Corruzione e pedofilia. Dobbiamo copiare Trump

Il Borghese, anno XVIII n. 3 marzo 2018

 di Giuseppe Brienza

Poco prima di Natale, mentre la rivolta iraniana covava sotto la brace, Donald J. Trump ha firmato un decreto per congelare le proprietà finanziarie di tutte quelle personalità straniere – e le associazioni loro collegate – all’interno degli Stati Uniti, colpevoli di «sistematica corruzione e violazione dei diritti umani». Il nome del provvedimento è Executive Order Blocking the Property of Persons Involved in Serious Human Rights Abuse or Corruption, porta la data del 21 dicembre 2017 e può essere consultato sul sito della Casa Bianca (www.whitehouse.gov).

Colpisce tredici persone specifiche, da Artem Chaika, il figlio di Yury Chaika, potentissimo Procuratore generale della Russia di Putin all’imprenditore e lobbista domenicano Angel Rondon Rijo, coinvolto nel “caso Odebrecht”, lo scandalo partito dal Brasile e arrivato a coinvolgere quasi tutta l’America Latina, ma è molto vasto nel suo concetto di fondo: una straordinaria riaffermazione del principio di sovranità nazionale che, noi in Europa, penso dovremmo cercare di apprendere bene. Insomma i corrotti e i corruttori, i traditori e gli attentatori della sicurezza nazionale, i pedofili, mafiosi narcotrafficanti etc. rischiano di perdere tutti i lor averi. Scorrendo i tredici nomi colpiti dalla misura voluta da Trump, si finisce col coprire tutto l’atlante geografico. Si va infatti dall’America Latina all’Asia, dall’Europa all’Africa.

Dal punto di vista giuridico l’Executive Order, oltre ad accrescere il numero di decreti emanati da Trump nella sua gara per battere il record di Harry Truman nel primo anno di presidenza, è incardinato sul Global Magnitsky Act, una legge voluta da Obama nel 2012 per sanzionare la Russia e successivamente estesa nell’attuale formulazione, “global” appunto, nel 2016. Questo dimostra quindi che questo provvedimento non vale ad accusare Trump di autoritarismo o mancanza di garanzie sulla proprietà privata, in quanto si pone in continuità con il suo precessore democratico.

Ma attenzione: mentre il “Deep State” trema, dalle cricche che operano a Wall Street a certa dirigenza ebraica liberal nordamericana, tutti sponsor dei democratici e di quei i repubblicani ostili al presidente i grandi media tacciono. Congiura del silenzio, anche da noi in Europa. E certo, perché con provvedimenti come l’Executive Order del 21 dicembre si va a intaccare l’impero assoluto del Dio Denaro, instaurato una volta abbattuta l’idea di comunità nazionale e sovranità della politica.

Trump va a colpire corrotti e corruttori là dove gli fa più male, cioè nei soldi, con il blocco e la confisca dei loro denari, proprietà, titoli, azioni, anche nelle loro forme più maliziosamente nascoste o lontanamente imparentate.

Nelle prime righe dell’Executive Order, il presidente scrive: «Io perciò decido che i gravi abusi dei diritti umani e la corruzione nel mondo costituiscono un’inedita e straordinaria minaccia alla sicurezza nazionale, alla politica estera e all’economia degli Stati Uniti. Definisco perciò come un’emergenza nazionale la necessità di far fronte a tali sfide». Notare: le parole “minaccia” e “sicurezza nazionale” che, pronunciate dal presidente degli Stati Uniti, implicano praticamente uno stato di mobilitazione nazionale se non di guerra.

Messo sotto assedio, quindi, Trump contrattacca con questi provvedimenti, inediti nella storia recente delle democrazie occidentali.

L’ordine esecutivo presidenziale colpisce anche i governi esteri coinvolti, i loro funzionari, e qualsiasi complice in qualsiasi forma. Tra tutte le considerazioni, più o meno valide, di complottisti e osservatori, la mia impressione è che finalmente il male cominci a ricevere la sua giusta e sacrosanta condanna. E già questo l’ho iniziato a pensare quando il Dipartimento di Stato americano, sotto l’Amministrazione Trump, ha reso noto che applicherà dei bollini sui passaporti delle persone oggetto di sentenza passata in giudicato per «un reato di tipo sessuale nei confronti di minori». Una misura forte del Presidente Trump, anche questa passata sotto silenzio da noi. Le persone che si sono macchiate di crimini sessuali contro i minori, quindi, sono ormai monitorate dalle autorità federali anche nei viaggi, onde evitare lo sfruttamento e la schifezza del c.d. turismo sessuale. Da noi cosa succede invece?

Trump del resto lo aveva promesso fin dall’inizio del suo mandato: la deriva pedofila negli Stati Uniti è inaccettabile e verrà stroncata. Non a caso il nuovo capo dell’FBI nominato nell’agosto scorso da Trump al posto di James Comey, vale a dire l’avvocato esperto del dipartimento di Giustizia Christopher Wray, è uno dei massimi esperti mondiali di pedofilia, che conosce bene avendola combattuta in prima linea.

A tremare quindi per le indagini in corso sulle pratiche e sul traffico internazionale di minori per pedofilia sarebbero molti vertici Usa del c.d. “Deep State”, inclusi i Clinton (cfr. Alex Jones-Steve Pieczenik, The Truth about the Clinton Podophile Ring Exposed, in “Infowars.com”, November 2, 2016 – www.infowars.com). L’argomento toccato è naturalmente off limits: pederastia e potere. Nessuno aveva mai osato dire e fare tanto come “The Donald”. L’abuso di bambini, nelle alte sfere, è un tabù inaccessibile. Solo a quei pochi casi (proporzionalmente parlando) di condanne reali in alcuni esponenti nella Chiesa si è dato il massimo risalto. Ma noi in Europa? Dovremmo sicuramente, almeno sul terreno della lotta contro corruzione e pedofilia, copiare Trump.