Uberto

“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”

[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].

Uberto

di Rino Cammilleri

Politicamente scorrettissimo, è il patrono dei cacciatori e dei pellicciai (ma anche dei fonditori di metalli, dei lavoratori dell’ottone e dei fabbricanti di strumenti scientifici), nonché protettore contro l’idrofobia. Pare che stesse andando a caccia nelle Ardenne proprio di Venerdì Santo: il cervo che inseguiva, a un certo punto si fermò e si fece raggiungere; quando si voltò, Uberto vide che tra le corna aveva un crocifisso e sentì una voce dal cielo che lo ammoniva (non per la caccia, naturalmente, ma il giorno sacro).

Due anni dopo, rimasto vedovo, si fece eremita. Divenne discepolo di s. Lamberto, vescovo di Tongres-Maastricht, e gli successe quando questi venne ucciso nel 703. Uberto fu un vescovo missionario, evangelizzatore delle tribù ancora pagane del Brabante e delle Ardenne. Nel 718 fece solennemente traslare il corpo di s. Lamberto a Liegi, dove era stato ucciso; qui Uberto pose la nuova sede della diocesi.

Gli ultimi mesi della sua vita li trascorse nella sofferenza: era a pescare insieme a un servo quando quest’ultimo, con una manovra maldestra, mandò il suo amo a conficcarsi nella mano del santo. La ferita non si rimarginò più e, anzi, degenerò in cancrena. Uberto seppe soprannaturalmente che era giunta la sua ora e vi si preparò.

Morì nel 727. Sedici anni dopo, una riesumazione trovò il corpo perfettamente intatto, e anche i vestiti; dal tutto esalava un profumo soave. Avvertito del fatto, il maestro di palazzo Carlomanno lo fece traslare nell’abbazia benedettina di Andage, che fu subito intitolata al santo. Ma nel 1568 il monastero fu incendiato dai protestanti

Il Giornale 30 maggio 2005