Gesuiti e Aids. Siamo i commando della castità

Aids_Africaespressonline.it blog di Sandro Magister

I seguaci di Sant’Ignazio all’opera in Africa contro il flagello. Ma non solo loro. Anche organizzazioni laiche puntano a frenare la promiscuità sessuale. E il “Wall Street Journal” si trova d’accordo col Vaticano

di Sandro Magister

Alex Cummings, liberiano, presidente della Coca Cola in Africa, ha annunciato che assieme alle bottigliette comincerà presto a distribuire gratis preservativi. «È la nostra lotta contro l’Aids».

«Ma il preservativo non basta. Anzi, può creare pericolose illusioni», obietta Edward Rogers, gesuita, direttore ad Harare nello Zimbabwe del “Jesuit Aids Project”. «L’essenziale è agire sui comportamenti sessuali promiscui, quelli che più veicolano il virus».L’Aids è il flagello dell’Africa nera. Ne muoiono ogni giorno in 5 mila. Gli infettati sono più di 25 milioni e si calcola che tra dieci anni vi saranno 40 milioni di orfani. I gesuiti attivi nel continente hanno deciso di combattere questo flagello su tre fronti.

In Kenya padre Angelo D’Agostino, nome italianissimo ma di nazionalità americana, soccorre i piccoli orfani. Vicino a Nairobi ha fondato per loro un villaggio di nome Nyumbani. In Zambia padre Michael Kelly, irlandese, cura chi è già stato infettato dalla malattia. Allo scopo ha creato un’associazione di nome “Kara”.

E dal suo quartier generale di Harare l’inglese Rogers coordina in varie nazioni un’iniziativa più ambiziosa: «Arginare il contagio, salvare i giovani prima che s’infettino. Aiutandoli a cambiare le abitudini sessuali». Niente prediche, niente conferenze di esperti.

«Per agire sui giovani occorre che l’iniziativa parta da loro coetanei alla pari, perché è il gruppo a fissare gli standard sessuali», dice padre Rogers. «I nostri commando giovanili vanno nelle scuole, nei bar, nei villaggi. Si mescolano ai coetanei. Trasmettono informazioni. Spiegano come si contrae l’Aids. Dicono come fare per non prendere il contagio». E come? «Con la castità prima del matrimonio e con la fedeltà coniugale poi».

A Roma, nella curia generalizia dei gesuiti, padre Jean Ilboudo, del Burkina Faso, è l’assistente generale per l’Africa. Conferma: «La pubblicità del preservativo la fanno gli Stati. Noi gesuiti andiamo invece alla radice. Facciamo capire, ad esempio, che la vedova di un malato di Aids non deve obbligatoriamente andare in sposa al fratello del marito scomparso, com’è d’uso in molti paesi, dal Burkina alla Tanzania, facendosi veicolo di morte.

O viceversa. Purtroppo accade di frequente che uno dei coniugi sia infetto. In simili casi l’uso del preservativo è comprensibile (?)». I gesuiti non sono i soli a puntare sul cambiamento degli standard sessuali, in Africa. Allo stesso obiettivo mirano (v. qui sotto) organizzazioni laiche. Con i primi risultati. In Uganda, oggi è più alta l’età del primo rapporto sessuale ed è diminuito il numero dei rapporti sessuali fuori della coppia.

Attacco in stile olandese

In Tanzania, nel distretto di Magu dalle parti del Lago Vittoria, sono diminuite le gravidanze tra le giovani a scuola. Sono sparite le feste popolari con i ragazzi a caccia di vergini nelle foreste. E non capita più che i genitori mandino le figlie a fare compere senza soldi. Perché? Perché la gente dei villaggi ha individuato che alcuni comportamenti sono veicolo di contagio dell’Aids.

E quindi ha deciso di vietarli. Adesso in ogni villaggio del distretto c’è una milizia che vigila. E multa chi disubbidisce. Tutto è nato da un’inchiesta condotta da ricercatori olandesi, mirata a individuare le abitudini sessuali a rischio Aids. Coinvolta nell’inchiesta, le gente dei villaggi ha voluto passare dalle parole ai fatti. Convinta che per fermare l’Aids la via maestra è arginare la promiscuità sessuale.

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Sulle vie per combattere l’Aids alla radice, in Africa ma non solo, e a commento della speciale sessione delle Nazioni unite tenuta lo scorso giugno, il quotidiano “The Wall Street Journal” ha pubblicato un editoriale di grande interesse. L’editoriale sostiene tesi molto affini a quelle sopra descritte dei gesuiti. Eccone i passaggi essenziali:

The S-Word. Spell it out”

(da “The Wall Street Journal” del 29 giugno 2001)

One of the most impressive health achievements of the latter 20th century was accomplished not with pharmaceuticals but with individual self-control and plenty of latex. When Aids first took off in the 1980s, the disease seemed destined to virtually wipe out gays in America.But after enough homosexuals watched friends and lovers languish and die in terrifying numbers, this once hedonistic, live-for-the-moment culture got serious. A quiet revolution in the bedroom curtailed the spread of this deadly virus in less time than anyone had imagined possible. […] In Africa [too] the root cause of Aids is almost entirely the result of promiscuity.

If you have relations with only one healthy partner, you don’t get sick. This awkward fact makes everybody concerned with Africa’s Aids epidemic squeamish. The more cheerful corollary is this: Barring some miscreant sticking an infected syringe in your arm, an emergency transfusion of bad blood or outright sexual coercion – admittedly all too common for African women – you don’t have to get Aids. You can protect yourself. […]

Africans can avoid Hiv. It doesn’t take the West, it doesn’t take money, and it doesn’t even take condoms. It just takes sexual fidelity. America’s Aids infection rates are stabilizing largely due to personal responsibility. To fail to press Africans to exercise that same 100%-effective discipline is devastatingly counterproductive, and not a little condescending, either.

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E questo è invece l’intervento che monsignor Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio consiglio per la pastorale della salute, ha pronunciato il 28 giugno 2001 a New York nel corso della XXVI Sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni unite sull’Aids:El Santo Padre Juan Pablo II estima como una prioridad el esfuerzo del mundo para combatir la pandemia del SIDA, así ha respondido a la Carta que Su Excelencia el Secretario General de las Naciones Unidas, Señor Kofi Annan, le ha enviado a este respecto con la misiva que me honro en traer y entregársela. El mensaje se distribuye junto con el texto de mi intervención.

Ante la magnitud del flagelo del SIDA, 36.1 millones de afectados a la fecha, la Santa Sede siempre ha manifestado su deseo de combatirla; desde cuando apareció, hace veinte años, se han muerto debido a ella 21.8 millones de personas en el mundo, de las cuales, 15 millones en Africa. Hasta la fecha la epidemia ha dejado 13.2 millones de huérfanos. El Papa, en diferentes ocasiones, ha afirmado que el enfermo de SIDA debe ser objeto de toda asistencia y de todo respeto, que se le debe dar toda clase de alivio moral y espiritual, más aun, que debe ser tratado como Cristo mismo.

Frente a los huérfanos de padres que murieron por el SIDA dice que debe mostrarse en especial el amor misericordioso de Dios. Siguiendo el llamado del Papa, el 12% de quienes se ocupan de los enfermos de SIDA en el mundo son organismos eclesiales católicos y el 13% son Organizaciones no Gubernamentales católicas, teniendo así la Iglesia católica un 25% del cuidado total, que la acreditan como el mayor sostén de los Estados en la lucha contra el SIDA.

Son dos las acciones que se exigen frente a este mal: prevenirlo y curarlo. Las dos son de suma importancia, pero vale más prevenir que remediar. Para prevenir esta enfermedad hay que entrar de lleno en su propia naturaleza que de una manera especial envuelve a toda la persona y en muchos casos se da simultáneamente en el plano de los valores existenciales siendo una verdadera patología del espíritu, que no daña solamente al cuerpo sino toda la persona, sus relaciones personales, su vida social y muchas veces lleva consigo crisis de valores morales.

En cuanto al SIDA que se transmite sexualmente la prevención más profunda y a la vez más eficaz es la formación en los auténticos valores de la vida, el amor y el sexo. Su recta perspectiva hará conscientes a las mujeres y hombres de hoy, de cómo a través de estos valores llegan a su plena realización personal en una madurez afectiva y en una sexualidad ordenada, que da exclusividad a la pareja y la lleva a seguir normas de conducta que la preserva del contagio sexual del SIDA.

No se escapa a nadie que las libertades sexuales aumentan el peligro de contagio. En este contexto se entienden los valores de la fidelidad matrimonial y de la castidad. Así, la prevención y la información que conlleva, se realizan respetando la dignidad del hombre y su destino trascendente, excluyendo campañas que impliquen modelos de comportamiento que destruyan la vida y favorezcan la extensión del mal. Un factor muy importante que condiciona su rápido contagio es la situación de miseria en la que vive gran parte de la humanidad. No cabe duda que será decisiva para combatirla una mayor justicia social internacional, que desplace la economía como horizonte exclusivo de una globalización salvaje.

El Papa exhorta a los diversos Gobiernos y a la comunidad científica a continuar la investigación sobre la enfermedad. Por desgracia en muchos países es imposible el cuidado de los pacientes de SIDA debido a los altos costos de los medicamentos patentados. El Papa recuerda que “La Iglesia ha enseñadoconsistentemente que hay una “hipoteca social” sobre toda propiedad privada, y que este concepto hay que aplicarlo a la “propiedad intelectual”. La sola ley de la ganancia no puede ser aplicada a lo que es esencial en la lucha contra el hambre, la enfermedad y la pobreza.

Para una mayor efectividad en la lucha contra el SIDA la Santa Sede sugiere apoyar los planes globales mundiales para coordinar el combate a la enfermedad; invita a todos los Gobiernos a aprovechar cabalmente el poder y la autoridad del Estado para hacer frente a la epidemia y en especial sugiere dedicar presupuestos suficientes para combatir este flagelo; incrementar la educación escolar y extra escolar de los valores de la vida, del amor y del sexo, así como insistir en la igualdad del hombre y la mujer; eliminar toda forma de discriminación de los enfermos de SIDA; apoyarlos espiritualmente; recomienda multiplicar los centros para su debida atención; informar y educar adecuadamente sobre el SIDA; invitar a una mayor participación de la sociedad civil en la lucha contra el SIDA; invitar a la gente de buena voluntad a comprometerse más en combatirlo; pedir a los países industrializados que, evitando toda forma de colonialismo, ayuden en esta campaña a los países que lo necesiten; erradicar la explotación sexual especialmente la ligada al turismo o a las migraciones; abaratar al máximo los medicamentos antiretrovirales para el SIDA; intensificar las campañas para evitar la transmisión materno infantil del mal; poner un especial cuidado en el tratamiento de los infectados y en la protección de los huérfanos del SIDA; y atender especialmente a los grupos sociales más vulnerables.