Quale libertà per le figlie di Francia?

donna_islamL’Occidentale 20 Novembre 2016

Islamizzazione continua

di Lorenza Formicola

A Tolone, nel sud della Francia, due famiglie che percorrevano una pista ciclabile sono state insultate da una banda di una decina di “ragazzi” – così li ha chiamati la stampa francese pur di non scrivere che si trattava di musulmani. Per il procuratore locale i jeunes hanno gridato alle donne “Puttane!” e “Spogliatevi!”. Quando i mariti hanno protestato, i giovani si sono fatti avanti ed è scoppiata una rissa: uno dei malcapitati è stato trovato privo di sensi a terra e con fratture multiple facciali. Qualcuno più stupido di altri ha spiegato che il movente (movente?!) fosse nel fatto che le donne indossavano dei pantaloncini. E poco importa se poi si è scoperto che la cosa non era vera, dal momento che le malcapitate indossavano dei leggings.

In un villaggio vacanze di Garde-Colombe sulle Alpi , invece, un marocchino ha aggredito a coltellate una donna e le sue tre figlie (lasciandone una gravemente ferita) perché, dal suo punto di vista, erano troppo poco vestite. Mohamed, l’aggressore, ha dichiarato di essere lui la vera vittima. Poverino, vogliamo pensare ai problemi psichiatrici dell’accoltellatore? Ma sì, dai, come dopo la strage di Orlando, quando invece di parlare dei gay rimasti vittime del jihadista Mateen, Obama e la Clinton preferirono spiegare che la colpa dell’attacco era nella diffusione delle armi da fuoco negli Usa. A Guingcamp, invece, in Bretagna, una diciassettenne che indossava un paio di pantaloncini è stata malmenata da uomo che aveva giudicato il suo abbigliamento “troppo provocante”.

Sempre a Tolone, su un autobus, una diciottenne è stata ricoperta di sputi e minacciata perché indossava un paio di pantaloncini (anche lei?). La ragazzina in seguito ha postato la sua foto su Facebook, scrivendo nella didascalia: “Ciao, sono una puttana”. Ad aggredirla sono state delle giovani musulmane, ma Maude – questo il nome della diciottenne – non ha fatto riferimento alle origini di chi l’aveva aggredita raccontando il fatto sui social media. Forse per paura, forse perché il politicamente corretto è una prigione che rinchiude anche la mente delle vittime. Si tratta di fatti di cronaca presi a campione leggendo i giornali francesi. In giro si può sentire anche di peggio. Eppure, in nessun caso, queste vicende riescono a provocare sdegno a livello internazionale. L’indignazione si preferisce dedicarla sempre a temi d’altro genere.

Del resto i codici sull’abbigliamento sono uno dei cavalli di Troia per la islamizzazione dell’Occidente. “Nella guerra che l’islamismo sta conducendo con determinazione contro la civiltà, le donne stanno diventando un vero problema”, ha dichiarato, tempo fa, al quotidiano francese Le Figaro, Berenice Levet, autrice e docente di filosofia presso l’École Polytechnique. “Anziché fornire dati che dicono tutto e niente, vorrei che si prenda atto una volta per tutte che se oggi i ruoli fondati sul genere sono costretti a regredire in Francia, se dominio maritale e patriarcato si stanno diffondendo nel nostro paese, beh, questo è legato esclusivamente al fatto di aver importato i valori musulmani“. Nel cuore di Parigi si può insultare indisturbati una donna perché beve Coca Cola per strada.

Eppure il governo della gauche francese sembra distratto da qualcos’altro, da qualcosa di più impellente: la battaglia contro il sessismo. L’unico nemico pare essere, ancora, e sempre, il maschio bianco francese. Tant’è vero che il ministro delle Famiglie, dell’Infanzia e dei Diritti delle donne, Laurence Rossignol, continua ad insistere nella sua campagna pubblicitaria contro il “sessismo ordinario”.

In questa campagna, però, non c’è alcun riferimento alla diffusione crescente del burqa o del burkini, né alla vittimizzazione delle donne musulmane. Le istituzioni francesi stanno sacrificando le nostre libertà ai desiderata dell’islam? In Francia sono anni che i “fratelli maggiori” costringono mogli e sorelle a indossare il velo per uscire di casa. E adesso che ci sono riusciti, i loro sforzi sono tutti indirizzati ad indurre, con la forza, anche le donne non musulmane a non indossare abiti “poco graditi alla volontà di Allah“. Presto o tardi, forse, anche le multinazionali decideranno di ritirare dal commercio l’abbigliamento femminile non in linea con la sharia.

La “polizia della virtù” che abbiamo conosciuto in Arabia saudita o sotto l’Emirato talebano si sta tacitamente diffondendo anche nei Paesi occidentali? Perché non condanniamo con la stessa forza la misoginia, le mogli maltrattate, i matrimoni con bambini, i suicidi forzati, le mutilazioni genitali femminili? “Tra due mali – la violenza contro le donne e la paura di essere tacciati di ‘islamofobia’ – le muse del neo-femminismo non esitano un istante” scrive ancora Berenice Levet parlando del movimento femminista, “sacrificano le donne. La barbarie può continuare ad avanzare, la loro coscienza è al sicuro”.