Cannabis e disturbi psichici: un rapporto troppo intimo

Loredana Benvenga

Loredana Benvenga

Tradizione Famiglia Proprietà n.72 Dicembre 2016

 L’uso, anche saltuario, della cannabis può provocare disturbi psichici? Risponde la dott.ssa Loredana Benvenga, psicologa e psicoterapeuta, già direttrice della rivista internazionale “L’immaginale”, fondatrice del Centro Junghiano Salentino.

di Loredana Benvenga

Il rapporto tra consumo di cannabis e disturbi psichiatrici o psicologici a tutt’oggi non appare ancora del tutto scientificamente verificato. Intanto dal punto di vista diagnostico si parla di “doppia diagnosi” quando si rileva, nello stesso soggetto, la copresenza di dipendenza di sostanze e sintomi di natura psichiatrica.

Molte ricerche finora si sono concentrate sullo studio del nesso di causalità tra l’uso della cannabis e l’insorgenza di disturbi psichiatrici: capire, cioè, se l’abuso delle sostanze possa produrre, nel tempo, effetti psicologici deleteri o danni al sistema nervoso.

cannabisIl campo di studio rimane aperto: non esiste, a tutt’oggi, la certezza scientifica che ci possa garantire l’equazione “dipendenza cannabis = danni psicologici”, ma è pur vero che si assiste (e lo sanno bene gli operatori che lavorano in tale ambito) ad una verifica costante dei due ambiti, cioè a soggetti compromessi psichicamente che abbiano quasi sempre, nella storia clinica precedente o attuale, riferimenti con l’assunzione di “droghe leggere”.

Trovare una percentuale più alta di depressi tra i consumatori di cannabis non ci può autorizzare a confermare un nesso di causalità (ovvero se sia la cannabis a provocarlo) così come per altre malattie psichiatriche. Però si può senz’altro asserire che i consumatori di cannabis siano psichiatricamente più a rischio di psicosi e addirittura che questo rischio di ammalarsi possa aumentare con l’aumento del livello di consumo.

Valutando retrospettivamente la storia clinica degli psicotici giovani in particolare, si registra in essi un consumo abituale ed elevato in percentuale maggiore che non nei soggetti sani, relativo al periodo precedente all’assunzione di cannabis.

La cannabis potrebbe inoltre provocare il passaggio da un livello di gravità lieve (come disturbo di personalità) a forme più gravi con un conclamato di­sadattamento sociale.

In sostanza un cervello più giovane (adolescenziale, che si ammala prima) è destinato a una malattia più grave e più cronica. Ma quali sono gli effetti indesiderati dell’uso della cannabis

cannabisTra i tanti emerge l’aumento del ritmo cardiaco e un lieve torpore, gli occhi diventano lucidi e arrossati, per l’effetto vasodilatatore, la bocca secca. La realtà può sembrare distorta dal punto di vista sensoriale, aumenta l’ilarità e la loquacità o, al contrario, può insorgere ammutolimento e tendenza all’isola­mento sociale. Non è vero che la cannabis sia potenzialmente “sociale”: molti soggetti riferiscono un incremento della chiusura e scarsa motivazione a stringere rapporti amicali e/o affettivi durante il periodo di consumo della cannabis.

Gli altri sintomi possono essere derealizzazione, depersonalizzazione, pseudo-allucinazioni, distorsione delle percezioni, attacchi di panico. Il panico che compare può avere una fase acuta molto intensa, con altri sintomi quali l’isolamento, abbassamento del tono dell’umore, senso di angoscia.

Oggi si parla molto (forse troppo) degli eventuali benefìci che la cannabis può procurare: non si sa ancora molto, ma eventuali spiragli terapeutici dovranno essere validati.

Molto noti sono invece i suoi effetti negativi. Diversi studi, per esempio, hanno evidenziato conseguenze sulla memoria, attenzione e velocità di processamento delle informazioni (confrontando due gruppi di controllo).

cannaliberaInoltre è noto che durante lo sviluppo adolescenziale il cervello vada incontro a importanti cambiamenti: diventa urgente, quindi, capire come la cannabis possa interferire con i neuroni e, quindi, con il normale processo di differenziazione e sviluppo cerebrale.

Tra chi consuma abitualmente marijuana si assiste, inoltre, alla cosiddetta “sindrome amotivazionale”, i cui segni tipici sono caratterizzati da apatia, indifferenza affettiva, chiusura e isolamento sociale. Personalmente ho riscontrato in vari casi episodi di cambiamento di personalità, stati di euforia maniacale alternati a depressione profonda (stati altalenanti con discontrollo degli impulsi).

Ritengo che una più corretta informazione e conoscenza degli effetti dannosi delle sostanze definite “leggere” sia oggi più che mai necessaria onde evitare pubblicità ingannevoli con ripercussioni disastrose sulla salute mentale e fisica dei giovani che, ricordiamolo, rimangono la fascia di popolazione tra le più suggestionabili.

Il mondo degli adulti rie diventa doppiamente responsabile