Una società innervata di violenza sessuale

La Croce quotidiano 22 settembre 2017

Nelle ultime settimane abbiamo dolorosamente assistito a un’escalation di stupri che impone riflessione: operazione mediatica o punto critico della deriva morale del Paese?

di Andrea Artegiani

Ancora uno stupro, e poi un altro. Questa volta le terribili notizie vengono dalla provincia di Catania e di Bergamo: nel primo caso un ventiseienne ha aggredito ed abusato una signora di 51 anni, medico in servizio in un ambulatorio notturno e, nel secondo, un ventenne della Sierra Leone, ospitato in un centro di accoglienza per richiedenti asilo, ha violato una operatrice del centro di 26 anni.

Una ridda di voci si alzano a stigmatizzare l’accaduto. Politici e commentatori vari dicono la loro da ogni palco gli si offra.

Non manca la ferma presa di posizione della “Sindaca” Raggi: ci vogliono leggi speciali e lo stato deve farsi carico del problema (quando si renderà conto la “prima cittadina” che è stata eletta ad un posto di potere dove ci si aspetta che sia lei a fare qualcosa invece di lamentarsi e prendere tempo?).

Anche la “presidenta” della Camera dei Deputati, Boldrini, non perde l’occasione per lanciare nell’arena l’inutilità del suo commento: “Rivolgo un appello alle forze politiche perché in questa legislatura si approvi un provvedimento che aumenti protezione e tutele per le vittime e migliori l’efficacia delle misure interdittive contro i violenti”, ha dichiarato.

Meno male che abbiamo di questi fari di saggezza al vertice delle Istituzioni, verrebbe da dire.

Quasi tutti inneggiano ad inasprimenti delle pene, ad aggravamenti del reato, a maggiore controlli e dissuasioni forzate. Tutte cose ragionevoli, per carità! Pochi sono invece quelli che si rendono conto di due cose essenziali per analizzare il fenomeno:

– lo stupro è un odioso reato piuttosto stabile quanto a numero dei casi denunciati: 2.333 nei primi sei mesi del 2017, 2.345 nello stesso periodo del 2016 e numeri poco variabili anno su anno negli anni scorsi (fonte dati Ministero degli Interni).

– l’Italia è il penultimo paese fra i più popolosi d’Europa per numero di violenze sulle donne. Secondo un rapporto ONU del 2016, infatti, hanno subito almeno una violenza fisica da parte del partner il 29% delle donne in Gran Bretagna fra i 18 ed i 74 anni, il 26% delle francesi, il 22% delle tedesche, il 19% delle italiane ed il 13% delle donne spagnole. Quanto alle violenze compiute da un non-partner, invece, la percentuale di donne che ne hanno subita una nell’arco della propria vita, in Spagna è del 3%, in Italia è del 5%, in Gran Bretagna e Germania del 7%, in Francia del 9%.

Cosa ci dicono questi numeri?

– Non c’è alcuna “emergenza stupri” in questo momento in Italia, non fosse che anche uno sarebbe troppo, ovviamente;

– l’Italia è un paese a basso tasso di violenza sulle donne confrontato ai simili paesi europei;

– il sud dell’Europa, Italia e Spagna, spesso indicati come paesi ‘retrogadi’, dove la donna vive condizioni di maggiore mancanza di “parità” rispetto all’uomo, rispettano la donna di gran lunga di più di quanto non facciano le ‘progredite’ (dal punto di vista della pretesa parità di genere) Francia, Germania, Gran Bretagna;

– Paesi i cui sistemi giudiziari e penali sono forse meno farraginosi e più efficienti del nostro non ottengono nulla in termini di scoraggiamento preventivo di questo tipo di reato. Dunque non è dall’inasprimento delle pene che ci possiamo attendere vantaggi in proposito;

Dunque cosa fare? Investire in educazione.

Bene diceva Lucia Scozzoli su queste pagine: “la soluzione del problema” deve passare “attraverso l’affermazione dell’antico valore cavalleresco del prode che diventa cavaliere quando salva una vergine”. Dobbiamo adoperarci affinché le donne recuperino il senso del pudore e della prudenza che gli faccia prevenire il “male”. Perché è assurdo che una donna non percepisca il pericolo che corre nell’accettare un passaggio da uno sconosciuto in piena notte come sarebbe assurdo lasciare le chiavi di casa sulla porta senza rendersi conto che così può entrare qualunque balordo di passaggio.

Dobbiamo adoperarci affinché sia chiaro senza darlo per scontato che ogni adolescente maschio sappia che una ragazza non si tocca neanche con un fiore, se non vuole. E ad ogni adolescente femmina che un ragazzo non si provoca ne deride.

Dobbiamo adoperarci affinché sia chiaro che fra uomini e donne saremo uguali in termini di rispetto reciproco solo se comprendiamo di essere diversi.

Dobbiamo adoperarci, noi padri, a tornare capaci dell’autorità di dire alle nostre figlie “tu così non esci di casa”, se ravvisiamo un vestiario eccessivamente succinto, e ai nostri figli che si diventa uomini imparando a sacrificarsi per gli altri non a sopraffatti. Voi mamme, tornate ad insegnare alle nostre figlie la sottile differenza fra eleganza e volgarità, fascino e provocazione e a far uscire i figli maschi dalla vostra Ala protettrice.

E per le Istituzioni, per favore, almeno su questo tema che non sembra divisivo e dunque non soggetto a battaglia politica, prima di aprire bocca studiatevi quattro dati e fate delle proposte decenti e non banalmente populiste.