Che cos’è la massoneria […] (parte2)

Saggio tratto da: CESNUR. CENTRO STUDI SULLE NUOVE RELIGIONI

Massoneria e religioni

a cura di Massimo Introvigne, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1994

(pubblicato per gentile concessione dell’Editore).

CHE COS’E’ LA MASSONERIA:

IL PROBLEMA DELLE ORIGINI, L’ORIGINE DEL PROBLEMA

di Massimo Introvigne

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a) L’anti-massonismo laico

Soprattutto in anni recenti si è manifestato con sempre maggiore evidenza un movimento anti-massonico di tipo laico, le cui origini sono peraltro antiche. Già nella maggiore ondata anti-massonica della storia degli Stati Uniti – fiorita soprattutto dopo il caso Morgan del 1836 (di cui si occupa in questa sede, per le sue relazioni con il Mormonismo nascente, il contributo di Michael W. Homer), e da cui sorse perfino un Partito Anti-Massonico, che ottenne un certo successo – si potevano agevolmente distinguere una componente religiosa, di tipo protestante (che talora sospettava nella massoneria segrete tendenze filo-cattoliche), e una laica, che rimproverava alla massoneria il suo carattere segreto e di élite poco compatibile con gli ideali ugualitari della democrazia jacksoniana (50).

Nel nostro secolo un anti-massonismo laico e politico è stato spesso presentato da autori di ispirazione marxista. Un testo del 1993 emblematico di quest’ultima tendenza – scelto fra molti – è I mandanti di Gianni Cipriani, esperto di cose massoniche del quotidiano L’Unità (51). Il volume costituisce un puntiglioso inventario delle notizie, voci, rumori che in sede giudiziaria e giornalistica hanno collegato questa o quell’obbedienza massonica alla mafia, ed entrambe ai servizi segreti “deviati” e al sistema di corruzione politica di Tangentopoli.

Alcune notizie sono forse vere e potrebbero essere anche interessanti (anche se occorre sempre distinguere fra obbedienza e obbedienza e fra loggia e loggia), ma il quadro interpretativo è tipico di una tradizione anti-massonica le cui differenze con le critiche di ispirazione religiosa alla massoneria sono evidenti. Lo scopo di una gigantesca operazione criminal-politico-massonica, diretta dagli Stati Uniti, sarebbe stato per cinquant’anni principalmente questo: impedire al PCI (e più recentemente al PDS) con tutti i mezzi di pervenire al governo della Repubblica.

Se questa tesi è già di per sé poco credibile (davvero gli uomini politici affiliati alla massoneria nell’Italia del dopoguerra sono stati tutti e sempre anticomunisti?), più significativo ancora è il quadro di riferimento ideologico soggiacente. Per l’autore del volume – e per il professor Giuseppe De Lutiis, che ne firma la prefazione – il metodo massonico merita apprezzamento in quanto portatore di “principi libertari” e “mezzo di elevazione spirituale” (52)

Perché, nonostante questo metodo in sé apprezzabile, la massoneria ha “deviato” alleandosi alla mafia e all’anticomunismo? Perché, risponde Cipriani, la massoneria è ancora troppo “conservatrice”, troppo poco “laica” (legata com’è a forme arcaiche di spiritualismo e di esoterismo), per quanto ami sventolare la bandiera della laicità, troppo poco convertita all’ideale dello Stato sociale moderno e ferma a un liberalismo e a un liberismo individualisti. Il conflitto tra massoneria e Chiesa sarebbe in questa prospettiva un conflitto tra forze tutte e due “conservatrici”, fra forme di pensiero nonostante tutto entrambe “forti”, in concorrenza fra loro ma oggi ugualmente superate da un nuovo progressismo che va ben al di là del riformismo massonico dei secoli passati (53).

Questa prospettiva, naturalmente, non è nuova: lo stesso anti-massonismo si era manifestato nella letteratura sovietica contro la massoneria, che si era espressa anche in romanzi popolari dove i massoni erano presentati come i “cattivi” non perché troppo radicali e laicisti ma, al contrario, perché troppo “borghesi” e spiritualisti (54).

In campo marxista si potrebbe citare una vasta letteratura: queste osservazioni sono però sufficienti a mostrare le differenze – anzi la vera e propria opposizione – fra un anti-massonismo laico (che nel nostro secolo è stato promosso soprattutto da marxisti) che accusa la massoneria di essere troppo poco laicista e statalista e il tradizionale contro-massonismo religioso che accusa al contrario le logge di essere troppo laiciste e di avere offerto tramite il naturalismo sociale – almeno in alcune epoche storiche e in alcuni paesi – un supporto culturale e ideologico allo statalismo

b) Il contro-massonismo religioso

Il contro-massonismo protestante. Quando si parla di un contro-massonismo di ispirazione religiosa occorre anzitutto distinguere fra letteratura contro-massonica protestante e cattolica. Se numerose critiche sono comuni, non si può dimenticare che esiste tutto un filone – ancora oggi rigoglioso – del contro-massonismo protestante che accusa la massoneria di essere (forse perché influenzata dalle sue origini corporative) condizionata dal cattolicesimo o cripto-cattolica.

In questa prospettiva la massoneria viene accusata di insegnare la “salvezza tramite le opere” e non per sola fede contro cui si levarono i primi riformatori protestanti. “La massoneria – scrive uno dei più diffusi manuali anti-massonici del protestantesimo fondamentalista americano contemporaneo, che è alle origini anche di una fortunata serie televisiva anti-massonica – insegna esattamente quello che Dio condanna come un falso vangelo, cioè che l’uomo si salverà e andrà in Paradiso come risultato delle sue opere buone (…). La Bibbia dichiara che questo insegnamento è sotto la maledizione di Dio” (55).

Naturalmente rispondendo a queste critiche esponenti della massoneria obiettano che nelle logge non si insegna la dottrina della salvezza tramite le opere (perché, ancora una volta, la massoneria non insegna propriamente nessuna dottrina); e anche un cattolico potrebbe rispondere che la dottrina attribuita dal fondamentalismo contemporaneo alla Chiesa cattolica sotto il nome di “salvezza tramite le opere” è piuttosto una caricatura di quanto la Chiesa effettivamente insegna.

In questa sede, tuttavia, quel che è importante mettere in luce è l’esistenza di specificità del contro-massonismo protestante (oggi – come già nei primi decenni dell’Ottocento – oggetto di una ricca fioritura specialmente negli Stati Uniti) che lo rendono diverso dal contro-massonismo cattolico, con cui pure condivide alcuni temi.

Il conflitto, d’altro canto, non è sempre puramente teorico: ancora oggi non manca negli Stati Uniti una letteratura protestante anti-massonica che è contemporaneamente anti-cattolica (56), e nel secolo scorso il “nativismo” statunitense che ispirava anche una parte del Partito Anti-Massonico proponeva la messa al bando dei “tre nemici” dell’America protestante e della sua “religione civile”: i massoni, i mormoni e i cattolici (57).

Il contro-massonismo cattolico. Se passiamo a osservare il contro-massonismo cattolico, possiamo distinguere al suo interno due tradizioni diverse (una distinzione simile sarebbe possibile, del resto, anche nella storia del contro-massonismo protestante). Come per il movimento “contro le sette”, così il contro-massonismo religioso si è presentato spesso diviso fra un’ala “diabolistica” – pronta a sospettare interventi diretti del Demonio in loggia – e un’ala “filosofica” che (certamente senza escludere l’intervento del Demonio nella storia come radice profonda degli errori degli uomini) resta scettica sulle apparizioni di Satana nelle logge e preferisce restare sul terreno più solido di un’analisi del metodo massonico e dei suoi risultati.

Lo scontro fra le due anime del contro-massonismo cattolico divenne particolarmente evidente in occasione della mistificazione di Léo Taxil (pseudonimo di Gabriel Jogand, 1854-1907), un massone francese che si era fatto notare per il suo virulento anticlericalismo e che nel 1885 si dichiarò convertito al cattolicesimo pubblicando per i successivi dodici anni una serie di opere anti-massoniche nelle quali (soprattutto a partire dal 1891) denunciava l’esistenza di un circolo di satanisti, il Palladismo, che governava in segreto la massoneria mondiale e i cui dirigenti – fra cui nominava Albert Pike e il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dell’epoca, Adriano Lemmi (1822-1906) – erano in contatto settimanale con Satana e ricevevano istruzioni direttamente e personalmente dal Principe del Male. Nel 1897, in una famosa conferenza alla sala della Società di Geografia di Parigi, Léo Taxil confessò che tutta la sua conversione non era che una messa in scena per burlarsi della credulità dei cattolici e che le sue “rivelazioni” erano da considerarsi un gigantesco scherzo (58).

Il caso Léo Taxil costituisce una autentica saga, molto più complicata di quanto non si pensi (59), in cui non si manifesta un solo “grande complotto” ma piuttosto si intrecciano tanti “piccoli complotti” che coinvolgono ambienti cattolici, massonerie e perfino servizi segreti. Sarà sufficiente far notare, in questa sede, che Léo Taxil non si auto-smascherò nel 1897 per suo piacere o perché era stufo di recitare la sua parte: fu costretto a confessare, schiacciato ormai da analisi spietate che mostravano come non poteva trattarsi che di un mistificatore.

Queste analisi erano opera per una piccola parte di massoni come Arthur Edward Waite (1857-1942) – il celebre esoterista londinese – e per la parte maggiore di cattolici che preferivano la critica “filosofica” della massoneria alle ipotesi “diabolistiche” e che comunque avevano intuito la natura della manovra di disinformazione di cui si era fatto strumento il falso convertito (60).

Certo, vi furono – a diversi livelli – cattolici che si lasciarono ingannare da Léo Taxil (che del resto mescolava sapientemente il vero al falso nei suoi libri): ma non si trattava di tutti i cattolici, né di tutti i cattolici che proponevano una opposizione militante alla massoneria

È anche opportuno sottolineare che – in un’epoca di complotti piccoli e grandi – la lezione del caso Taxil venne appresa rapidamente dai cattolici che si erano lasciati ingannare: pochi anni dopo un funzionario del Grande Oriente di Francia, Jean-Baptiste Bidegain (1870-1926), che collaborava segretamente con ambienti cattolici, rivelò e dimostrò che il governo francese di Émile Combes (1835-1921) – un massone fanaticamente anticlericale – faceva raccogliere dalla massoneria delle schede (le famose fiches) sugli ufficiali dell’Esercito francese, di cui venivano annotate le idee politiche e religiose per escludere sistematicamente i cattolici dagli avanzamenti di carriera.

Il caso delle fiches – uno dei maggiori scandali della storia politica francese – determinò dopo una breve resistenza la caduta definitiva del governo Combes e un discredito politico da cui l’anticlericalismo radicale francese non si sarebbe mai più ripreso (61). Tutto sommato, l’infiltrato Bidegain (62) fece più danni al Grande Oriente nel 1904 di quanti l’infiltrato Taxil ne avesse arrecati alla Chiesa cattolica nel 1897.

Il caso delle fiches – di cui, per una di quelle nemesi che qualche volta la storia offre, furono protagonisti da parte cattolica alcuni degli ecclesiastici più crudelmente ingannati da Léo Taxil, come don Gabriel de Bessonies (1859-1913) – dimostrò pure che gli esponenti del contro-massonismo cattolico avevano imparato la lezione. Fecero cercare nelle logge non le code imbalsamate di Belzebù di cui aveva favoleggiato Léo Taxil ma documenti politici compromettenti come le fiches: e li trovarono.

Più profondamente, il caso Taxil si rivelò salutare per insegnare a molti cattolici che non dovevano rincorrere “rivelazioni” più o meno mirabolanti, ma concentrare la loro critica sul metodo massonico e sulle conseguenze pratiche del metodo. In questo senso, la lezione è valida ancora oggi.

Soprattutto in ambienti attenti alle rivelazioni private e in altri influenzati dal contro-massonismo protestante di marca pentecostale e fondamentalista, un contro-massonismo “diabolistico” cattolico non è scomparso neppure ai giorni nostri. La sua letteratura ha talora il merito di ricordare che il Demonio esiste ed è attivo nella storia, e di attirare l’attenzione su forme di magia e di occultismo che sono ben diffuse nella nostra società e nei “nuovi movimenti magici”, anche se è certamente sbagliato considerare la loro origine sempre e comunque come suscettibile di essere riferita alle massonerie (63).

Il magistero della Chiesa – come altri contributi illustrano in questa sede – indica però come strada maestra di una critica cattolica alla massoneria la posizione “filosofica”, che è attenta anzitutto al metodo massonico anche se non chiude gli occhi sulle conseguenze pratiche che tale metodo produce, e non ignora lo sfondo teologico dell’azione misteriosa del male nella storia. Il sociologo e lo storico possono semplicemente aggiungere che la critica “filosofica” si è rivelata più comprensiva, più capace di cogliere insieme l’unità e la diversità nelle massonerie, meno soggetta alle smentite sempre possibili delle “rivelazioni” venute da veri o falsi convertiti.

In ogni caso, è sempre importante ribadire che non tutti coloro che criticano la massoneria sono d’accordo fra loro. L’idea di un grande “fronte” anti-massonico che metta insieme anti-massonismo laicista, contro-massonismo protestante, contro-massonismo cattolico (realtà diverse, i cui obiettivi sono talora addirittura opposti), è – come sempre capita per “fronti” di questo genere – un equivoco culturale prima ancora che un inganno politico.

Gli argomenti della critica alle massonerie

Tenendo presenti le differenze fra l’anti-massonismo e il contro-massonismo – e fra i diversi tipi di contro-massonismo – è ora possibile proporre una rapida rassegna dei principali temi della critica che soprattutto il contro-massonismo cattolico ha rivolto nella storia alle massonerie, rassegna che permetterà di precisare ulteriormente la natura del “problema” massonico.

Come si è accennato, il contro-massonismo cattolico (nella versione recepita dal magistero) rivolge alla massoneria una critica di carattere anzitutto dottrinale (quanto al suo metodo, di cui mette in luce il relativismo), quindi – a seconda delle circostanze e delle massonerie – anche fattuale, denunciando sia singole posizioni culturali, politiche, morali e sociali ostili alla Chiesa e alla sua dottrina, sia l’uso del segreto come copertura di trame poco limpide.

In questa prospettiva, nel testo pubblicato da L’Osservatore Romano il 23 febbraio 1985 (64) – un testo importante, che costituisce come la “motivazione” della “sentenza” del 1983 – si distingue fra ragioni “pratiche” e ragioni “dottrinali” della inconciliabilità fra fede cattolica e appartenenza alla massoneria. Seguendo lo stesso schema, possiamo esaminare tre argomenti “pratici” e uno “dottrinale” di critica alle massonerie.

a) Argomenti pratici

La questione del segreto. Fra le ragioni “pratiche” il testo del 1985 cita anzitutto il “clima di segretezza” che “comporta, oltre tutto, per gli iscritti il rischio di divenire strumento di strategie a essi ignote” (65). Questo tema – sempre oggetto di controversie nella storia massonica – è particolarmente delicato in Italia, dove recenti indagini della magistratura hanno riproposto il tema dei legami fra organizzazioni massoniche e criminalità organizzata.

È vero che in Italia, come si è accennato, nessuna organizzazione ha il monopolio dell’etichetta “massoneria”, così che possono facilmente proliferare logge e obbedienze “selvagge” che si auto-denominano “massoniche” ma che non hanno alcun legame con le maggiori obbedienze nazionali e internazionali, e che spesso sono le organizzazioni “selvagge” a fungere da copertura a gruppi criminali.

Determinare le responsabilità – nazionali o locali – di questa o quell’obbedienza in relazione ad attività vietate dalla legge, o cercare di distinguere fra deviazioni dalla massoneria e deviazioni della massoneria è oggi in Italia un compito insieme indispensabile e straordinariamente difficile.

La matassa è così intricata – e la disinformazione, i depistaggi, le forme di “anti-massonismo massonico” poste in essere dalle stesse obbedienze in concorrenza fra loro sono così numerose – che si può sperare di districarla (e anche in questo caso forse soltanto parzialmente) solo attraverso le possibilità offerte dagli accertamenti di tipo giudiziario.

Vale la pena tuttavia di riflettere sulle ipotesi di una recente storiografia secondo cui il problema potrebbe essere di origine meno recente di quanto comunemente si creda. Secondo queste ipotesi forze politiche anticlericali rappresentate nel governo piemontese si sarebbero servite dopo il 1861 nel Sud parallelamente della criminalità organizzata e di associazioni che si denominavano “massonerie” (già allora, peraltro, spesso “selvagge” e non collegate alle obbedienze nazionali) come forze entrambe disponibili ad appoggiare la loro impresa di colonizzazione politico-culturale, favorendo così il contatto, particolarmente in Sicilia, fra “massoni” e mafiosi (66).

Se questa ipotesi – certo da approfondire e verificare, senza trascurare i pregiudizi ideologici dell’anti-massonismo “laico” e politico che ispira alcuni degli storici che la hanno proposta – dovesse essere in qualche modo confermata, si troverebbe un anello di collegamento storico dotato di una valenza anche dottrinale (67) e politica fra criminalità organizzata del Meridione d’Italia e certi ambienti che si sono variamente presentati come massonici.

A proposito del segreto sembrano peraltro necessarie due ulteriori osservazioni. Il tema del segreto viene giustamente collocato nel testo citato del 1985 fra le ragioni “pratiche” e non fra quelle “dottrinali” della incompatibilità fra fede cristiana e massoneria in quanto non tutte le obbedienze massoniche sono ugualmente “segrete”. La massoneria americana, che conta diversi milioni di iscritti, è assai meno “segreta” delle massonerie europee.

La minore sottolineatura del segreto corrisponde precisamente, in alcune obbedienze anglosassoni, alla esaltazione dei momenti di metodo rispetto a quelli di contenuto. Alcune tendenze recenti della massoneria italiana (che attraversano in realtà tutte le obbedienze, anche se alcune ne informano la stampa per presentarsi come più “trasparenti” delle altre concorrenti) sembrano puntare a una riforma di tipo anglosassone, con una minore accentuazione del segreto.

L’esperienza anglosassone dimostra peraltro che la rinuncia parziale al segreto non comporta necessariamente una riduzione dell’influenza della massoneria, che anzi può superare alcune obiezioni e riserve tradizionali e presentarsi come forza sociale ancor più legittimata ad esercitare la sua funzione di organizzatore culturale collettivo.

La seconda osservazione concerne la distinzione fra giudizio culturale e teologico e, rispettivamente, giudizio giuridico e politico sul segreto. I due piani non vanno confusi. Sul piano culturale il tipo di segreto di cui si avvolgono i lavori massonici è sostanzialmente estraneo alla tradizione cattolica: non a caso, come abbiamo visto, l’unico precedente nella massoneria “operativa” – la “parola massonica” – nasce in epoca tarda e in ambiente protestante.

La Chiesa cattolica non ha mai visto con favore segreti in materia dottrinale e filosofica che sfuggono al ritmo normale della sua vita organizzata e gerarchica, e li ha sempre considerati con sospetto. Sul piano giuridico e politico la Chiesa cattolica, nella sua dottrina sociale, non è peraltro meno sospettosa nei confronti delle pretese dello Stato laico moderno (che non è certamente l’unica forma di Stato in tesi lecita o possibile, ma è lo Stato con cui in concreto oggi ci si trova in relazione) di esercitare un controllo eccessivo sulla vita interna delle associazioni private.

La dottrina sociale insegna che, posto che esiste una “tendenza naturale che spinge gli esseri umani ad associarsi”, “si deve incoraggiare la creazione di associazioni e di istituzioni d’elezione”. In questo campo “un intervento troppo spinto dello Stato può minacciare la libertà e l’iniziativa personali”; il principio cardine della dottrina sociale, il “principio di sussidiarietà”, ricorda che il potere di controllo e di intervento dello Stato non è senza “limiti” (68).

Non vi è dubbio che lo Stato abbia diritto di reprimere le associazioni che perseguono fini delittuosi. Ma, poiché “l’abuso non toglie l’uso”, non si può utilizzare l’esistenza di associazioni a delinquere come pretesto per limitare la libertà di associazione. Si misura qui tutta la differenza fra l’anti-massonismo laico, soprattutto quello di ispirazione statalista e marxista, e la critica cattolica alla massoneria.

Il primo dal tipo di segreto – certamente discutibile – con cui alcune obbedienze massoniche coprono le loro attività trae argomento per invocare leggi che sottopongano tutte le associazioni a un totale controllo dello Stato, che dovrebbe procedere a una sorveglianza capillare dei loro membri e di tutte le loro attività. La critica contro-massonica cattolica è sempre stata più cauta. I cattolici sanno infatti che i progetti di controllo statale sulle associazioni e la pretesa di fare svolgere ogni attività associativa volontaria sotto gli occhi e a portata delle orecchie dello Stato storicamente si sono sempre tradotti in misure ostili anzitutto alle associazioni cattoliche.

Se le campagne perché lo Stato vieti ogni forma di “segreto” – definito spesso in modo ampio, vago e fumoso – e interdica a tutti i massoni certe carriere pubbliche sollevano in molti paesi scarso entusiasmo presso i cattolici, è forse anche perché essi ricordano la dura campagna del “nativismo” statunitense dell’Ottocento, che voleva escludere dagli uffici elettivi sia i massoni che i cattolici e chiedeva allo Stato di intervenire contro i “tre segreti” considerati incompatibili con la democrazia: il segreto della loggia massonica, il segreto del tempio mormone, e il segreto del confessionale cattolico (69).

La “machinatio”. Come secondo motivo “pratico” della incompatibilità, il documento del 1985 cita la “ostilità nei confronti della Chiesa” di una parte della massoneria, che si è tradotta nella cosiddetta machinatio contro la Chiesa rimproverata dal tradizionale contro-massonismo cattolico soprattutto alle massonerie latine, cioè nell’organizzazione sistematica dell’anticlericalismo e del laicismo.

Che l’anticlericalismo di alcune massonerie abbia raggiunto toni perfino grotteschi è così noto – e ammesso anche da storici di parte massonica – da non avere bisogno di illustrazione o di commento. Sarà sufficiente osservare che la machinatio, nella tradizione contro-massonica cattolica, non si riduce all’anticlericalismo.

La promozione di leggi ispirate al naturalismo e al laicismo è stata certamente più pericolosa delle processioni anticlericali, degli “Anticoncili” e dei banchetti a base di carne del venerdì santo, che pure hanno avuto il loro posto nel folklore massonico ottocentesco. Il documento del 1985 dà atto, tuttavia, che la “ostilità nei confronti della Chiesa” – e delle dottrine morali individuali e sociali che sono parte integrante dell’insegnamento della Chiesa – costituisce la posizione, nella storia e nell’attualità, di alcune importanti obbedienze e logge, ma non di tutte.

Negli Stati Uniti, in particolare, su quasi tutti i temi controversi di natura morale e sociale (dall’aborto alla preghiera nelle scuole, dal ruolo pubblico degli omosessuali alla pena di morte) si troveranno posizioni estremamente differenziate nelle massonerie fra Stato e Stato, qualche volta perfino fra loggia e loggia. È una riconferma del fatto che il metodo massonico può produrre risultati diversi a seconda delle posizioni di partenza diverse che di volta in volta si confrontano all’interno delle logge.

La promozione dell’occultismo. Soprattutto – ma non esclusivamente – gli ambienti che in qualche modo tengono conto della tradizione “diabolistica” del contro-massonismo insistono sull’argomento secondo cui la massoneria promuoverebbe forme di occultismo e di magismo. Questo argomento viene spesso presentato in modo molto impreciso, ma non può neppure essere semplicemente ignorato.

Certamente nelle obbedienze più importanti la “corrente fredda” razionalista e deista ha vinto da oltre un secolo la sua battaglia contro la “corrente calda” occultista e magica, che proprio perché è stata confinata alla periferia delle massonerie “ufficiali” ha dato vita soprattutto negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi del Novecento a una serie di organizzazioni separate e concorrenti, le “massonerie di frangia” e i “nuovi movimenti magici” (70).

Tuttavia la distinzione fra “corrente fredda” e “corrente calda” non è sempre evidente: qualche volta le due correnti coesistono non solo negli stessi ambienti, ma nella testa delle stesse persone. Già alle origini della massoneria, nel Settecento, uno dei maggiori storici della massoneria italiana, Carlo Francovich, ha notato come “accanto al movimento illuminista – che, guidato dalla ragione, procede sulla via della scienza – c’è il movimento mistico che ricerca la soluzione dei vari problemi nei culti esoterici, nella ricerca del miracolo, nella magia. E questi due movimenti non camminano parallelamente distinti, ma si intersecano e anzi spesso vivono e si manifestano in una stessa persona” (71).

Gli esempi di “doppia appartenenza” insieme alla “corrente fredda” e alla “corrente calda” sono centinaia. Come classificare i massoni napoletani del Settecento oggetto di un pregevole studio di Vincenzo Ferrone – personaggi come Gaetano Filangieri (1752-1788), Mario Pagano (1748-1799), Domenico Cirillo (1739-1799) – insieme “profeti dell’Illuminismo” filosofico e politico di giorno e – quando calavano le ombre della sera – discreti frequentatori di riti neo-egiziani e alfieri del “ritorno della magia”? (72)

Dove collocare il massone Arthur Conan Doyle (1859-1930): nella “corrente fredda”, come portavoce letterario del positivismo e creatore di Sherlock Holmes, o nella “corrente calda”, come spiritista e propugnatore della credenza nelle fate? (73) Come spiegare la presenza ancora negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale in una istituzione così tipica della “corrente calda” come la Chiesa gnostica di dirigenti di primissimo piano del Grande Oriente d’Italia, che viene comunemente – e non a torto – ascritto alla “corrente fredda”? (74)

Questi interrogativi non eliminano, a mio avviso, la possibilità di distinguere fra un centro e una periferia della scena massonica, fra massonerie “principali” (“regolari” o meno) e massonerie “di frangia”, fra “corrente calda” e “corrente fredda”.

La distinzione è possibile. Ma neppure si tratta di interrogativi soltanto retorici, e il quesito se un certo modo massonico di intendere l’esoterismo non favorisca periodiche derive verso l’occultismo e il magismo – contro le quali, certo, altri reagiscono energicamente – non è completamente privo di senso.

b) L’argomento dottrinale: la critica del metodo

Si possono immaginare – almeno in tesi – obbedienze e logge che non mantengono forme illecite di segreto, non manifestano “ostilità nei confronti della Chiesa” e non promuovono in alcun modo l’occultismo e la magia. In questo caso vengono meno le ragioni di critica alla massoneria? Sì, se si pensa che queste ragioni si limitino alle ragioni “pratiche”.

Così ha ragionato sostanzialmente nel 1993 una commissione costituita da una delle più grandi denominazioni protestanti americane, i Battisti del Sud (di cui fanno parte tra l’altro il presidente e il vice-presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton e Al Gore). La proposta formulata nel 1992 con notevole passione dalla fazione più conservatrice di questa denominazione di escludere dalla comunità battista gli affiliati alla massoneria era stata giudicata, con ragione, una delle più gravi minacce che avesse colpito la massoneria americana nella sua storia, “il peggiore attacco degli ultimi cento anni”, suscettibile di sottrarre alle logge statunitensi almeno “il venti per cento dei loro membri” (75).

Nel 1993 la Convenzione dei Battisti del Sud, con sollievo della massoneria americana, non ha accolto la proposta di escludere dalla denominazione i massoni ma ha votato un rapporto (76), accompagnato da uno studio più dettagliato (77) e oggetto di notevoli strali da parte dell’ala battista più conservatrice (78), dove si conclude semplicemente che “alla luce del fatto che molte tendenze e insegnamenti della massoneria non sono compatibili con il cristianesimo e la dottrina dei Battisti del Sud, mentre altri sono compatibili (…) raccomandiamo che, alla luce delle profonde convinzioni della nostra denominazione sul sacerdozio comune dei fedeli e l’autonomia delle singole chiese locali, l’appartenenza a un’obbedienza massonica sia lasciata alla libertà della coscienza personale” (79).

Giacché sulla natura di questo risultato ci sono pochi dubbi, la domanda che interessa l’osservatore esterno è perché la fazione che chiedeva la condanna della “doppia appartenenza” insieme alla comunità dei Battisti del Sud e alla massoneria ha perso. Si devono certamente considerare l’efficacia di una campagna di pubbliche relazioni massonica proporzionata all’entità del pericolo, le difficoltà di esercizio dell’egemonia dei conservatori in una denominazione da anni profondamente divisa (80), il discredito in cui era caduta una letteratura contro-massonica battista che era andata a ripescare perfino Léo Taxil.

Ma, al di là di tutti questi elementi, la proposta contro-massonica non è passata perché tutta la sua argomentazione era fondata sulle “dottrine” e non sul metodo massonico. La massoneria veniva accusata di favorire l’occultismo, il neo-paganesimo, la magia, perfino (come di consueto in certi ambienti protestanti) la dottrina attribuita ai cattolici della salvezza tramite le opere e non per sola fede.

Per ognuna di queste accuse i conservatori ostili alla massoneria chiamavano a testimone questo o quell’autore massonico, i documenti di questa o quella loggia. Sfortunatamente, punto per punto, il comitato che ha preparato il rapporto – che palesemente non intendeva condannare la massoneria – ha potuto rispondere che un altro autore massonico non meno autorevole o un’altra loggia avevano detto esattamente il contrario. Da questo punto di vista la ricerca della “dottrina” massonica è un’avventura senza fine.

È stata l’incapacità di risalire dalle “dottrine” al metodo che ha determinato ultimamente la sconfitta della fazione ostile alla massoneria nella battaglia interna ai Battisti del Sud, che verrà ricordata come un momento cruciale nella storia della massoneria americana e dei suoi avversari nel secolo ventesimo.

La Chiesa cattolica ha ragionato diversamente. Anche nel caso – da esaminare obbedienza per obbedienza, caso per caso, paese per paese – in cui non vi siano specifici risultati ostili alla fede cattolica, “l’inconciliabilità dei principi” secondo il documento del 1985 rimane, in quanto – quali che siano i suoi risultati – è sempre il metodo massonico a essere incompatibile con la fede.

Qualcuno, osserva la nota del 1985, potrebbe obiettare che è improprio parlare di “inconciliabilità dei principi” perché “essenziale della massoneria sarebbe proprio il fatto di non imporre alcun ‘principio'”.

Ma proprio questo aspetto “essenziale” è incompatibile con la fede cristiana sul piano metodologico: “anche se si afferma che il relativismo non viene assunto come dogma” (proprio perché non ci sono dottrine né dogmi) “tuttavia si propone di fatto una concezione simbolica relativistica, e pertanto il valore relativizzante di una tale comunità morale-rituale, lungi dal poter essere eliminato, risulta al contrario determinante. In tale contesto, le diverse comunità religiose, cui appartengono i singoli membri delle logge, non possono essere considerate se non come semplici istituzionalizzazioni di una verità più ampia e inafferrabile”. Così, “anche quando (…) non vi fosse un’obbligazione esplicita di professare il relativismo come dottrina [proprio in quanto non vi è propriamente ‘obbligazione’ di ‘professare’ nessuna ‘dottrina’], tuttavia la forza relativizzante di una tale fraternità, per la sua stessa logica intrinseca, ha in sé la capacità di trasformare la struttura dell’atto di fede in modo così radicale da non essere accettabile da parte di un cristiano ‘al quale è cara la sua fede’”.

Le massonerie, del resto, trasmettono il loro metodo tramite la forza pedagogica dei loro rituali prima ancora di tematizzarlo in un insegnamento sistematico.

4. Alcune conclusioni

Questa rapida rassegna degli aspetti della massoneria che “fanno problema” per le Chiese e comunità cristiane e in particolare per la Chiesa cattolica non pretende certamente di risolvere tutte le questioni che si pongono in ordine a un argomento così delicato. Intende semplicemente impostare alcune questioni e proporre alcune distinzioni, che sembrano particolarmente importanti. Tra queste si possono ricordare, riassuntivamente:

a) la distinzione fra massoneria e massonerie: non si possono mettere sullo stesso piano una piccola obbedienza pseudo-massonica creata appena ieri in Sicilia al servizio di specifici interessi (più o meno leciti), il Grande Oriente d’Italia con i suoi oltre quindicimila membri e la sua storia peculiare, e la massoneria anglo-americana di obbedienza londinese che di membri ne ha sei milioni; nello stesso tempo, al di là delle species ed escludendo solo le contraffazioni chiaramente pseudo-massoniche, è possibile costruire un genus “massoneria” identificato da un metodo che è largamente comune;

b) la distinzione fra il metodo massonico e i suoi risultati: i risultati variano da obbedienza a obbedienza, da rito a rito, da paese a paese, da epoca storica a epoca storica, da loggia a loggia; il metodo è sostanzialmente comune a ogni massoneria che porti legittimamente questo nome;

c) la distinzione fra diverse forme di critica alla massoneria – anzitutto fra anti-massonismo laico e contro-massonismo religioso, quindi nell’ambito religioso fra contro-massonismo protestante e contro-massonismo cattolico, e infine nell’ambito cattolico fra contro-massonismo “filosofico” e contro-massonismo “diabolistico” – le cui differenze sono profonde, non vanno ignorate e rendono poco credibili (o sospette) le proposte di “fronti comuni” contro la massoneria; ultimamente, una delle distinzioni più importanti è quella fra una critica che insegue i risultati del metodo massonico (ed è spesso in difficoltà a causa del elemento essenziale della sua crisi generale”.

carattere cangiante di questi risultati) e una critica, più raffinata, che è capace di risalire al metodo e alla sua natura;

d) la distinzione fra dialogo e doppia appartenenza, conseguenza sul piano pratico e pastorale delle premesse che sono state illustrate. La massoneria rimane una reazione tipica, per certi versi comprensibile, al disagio del pluralismo moderno. La Chiesa cattolica, interessata al dialogo con tutti e con ciascuno, non ha rifiutato un cauto dialogo, nelle sedi opportune, con espressioni del mondo massonico. Ha però sempre distinto, nel modo più fermo fra dialogo e doppia appartenenza.

La Chiesa cattolica, per esempio, dialoga con l’Islam: ma a nessuno verrebbe in mente di essere nello stesso tempo cattolico e musulmano. La tentazione della doppia appartenenza è più forte nei confronti della massoneria, proprio perché questa – nelle sue espressioni storicamente più tradizionali (e a differenza, evidentemente, dell’Islam) – sottolinea il fatto di non essere “una religione”, si presenta come metodo e non come dottrina, come schema di lavoro e non come insieme di contenuti.

La Chiesa – in una lunga tradizione storica e da ultimo nei suoi documenti più recenti – ha escluso nel modo più fermo la possibilità della “doppia appartenenza”. Non si può essere insieme cattolici e massoni (81). Solo un riconoscimento leale, da parte massonica, della reale posizione cattolica – che esclude la “doppia appartenenza” – e delle sue ragioni potrebbe costituire il primo passo per l’avvio di un dialogo genuino.

e) la distinzione fra massoneria, nuovi movimenti religiosi e nuova religiosità. La massoneria non è, come abbiamo visto, un nuovo movimento religioso. Appartiene a una categoria diversa: o forse si potrebbe dire che fa categoria a sé. Non si può neppure dire semplicemente che la massoneria appartiene alla “nuova religiosità” intesa come l’insieme non solo delle appartenenze a movimenti ma anche delle credenze alternative alla religione tradizionale, pur se “alcuni problemi che le massonerie pongono alla Chiesa presentano però momenti di analogia rispetto al mondo della nuova religiosità” (82).

Tuttavia quando si è passati dall’attenzione ai nuovi movimenti religiosi all’attenzione alla nuova religiosità si è compiuto soltanto un primo passo sulla strada dell’identificazione di un problema più ampio. Oltre i nuovi movimenti religiosi c’è la nuova religiosità (un’area che – se si prende come parametro la credenza più tipicamente neo-religiosa, quella nella reincarnazione – coinvolge un quarto degli italiani, contro l’uno per cento che si riconosce nei nuovi movimenti religiosi); ma oltre la nuova religiosità c’è la vera nuova religione degli italiani che non è la religione dei testimoni di Geova e neppure l’Islam: è il relativismo.

Sulla base di diverse indagini sociologiche si può ritenere che il relativismo – l’idea che la verità religiosa non esista o sia soltanto relativa, così che tutte le religioni sarebbero in fondo ugualmente vere – sia la “religione” del sessanta per cento degli italiani (83). Partendo dalla nuova religiosità (che è il terreno su cui fioriscono i nuovi movimenti religiosi) occorre compiere un secondo passo, andare oltre e portare l’attenzione sul relativismo diffuso, come terreno su cui la nuova religiosità nasce.

Se infatti la verità religiosa non c’è o è soltanto relativa, le scelte religiose verranno effettuate sulla base delle variabili più diverse – soprattutto sulla base di quanto psicologicamente sembra dare più soddisfazione e conforto – scegliendo a seconda dei casi e delle suggestioni elementi della “vecchia” o della “nuova” religiosità.

Se la massoneria ha una relazione indiretta con i nuovi movimenti religiosi (che, come notano altri contributi in questa sede, ha talora influenzato, ma che per altri versi rappresentano reazioni al pluralismo moderno opposte rispetto a quella massonica) e con la nuova religiosità (di cui nel tourbillon di risultati cangianti del metodo massonico ha talora acquisito e diffuso qualche elemento), ha certamente una relazione diretta con il relativismo.

Una volta chiarito – come si è cercato di fare – che cos’è il relativismo, si può vedere nel metodo massonico un grande organizzatore sociale del relativismo, per milioni di persone nel mondo anglosassone e per élite socialmente significative nel mondo latino. In questo senso il testo del 1985 che abbiamo più volte richiamato conclude che, considerata dal punto di vista della Chiesa cattolica, la pratica abituale del metodo massonico si manifesta oggi come particolarmente insidiosa perché “corrisponde pienamente a certe convinzioni prevalenti nella mentalità contemporanea”, soprattutto all'”opinione che la verità non possa essere conosciuta”, “caratteristica tipica della nostra epoca e, nello stesso tempo, elemento essenziale della sua crisi generale”.

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