventata. Una famiglia fatta di maschile, di femminile e di figli, perché le altre non sono famiglie, sono un’alterazione della famiglia, sono amori deboli, sono romanticismi.

Certo, due persone dello stesso sesso possono amare di amore infinito, ma il matrimonio non è la storia romantica di due che si amano di amore infinito, il matrimonio è ascesa, il matrimonio è pulire il sederino del piccolo alle tre di notte, il matrimonio è sopportare la moglie in depressione e sopportare il marito quando è violento. Il matrimonio è convertirsi insieme. Noi abbiamo scoperto che chi prega insieme a letto, lavora meglio insieme, cioè che c’è un rapporto stretto tra sessualità e preghiera, sembra un’eresia, ma siccome pregare insieme è entrare in intimità, se non sei intimo con tuo marito non ce la fai a pregare insieme e se preghi insieme e costruisci un’intimità, anche i tuoi gesti sessuali, anche la tua comunicazione sessuale, la tua vita sessuale sarà bellissima. E ci sono coppie, che nella loro maturità, scoprono un’armonia sessuale che si sono sognati nell’epoca delle passioni forti.

Accoglienza, ascolto, accompagnamento, nessuno sia lasciato indietro! Abbiamo scoperto che una delle fonti di Papa Francesco, è un po’ postmoderno,  un filosofo, uno psicanalista, un gesuita psicanalista lacaniano, tale Michel De Certeau, che è una miniera di testi meravigliosi. Ha scritto “Fabula mistica”, un mattone molto poderoso sulla mistica del Seicento, ma ha scritto un librettino con prefazione di Enzo Bianchi pubblicato in italiano qualche anno fa, che si chiama “Mai senza l’altro”. Questo è Francesco, mai senza l’altro, l’altro mi interessa, l’altro interpella, l’altro è il fine, l’altro, non i nostri, l’altro, mai senza l’altro, l’alterità è mia moglie, è mio marito, è mio figlio, è la mia comunità, è lo straniero, è il ragazzo che non capisco, ecc. ecc.

L’esperienza del Centro di Formazione Betania è la storia di un meticciato culturale; noi abbiamo sempre preso botte a destra e a sinistra, ci dicevano: non fate il counselling, la psicologia perché è una scienza atea, diventerete tutti miscredenti,  un Ave, Gloria e qualunque problema psicologico si risolve; d’altra parte, non parlate di Gesù Cristo e di Dio perché psicologia e counselling, sono scienze laiche, non confessionali. E noi abbiamo fatto quest’operazione di mercato: mettere insieme una grande fiducia nella potenza di Dio in Gesù, che è un terapeuta delle nostre ferite, e una fiducia non altrettanto grande, ma relativamente e empiricamente verificabile, sulla possibilità delle scienze umane; la psicologia in particolare. Ci ha aiutato a capire la bellezza di mettere insieme il sacro e il profano un autore francese, che si chiama Philippe Madre, medico, il quale ha scritto un libro intitolato “Guarire la ferita della vita”. Perché la ferita della vita? Perché questo autore dice che le ferite, se sei nevrotico, non si curano con il Padre, Ave, Gloria ma con la terapia, magari con un po’ di Prozac. La ferita della vita la guarisce soltanto Gesù Cristo, ma ci sono altre ferite che possono essere oggetto di una cura terapeutica: c’è la ferita che abbiamo tutti che va evangelizzata. Betania è mettere insieme e evangelizzare la ferita dei non amati, e tutti siamo non amati, tutti abbiamo una storia di sofferenza che trasferiamo ai nostri figli, tutti abbiamo bisogno di conversione, con la capacità di mettersi in gioco attraverso gli strumenti laici che le scienze umane ci offrono.

Gregorio di Nissa

LAURA GENTILI. Conciliare scienze umane, discorso teologico e annuncio in realtà lo facciamo a Betania ma è quello che ci aspetta tutti nella Pastorale che si mette in comunicazione con la postmodernità, cioè con il tempo storico in cui viviamo noi. Per cui lo facciamo a Betania ma in realtà è ciò a cui tutti siamo chiamati. Questa conciliazione d’altra parte non è una nostra invenzione ma fa parte della grande tradizione della Chiesa, cioè dei padri della Chiesa, in particolare un padre del quarto secolo: Gregorio di Nissa. Altri l’hanno fatto, Origene già nel secondo, terzo secolo. Cosa diceva Gregorio di Nissa di prezioso per noi? Gregorio era un grande filosofo e veniva da una grande famiglia della Cappadocida, il fratello Basilio ha fondato il monachesimo. Era amico di Gregorio Nazianzeno, veniva da una famiglia di sei figli, quattro Santi, la nonna era martire. Insomma una grande e gloriosa famiglia cristiana. Lui insegnava retorica all’Università di Cesarea; un retore e un filosofo, quando si è convertito, perché pur essendo nato in famiglia cristiana, gli era stata data libertà di questa elaborazione, ed è venuto il tempo in cui, come dice nel libro di Giobbe, “prima avevo sentito parlare di te, poi i miei occhi ti hanno visto”, e questo è accaduto anche a Gregorio.

Quando è venuto il tempo in cui Gregorio ha visto il Signore, cioè lo ha incontrato davvero non per sentito dire ma è diventata la risposta alla domanda dell’esistenza, Gregorio ha fatto una grande operazione: ha messo tutta la sua cultura a disposizione della Chiesa. Lui diceva che prima di uscire dall’Egitto gli ebrei sono invitati da Dio a prendere tutte le ricchezze degli egiziani, a fare proprio un bottino. Perché? Perché Dio ha invitato Mosè a compiere quest’atto? Perché, dice Gregorio, in realtà noi dobbiamo prendere tutte le ricchezze dell’umano, decontaminarle, circonciderle – lui usa il linguaggio del suo tempo -. Per noi circoncidere vuol dire farle passare attraverso il filtro del Vangelo, attraverso l’annuncio di Gesù Cristo, farle filtrare, dopodiché adornarne la Chiesa di Cristo.

Ecco, questo è il nostro grande compito: filtrare tutto ciò che l’uomo produce fra cui le scienze umane e togliere ciò che c’è di pagano, da circoncidere; ciò che non fa bene alle persone, ciò che non realizza la nostra umanità, ciò che ci fa male. Il pensare ad esempio che la natura è soltanto qualcosa che fa male, perché non avendo più un Creatore veniamo dal nulla e la nostra vita perde senso, siamo niente. Siamo i costruttori di un fantasma, perché come dice bene Sartre, per quanto ti costruisci nella tua pazzia, per quanto tu costruisci te stesso, alla fine, viene la morte che pone il limite alla tua libertà assoluta. L’uomo libertà assoluta e poi? Arriva la morte e quella decide di te in modo definitivo. Dunque decontaminare la cultura pagana, detto in termini attuali, vuol dire semplicemente filtrare tutto alla luce del Vangelo, perché certe cose ci fanno male. Ci fa male perdere il valore del femminile e del maschile. Certo, ci faceva male anche quando non c’era uguaglianza e quando la donna è trattata come un essere inferiore, ma anche quello non appartiene al discorso evangelico. Le prime a cui si è rivolto Gesù sono proprie le donne; Gesù è un grande “incontratore” di persone; è uno che vive incontrando, relazionandosi e amando tutti quelli con cui si relaziona. Gesù ha preceduto di duemila anni la storia di oggi. Lui è quello che ha fatto l’uguaglianza della donna, che ha trattato la donna da figlia di Dio, immagine e somiglianza duemila anni fa e poi è caduto di nuovo il velo su tutto questoù

Fa male anche, come diceva Benedetto XVI prima ancora di diventare Papa, in un suo testo bellissimo del 2004, un documento della Congregazione della dottrina e della fede, intitolato “Collaborazione dell’uomo e della donna con la Chiesa e con il mondo”, che tutti gli operatori pastorali devono leggere. Lui dice giustamente le cose, che Francesco sta portando avanti in un altro modo: che la donna rende più maschio il maschio. Benedetto dice: le donne abbandonino queste illusioni che mascolinizzandosi e rinunciando alla loro femminilità, si possono davvero emancipare perché è una grande illusione. Cioè, dall’ingiustizia nasce una reazione, ma che produce nuova ingiustizia. Allora i cristiani sono quelli che valorizzano il femminile e lo valorizzano su un piano di uguaglianza, di rispetto profondo, ma valorizzano anche il maschile su un piano di uguaglianza, di rispetto profondo, che recuperano la paternità che il postmoderno ha distrutto.

Una cultura senza padre è una cultura senza orientamento, senza stabilità, senza radici. A noi, invece, il compito di valorizzare il femminile, di valorizzare la maternità, di valorizzare la relazionalità, noi siamo più capaci. E’ a noi, diceva Giovanni Paolo, è alla donna che è stato dato il compito di rendere più umano l’uomo, una particolare sensibilità per l’umano, una capacità particolare di sentire l’altro. Il nostro compito è di umanizzare il maschile, renderlo più sensibile. Del resto il maschile con la sua forza, con la sua razionalità, può aiutare noi a veramente esprimere al meglio anche le nostre capacità e le nostre doti. Questo poi si gioca nei figli, perché la madre quando è veramente madre, quando recupera il femminile e vive il suo femminile pienamente, comunica al figlio la gioia di intimità relazionale, la capacità di essere accogliente e sensibile, e d’altra parte assolve al suo compito più importante, che è quello che è mancato in questo tempo e ha prodotto i disastri di questo tempo. Cioè la donna ha il compito di portare i figli al padre: è tuo padre, lui è la tua vita. E il padre ha il compito di prendere questi figli – non parlo ovviamente del padre mascalzone che se ne frega della famiglia, che se frega delle moglie, che sta tutto il giorno a pensare ai fatti suoi – e portarli al mondo e a Dio.

Quando il padre funziona bene, i figli sono più capaci di essere nel mondo e quando la donna funziona bene i figli sono più capaci di relazioni umane. Ci sono delle abilità che vengono valorizzate al massimo proprio attraverso il femminile e il maschile e noi lo vediamo proprio perché è il frutto dell’albero di Gesù. Il femminile e il maschile, coniugati in modo tale che la capacità relazionale, la ragione siano sempre sottomesse al bene della persona, e d’altra parte che la ragione che serve il bene della persona, sia utilizzata al massimo dalla persona per fiorire e non sia negata.

Ora c’è una profondità dell’essere maschio e femmina che ha dei significati esistenziali intensissimi sia per la coppia che nel rapporto relazionale, perché nella coppia, soprattutto nel tempo che passa, scoprire la bellezza della coniugalità, godere del fatto di queste diversità che creano tra un uomo e una donna un circuito di bene, di scambio, di ricchezza, è il dono più grande che il Signore ci ha donato. Tutto questo però il mondo non lo conosce, perché conosce soltanto persone estremamente ferite, disamate nelle famiglie che hanno ricevuto modelli sbagliati di mascolinità e femminilità. Famiglie in cui non c’è la consapevolezza, perché ogni famiglia ha il suo peccato, ha le sue ferite e vengono tramandate se non c’è un lavoro di consapevolezza, di coscientizzazione e di superamento di questi modelli e di riscoperta di una modalità di relazionarsi che, invece, faccia fiorire le persone che curi le ferite, che possa davvero essere uno per l’altro motivo di promozione.

CLAUDIO GENTILI. Verso la conclusione, qualche consiglio per gli acquisti. Intanto sveliamo qualche segreto. Tutte le cose che abbiamo detto fanno parte di linguaggi, background diversi e spero non ci abbiate identificato come un movimento. Ne abbiamo frequentati molti.  Io sono nato insieme con Laura dentro le Acli, che ha una grande sensibilità sociale, sono stato presidente delle Acli per tanti anni e qui ci sono dei miei amici quindi non posso nascondere un altro pezzo della mia vita. Per quindici anni sono stato dentro in ruoli importanti e ho fatto per sei anni il presidente del Masci, che sarebbero gli scout adulti; abbiamo fatto faticosamente l’esperienza del mese ignaziano, abbiamo fatto tante esperienze in Azione Cattolica, ecc. Quello però che ci caratterizza in questo momento è il neorealismo cristiano. Vogliamo tornare alla realtà, l’idealismo non serve a nulla. Se andate in una libreria e prendete i libri sulla famiglia il 90% ti presentano la famiglia del “mulino bianco”, che non c’è, che non c’è mai stata, non c’è neanche adesso, noi siamo gente che racconta la famiglia reale, non la famiglia ideale.

Cosa ci spinge a dire questo? Un dogma della nostra fede che Vito Mancuso vorrebbe cancellare dai testi di teologia: il peccato originale. Se credi al peccato originale accetti anche tua moglie, se non credi e tua moglie non è perfetta divorzi subito, perché la perfezione non è di questo mondo. E la prima cosa che in tua moglie vedi è prorpio il peccato originale.

Per andare al sodo: che fare con queste coppie in Betania? Facciamo un trattamento con gli ingredienti che ho detto prima: la Lectio Divina, la dottrina sociale della Chiesa, la psicologia, cioè la terapia – diciamo il counselling – e quelli che si chiamano esercizi psico-spirituali che vuol dire una cosa molto banale, che la gente deve mettersi in gioco.

Nel primo week-end le coppie sono tutte coppie da mulino bianco, non si scoprono, tutto è bello e va bene. La seconda settimana però cascano giù tutti, perché facciamo il “genogramma”, ovvero l’elettrocardiogramma della vita relazionale precedente, e con questo ognuno scopre di avere dei peccatoni enormi e guarda caso assomigliano ai peccatoni enormi dello zio, della nonna, ecc. Il problema è capire se vogliamo proseguire su questa strada o convertirci. Il terzo elemento è che c’è il diavolo, il demonio, e bisogna combatterlo. Nell’ultima tappa facciamo vedere a queste coppie che non c’è soltanto la bellezza dello stare al caldo della propria tana, ma una coppia cristiana è una coppia in uscita, in missione.

Alla fine ci sono  i rituali dell’amore, ovvero un decalogo che descriviamo sommariamente.

Per prima cosa bisogna fare degli esercizi facendo finta che la moglie sia la tua amante. C’è chi l’amante ce l’ha già ed è abituato a certi esercizi, ma c’è chi non ce l’ha e per la prima volta prova questa emozione; per cui la moglie va dal marito in ufficio vestita tiratissima, truccata, e lui la porta a pranzo o a cena fuori, i figli restano ai nonni o alla babysitter. Questa serata si chiama ”ezer”, che vuol dire aiuto; ci si confronta sulla bellezza. Sembra una banalità ma ci sono coppie che tornano dopo un  mese e non hanno avuto neanche una serata per fare della moglie una amante e questo è un problema, perché ci sono tre modalità di essere donna, c’è la persona che sposi per fare figli, l’amica con cui ti incontri per discutere, dialogare e fare salotto e la prostituta che utilizzi per il tuo piacere. Il cristianesimo ha l’ambizione di unificare, rispettando la dignità della persona, queste tre figure che la cultura pagana ha separato, per cui isshà vuol dire sposa, sorella, amica, e ish amante, sposo, fratello, amico.

Seconda tappa: leggere una pagina di un libro ogni giorno insieme. Sembra una stupidaggine ma deve essere sporco di sugo perché lo si legge in cucina mentre chi dei due è più bravo a cucinare prepara il sugo.

Terzo, preparare la tavola con particolare cura. Quanto sono curate le nostre tavole? Quante volte mettiamo i fiori, una tovaglia carina, quanto facciamo sentire veramente che la nostra famiglia si incontra a tavola? Spegnere la TV una volta alla settimana invitando un grande vecchio della famiglia a raccontare ai nostri figli una storia più interessante delle stupidaggini televisive. Inviare sms affettuosi al coniuge durante la giornata. Qui è più complicato, perché uno si vergogna degli sms affettuosi al coniuge, ma da quanto tempo non mandi un sms a tua moglie, non per dirle di fare la spesa ma per dirle qualche parola d’amore? Curare il saluto, questo è importantissimo. Curare il saluto alla partenza e all’arrivo del coniuge, in parole povere, entrare senza ringhiare e accogliere senza vomitare. Normalmente cosa succede? Che uno torna dal lavoro e se lo hanno fatto arrabbiare se la prende con la moglie, questa povera donna che sta tutto il giorno a pulire il vomito del bambino e lo rinfaccia al marito che è distratto. Su questo c’è un bellissimo libro che ha scritto lo psicanalista americano Luigi Zoia, “Il gesto di Ettore”, un bellissimo libro su genesi, evoluzione, eclissi della paternità, in cui racconta la storia della figura paterna che è nata, si è evoluta diventando padre di famiglia e poi, dopo il ’68, è stata decapitata, come la rivoluzione francese ha decapitato il padre facendo della fraternité una fraternité senza paternité. E cos’è il gesto di Ettore? Siamo sulle mura di Troia, Ettore sta per andare incontro ad Achille e sa che morirà per questo vuole salutare il figlio. Va verso di lui ma il figlio scappa, perché? Perché Ettore ha dimenticato di togliersi l’armatura. Ciascuno di noi nella vita deve tenere l’armatura, se no ti licenziano, se no non fai successo nel lavoro, quindi l’armatura nella giungla del mondo funziona.  Quando entri in casa, però, togliti l’armatura per tua moglie, per tuo marito, per i tuoi figli.

In ultimo non lasciare che il sole tramonti sulla tua ira, quindi esercizio di conciliazione tra moglie e marito ed esercizi con i figli sulla rabbia. Ci sono delle cose importantissime da appurare e gestire.

Ultimi consigli per i sacerdoti e per chi cura la Pastorale Famigliare:

1) odorare di pecore. Io suggerisco che la formazione sacerdotale si concluda con due anni in una famiglia in cui il piccolo fighetto seminarista che sta uscendo con la sua valigetta 24 ore, si fa due anni di lavoro serio ascoltando di notte il rumore dei bambini che piangono, cambiando i pannolini ecc.

2) dalle pie donne alle coppie vive. Suggerisco ai parroci di non accettare le pie donne a meno che non siano vedove, perché una pia donna che lascia il marito alla partita o al bar sta facendo un danno terrificante. E un pio uomo che non prova il piacere di lavorare nel volontariato, nel sociale con la moglie secondo noi non funziona; quindi uno dei modi seri con cui le coppie si ringiovaniscono, si risvegliano, è farle lavorare.

3) Fidanzati. Chiedere più impegno, dare più ascolto e risposte più concrete. E poi fare corsi più seri: per far il prete sei anni, per sposarsi sei giorni, non funziona; poi ci si separa subito. Gli sposati, dopo il corso prematrimoniale, sono lasciati soli. Nel libro “L’eclissi della differenza” c’è tutta un’appendice di 100 pagine, 14 incontri. Possono essere mensili o quindicennali, dedicati a un cammino da fare con le coppie sposate.

4) Le periferie finisco con la parrocchia. C’è un lavoro enorme da fare con i separati, i divorziati… Per prima cosa bisogna invitare i genitori dei fidanzati all’ultimo incontro prematrimoniale e fargli vedere una slide: il 60% delle separazioni è frutto della invasività nella coppia della famiglia d’origine. State attenti cari suoceri a non rompere troppo le scatole alla vita famigliare di questa nuova realtà che è uscita dal vostro dominio psicologico e affettivo. Tuttavia in molti casi i nonni oltre a fare babysitter diventano testimoni eccezionali di vita, di legami autentici e di evangelizzazione.

Termino con una citazione biblica: il salmo 78. Ho cominciato parlando di Telemaco e dei giovani che stanno sulla riva aspettano che il padre tornì per mettere ordine in un’isola dominata dai proci. Il Salmo 78 dice: “ciò che abbiamo udito, ciò che i nostri Padri ci hanno raccontato, non lo terremo nascosto”. Questo è il punto fondamentale: non tenere nascosta questa ricchezza ai nostri figli, perché la Chiesa è esperta in umanità e la sapienza dei legami che tengono in vita le persone è una sapienza che in un mondo slegato, senza legami, fragile, liquido, è un bene prezioso e noi dobbiamo avere l’umiltà di ri-raccontare a tutti i nostri fratelli.

[Avvertenza: Il testo è stato rivisto a cura di Rassegna Stampa cercando di eliminare lo stile troppo colloquiale della trascrizione. Inoltre sono state eliminate le risposte alle domande del pubblico]