Dal comunismo alla fede, cercando il volto di Dio

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Una delle icone del maestro Zemmi

Ag Zenit (ZENIT.org).-, martedì, 13 luglio 2010

La storia del pittore Claudio Zemmi

di Antonio Gaspari

ROMA _ Era un pittore affermato, esponeva e vendeva i suoi quadri in campo internazionale, era animato da idee socialcomuniste, ma si sentiva vuoto e l’ideologia non colmava la sua ricerca di verità e bellezza. Finchè, nel bel mezzo di una situazione complicata con la morte della madre e la malattia del suo figlio maggiore, ha incontrato una donna che gli ha indicato la via della fede cristiana. Ora dipinge splendide icone, e il suo talento è messo al servizio della bellezza di Dio.

Questa è la storia di Claudio Zemmi, artista, scultore, pittore e insegnante d’arte. (www.iconeclaudio.com; info@iconeclaudio.com)

Zemmi è diplomato in Arte ed insegna nelle scuole locali, ha praticato la pittura e la scultura con discreto successo, esponendo anche a livello internazionale. Alcune delle sue opere sono esposte presso la Walton Gilbert Gallery di S. Francisco (USA). Nel tempo ha scelto di specializzarsi nel campo della iconografia. Zenit lo ha intervistato.

Come è perché da pittore moderno e comunista lei ha riscoperto la fede e si è messo a dipingere icone? Ci racconti la sua storia.

Zemmi: Già nel 1972 cominciai a dubitare di certe idee comuniste, visto quello che stava succedendo nei paesi dell’est europeo, a Cuba o in Cina. La dittatura e l’appiattimento ideologico erano in contraddizione con il mio pensiero di artista libero e quindi mi dissociai radicalmente. Fino ai primi anni Ottanta ho girovagato tra Europa e Stati Uniti per fare mostre. Allora facevo scultura e pittura riscuotendo un certo successo grazie anche a degli amici giornalisti e scrittori che hanno raccontato del mio lavoro (ad esempio Franco Russoli, Pier Francesco Listri e Marcello Ciccuto). Poi nel 1986 cominciai a provare i primi sintomi di un vuoto interiore sempre crescente. In quel momento mia madre si ammalò e presto morì, mio figlio maggiore iniziò a soffrire di una malattia grave, ora abbastanza risolta.

Queste situazioni mi hanno segnato ed ho sentito il bisogno di avere una risposta al perchè si nasce e si muore, perchè ci si ammala, dove sta Dio e che fa. Sono stati momenti di buio completo, angoscia e sofferenza. Un giorno la risposta è arrivata e Dio si è fatto presente nella mia vita. Mentre stavo prendendo coscienza di questa presenza, uno spiraglio si apriva. La risposta mi si è manifestata attraverso una signora, madre di famiglia, saggia e colta, che è stata la mia samaritana al pozzo di Giacobbe. Mi parlò della lode a Dio, della potenza della lode che libera e fa agire Dio nella propria vita.

Rimasi sorpreso di sentire parlare un cattolico così, in modo concreto, di Gesù; fui ancora più sorpreso quando andai a casa da Gesù, ossia in Chiesa, e sentii delle catechesi che mi convinsero ad entrare nel Cammino Neocatecumenale con molta gioia. Tuttora ne faccio parte con mia moglie. Una porta si aprì, la luce entrò e cominciai a prender coscienza di questo evento. Mi stavo convertendo. Le cose non cambiavano, però io stavo cambiando e non mi sentivo più vittima della mia storia, Dio aveva pensato bene la mia storia. La porta si era aperta, era quella della vita, quella porta era Gesù. Pensai subito come mettere al servizio della Chiesa le mie qualità.

Lei dipinge icone su basi di legno già usate. Perchè lo fa? Qual è il senso di questa scelta?

Zemmi: Iniziai a cercare oggetti poveri, fragili, che avessero una storia. Una vecchia porta, uno scuro di finestra, un tappo di botte; oggetti che dessero il senso dell’apertura riferita al cuore umano. Per definizione filosofica si dice che l’uomo ha una natura finita con la capacità dell’infinito. San Paolo dice che portiamo tesori in vasi di creta. Il vaso c’era (ossia i vecchi oggetti di uso quotidiano) ma mancava il tesoro, la capacità dell’infinito. Allora mi misi a studiare le icone e il loro significato e pensai di inserirle su questi supporti “fragili”. Avevo quindi un contenitore fragile con un contenuto infinito.

Non solo, quella ricchezza dipinta ridava una nuova dignità al supporto. Il riferimento è evidentemente all’uomo che quando accoglie dentro di sè Gesù ed il suo insegnamento, la sua storia per brutta che sia si riaccende e ritrova quella dignità perduta (come nella parabola del figliol prodigo).

Qual è la differenza tra la pittura che praticava prima e quella di ora?

Zemmi: La differenza tra la pittura di prima e quella di ora sta nel fatto che la prima era buona ma priva di amore, solo umana; la seconda, quella attuale, è accompagnata dall’amore di Gesù per tutti.