Darwin tra scienza ed evoluzionismo

Francesco Agnoli

 Incontro organizzato  dalla propositura di San Frediano a Settimo (Pi)

(testo non rivisto dal relatore)

Andrea Bartelloni Ormai qualche mese fa don Riccardo pensò a quest’incontro, e pensò bene, vista la risposta: vedo persone che stanno ancora arrivando. E’ stata quindi una felice intuizione quella di festeggiare il vostro patrono con questo incontro stasera.

Il professor Francesco Agnoli insegna storia in un liceo di Trento e il successo della serata lo ripaga certamente del lungo viaggio che ha fatto oggi. E’ anche un collaboratore di diversi quotidiani, tra i quali Il Foglio e Avvenire; scrive sulla rivista Il Timone e ha pubblicato diversi libri. Stasera abbiamo trovato questo titolo: Darwin tra scienza ed evoluzionismo che è di grande attualità. La scienza è sempre di grande attualità; il darwinismo e l’evoluzionismo, come abbiamo sentito specialmente in questi ultimi anni, hanno avuto un grande ritorno anche a livello mediatico. L’attuale pontefice, quando era ancora cardinale, nei suoi interventi toccava questo tema per sottolinearne l’importanza, non solo sul piano scientifico. Ma di questo penso parlerà il professor Agnoli, al quale lascio immediatamente la parola.

Francesco Agnoli. Buonasera a tutti. Il tema che trattiamo oggi è immenso e possiamo partire da tanti punti. Io vorrei partire da un concetto che non è sempre molto conosciuto. Adesso si parla sempre più spesso, lo vedete anche sui giornali, della tematica “Darwin” e dell’“evoluzionismo”. Il darwinismo si fonda in particolar modo su un concetto fondamentale: il ruolo e l’importanza del caso nel formarsi della vita. Il caso, quindi l’assenza di causa, la casualità. Prima di affrontare il discorso su Darwin quindi è bene andare a rintracciare le origini della scienza, il lungo cammino che la scienza ha fatto per affermarsi in Europa e nel mondo cristiano.

Se facciamo una velocissima analisi su come la scienza ha cominciato a nascere ci rendiamo conto che la culla del pensiero scientifico è l’antica Grecia. E’ il pensiero filosofico greco che scopre e afferma una cosa fondamentale: il mondo è cosmo, che in greco significa ordine. Il mondo è ordinato. Il filosofo greco, di fronte al mondo che è ordinato, ha una domanda fondamentale: da dove viene questo ordine?

L’artista greco di fronte al corpo umano, di fronte all’ordine, all’armonia, alla simmetria, del corpo umano ha un’altra domanda: questo ordine meraviglioso voglio riprodurlo, voglio con l’arte imitare la natura, che è splendidamente ordinata. Il corpo umano colpisce il mondo greco per la sua armonia, per la sua simmetria, per la proporzione delle sue parti perché ci sono tante membra che concorrono ad un disegno comune. Per noi è banale ma se ci pensate non è così semplice. Pensate alla mano; la mano è un prodigio. Il filosofo greco guarda la mano e dice: ci sono cinque dita che si muovono in armonia e secondo una logica; hanno una funzione e addirittura una bellezza estetica.

Ecco che nasce la scultura greca e la medicina greca di Ippocrate e Galeno.

Qual è il ragionamento che fanno? E’ questo: nel corpo umano ci deve essere un ordine, quindi se c’è un problema, una malattia, vuol dire che questo ordine è stato alterato. Ovvero: se c’è un effetto (la malattia) è perché c’è una causa.

Siamo alle origini del pensiero greco ma ricordate che questo pensiero ci ha dato Ippocrate e Galeno in medicina, Archimede ed Euclide, ci ha dato Ratostene che ha misurato la circonferenza della Terra già duemila anni fa studiando semplicemente l’ombra di un pozzo… Qual è il punto di partenza del pensiero greco? Che c’è un ordine; ci sono delle cause e dunque ci sono degli effetti.

E’ l’esatto contrario del pensiero darvinista, secondo il quale tutto è frutto del caso.

Immaginate se Ippocrate fosse partito dicendo: il raffreddore di questa persona è frutto del caso; non avrebbe mai studiato. Se infatti dico che una persona si è ammalata per caso come faccio a guarirla? Come faccio a identificare la causa che l’ha portata alla malattia e quindi a studiare il corpo umano? I greci si sarebbero fermati subito, tanto che là dove non c’è questa idea di ordine e di cause, come nel mondo animista africano o al mondo induista, la scienza non nasce.

Se non ci si pone il problema delle cause si tirano in ballo influssi astrali, strane congiunzioni di pianeti, forze maligne e maledizioni; ovvero tutta una serie di forze spirituali di vario tipo che presuppongono non un mondo ordinato ma un mondo caotico.

Se dal mondo greco ci spostiamo al mondo medievale, che è l’altro momento fondamentale in cui si radica la rivoluzione scientifica che si evidenzierà con Galileo Galilei, avremo la stessa identica cosa. Ma lasciamo perdere i medievali, anche se uno, grandioso, vorrei citarlo: Roberto Grossatesta. Costui è uno dei primi francescani che nel XIII secolo teorizza sostanzialmente il Big bang; la stessa identica teoria ripresa da Galileo nel 1615 nella lettera a monsignor Pietradini e poi dall’abate gesuita Lemetre nei primi del Novecento. L’ipotesi cosmogonica del Big bang nasce quindi interamente in casa cattolica, perché? Anche in questo caso si tratta di una teoria, un ipotesi scientifica che parte da ragionamenti di tipo causale: se c’è una esplosione di energia esiste una causa che la precede.

Ma, per andare alla rivoluzione scientifica vera e propria, se leggiamo tutti i padri della scienza moderna, da Niccolò Copernico – che era un religioso polacco – a Galileo a Boile, a Newton, ad Einstein vediamo che sempre questi personaggi sono rimasti ammirati e stupiti dall’ordine esistente nella realtà.

Copernico nel De rivolutionem orbium celestium parla di divina Providentia opifici universorum, della Divina Provvidenza come fattore di tutte le cose, perché il ragionamento che guida Copernico è il seguente: se si mette il Sole al centro del mondo e non la Terra tutto il sistema diventa infinitamente più semplice e se il sistema è più semplice è molto più intelligente. E un Creatore intelligente fa le cose più grandi nel modo più semplice possibile.

Copernico fa un altro esempio: se trovo un orologio dico che c’è un orologiaio, ma se trovo un orologio che per segnare l’ora usa diecimila rotelle dico che l’orologiaio è un po’ scemo, se invece l’orologio è semplice e con pochi meccanismi segna l’ora esatta penso che l’orologiaio è intelligente. Quindi, dice Copernico, se si mette la Terra al centro dell’Universo l’orologiaio è un po’ strano perché ha fatto con quindici mosse quello che poteva fare con due; se invece si fa una ipotesi alternativa si spiga in maniera molto più semplice, e quindi più intelligente, tutta una serie di fenomeni astronomici.

Spero di essermi spiegato, perché sto andando un po’ velocemente.

Anche Keplero, colui che scopre le leggi delle orbite dei corpi celesti, in uno dei suoi passi spiega che il cosmo non è un prodotto del caso ma una creazione di Dio e Dio certamente non lo ha creato a caso. Lo dice tantissime volte. Saltando alla modernità e arrivando a Max Planck o ad Albert Einstein si scopre che tutti questi personaggi partono da una constatazione fondamentale: c’è un ordine nella realtà estremamente sapiente, dunque c’è un ordinatore. Se entro in una camera e la vedo ordinata, con tutte le cose al loro posto non posso dire che le cose si sono messe a posto per caso ma dico che una persona intelligente le ha messe al loro posto. Einstein, che credente non era, dirà che all’origine di qualsiasi lavoro ti tipo scientifico c’è un sentimento religioso, cioè la convinzione che l’universo sia regolato da una intelligenza razionale, da un grande matematico o, usando l’espressione che molti scienziati usano, da un grande architetto. Ecco perché in molte miniature medievali si vede Dio che con un compasso disegna il mondo, perché il mondo con le sue leggi e le sue regole esige razionalmente la presenza di qualcuno che lo abbia ordinato.

Come Copernico e Galilei notavano che le leggi sono straordinarie perché semplici, così altri personaggi come Werner Heisemberg, Perroso e altri dicono che non solo le leggi fisiche sono semplici, ma sono anche belle. Dice Heisemberg: «Se la natura ci conduce a forme matematiche di grande semplicità e bellezza non possiamo fare a meno di credere che esse siano vere. Devo francamente ammettere di essere molto attratto dalla semplicità e dalla bellezza degli schemi matematici che la natura ci presenta». E i filosofi medievali parlavano di Dio in termini di semplicità, di unità – perché la massima semplicità è nell’unità – e di bellezza.

Tutta la storia della scienza, fino a Charles Darwin, spiega che il cosmo è ordine e quindi proprio per questo possiamo studiarlo. Continuando nel nostro esempio, se avessi un orologio con tante rotelle che girano ciascuna per proprio conto a caso non potrei copiarlo e riprodurlo; allo stesso modo non sarebbe possibile indagare la natura, il corpo umano o le leggi fisiche se non si parte dal presupposto di tipo filosofico che il creato è matematicamente ordinato.

Ad un certo punto arriva Darwin.

Mettiamo subito in chiaro che l’evoluzionismo in sé per sé non è assolutamente e logicamente in contrasto con la fede. Quando Darwin scrive L’origine dell’uomo usa un termine un po’ forte, ma dire che la scimmia è l’origine dell’uomo non equivale a dire qual è l’origine dell’uomo ma solo qual è un suo antenato; e qual è la causa della scimmia?

Facciamo finta che tutto sia nato da un “brodino” originale in cui le proteine si sono incredibilmente unite tra di loro e hanno dato vita incredibilmente al pesce, che a sua volta ha dato vita altrettanto incredibilmente al rettile, e così via fino all’uomo dobbiamo ancora identificare l’origine del brodino. L’esigenza di una Origine, con la O maiuscola, esiste ugualmente e dovremmo sempre chiederci come quelle proteine che in maniera così straordinaria si sono unite dando origine al pesce sono state fatte. Darwin dunque non ci dice qual è l’Origine ma a suo dire si propone di darci sostanzialmente una origine scimmiesca dell’uomo.

Ma la cosa che colpisce lo studioso di storia e di filosofia è che Darwin parla di evoluzionismo in veste di biologo in una epoca in cui tutti parlano di evoluzionismo e in cui l’intera società è affascinata dall’idea di progresso, ovvero dall’idea che tutto progredisce. Per i medievali il mondo ha le sue notti e non son poche, ovvero la storia dell’umanità ha un andamento curvilineo, con momenti di splendore e di decadenza. Per il pensiero settecentesco e ottocentesco al contrario tutto è in evoluzione e tutto migliorerà. Prima di Darwin il filosofo inglese Spencer scrive che «siamo talmente in evoluzione che un giorno la scienza ci renderà immortali», questo perché secondo lui la società contemporanea non è più barbara come ai tempi di Dante, Ippocrate e Aristotele. E’ il tipico pensiero illuminista secondo cui il passato è tutto tenebra e il futuro è tutto progresso.

Per lo storico della filosofia dunque è un po’ strano notare come Darwin arrivi con una idea di evoluzione, per il quale tutto evolve: dalla larva all’uomo, in un momento in cui Hegel, che però è un filosofo, afferma che tutto evolve, in cui Spencer dice che diventeremo immortali, Condorcet in centocinquanta pagine di storia scrive che l’uomo è stato cattivo fino a quel momento ma in futuro sarà sempre migliore, anche se il povero Condorcet mentre descrive come l’uomo è avviato alla grandezza futura deve suicidarsi perché lo vogliono ghigliottinare…

Inoltre Marx. Pensate che Darwin e Marx hanno vissuto a pochi chilometri di distanza per un certo periodo e perché Marx si “innamora” di Darwin? Perché secondo il materialismo dialettico tutto è materia che evolve e progredisce, perciò oggi le cose stanno così ma domani ci sarà il paradiso in terra grazie alla società comunista e dunque stiamo andando tutti verso il sol dell’avvenire. Quando Marx dice questo Darwin afferma che siamo animali che evolvono, quindi è la perfetta giustificazione scientifica del maxismo e dunque è anche uno dei motivi per i quali Marx afferma che la sua è una dottrina scientifica. Cosa c’era di scientifico nel marxismo? Niente, era una ideologia o una filosofia ma non era certo una scienza. Infatti la rivoluzione ci sarà in Russia e non in Germania o in Inghilterra come auspicato da Marx.

Ma un’altra cosa stupisce: il concetto che sempre nello stesso periodo si diffonde in Inghilterra tra i filosofi liberisti, secondo i quali il mercato regola tutto con la sua mano invisibile e tutto si riduce ad una lotta tra concorrenti. E’ la legge del più forte, la battaglia per la vita; tanto è vero che sostanzialmente Darwin prenderà la mano invisibile dei liberisti e la applicherà alla natura, che come diceva Hobbes è una foresta di belve dove i più forti e i più deboli sono in competizione e i più forti vincono.

Un ultimo aneddoto. Quando Darwin pubblica il suo testo principale: L’origine della specie, contemporaneamente Wallace afferma le stesse identiche dottrine evoluzioniste, come riconoscerà lo stesso Darwin. Solo che Wallace non mette l’uomo nel ciclo evoluzionista perché, egli dice, è un’altra cosa. Tra i due si è affermato Darwin e non Wallace. Innanzitutto perché Darwin serviva al liberismo e al marxismo molto più di Wallace, secondo il quale l’uomo non è un animale come gli altri e quindi non gli si possono “appioppare” i discorsi sulla lotta per la vita ecc.

In poche parole cosa dice Darwin? Che all’origine di tutto c’è una forma di vita primordiale che a un certo punto per via del caso e della selezione naturale, che ha un potere creatore, dà vita alla infinità varietà di esseri viventi: tutti i tipi di farfalle, le più colorate, che ci sono al mondo, tutti i tipi di pesce, da quelli rossi a quelli tropicali e coloratissimi.

L’obiezione che viene mossa a Darwin è: come fa una larvetta a generare tutto? La risposta è che ci vuole tanto tempo. Riguardo ai meccanismi di questa trasformazione? Non li possiamo sapere perché sono casuali, come si fa a ricostruire il caso? Insomma per Darwin ci vuole tanto, tanto tempo, poi tanta, tanta casualità e infine la selezione naturale, questa “forza” che alleata col tempo e col caso crea tutto da sola. A questo punto ci chiediamo: se prendiamo le lettere dell’alfabeto e le mescoliamo, quanto tempo e quanta fortuna ci vogliono per formare una parola? E una frase? E infine quanto tempo e quanto caso sono necessari per avere la Divina Commedia?

Se leggiamo la Divina Commedia diciamo che è un frutto dell’intelligenza, se guardiamo un orologio pensiamo sia frutto di una intelligenza; lo stesso per una casa o una macchina. Invece la farfalla, il filo d’erba, un rinoceronte sono frutto del caso e non di una intelligenza…

Oppure prendiamo una scimmia, diamogli una macchina da scrivere e lasciamogli tutto il tempo che vogliamo e vediamo se riesce a scrivere una frase. Un altro esempio? Ammettiamo pure che la scimmia componga una frase di senso compiuto; quella frase dovrebbe via, via evolvere. Analogamente mescolando le lettere dell’alfabeto per molto tempo dovremmo poter ottenere una ricetta di cucina, dopo molto altro tempo dovrebbero darci una poesia del Petrarca e magari, dopo moltissimo altro tempo e tanto altro “caso” i Promessi Sposi e così via.

E’ un ragionamento che non sta da nessuna parte, proprio perché è viziato da un difetto di fondo, che consiste nel non essere frutto di un procedimento scientifico, tanto che secondo Antonino Zichichi il darwinismo non è sperimentale ma un parlare di qualcosa che è avvenuto; non è riproducibile, non ha basi matematiche, non ha leggi; insomma non ha niente. Tutte le altre teorie scientifiche che noi conosciamo invece hanno queste caratteristiche: sono riproducibili, hanno delle fasi, servono per predire il futuro, perché se ne conosciamo i meccanismi possiamo prevedere cosa avverrà. Nel darwinismo invece non succede niente ed è l’unico aspetto della “scienza” in cui tutto ciò non avviene.

Inoltre, fin qui tutto è evoluto dal meno al più e anche questo è molto strano, perché in natura se nasce un bambino con 46 cromosomi sta bene, se ne ha 47 invece non è “super” ma ha una mancanza. Nel mondo ordinato della natura dal più si passa facilmente al meno e nella costituzione di un uomo ci possono essere degli errori che portano degli handicap ma non accade mai che un uomo con un handicap riproducendosi dia origine ad un Superman.

Come si vede i problemi sono tanti e, scusate se salto un po’ di palo in frasca per non parlare delle ore, bisogna vedere le concezioni di Darwin in quel periodo.

Proprio in questi giorni leggevo un libro di Telmo Pievani, che è uno delle massime autorità nella difesa di Darwin, intitolato La creazione senza Dio in cui fa accuratamente in modo di non citare quasi mai Darwin e a chi vuole studiare questo personaggio consiglio di non leggere mai le critiche sempre edulcorate, perché i critici sono molto abili nel propinarci una realtà completamente falsata. Bisogna invece leggere Darwin, il quale cosa ci dice?

Darwin per una serie di motivi, di tipo esistenziale dovuti a lutti familiari e crisi di vario tipo, si avvicina ad una visione materialista e soprattutto è impregnato di determinismo e materialismo. Faccio un esempio molto semplice. Torna dal suo viaggio e suo padre gli dice che la testa gli è cresciuta, e lui risponde che effettivamente se si pensa molto la testa cresce, infatti le scimmie avevano la testa piccola ma hanno pensato molto e il loro cervello è cresciuto.

Tra l’altro era anche convinto che le donne avessero il cervello più piccolo perché pensano meno… Questo è in uno dei passi originali di Darwin che vengono sempre tenuti accuratamente nascosti, perché se si spiega alla moglie che il suo cervello è più piccolo e dunque si avvicina di più allo stadio evolutivo della scimmia perché è meno intelligente è facile che non diventi una accesa darwinista. Ma lui stesso era convinto di questo e scrive che per capire cosa doveva fare nella sua vita mandava in giro le fotografie del suo cranio per farle studiare, dato che da un suo bernoccolo sembrava dovesse farsi sacerdote.

Dobbiamo tener presente che a quel tempo c’erano delle dottrine, come la craniometria o la frenologia, secondo le quali siccome l’uomo è solo materia e un animale, non è libero. Dunque, perché uno delinque e un altro no? Non perché di fronte al bene e al male si può scegliere – dato che la libertà implica l’anima – ma perché si è geneticamente – anche se Darwin non usa questa parola – portati o meno a delinquere.

Da qui gli studi lombrosiani secondo cui chi ha il cranio sfuggente è portato all’alcolismo o un potenziale delinquente se il cranio è più piccolo. Addirittura nell’America di fine Ottocento, primi del Novecento siccome siamo tutti animali e ci sono animali sani e animali malati e questi ultimi si sterilizzano gli Italiani e gli Irlandesi a causa della loro conformazione cranica che non rientrava nella tipologia che era stata stabilita dell’uomo evoluto bene venivano sterilizzati. Forse avete anche presente i filmati nazisti che mostrano loro scienziati che in Tibet prendevano le persone e gli facevano calchi di gesso del cranio per misurargli la circonferenza, cercando di stabilire se la razza ariana proveniva da quella regione geografica.

La craniometria è nata tutta in ambiente anglosassone contemporaneamente e in seguito agli studi darviniani.

Darwin era talmente convinto che nella sua autobiografia scrive: «Ho detto che da un certo punto di vista la mia mente ha subito una trasformazione nel corso degli ultimi venti o trent’anni. Ho quasi perduto il gusto per i quadri e per la musica. Conservo ancora un certo gusto per i bei panorami ma essi non destano più in me il diletto squisito di un tempo. Non riesco a capire perché questo [lo studio della biologia n.d.a.] abbia provocato l’atrofia di quella sola parte del cervello da cui dipende il gusto estetico».

E’ talmente convinto che l’uomo sia un animale che non gli piacciono più i quadri e non gli piace più la musica. Perché? Ma è evidente, se noi diciamo che l’uomo è solo una scimmia un po’ cambiata… Il come e il perché questo è avvenuto però non è detto da nessuna parte. Come mai la scimmia, con una spina dorsale così ben funzionante e ottimo quadrupede è dovuta diventare un bipede, con tutti i problemi di sciatalgia che ne conseguono?

Come mai la scimmia, che nel suo habitat sta benissimo, è dovuta diventare uomo, ovvero un animale che dal punto di vista fisico è il più indifeso che ci sia sulla faccia della Terra? L’uomo se non avesse l’intelligenza morirebbe dappertutto e se fosse un animale sarebbe l’errore più grosso della natura. Ebbene un libro di biologia della scuola superiore spiega: la stazione eretta, la locomozione bipede, la pelle glabra, il cervello più grande sono segni distintivi della specie umana, ma perché ci siamo evoluti? La risposta è che nessuno lo sa.

Il fisiologo inglese Vivian però suggerisce una ipotesi affascinante, sapete quale? I nostri antenati avrebbero sviluppato la stazione eretta, da quattro gambe a due, perché questa consente di ridurre al minimo la superficie di esposizione del corpo al sole cocente della savana. Questo significa che chi abita al nord, dove c’è troppa ombra, tornerà a camminare a quattro zampe. Sarebbe questa una spiegazione scientifica? Ma voglio darne un’altra. L’uomo parla e come fa Darwin a giustificare che l’uomo parla? Ebbene, l’uomo ama, fa una famiglia, produce arte, progredisce… L’uomo parla. Ma come si fa a fare di una scimmia un pittore e un uomo che parla? Se prendete in considerazione i linguisti, coloro che studiano il linguaggio umano, quasi nessuno di loro è un evoluzionista, perché?

Il più grande linguista al mondo è Noam Chomsky, il quale dice una cosa semplicissima. Tutti noi vediamo che un bambino a due o tre anni ha già imparato a parlare e ha una capacità incredibile di imparare a parlare tutte le lingue, perché ha una grammatica universale alle spalle. Tutti noi abbiamo una capacità innata di parlare e lo possiamo dimostrare in mille modi, ad esempio provando ad educare un animale a parlare. Sono stati fatti tantissimi esperimenti in tal senso con numerosissimi animali ma qual è la loro caratteristica?

Che l’animale impara solo a ripetere dei versi senza saperli unire sintatticamente. Il bambino invece impara venti parole e con quelle articola duemila discorsi, tutti suoi. E non si tratta di un fatto evolutivo, perché ciascun bambino è capace d’imparare una lingua qualsiasi. Questo ci dice che il linguaggio è una caratteristica propriamente umana. Come si fa a passare dal non linguaggio al linguaggio? Non si può, come è stato ampiamente dimostrato con gli animali, i quali possono appunto imparare a riprodurre dei suoni, come fa il pappagallo, ma non sanno poi combinarli e usarli.

Vi leggo alcune delle teorie che sono state elaborate per sposare la nascita del linguaggio all’evoluzionismo. Secondo uno dei pochissimi linguisti evoluzionisti una prima teoria afferma che il linguaggio discende dalla imitazione di suoni di animali, ovvero l’uomo imita l’animale e straordinariamente lo supera. Anche in questo caso la scienza non esiste, perché questa non è una dimostrazione scientifica. Una seconda teoria afferma invece che sgorga da suoni innati di natura emotiva associati a rabbia o felicità; ovvero il bambino nasce e da suoi certi versi innati improvvisamente crea il linguaggio.

Altra teoria è la “ding ding”, secondo cui la parola mamma è il verso del neonato nel tentativo di succhiare il latte. Come nasce la parola papà non è stato ancora spiegato… Ma una delle teorie che vanno per la maggiore è quella di Robin Dunbar, il quale sostiene che le scimmie fanno grooming: stanno insieme, si puliscono, si lavano; ed essendo piccole comunità quando la comunità si allarga come si fa ad avere relazioni con tutte le altre scimmie che fanno grooming? Andrebbe via tutta la giornata, quindi – ecco l’adattamento all’ambiente – avrebbero cominciato a parlare… Considerate che queste sono considerate delle tesi scientifiche, studiate sui manuali di linguistica e contrapposte alla tesi, che però la gran parte dei linguisti considera superiore, di Noam Chomsky secondo il quale il linguaggio indica una alterità totale tra noi e l’animale.

Altra cosa fondamentale da dire. Lo storico chiede: anelli mancanti ne sono mai stati trovati? Neppure uno. La scimmia che è diventata uomo o ha fatto uno sforzo enorme, tale da cambiare improvvisamente la sua natura oppure ci saranno degli anelli di congiunzione, dei momenti di passaggio testimoniati dai fossili. Ogni tanto ne esce fuori qualcuno ma basta aspettare qualche anno che viene smentito.

Ci sono dei casi famosissimi, anche perché gli evoluzionisti sono sempre lì che raspano alla ricerca di teste di animali, mandibole, di uomini facendone incastri straordinari, a mo’ di Lego. Sono anche arrivati a prendere dei pigmei e a chiuderli in gabbia perché secondo il clima che si era creato nel mondo anglosassone dell’Ottocento i negri dovevano essere degli esseri inferiori che andavano educati. L’evoluzionismo insomma è stata anche una ideologia molto utile per le colonizzazioni e lo sfruttamento delle popolazioni.

Qui salto molti passaggi ma lo storico deve dire perché dopo Darwin e in particolare dopo sir Francis Galton, che era suo cugino, e dopo Gorge Darwin, che è suo figlio, in tutta l’Inghilterra e soprattutto in America si diffonde la teoria che esistano uomini di serie A e uomini di serie B, uomini che possono sposarsi e uomini che non possono.

Negli Stati Uniti 150 mila persone sono state segregate o sterilizzate perché considerate animali meno evoluti. Tutto si fondava sulle dottrine di Darwin, anche se troverete darvinisti i quali giurano che non è vero niente e che Darwin è stato usato male, che effettivamente ha parlato di lotta per la vita e di più forte che vince e di più debole che soccombe ma non intendeva sacralizzare la lotta e la guerra. Semmai lo hanno fatto tutti gli altri, come suo cugino, che peraltro Darwin cita cinquanta volte nel suo libro, o suo figlio, che però non avevano capito niente.

Ma se si è coerenti e si dice che un uomo è solamente un animale chi ha detto che ci si debba sposare solo con una donna e non fare il mammifero, andando ogni anno con una diversa? Piero Angela lo spiega chiaramente e afferma che il modello ideale dell’evoluzione per l’uomo maschio è la poligamia e la panspermia: seminare più figli possibile, perché la legge dell’evoluzione chiederebbe questo.

L’amore quindi a cosa si riduce? Ad una serie di reazioni chimiche, sempre secondo Angela, perché se sono un animale fatto di sola materia non posso essermi innamorato per una simpatia spirituale ma perché ci sono certe reazioni fisiche nel maschio e nella femmina. Oppure, se nasce un bambino malato perché non abbandonarlo come facevano i romani o gettarlo come facevano gli spartani? In un qualsiasi buon allevamento, dice Darwin, l’animale malato viene soppresso, solo il cavallo sano si fa accoppiare, il cavallo malato si sterilizza.

Il Nazionalsocialismo non lo ha inventato Adolf Hitler e ormai decine di studi hanno appurato che le sue letture quando era in prigione [dopo il fallito putsch di Monaco nel 1923 n.d.r.] riguardavano sociobiologi darwinisti americani ed inglesi.

Quando Darwin parla di Dio si chiede da dove viene questa nostra idea. Nell’evoluzione va tutto bene ma perché ci viene questa idea di Dio che le scimmie non hanno? La spiegazione è che questa idea ce l’hanno anche gli altri animali. Il cane quando pensa al suo padrone crede che il padrone sia dio. Ecco depotenziata e ridotta a puro istinto l’idea di Dio.

Leggiamo allora velocemente qualche passo da L’origine dell’uomo perché possiate rendervi conto che quello che sto dicendo non è inventato.

«Gray e Galton hanno molto insistito sull’ostacolo esistente nei paesi civilizzati contro l’incremento di numero degli uomini di classe superiore, cioè sul fatto che i più poveri e i negligenti, che sono spesso degradati dal vizio, quasi invariabilmente si sposano per primi, mentre i prudenti e i frugali, che sono generalmente i virtuosi, si sposano in tarda età in modo da essere capaci di mantenere se stessi e i loro figli».

Prima considerazione: nel mondo occidentale, purtroppo, la classe superiore si riproduce poco, mentre le classi inferiori, i poveri e i negligenti, si riproducono troppo. «Così i degradati e spesso viziosi membri della società tendono ad incrementarsi ad un tasso più veloce dei membri prediletti. L’irlandese imprevidente, squallido senza ambizioni» – per l’inglese, l’irlandese cattolico e colonizzato, è squallido e senza ambizioni – «si moltiplica come i conigli». Lo scozzese, frugale e previdente, pieno di autorispetto, ambizioso e austero nella sua moralità, invece purtroppo non si riproduce così. «Nell’eterna lotta per l’esistenza è la razza inferiore e meno favorita che ha prevalso, ed ha prevalso non ad opera delle sue buone qualità ma dei suoi difetti. La razza inferiore e meno favorita». Questo linguaggio ci diventerà familiare un po’ più avanti.

Di questi passi ce ne sono decine. Ve ne leggo un altro.

«Si crede generalmente che la donna superi l’uomo nell’intuizione, nel rapido apprendimento e forse nell’imitazione ma almeno alcune di queste facoltà sono caratteristiche della razza inferiore e quindi di un più basso e meno avanzato stadio di civiltà». «La distinzione principale tra i due sessi è costituita dal fatto che l’uomo, giunge più avanti della donna qualunque azione intraprenda, sia che essa richieda un pensiero profondo, ragione, immaginazione, o semplicemente l’uso delle mani e dei sensi». «Se vi fossero due elenchi di uomini e donne che eccellono maggiormente nella pittura, nella scultura, nella musica (…) con una mezza dozzina di nomi sotto ciascuna disciplina non ci potrebbe essere confronto. Come ha detto Galton il potere mentale medio dell’uomo è superiore a quello delle donne». «E’ una circostanza notevole che la differenza tra i due sessi per quanto riguarda la cavità cranica aumenti con lo sviluppo della razza; così che il maschio europeo supera la femmina più di quanto un negro superi la negra», quindi un maschio europeo è superiore alla donna europea ma la donna europea è fortunata perché è superiore a un negro, il quale è però superiore alla negra… Questa è la scienza.

Il fatto pertanto che esistano la libertà, l’educazione, l’ambiente, il fatto che un negro educato in un certo modo può benissimo raggiungere i livelli di un bianco, tutto viene cancellato, perché le parole libertà, educazione e pensiero sono tutte parole che Darwin non può accettare in quanto hanno a che fare con la spiritualità e con l’evidente alterità tra noi e le scimmie.

Vi leggo l’ultima pagina de L’origine dell’uomo:  «L’uomo analizza scrupolosamente la mente e il carattere e l’ascendenza dei suoi cavalli, del suo bestiame e dei suoi cani prima di accoppiarli ma allorché giunge alle sue nozze raramente o mai si prende una cura simile. Egli è spinto da motivi pressoché analoghi a quelli degli animali inferiori allorché sono lasciati alla libera scelta». Dunque l’uomo è sciocco, perché se nell’allevamento non mettiamo insieme animali buoni con animali meno buoni l’uomo, che pure è un animale, dovrebbe fare la stessa cosa.

Teniamo presente che molte delle idee di Darwin nascono proprio dal fatto che lui era un allevatore. Però cosa diceva? L’allevatore prende gli animali, li incrocia e crea della altre specie, analogamente il giardiniere crea altri tipi di rose o tulipani dunque perché non immaginare che nel tempo dalla scimmia sia derivato l’uomo? Ma ciò su cui dobbiamo riflettere è che l’allevatore con i gatti non crea cani ma altre specie di gatti e il giardiniere con le rose non crea tulipani ma altre specie di rose; inoltre l’allevatore è una persona intelligente, quindi quando parliamo di uomini che mescolano le specie parliamo di una forza intelligente. Ma una forza intelligente non potrebbe far derivare da una rosa un tulipano o da una scimmia un uomo, mentre invece il caso si.

Mi fermo per lasciare spazio alle domande.

Domanda. Darwin l’ho conosciuto durante gli studi universitari e pur essendo le sue teorie antitetiche al creazionismo, studiandole in modo critico vi ho trovato al contrario quasi delle conferme. In primo luogo, come lei diceva, manca l’anello di congiunzione e si procede per balzi molto ampi. Anche leggendo il libro della Genesi si procede per balzi molto ampi. La seconda considerazione è che la successione cronologica degli eventi: pesci, anfibi, rettili, uccelli, uomo caso strano è la stessa successione che si legge nel libro della Genesi, che pure non ha una valenza scientifica. Terzo fatto: quando trovo nella Genesi questa cronologia mi rendo conto che per noi uomini sarebbe una cronologia assurda, perché prima farei nascere un bambino per poi creargli intorno il mondo mentre qui abbiamo una successione inversa, con l’uomo che arriva per ultimo. Dunque il fatto che nella Genesi si abbia una cronologia per così dire anomala e che questa sia stata poi documentata scientificamente a me che non ho letto Darwin ma che ho ricevuto le nozioni evoluzioniste ha fatto dire che Darwin involontariamente ha provato la teoria creazionista.

Relatore: Si potrebbe dire tanto su questo. Mi viene ora in mente una cosa sola – ho una mia fissa e ve la dico – : la prima parola della genesi è: fiat lux, sia fatta la luce, ed è da qui che parte anche Grossatesta per la sua teoria del Big bang nel 1200-1300. Voltaire dirà: che scemi questi cattolici, perché fanno nascere la luce il primo giorno e il sole il secondo. Galileo Galilei nel 1615, nella sua famosa lettera, dirà: il sole nasce il secondo giorno, la luce il primo, vuoi vedere che il mondo è nato attraverso una esplosione di luce e di energia? Come vedete è sempre la teoria del Big bang, con la luce intesa come energia che si espande.

Che nel pensiero di Darwin vi siano dei sottofondi cristiani è facile da intuire per il semplice fatto che egli è un credente apostata, che perde cioè la fede. Anche questo essere un credente che perde la fede fa molto dubitare sulla verità di quello che diceva, nel senso che era molto influenzato dall’ideologia, non soltanto perché nella sua autobiografia racconta di essere stato un bambino che amava raccontare menzogne molto grandi per stupire ed essere al centro dell’attenzione ma perché oggi sappiamo che sia lui che Heckel hanno fatto disegni dello sviluppo embrionale appositamente falsati per suffragare le loro tesi. Dunque Darwin ha un substrato di credente con una profonda avversione verso la fede. Probabilmente in lui ci fu un grosso problema esistenziale: il dolore, che lo portò a ribellarsi al concetto di Creatore. Darwin stesso, benché oggi tutti i darvinisti sostanzialmente lo utilizzino per negare Dio, non è mai arrivato a farlo. Il darwinismo infatti non nega Dio, come dicevamo all’inizio, però scredita Dio e scredita l’uomo.

L’uomo c’è e la scimmia pure, quindi una causa ci vuole e Darwin non arriverà mai a escludere Dio, però se Dio è quell’essere che ci ha creati dopo una serie infinita di tentativi devastanti, come animali che lottano solo tra di loro e tra i quali non c’è spazio per l’amore è facile capire che anche se Dio non è stato escluso, poiché è la causa prima che logicamente non si può escludere, è stato screditato e con Lui anche l’uomo, perché se – come diceva uno studioso dell’Ottocento e come diceva anche Giulio Giorello sul Corriere l’altro giorno – il pensiero è una secrezione del cervello, come l’urina lo è per i reni… L’uomo è guidato dalla sua “macchina cerebrale”, come la scimmia dal suo istinto.

Oggi il darwinismo è chiamato in causa per tutto. Se a scuola un ragazzo ha problemi di identità sessuale e viene scoperto mentre si mette il trucco una persona normale, che non guarda l’uomo come se fosse una scimmia, pensa subito che ha problemi in famiglia, magari ha una madre oppressiva e un padre assente. Invece no, quel ragazzo è geneticamente predisposto.

E’ come nell’Ottocento con Lombroso, secondo cui l’assassino era geneticamente predisposto. Allora cosa si può fare, educarlo? No. Bisognava sterilizzarlo o segregarlo.

Prendiamo un darvinista moderno: Pietro Saggia, di cui leggo un passo. Se l’uomo è un animale tutto il discorso sui diritti umani salta e se si può sperimentare sulle cavie si può sperimentare anche sugli uomini. Se uccido la scimmietta malata posso uccidere anche il neonato e infatti: «Pensare che la vita di un neonato abbia uno speciale valore perché piccolo e grazioso è come pensare che un cucciolo di foca, con la sua soffice pelliccia bianca e i suoi occhini tondi meriti più protezione di un gorilla». Questo scrive su Repubblica e sulla rivista Le Scienze.

Domanda: Non è vero che nessun evoluzionista ha provato a fare esperimenti, c’è chi ha passato la vita a far sviluppare uova di squalo fuori dall’acqua per vedere se gli spuntavano le zampe e i polmoni. Ciò che secondo me è cruciale è il passaggio dal non vivente al vivente e anche qui gli esperimenti sono stati fatti ma a dispetto dei discorsi di chi li ha fatti sono falliti tutti.

Relatore: In effetti il nonno di Darwin sosteneva la generazione spontanea, ovvero quello che sostanzialmente sostenevano gli antichi, i quali erano panteisti e non credevano in un Dio creatore. Per i greci il mondo era dio ed era sempre esistito e questo è uno dei motivi che li ha fermati nella scienza. Se infatti si crede che i pianeti sono dei e perciò sono perfetti, lisci e cristallini, fatti di quintessenza e perciò capaci di influire sugli uomini, da qui l’astrologia, è chiaro che ciò impedisce alla “scienza” di diventare vera scienza. Dunque i greci credevano che se non c’era un creatore la vita era nata da sola e in questo erano perfettamente darwinisti. Il loro esempio era il pezzo di carne marcia dal quale escono i vermi. Solo che in seguito personaggi come Spallanzani o Pasteur hanno dimostrato che la generazione spontanea non esiste, eppure il nonno di Darwin, dopo la scienza, sosteneva ancora la generazione spontanea. Perché? Evidentemente gli dava fastidio un concetto: l’esistenza di un creatore della vita. E infatti frequentava ambienti illuministico-massonici.

Domanda: Credo nel mondo cattolico vi sia un certo accordo sul fatto che la teoria darwiniana non sia troppo bella e anche se negli ambienti della biologia il darwinismo è considerato la parte negativa dell’evoluzione si dà anche per scontato che ci sia una evoluzione positiva, che parte dalla convinzione che l’evoluzione resta comunque un fatto. C’è però un problemino. Nel mondo del pensiero e della cultura dominante l’evoluzione è solo quella darwiniana. Mi sembra curioso che il mondo cattolico consideri l’evoluzione un fatto, che il darwinismo rappresenti una “evoluzione cattiva” dando per scontato che vi sia una “evoluzione buona”o un modo buono di vedere all’evoluzione, mentre al contrario il mondo non cattolico considera solamente il darwinismo. Dunque, queste due cose sono conciliabili oppure no? Inoltre che l’evoluzione sia un fatto si può dare per scontato?

Relatore: La mia convinzione è che si possa distinguere tra microevoluzione e macroevoluzione. La microevoluzione è evidente: la rosa che può diventare un altro tipo di rosa o l’uomo che seguendo una dieta e uno stile di vita più sano diventa più alto di come era una volta. E’ la macroevoluzione, che alcuni chiamano trasformismo, che sa di favola. La macroevoluzione come abbiamo infatti detto non ha nessuna prova, è contraria al buon senso e nessuno ha visto la scimmia in fase evolutiva. E poi questo uomo, che è arrivato a questo stato di evoluzione e poi è fermo da quando? Da quando abbiamo documenti storici, ovvero da almeno seimila anni. Una evoluzione che dura da millenni e poi improvvisamente si ferma.

Che poi molti cattolici, per paura di apparire retrogradi… Ma qui possiamo dire ciò che affermavo prima: quando ci dimostreranno che la macroevoluzione è vera allora diremo: benissimo, ce lo avete dimostrato; adesso dimostrate che si può fare a meno di Dio. Ovvero che questa cosa straordinaria della larva che diventa uomo avviene per caso, dimostrateci che i vostri ingredienti: tempo, caso, selezione naturale sono veri. E anche quando ce lo avrete dimostrato – oggi niente di tutto ciò è ancora dimostrato – non ci avrete tolto l’esigenza logica di un creatore.

Ma prendiamo a caso un libro di scienze delle scuole superiori, che tanto sono tutti uguali, dove c’è la “grande prova” della evoluzione: l’evoluzione del cavallo. Sui libri di scuola e sui giornali ci sono sempre grandi disegnini, che non è difficile immaginare o inventare; ma il disegnino dei disegnini è sempre stato quello della evoluzione del cavallo. Vediamo così che nel Pleocene c’è un quadrupede magro e basso, diversi periodi dopo – dopo il Miocene, il Pliocene e il Pleistocene – il quadrupede è più alto e più grosso, ha i denti un po’ diversi e la coda è più lunga. Questa sarebbe la dimostrazione della macroevoluzione?

Un biologo dice: più prove di microevoluzione ci danno e più dimostrano che la macroevoluzione non c’è stata, perché se questa del cavallo è l’evoluzione più riconosciuta… Leggo la didascalia: Negli ultimi 50 milioni di anni il cavallo si è evoluto da piccoli equidi che brucavano nei boschi a grandi animali adatti ai pascoli delle praterie. Che miracolo straordinario! Tra i cambiamenti più significativi sono citate le dimensioni, l’anatomia delle zampe e la conformazione dei denti. Poi se sottolineate qua e la – e badate che ho preso uno dei manuali scolastici più scientifici – si legge che mancano le prove, non si sa come sia successo… ma sono le figure alla fine a rimanere nella mentre dei ragazzi.

Domanda: Lo stesso Reale Collegio dei medici ginecologi e ostetrici d’Inghilterra ha invocato la possibilità di sopprimere i neonati malformati, adducendo il motivo che in fin dei conti un malformato in famiglia determina una famiglia malformata. E’ evidente che alla base di questa concezione c’è in nuce la dottrina del “meglio adattato”. A questo punto si capisce bene che il passo successivo è: tutti gli handicappati sono un peso per la società. Siamo insomma alla applicazione pratica di certe teoria da parte di persone che invece, per vocazione e per professione, dovrebbero invece proteggere la vita umana.

Relatore: Rimaniamo appunto in questa visione dell’uomo e in questa antropologia di riferimento. Se ciò che conta non è l’origine vera dell’uomo, cioè che l’uomo è una creatura animale ma con un’anima, se la nostra origine non è più quella nobile divina e quindi i nostri diritti umani non sono più fondati sulla nostra origine la nostra qualità è valutabile sulla base di una serie di parametri che sono di volta in volta decisi da chi governa. La regina d’Inghilterra ritiene che gli handicappati non sono degni di vivere, altri hanno deciso che non era degno di vivere qualcun altro. In Unione sovietica non erano degni di vivere i borghesi, in Germania gli zingari e gli ebrei, per Darwin gli irlandesi. Poi ognuno decide chi scegliere.

C’è una cosa fondamentale da capire: la morale è per i darwinisti una costruzione fasulla della religione. L’animale ha una morale? Quando un gatto mangia un topo mica lo processiamo e lo condanniamo per topicidio, perché l’animale se fa una cosa è determinato a farla. Ma se l’uomo è un animale la morale non esiste neppure per lui perché è un essere determinato e non può scegliere tra il bene e il male; dunque qualunque cosa fa è sempre bene. Non esiste più dunque una legge superiore alla quale adeguarsi ma sono io che di volta in volta me la determino come voglio, perciò la regina d’Inghilterra decide così a casa sua e la ministro Livia Turco decide in una altro modo a casa nostra, avendo stabilito per legge che l’aborto, con la pillola RU486, non è un aborto e che le donne che muoiono per causa sua sono delle sabotatrici della pillola stessa e quindi donne contro la scienza.

Allo stesso modo alla fine dell’Ottocento in America stabilirono che la povertà aveva una causa genetica e quindi andava eliminata. Adesso il nuovo povero è l’handicappato. Badate che l’eugenetica tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento non era la teoria di qualche scienziato ma era l’idea dominante nella scienza, o meglio in quel tipo di scienza.

Mi sono dimenticato di dire che Galton è colui che dice – lo dice in verità anche Darwin ma lui lo dice meglio -: se l’uomo è un animale che evolve perché qualche volta non evolve? Vuol dire che la selezione naturale non ha funzionato, quindi occorre intervenire con la selezione artificiale. Bisognerebbe allora chiedere a questi signori: voi che uccidete e ritenete lecito uccidere gli handicappati, come mai siete a favore della fecondazione in vitro, che statisticamente aumenta almeno del doppio la nascita di handicappati?

Secondo tutte le ricerche effettuate, soprattutto in Australia, almeno il 9% dei bambini nati da fecondazione in vitro ha problemi gravi di handicap contro il 4-4,5% di quelli concepiti naturalmente. E loro vi diranno, come ha detto a me un medico radicale, che quando hanno fatto le locomotive non funzionavano tanto bene e hanno dovuto fare tanti esperimenti; poi sono arrivate quelle buone.

Adesso insomma siamo all’ABC della fecondazione artificiale ed è vero che il 9% ha un handicap, un’altra percentuale ha ritardi mentali e nello sviluppo del linguaggio, un’altra ancora ha problemi neurologici e così via – la rivista Le Scienze del novembre 2004, che è favorevole alla fecondazione, fa questa conta – ma sono solo esperimenti e tentativi. Perché fintanto l’uomo è qualcosa di diverso dalle cose posso sperimentare solo su di esse, ma quando ho stabilito che anche l’uomo è una cosa o un animale posso sperimentare anche sull’uomo. Con la fecondazione in vitro siamo per la prima volta di fronte a questa novità: l’uomo non è più fine dell’esperimento ma è mezzo.

L’esempio più grottesco è la mescolanza di embrioni umani con DNA animali, cosa che ormai è tranquillamente fatta in moltissimi laboratori del mondo. In Cina vi sono una quarantina di cliniche di Stato per la fecondazione artificiale dove avviene assolutamente di tutto e la clonazione è ancora un altro esempio.

Domanda: Pur non essendo biologo leggo che il patrimonio genetico dell’uomo non è così diverso da quello della scimmia, tranne che per una piccola percentuale. Questo farebbe pensare a un collegamento e ad una evoluzione. Il dibattito a questo punto è: questa evoluzione è frutto del caso o è frutto di un disegno intelligente? Credo sia questa la questione. Ma vorrei anche chiedere: se c’è questo sviluppo frutto di un disegno intelligente, banalizzando, chiedo quando è nata l’anima?

Relatore: Scientificamente parlando non abbiamo nessuna prova di essere degli antenati delle scimmie. Personalmente non lo ritengo logico e credo che questi discorsi non siano che la volgarizzazione di Umberto Veronesi. Veronesi è uno che si spaccia per un grande filantropo ma invece si batte per l’aborto, per la fecondazione artificiale, per la liberazione delle droghe e per l’eutanasia. E’ anche un uomo che col referendum sulla legge 40 ha perso molto perché ha una aziende di biotecnologie chiamata Genextra e il grande filantropo che ama l’umanità, sugli embrioni doveva costruire la sua ricchezza, che comunque rimane abbastanza cospicua.

Veronesi dice sempre che abbiamo il patrimonio genetico simile a quello della scimmia ma questa affermazione non dice assolutamente niente, perché il fatto che noi siamo fisicamente degli animali è cosa nota. Per Aristotele siamo un animale politico, per San Tommaso abbiamo l’anima. Sarebbe come dire che siccome c’è somiglianza tra una ricetta e la Divina Commedia, quest’ultima deriva dalla ricetta. E’ come dire che siccome c’è somiglianza tra la bicicletta e la moto, la moto è una evoluzione della bicicletta. No; semplicemente dietro la moto e dietro la bicicletta c’è una stessa mente. Dietro ogni vita c’è una mente che è la stessa, tanto che il principio che l’unico Creatore ha usato per tutto il creato è lo stesso ma con tante varianti.

Tutte le forme di vita si basano sul DNA, ma questo vuol forse dire che tutte discendono l’una dall’altra? E’ una evidente sciocchezza e sarebbe come dire che una Fiat Panda si evolve in una Ferrari. E’ l’autore che essendo unico, ha la stessa modalità costruttiva e questo i medievali lo hanno sempre pensato.

Secondo Aristotele la fisica terrestre era formata da quattro elementi, quella celeste era divina (quinto elemento), per cui separava la fisica terrestre da quella celeste ed è per questo che gli aristotelici non volevano guardare nel cannocchiale di Galileo, perché avrebbero visto gli avvallamenti e i crateri della Luna il che contraddiceva la natura divina della fisica celeste secondo la quale i corpi celesti dovevano essere perfetti e cristallini. Saranno Grossatesta e poi Galilei a dire a costoro che se il Creatore è uno solo avrà usato la stessa materia costruttiva, per cui ha fatto la Terra e le stelle allo stesso modo. Se vedo quadri simili penso ad una stessa mano e ad uno stesso pittore; così nella Creazione.

Quel due per cento, o quel che è, che ci differenzia dallo scimpanzé ci pone una domanda esattamente opposta a quella di Veronesi, il quale, si dice, non ha tempo di studiare molto perché scrive un libro ogni due o tre giorni. In un suo libro appunto spiegava che l’impero romano nel settimo secolo dopo Cristo era in crisi e in effetti lo era dato che era già finito da due secoli. In altri libri, dove parla di storia della scienza, fa nascere Newton prima di Galilei e in mezzo ci mette Copernico. Insomma dovrebbe tornare alle superiori ma nonostante ciò dà continuamente lezioni.

Ma tornando a quel due per cento di patrimonio genetico, poiché siamo solo materia, lì ci dovrebbe stare tutta la differenza: l’arte la musica, la conoscenza, il linguaggio, l’amore, la tecnica… Ma si tratta di un assurdo! E’ materialmente assurdo dire che siamo al 98% uguali ma loro mangiano le banane e noi no.

Proprio il ragionamento di Veronesi dimostra il contrario, cioè: la nostra differenza non sta nella materia – nella genetica – ma in qualcos’altro: l’anima. E’ l’anima, in quanto entità spirituale non riducibile alla materia, a un frammento di DNA, che giustifica la libertà, l’amore, l’arte , la morale e tutto il resto.

Il discorso di Veronesi viene continuamente ripetuto e tranquillamente bevuto ma, appunto, pensate all’esempio della bicicletta e della moto oppure pensate se questo due per cento può giustificare la differenza. I materialisti in effetti vanno un tanto al chilo e per loro il due per cento è proprio piccola cosa, ma ci può veramente stare tutto quello che dicevo prima?

La conoscenza che abbiamo dell’uomo di Neanderthal è che faceva tombe, disegnava sui muri scene di caccia. Ma esempi di scimmie che disegnano scene di caccia non ne abbiamo. Un’altra osservazione che faceva monsignor Landucci è che si cerca sempre l’anello di congiunzione tra l’uomo e la scimmia ma cos’è questo anello di congiunzione? E’ l’uomo che non è più uomo? Allora è scimmia. Oppure è la scimmia che non è più scimmia? Allora è uomo. Insomma non è logico.

Quando porteranno questo famoso anello potremmo dire: in affetti ha la faccia un po’ scimmiesca come quella del mio amico, ma è ancora una scimmia, perché non parlava, non scriveva, non dipingeva… Che anello di congiunzione è? Oppure porteranno qualcuno che era in grado di parlare, dipingere… Allora è un uomo. L’intermedio chi è? Uno che balbetta? Che dipinge a metà? Come si vede sono argomentazioni che non stanno in piedi e poggiano sul niente.

Domanda: Se prendiamo una formica ha proporzionalmente più DNA di un uomo, quindi tutti i discorsi su quel due o tre per cento di DNA in meno della scimmia rispetto all’uomo decadono immediatamente. Vorrei però domandare: nell’evoluzionismo si parla di microevoluzione ma in certi animali ci sono meccanismi inspiegabili. Il Picchio ad esempio ha una lingua che somiglia ad una micidiale catapulta e non si può pensare che ad una “evoluzione” istantanea di questo essere. Inoltre negli abissi marini ci sono pesci dai colori così belli che non si capisce cosa ci stiano a fare là sotto. Insomma tante cose mal si conciliano con il discorso evoluzionista della lotta per la sopravvivenza.

Relatore: Non conosco il problema del Picchio ma ragionando “a naso” penso che se la sua lingua non fosse stata da subito così sarebbe probabilmente morto quindi la sua microevoluzione sarà stata appunto micro, magari un ulteriore ispessimento dei tessuti della lingua. Il professor Sermonti ad esempio parla di un uccello che canta benissimo, il quale non canta per accoppiarsi ma per il solo piacere di cantare. Oppure pensiamo al Pavone; ha proprio bisogno del suo armamentario per convincere la pavonessa? E’ assurdo. Questo vuol dire che la selezione in milioni di anni non lavora a caso per la sopravvivenza. La bellezza non è classificabile in base al criterio della sopravvivenza.

Qualcuno parla di complessità non riducibile, ovvero ci sono strutture nelle quali se si toglie una sola parte il tutto crolla. Ovvero come facevano certe specie ad esistere senza quella determinata parte? Non sarebbero mai nate. Allora il pesce in fondo al mare che vive solo lì perché ci sono quelle determinate condizioni come ha fatto ad esserci se non è stato fatto proprio per quell’ambiente lì?

Lo stesso per la Terra, che è l’unico pianeta nell’universo dove c’è la vita quando basterebbe un minimo cambiamento nell’atmosfera o nella gravitazione perché non ci sia più niente. A questa obiezione un darwinista risponde che chissà in quanti altri pianeti ci sarà la vita ma intanto altrove non abbiamo trovato neppure un batterio e a questo punto bisogna spiegare perché il caso, il tempo, la selezione naturale valgano solo per la Terra. Oltretutto con questa incredibile armonia, in cui tutto sembra fatto apposta per la comparsa dell’uomo.

Andrea Bartelloni: Il magistero della Chiesa ha sempre mantenuto rispetto all’evoluzionismo posizioni abbastanza distanti, nel senso che è la scienza a doversi interessare della questione. Negli ultimi anni, leggendo ad esempio i vari editoriali de La Civiltà cattolica, che non è una rivista da poco, si è visto un cambiamento di atteggiamento, in particolare da quando è venuto fuori il discorso dell’intelligent design negli Stati Uniti. Si è notata una certa apertura verso altre possibilità. Gli ultimi editoriali in particolare riportavano citazioni del professor Sermonti e del professor Fondi che in Italia sono sempre stati dei critici dell’evoluzionismo.

Inoltre il cardinale Schönborn, che non è un ultimo arrivato ed è colui che ha partecipato alla stesura del Catechismo della Chiesa cattolica, ha detto che per quanto riguarda il problema dell’evoluzionismo e del neodarwinismo non c’è nessuna ingerenza della teologia nella scienza ma è sufficiente la semplice ragione; è un problema filosofico e basta. Come ha detto tutta la sera il professor Agnoli confutare il darwinismo e l’evoluzionismo non è un fatto di fede ma è sufficiente la ragione e credo che questa sera proprio Agnoli ce ne abbia dato ampiamente dimostrazione.