«Gli altari tornino come prima del Concilio»

altare_preconcilioArticolo pubblicato su Il Giornale
20 gennaio 2001

Nell’ultimo libro del cardinale Ratzinger una proposta destinata a far discutere: il sacerdote dica la Messa dando le spalle ai fedeli

di Andrea Tornielli

Le parole sono, come sempre, puntuali e misurate. La proposta è destinata a far discutere: il cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, auspica un ritorno alla Messa celebrata con l’altare verso Oriente, e non verso il popolo, com’è avvenuto in seguito alla riforma liturgica post-conciliare.

Arriverà in libreria a febbraio l’edizione italiana dell’ultimo libro del porporato bavarese, intitolato Introduzione allo spirito della liturgia (Edizioni San Paolo, 240 pagine, 34mila lire): il mensile 3OGiorni, sul numero in edicola la prossima settimana, ne anticipa un capitolo fondamentale, intitolato «L’altare e l’orientamento della preghiera liturgica». Ratzinger osserva che, «al di là di tutti i cambiamenti, una cosa è rimasta chiara per tutta la cristianità, fino al secondo millennio avanzato: la preghiera rivolta a Oriente è una tradizione che risale alle origini ed è espressione fondamentale della sintesi cristiana di cosmo e storia».

L’Oriente significava infatti l’annuncio del «ritorno del Signore». Basandosi sulla «presunta posizione del celebrante» sull’altare nella Basilica di San Pietro, gli autori della riforma scaturita dal Concilio Vaticano 11 hanno invece stabilito che «l’Eucarestia deve essere celebrata versus populum (in direzione del popolo). L’altare… deve essere disposto in maniera tale che il sacerdote e il popolo possano guardarsi a vicenda».

Nel libro il custode dell’ortodossia cattolica contesta che questa norma corrisponda all’immagine dell’Ultima Cena: «In nessun pasto dell’inizio dell’era cristiana il presidente di un assemblea di commensali stava di fronte agli altri partecipanti. Essi stavano tutti seduti, e distesi, sul lato convesso di una tavola a forma di sigma o di ferro di cavallo». Ciononostante, «la conseguenza più visibile» della riforma post-conciliare è quella di «una nuova idea dell’essenza della liturgia come pasto comunitario».

Nel vecchio rito tridentino, rimasto in vigore fino all’ultima riforma, la Messa era, invece, essenzialmente il riaccadere del sacrificio della Croce, non un «pasto» o un «convito» come nella tradizione protestante. Ratzinger contesta infatti che l’Eucarestia possa essere «descritta adeguatamente dai termini “pasto” o “convito”». La consapevolezza del fatto che l’altare, il prete e i fedeli erano anticamente rivolti verso Oriente si è persa nel corso dei secoli, al punto che quell’orientamento veniva etichettato come «celebrazione verso la parete» o come «un mostrare le spalle al popolo», e quindi è apparso spiega il cardinale – «come qualcosa di assurdo e completamente inaccettabile».

Ma Ratzinger contesta il risultato della riforma liturgica: «Ora il sacerdote – o il “presidente”, come si preferisce chiamarlo – diventa il vero e proprio punto di riferimento di tutta la celebrazione. Tutto termina su di lui. È a lui che bisogna guardare, è alla sua azione che si prende parte, è a lui che si risponde; è la sua creatività a sostenete l’insieme della celebrazione». «L’attenzione – commenta con una punta di amarezza il porporato – è sempre meno rivolta a Dio… Il sacerdote rivolto al popolo dà alla comunità l’aspetto di un tutto chiuso in se stesso».

Nel libro è contenuta anche la risposta a un’obiezione che Ratzinger si aspetta gli venga rivolta: quella di «nostalgia per il passato. Dopo aver chiarito che sarebbe «un errore rifiutare in blocco le nuove forme della liturgia, il cardinale insiste nel dire che l’orientamento dell’alta re, del sacerdote e dei fedeli verso Est, verso il Sole che sorge «durante la preghiera eucaristica« non è «qualcosa di casuale ma di «essenziale».

Che fare dunque? Rigirare gli altari verso Oriente? A Ratzinger non dispiacerebbe, anche se si rende conto che «niente è più dannoso per la liturgia che il mettere continuamente tutto sotto sopra. La soluzione, nelle chiese dove non sia possibile farla senza rivoluzionare l’architettura, è quella di riposizionare almeno la Croce al centro dell’altare, perché essa sia «il punto li cui rivolgono lo sguardo tanto il sacerdote che la comunità orante».

«Tra i fenomeni veramente assurdi degli ultimi decenni conclude il porporato – io annovero il fatto che la Croce venga collocata su un lato per lasciare libero lo sguardo sul sacerdote Ma la Croce, durante l’Eucarestia, rappresenta un disturbo? I sacerdote è più importante del Signore? Questo errore dovrebbe essere corretto il più presto possibile».