Memorie di una ex abortista

da CelebrateLife Magazine

2007 maggio – giugno

Dr. Noreen Johnson

Due ex abortisti, la dottoressa Noreen Johnson e suo marito, il dott. Haywood Robinson, sono stati intervistati per il Training and Activism Weekend di American Life League nel 2007 a Washington, DC. Questo articolo è tratto dalle osservazioni della Dr.ssa Johnson.

Negli Stati Uniti d’America, l’industria legale dell’aborto fu costruita sulle decisioni della Corte Suprema con i casi Roe v. Wade e Doe v. Bolton. Quelle decisioni erano basate su menzogne e inganni. Lo stesso tipo di inganno mantiene in auge l’industria dell’aborto oggi in molti, molti modi diversi.

L’aborto colpisce tutti nella società. Ogni aborto colpisce un bambino, perché uccide il bambino. A volte, in caso di “riduzione selettiva”, uccide più di un bambino. Colpisce la madre con danni fisici e mentali. Colpisce anche il resto della famiglia. I giovani di oggi hanno familiarità con ciò che definiamo come la “generazione sopravvissuta all’aborto”, perché molti giovani di oggi hanno fratelli o parenti morti per mezzo dell’aborto.

Dunque l’aborto ha un grande impatto sulla società. Ma molte persone non hanno una reale consapevolezza di come l’aborto colpisca anche il medico. La domanda è: cosa fa sì che uno studente di medicina con buone intenzioni entri a far parte dell’industria dell’aborto?

Spero che possiate imparare dalle mie esperienze passate e constatare come le menzogne e l’inganno possono persino indurre qualcuno a fare cose che sono contrarie ai suoi standard morali ed etici.

UN COMPROMESSO PORTA A UN ALTRO

Mio marito, il dott. Haywood Robinson e io, facciamo parte della Texas A&M University Medical School. Molti dei candidati alla scuola sono cristiani e nelle loro dichiarazioni personali dicono di voler vivere come cristiani.

Una delle mie domande preferite ai nuovi studenti di medicina è la seguente: “Come gestiresti un’eventuale situazione in cui, durante la specializzazione o all’università di medicina, il capo degli specializzandi o il tuo professore ti dicesse: “Entriamo in questa stanza e vediamo questo aborto”. Cosa faresti?

Una giovane donna recentemente ha risposto: “Beh, sa, non credo nell’aborto, ma entrerei nella stanza”.

Così le ho chiesto, “Non pensi di poter scegliere se entrare o no in quella stanza?” E, curiosamente, la maggior parte degli studenti che arrivano hanno l’impressione che se provano a smuovere le acque, o segnalano apertamente la loro posizione pro-vita, questo li influenzerà negativamente nella loro formazione e nella loro carriera. Ma il compromesso inizia semplicemente entrando nella stanza e osservando un aborto. Abbiamo un modo di dire in medicina: “Ne vedi uno, ne fai uno e poi ne insegni uno”.

Osservando il primo aborto inizia il deterioramento della vita di un medico. Di solito il primo aborto che uno studente di medicina vede è piuttosto sconvolgente perché sa che la vita di un bambino viene distrutta. In genere, è un bambino del primo trimestre. Dopo l’aborto, lo studente deve esaminare i resti del bambino che è stato risucchiato da sua madre. Lo studente di medicina vede piccole mani, piedi, costole e il cranio del bambino in un barattolo di vetro. Pertanto, durante la sua prima esperienza di un aborto, lo studente entra in contatto con l’umanità del bambino.

Poi succede qualcosa di inaspettato. Lo studente realizza: “Ok, ne ho visto uno”. Successivamente diviene in grado di vedere un altro aborto e col passare del tempo è come se non vedesse più le piccole mani e i piedi. All’improvviso, la bugia che il bambino è solo una massa di tessuto in un barattolo diventa in qualche modo una realtà e lo studente si dissocerà dall’umanità del nascituro.

Una volta che l’umanità del feto è stata rigettata, allora altre cose cominciano ad accadere al medico: diventa insensibile all’intera procedura stessa, desensibilizzato nella misura in cui viene sfidato a procurare aborti sempre più difficili. Quindi, piuttosto che limitarsi a quelli del primo trimestre, può guadagnarsi una maggiore reputazione tra i medici che eseguono aborti se diviene in grado di eseguire tali procedure più a lungo termine (leggasi ben oltre i tre mesi).

Se riesci ad eseguire una procedura abortiva ad un feto di 16 settimane, che è un po’ oltre il primo trimestre, ottieni uno status nel settore, ma vedrai pezzi più grandi di parti umane. Durante aborti “late term”, invece di eseguire la procedura mediante il tubo di aspirazione, è necessario utilizzare dispositivi di frantumazione per tirare piedi, mani e cranio dal ventre materno. E così ti desensibilizzi completamente.

Sei addirittura in grado di eseguire questi aborti a più lungo termine poiché razionalizzi per rendere moralmente accettabile tutto ciò che stai facendo. Chi arriva a procurare aborti di questo genere rimuove totalmente il senso di colpa e inizia a pensare che sta rendendo un grandissimo servizio in quanto pochissimi medici sono disposti a lavorare nel settore dell’aborto.

Pur notando il palese contrasto con quanto avevamo fatto in precedenza, quando Haywood e io ci diplomammo alla facoltà di medicina, tutti i dottori fecero il giuramento di Ippocrate. Con quel giuramento, giurammo di non dare mai una droga mortale o di provocare un aborto. Ma negli ultimi 10 anni, la maggior parte delle scuole di medicina ha cancellato queste condizioni dal giuramento.

Nonostante il giuramento di Ippocrate però, nel periodo in cui io e mio marito ci stavamo formando, la maggior parte degli ospedali che offrivano un corso di specializzazione in ostetricia e ginecologia in realtà effettuavano aborti. Poi, negli anni ’90, quando l’attivismo pro-vita si è diffuso, improvvisamente i medici non vollero che la loro reputazione fosse ferita eseguendo aborti, motivo per cui un numero sempre minore di medici fu disposto ad eseguirli. Poiché i pazienti pro-vita non si sarebbero mai fatti ricoverare nelle stesse sale operatorie dove venivano effettuati dei procedimenti chirurgici abortivi, molti ospedali smisero di fornire aborti.

Poi il College Americano di Ostetricia e Ginecologia entrò in campo promuovendo una legislazione che costringesse gli ospedali ad eseguire aborti come requisito di accreditamento. Tuttavia non riuscì nel suo intento e ora la legge tutela quei medici insegnanti così che non siano costretti ad eseguire aborti.

Perché gli abortisti riescano a vivere con se stessi, penso che entrino effettivamente in uno stato di depressione – una specie di schizofrenia – in cui devono credere di fare qualcosa di buono. Pertanto, alcuni si presentano come difensori dei diritti delle donne. Alcuni affermano di “aiutare le donne” in quanto pochissimi medici sono disposti a praticare l’aborto. Questo, insieme ai grandi redditi, rafforza il loro ego. In effetti, io stessa riuscii a racimolare un extra di 70.000 $ all’anno facendo l’abortista come secondo lavoro.

La società secolare si sforza di mettere gli abortisti a proprio agio in ciò che fanno. Ad oggi con l’aborto a nascita parziale, il mercato del trapianto di tessuti e organi fetali è decisamente aperto e fiorente. Infatti questo tipo di tecniche consente ai medici e alle cliniche abortiste di vendere parti umane per la ricerca sulle cellule staminali, la ricerca sul feto e l’ingegneria genetica, tutto in nome dell’eliminazione del dolore, della cura delle persone e di rendere gli esseri umani ideali.

LA MIA SVOLTA

In mezzo a tutto questo, una piccola voce ricorda ai medici che l’aborto è sbagliato – non è quello che i medici sono chiamati a fare. In realtà, nessuno vuole essere bollato come un abortista perché i suoi pari lo considerano la feccia della terra. Quindi, per sfuggire alla realtà di ciò che fanno, molti abortisti, probabilmente la maggior parte di loro, si concedono droghe e alcol, oltre alla promiscuità.

Tuttavia, c’è sempre quella piccola voce che il Signore pianta in ognuno di noi. Affinché un medico possa continuare a praticare l’aborto, deve mettere a tacere la sua coscienza perché non è volontà di Dio che qualcuno uccida bambini.

Ho parlato del processo che trasforma un medico inizialmente con buone intenzioni in un abortista, ma volete sapere cosa effettivamente mi ha impedito di continuare ad eseguire aborti?

Quando io e mio marito abbiamo terminato la nostra specializzazione, ci siamo trasferiti alla Bryan-College Station, in Texas, che è un’area conservatrice. E una delle cose che fa un dottore quando inizia il praticantato medico è presentarsi ad altri membri della comunità medica. Così sono andata a visitare uno dei ginecologi e ostetrici più anziani nella comunità. Immagino che sapesse che venivo da Los Angeles, un posto abbastanza liberale dove l’aborto era molto diffuso. Così disse: “Dr.ssa Johnson, ha intenzione di eseguire aborti?”

Nella mia ingenuità risposi: “Oh, sì”.

Poi disse: “Beh, se fossi in lei, procederei con molta cautela. L’avverto che qui in città nessuno vorrebbe sentirsi definito come ‘l’abortista’”.

Mi colpì come un pugnale. Quelle parole hanno avuto un impatto incredibile su di me perché volevo essere un medico rispettato nella comunità. Tuttavia, mi trovavo ancora in un delirio di onnipotenza tale per cui pensavo di dover rendere l’aborto disponibile alle donne in situazioni disperate. Decisi che non l’avrei pubblicizzato; avrei fornito aborti solo a pazienti e amici a me vicini che sapevo avrebbero mantenuto il segreto. Ma un giorno un collega della mia clinica mi ha inviato un paziente per un aborto. Questo mi sorprese enormemente, come poteva sapere che io eseguivo aborti? Tutto ad un tratto la mia reputazione era a rischio e di conseguenza decisi di smettere di procurare aborti.

Poco dopo, Haywood e io diventammo cristiani e il nostro coinvolgimento nell’intero settore fu portato alla ribalta, così sentimmo la necessità di pentirci davanti a Dio. Questo è stato l’inizio del processo di guarigione.

I medici che hanno praticato l’aborto nella loro vita devono necessariamente passare attraverso un processo di guarigione, perché devono liberarsi completamente di tutto lo sporco che si portano dentro e diventare ri-umanizzati, ri-sensibilizzati ai pazienti.

Nel nostro cammino moltissime persone ci hanno sostenuto e aiutato e adesso siamo arrivati a questo punto: siamo medici che possono educare altri futuri colleghi e diffondere la consapevolezza in coloro che non conoscono l’umanità del nascituro dal concepimento fino alla morte naturale.

(Traduzione di Fabio Fuiano)