Adult baby La vita senza responsabilità

adult_babyLa Nuova Bussola quotidiana

8 Marzo 2017

di Roberto Marchesini

Ci stavo riflettendo qualche giorno fa. In Italia non ci sono più uomini né donne. Ci sono solo ragazzi e ragazze. «Ciao, ragazze!», «Ci si vede, ragazzi!». Le parole uomo e donna sono scomparse, e non per effetto del gender.

Uomini e donne sono persone con una identità, un pensiero, hanno uno scopo nella vita, ne percepiscono la gravità. Per questo sono «seri». Si assumono le loro responsabilità, sanno che l’esistenza non è un gioco. Ragazzi e ragazze sono persone spensierate; perché i pensieri ce li hanno gli altri. Si divertono; anche se, non essendo impegnati in nulla, non ne avrebbero bisogno. Non hanno preoccupazioni né responsabilità; altri se ne occupano per loro. La loro è una vita leggera, al contrario di quella gravosa di uomini e donne.

Non è una questione anagrafica; è proprio un tipo umano diverso. Ci sono sempre stati dei riti di passaggio che chiudono la vita dei ragazzi e danno il via a quella degli uomini: il servizio militare, il lavoro… Adesso la leva è stata abolita, e il lavoro «… dev’essere divertente… mi devo realizzare… non si può mica lavorare per vivere…».

Così ragazzi e ragazze non hanno più la possibilità di diventare uomini e donne. Ma l’involuzione della specie non si arresta, è un processo continuo.

Così scopriamo l’esistenza degli «adult baby»; in inglese, perché bambocci è offensivo. E di posti nei quali, per 35 euro al giorno, possono essere accuditi con ciuccio, biberon e pannolino. Adult baby, bambini adulti. Adulti solo anagraficamente, certo. «Non siamo depravati e il sesso non c’entra», assicurano.

Qualcuno potrebbe storcere il naso; io ci credo. Leggiamo con attenzione in cosa consiste questa faccenda: «[…] nessuna decisione da prendere o scadenze da rispettare, nessuno che si aspetti qualcosa. La mente si sgombra e si torna bambini». In una parola: irresponsabilità.

La responsabilità è la capacità di rispondere delle proprie azioni. Ho fatto qualcosa? Ne rispondo. Ho preso una decisione? Ne pago le conseguenze. Questo fanno gli adulti, ed è questo che li differenzia dai bambini (per i quali risponde sempre qualcun altro).

La responsabilità è un peso, un fardello, è vero. Perché la vita è una cosa seria, tragica; non un gioco. Come possiamo pensare che, educando i ragazzi come se la vita fosse solo divertimento, da un giorno all’altro possano accettare la lotta, il sacrificio, il martirio quotidiano che la vita richiede?

L’avvento di questo tipo umano era stato profetizzato quasi un secolo fa dal filosofo spagnolo Ortega y Gasset. Nel suo celebre La ribellione delle masse aveva scritto:

Tutto ciò ci porta a segnare nel diagramma psicologico dell’uomo-massa attuale due primi tratti: la libera espansione dei suoi desideri vitali, pertanto, della sua persona, e l’assoluta ingratitudine verso quanto ha reso possibile la facilità della sua esistenza. L’uno e l’altro tratto costituiscono la nota psicologica del bimbo viziato. E, in realtà, non cadrebbe in errore chi volesse utilizzare la nozione di essa come una lente attraverso cui guardare l’anima delle masse odierne.

Erede d’un passato vastissimo e geniale – geniale d’ispirazione e di sforzi – il nuovo popolo è stato viziato dal mondo circostante. Vezzeggiare, viziare equivale a non frenare i desideri, a dare l’impressione a un essere che tutto gli è permesso e che a nulla egli è obbligato. La creatura sottomessa a questo regime non ha l’esperienza dei suoi propri confini. A forza di evitarle ogni pressione dell’ambiente, ogni scontro con altri esseri arriva a credere effettivamente che soltanto essa esiste, e si abitua a non tenere in conto gli altri, soprattutto a non considerare nessuno come superiore a se stessa. Questa sensazione della superiorità altrui gliela poteva dare soltanto chi più forte di lei l’avesse obbligata a rinunziare a un desiderio, a ridursi, a contenersi.

Così avrebbe appreso questa disciplina essenziale: «Qui arrivo io e qui comincia altri che può più di me. Nel mondo, evidentemente, siamo almeno in due: io e un altro superiore a me». All’uomo medio di altre epoche il suo stesso «mondo» insegnava quotidianamente questa elementare saggezza, perché era un mondo così duramente organizzato, che le catastrofi erano frequenti e non c’era in esso nulla di sicuro, né abbondante, né stabile. E invece le nuove masse s’incontrano con un paesaggio pieno di possibilità e inoltre sicuro, e tutto ciò pronto, a loro disposizione, senza dipendere da un previo sforzo, come appunto troviamo il sole in alto senza che ce lo siamo caricato sulle spalle.

Nessun essere è riconoscente ad altri dell’aria che respira, perché l’aria non è stata fabbricata da nessuno: appartiene all’insieme di ciò che è qui, di ciò che chiamiamo «naturale», perché non manca mai. Queste masse «viziate» sono poco intelligenti per non finire col credere che questa organizzazione materiale e sociale, posta a loro disposizione come l’aria, sia della stessa origine, dato che non sbaglia mai apparentemente, ed è quasi perfetta quanto quella naturale.

Ecco i nuovi diritti: niente responsabilità, niente discorsi d’odio (cioè niente realismo), niente immagini cruente (i bambini abortiti), niente che possa ledere la beanza di questi adult baby. Sesso senza responsabilità, giocattoli ipertecnologici incollati alla mano, divertimenti senza limiti né confini. Nursery per proteggere questi piccoli e feroci innocenti dalla serietà e dalla gravità della vita (negli USA le chiamerebbero safe space).

Poi, un giorno, la responsabilità ti bussa alla porta. Hai guidato ad alta velocità, senza cinture, magari bevuto o fatto. Resti cieco e paraplegico. Il gioco è finito. Potrebbe cominciare la vita… ma no, troppo dolore. Meglio morire. Diranno «con dignità».