Il film Oscar sulle adozioni in Italia non si può vedere

blind_sideAvvenire.it  27 luglio 2010

di Ilario Lombardo

La domanda sorge spontanea: com’è possibile che un film campione d’incassi negli Stati Uniti, forte di un Oscar per la migliore attrice protagonista, sia proiettato solo al Fiuggi Family Festival e non trovi spazio nei nostri cinema? «Magie» della distribuzione all’italiana, capace inizialmente di rifiutare perché «deprimente» un film come The Road, tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, considerato un capolavoro della letteratura contemporanea.

Ma qui, si è andato oltre. The Blind Side, il film che ha premiato Sandra Bullock, in un inedito ruolo drammatico, prima con il Golden Globe e poi con l’Oscar, che ha fatto commuovere famiglie di americani con quella storia, vera, di un gigante buono del football americano e ha rastrellato 255 milioni di euro, quarto incasso assoluto della stagione, in Italia è disponibile solo in dvd, dopo una fugace apparizione su Mediaset Premium.

Una scelta in controtendenza, per la pellicola che, nata dal nulla, al botteghino ha scalzato in America addirittura i teen vampiri amati da orde di adolescenti, di Twilight: New Moon. Resta la domanda. perché questo film che parla di sport e adozione non è degno di arrivare nei cinema italiani? «D’accordo con la società produttrice del film – ha raccontato Paolo Ferrari, presidente di Warner Bros Italia – abbiamo ritenuto che il soggetto fosse poco adatto al pubblico italiano, che ha sempre mostrato di gradire poco i film sullo sport e in particolare sulle discipline, come il football americano, sconosciute nel nostro paese. L’investimento promozionale per lanciare un film sul mercato delle sale è diventato gravoso e le previsioni di incasso per Blind Side sconsigliavano di rischiare».

Insomma, secondo al Warner, agli italiani, popolo che vive di pane e calcio, non piacciono i film sullo sport. Eppure Invictus di Clint Eastwood, sembra dimostrare il contrario. Quel film, dove il rugby è uno strumento di lotta politica, dove non si gioca soltanto una partita ma si raccontano emozioni e storie individuali, o collettive (il Sudafrica di Mandela) da noi è andato molto bene. E non è l’unico.

Anche in The Blind Side il football è un pretesto. Anzi è il contesto, dentro cui si dibatte il destino di Michael Oher, un grattacielo d’uomo, campione dei Baltimore Ravens. Oggi, a soli 24 anni, la sua storia è diventata un libro e un film. La storia di un ragazzo afroamericano di Memphis, orfano di padre e con una madre tossicodipendente, che non ha nulla, se non un futuro di degrado e la stazza per fendere il quadrilatero verde. Alle soglie di un destino senza destino lo salva Leigh Anne Tuohy (Sandra Bullock appunto), assieme al marito e a due figlie.

Reginetta della commedia sentimentale per un’intera generazione, l’attrice ha abbandonato impacci romantici e buffi corteggiamenti, per un ruolo che lei stessa ha definito «impegnato e impegnativo»: «Ha subito avuto un significato molto importante per me: perché parla delle mamme, che si occupano sempre dei figli, naturali o adottati, e non importa da dove vengono».

Anne apre la propria casa di bianchi benestanti a quel bambinone triste di colore.

Lo adottano, gli pagano gli studi, lo seguono e gli fanno coltivare il suo sogno, racchiuso in potenza nel suo talento innato: il football. Michael avrà la ribalta, ma soprattutto avrà una famiglia. È la quinta essenza dell’american dream, nella sua versione caritatevole. Il razzismo della povertà battuto dalla pietà e dallo sport che è sfida, conquista e successo. E, anche se spesso ci sfugge di mente, solidarietà.