Francisco Elias de Tejada, tra Napoli e le Spagne imperiali

Da Edificati sulla roccia 10 Luglio 2018

di Franco Maestrelli

“Il nostro programma non nasce ora, secondo gli opportunismi del momento. Il nostro programma è il risultato della storia della Spagna; è lo stesso dei Re cattolici e di Filippo II, è quello delle libertà forali, è quello della giustizia applicata all’ordine sociale.”

Quando nel 1966 le torinesi Edizioni Dell’Albero pubblicarono il libro La Monarchia tradizionale di Francisco Elias de Tejada la sovracoperta recava la scritta “il fascismo superato a destra”. Nel primo capitolo appositamente scritto dall’autore per l’edizione italiana veniva accuratamente definito il tradizionalismo a cui si ispirava Elias de Tejada e che non era comparabile né con l’ideologia mussoliniana né con la monarchia sabauda.

In entrambi coglieva gli aspetti problematici della modernità, il nazionalismo innanzitutto e nella prima le influenze di maestri socialisti e nella seconda l’ideologia liberale e talvolta anticlericale con cui pervenne alla costruzione dell’unità dello Stato italiano.

In Italia in quegli anni sessanta nel mondo politico della destra si cominciava a discutere di “tradizionalismo italiano” grazie anche agli scritti di Julius Evola e di Attilio Mordini. L’autore spagnolo volle portare a questo dibattito il suo contributo qualificato da anni di studi.

Infatti Francisco Elias de Tejada, di cui quest’anno ricorrerà il centenario della nascita (era nato a Madrid il 6 aprile 1917), dagli anni cinquanta del secolo scorso fu il più importante rappresentante del pensiero tradizionalista carlista.

Il movimento carlista nacque nel 1833 in difesa dei diritti dinastici di don Carlos Maria Isidro de Borbon violati dal fratello Ferdinando VII che a dispetto della legge salica nominò erede, in assenza di suoi figli maschi, la figlia Isabella in assenza di figli maschi. Ma dietro questa rivalità dinastica c’era un ben più ampio conflitto di idee: con il primo pretendente stavano i cattolici intransigenti, con Ferdinando VII i liberali, definiti afrancesados perché eredi delle idee illuministe portate dall’invasore francese.

Due visioni del mondo opposte e inconciliabili che si scontreranno in tre feroci guerre civili. I “Carlisti” usciti sconfitti militarmente si trasformarono in pacifico movimento politico particolarmente attivo con circoli e sindacati in alcune zone della Spagna (Navarra, Paesi Baschi, Catalogna). Allo scoppio della Cruzada nel luglio 1936 la Comunion carlista, già strutturata sul territorio, si schierò subito con i nazionalisti di Franco inviando al fronte migliaia di volontari chiamati “requetés”.

Malgrado il contributo di caduti dato alla causa nazionale dal movimento carlista i rapporti con il generale Franco furono conflittuali fin dall’inizio perché il Generalissimo decise la fusione del movimento legittimista con la Falange e, per la restaurazione monarchica prevista dopo la sua morte, preferì Juan Carlos esponente della corrente dinastica considerata illegittima dai carlisti.

Elias de Tejada negli anni successivi alla guerra civile si dedicò alla carriera universitaria negli ambiti della storia e della filosofia del diritto ricoprendo cattedre nelle maggiori università di Spagna (Murcia, Salamanca, Siviglia e Madrid) e trascorrendo molti periodi di studio in giro per il mondo compreso un lungo periodo a Napoli, città che la sua famiglia aveva abbandonato nel XVII secolo per trasferirsi definitivamente in Spagna.

A Napoli trovò anche moglie rafforzando così il legame privilegiato con l’Italia e in particolare con la città partenopea. Dal quel soggiorno passato a studiare negli archivi nascerà la monumentale opera Napoles Hispanico che in un dotto excursus di storia, arte e diritto rende giustizia della dominazione spagnola in Italia di cui nelle scuole italiche ci è giunta solo la leggenda nera manzoniana.

Morì prematuramente il 18 febbraio 1978 lasciando però trecento opere nell’ambito del diritto, della storia e della politica. Di tale produzione in Italia ben poco è stato tradotto: il già citato La Monarchia tradizionale, ristampato nel 2001 dall’editore napoletano Controcorrente e, a partire dal 1999, lo stesso editore va proponendo anche la traduzione della monumentale opera “Napoli spagnola” giunta oggi al quarto dei cinque volumi.

Merito inoltre delle Edizioni Thule di Tommaso Romano la proposta al pubblico italiano di alcuni saggi brevi (Il mito del marxismo e Per una cultura giusnaturalista) nonché dell’ ideario “Que es el Carlismo?” (trad. italiana “Il Carlismo” Palermo, 1979) scritto sotto la direzione di Elias de Tejada che lo volle come opera collettiva ed espressione della Comunion carlista.

Questo ideario e La Monarchia tradizionale, pur nella peculiarità che li connota, possono offrire ancora notevoli spunti di riflessione per la costruzione di una dottrina politica della destra tradizionalista. Il lemma della Comunion carlista “Dios, Patria, Rey, Fueros” individua bene i pilastri di questo tradizionalismo: cattolicesimo integrista, patriottismo come legame alle comunità locali e ben differenziato dal nazionalismo, monarchia organica e legittima di nascita e di esercizio e applicazione del principio di sussidiarietà attraverso i corpi intermedi forali. In Spagna oggi il pensiero carlista prosegue negli allievi di Elias de Tejada riuniti nella Fondazione a lui intitolata.

La Comunion carlista “normalizzata” prima dal regime franchista, spaccata poi dalle divisioni interne e indebolita dagli anni di Governi socialisti e popolari, pur priva, per scelta, di rappresentanza partitica, sopravvive oggi come think tank di un pensiero politico antiliberale, antisocialista, antilaico, antiutopista e in una parola, antimoderno. In conclusione, usando le parole del professor Paolo Caucci nella nota introduttiva a “Il Carlismo”, il pensiero politico della destra italiana potrà giovarsi dell’opera di Francisco Elias de Tejada “…per quanto di universale e ha in sé una tradizione che si rifà al diritto naturale e a una concezione basata sugli eterni valori dello spirito, tale patrimonio può costituire un punto di riferimento non indifferente”