Venera

“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”

[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].

Venera

di Rino Cammilleri

La patrona di Acireale pare sia morta di martirio per decapitazione nel 143, al tempo dell’imperatore Antonino Pio, in Gallia. Se, come sembra, nacque intorno all’anno 100 da Agatone e Ippolita, allora doveva avere sui quarant’anni quando fu giustiziata. Non è sicuro se i suoi genitori fossero cristiani o Venera si sia fatta cristiana per altre vie.

C’è chi dice che fu chiamata Venera perché nata di venerdì, ma è più probabile che si chiamasse così da Venere, dea alla quale, del resto, il venerdì era dedicato. In ogni caso è normale, per santi così antichi, non sapere dove comincia la storia e finisce la leggenda o viceversa. Una certa tradizione, infatti, la racconta diversamente.

Venera avrebbe predicato la Buona Novella in Calabria dopo essere rimasta orfana ed avere donato ai poveri la sua eredità. A denunciarla fu un certo Antonio, pagano, la cui offerta di matrimonio ella aveva rifiutato. Il suo martirio sarebbe avvenuto attraverso una serie di torture: prima le fu messo in testa un elmo incandescente, poi la si inchiodò a una croce e infine la si gettò in una caldaia di pece bollente. Ma la santa ne usciva sempre illesa.

Anzi, nel corso dell’ultima tortura una goccia di pece bollente schizzò negli occhi al suo accusatore accecandolo. Venera, santa donna, pregò e il suo persecutore riacquistò la vista. Ma tutto questo non servì a risparmiarle la vita. Sappiamo che il suo corpo fu portato dapprima ad Ascoli Piceno, poi a Roma nelle catacombe di San Sebastiano. Le sue reliquie tornarono ad Acireale in più riprese, a partire dal 1651 (il completamento si ebbe nel 1725).

Il Giornale 26 luglio 2005