Una campagna per screditare Assad. I media occidentali si alimentano da fonti inquinate

siria_mediaItalia oggi – n.237 del 6 Ottobre 2016

Oxfam, Greenpace, la Bbc e persino le Nazioni Unite finanziano l’agenzia Purpose (pr)

di Patrizio Ricci

Per diffondere un orientamento favorevole, la campagna di Siria è stata appaltata a una società di p.r. internazionale chiamata Purpose. Il suo motto, che è «We build movements», (Costruiamo movimenti) è eloquente. Tutti gli indizi portano a pensare che l’appaltatore sia il governo degli Stati Uniti. La società ha creato diversi «gruppi di pressione» finalizzati a sostenere la necessità di una rivoluzione siriana ed a demonizzare Assad.

La prima di queste creazioni è stata l’organizzazione The Syria campaign. In particolare, se seguite il link di «The Syria campaign» vedrete che il back office è costituito da Oxfam, Greenpeace, le Nazioni Unite e la Bbc. Per quando possa sembrare incredibile, l’Organizzazione delle Nazioni Unite è parte integrante del gruppo di pressione finalizzato a porre fine alla dittatura di Bashar al Assad.

Altra creazione di Purpose è l’organizzazione White Helmets, un gruppo di soccorso sul campo di battaglia al seguito di al Nusra, usato principalmente per giustificare il supporto dell’occidente all’opposizione armata e screditare il governo siriano. Condividono gli stessi obiettivi Avaaz (ha promosso la no fly zone in Libia ed in Siria ed il presidente di Purpose ne è co-fondatore), Amnesty International (Suzanne Nossel, direttore esecutivo di Amnesty International Usa, è stata «prelevata» direttamente dal Dipartimento di Stato americano), Human Rights Watch, Medici Senza Frontiere ed altre organizzazioni (connesse a una miriade di interessi corporativi-finanziari che influiscono sulla loro linea).

La comunità internazionale, autoproclamatasi «amici della Siria», ha subito privato ogni possibilità per lo stato siriano di comunicare con i propri cittadini utilizzando il satellite Arabsat perché le trasmissioni sarebbero stati di parte. Nello stesso tempo, tutti i media occidentali hanno iniziato ad utilizzare come unica fonte di notizie provenienti dalla Siria l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus) con sede a Londra, diretta espressione dei ribelli siriani e finanziato dal ministero degli Esteri britannico (che a sua volta si avvale anche di un’altra società di media marketing, la Innovative Communications & Strategies.

Il resto è cronaca: nelle zone gestite dai terroristi, dove vige la sharia e si usano i bambini soldato, l’occidente ha rimosso l’embargo mentre invece i cittadini siriani soffrono di stenti per le sanzioni inflitte da Europa ed Usa (anche su medicinali e beni di prima necessità). Inoltre, quando il dialogo era più urgente, ogni attività diplomatica è stata vietata. Oggi i media ed i leader politici europei ed americani denunciano le operazioni militari russo-siriane su Aleppo est come una «orrenda barbarie».

Ma è il linguaggio dei due pesi e delle due misure: l’assedio dell’esercito siriano è identico a quello che le forze armate irachene e americane hanno fatto per la liberazione della città di Ramadi in Iraq dai terroristi dell’Isis. In quel caso, quando la città è stata liberata, l’80 per cento degli edifici era stato distrutto dai bombardamenti. E le vittime civili a Ramadi come in analoghi assedi sono state molto alte.

Perciò le notizie che fanno appello esclusivamente all’emotività sono palesemente di parte. Per una corretta lettura di quanto sta succedendo ad Aleppo, occorre conoscere un dato fondamentale: le due parti della città si equivalgono come ampiezza, tuttavia la parte ovest è 4/5 volte più popolosa perché è stracolma di fuggiaschi provenienti da Aleppo est (l’articolo «Decine di famiglie in fuga da Aleppo est» di Asia News, riporta le testimonianze dei cittadini).

È la stessa comunità internazionale che ha assistito con assoluta indifferenza all’assedio di Ramadi lasciando che per quattro anni i «ribelli» bombardassero quotidianamente Aleppo ovest. La popolazione protetta dal governo è stata fatta oggetto giornalmente di tiri di ordigni di ogni tipo, è stata colpita con quelle armi che la comunità internazionale ha definito ipocritamente «non letali» ed ha inviato direttamente ai terroristi.

La situazione che qui riporto corrisponde a quella descritta con precisione da Joseph Tobji, arcivescovo di Aleppo dei maroniti (Ora Pro Siria). Mons. Tobji ha denunciato che i civili nella parte detenuta dai guerriglieri islamici vengono trattenuti forzatamente. Quanto riferito dal religioso trova riscontro nelle segnalazioni pubblicate quotidianamente sul sito del «Centro per la riconciliazione delle parti in conflitto in Siria» della Federazione Russa: il 17 settembre nel quartiere Sheikh Khader, i ribelli hanno brutalmente represso la protesta di 300 civili a cui veniva impedito di lasciare la città. Per dissuaderli i miliziani hanno aperto il fuoco sulla folla uccidendo 26 persone, tra i quali 9 adolescenti.

Non si tratta di un episodio isolato. Più della metà delle milizie armate anti-governative compiono attacchi suicidi ed attentati e sono della stessa matrice ideologica di coloro che hanno attaccato Charlie Hebdo ed il Bataclan a Parigi. Gli altri, sono comunque accumunati dal desiderio di realizzare uno stato islamico fondato sulla sharia.

E’ stata totalmente silenziata dai mezzi di comunicazione la sanguinosa aggressione avvenuta sui quartieri residenziali cristiani di Aleppo ovest: i terroristi hanno lanciato granate sui quartieri di Suleiman al-Halabi, di Sulaymaniyah, di Al-Furqan e Midan (armeno). Si tratta di zone che non hanno al loro interno alcun obiettivo militare.

Come molte altre volte è accaduto, sono state colpite selettivamente solo perché zone cristiane e armene. Le fonti di polizia hanno riferito che il bilancio delle vittime è stato di 9 morti e 28 feriti oltre a ingenti danni materiali. L’attacco è stato riferito anche da alcuni religiosi. I media invece hanno riportato esclusivamente il bombardamento avvenuto ad Aleppo est che avrebbe causato 17 morti e colpito due ospedali. Tuttavia questo ultimo attacco, la cui fonte è al Jazeera, è stato smentito addirittura dall’Osservatorio siriano per i diritti umani dei ribelli.

In definitiva, non è possibile cogliere l’insight delle vicende senza tener presente queste dinamiche: perché un giudizio sia vero, occorre che i dati siano veri. Ma se i dati presi in considerazione non sono pertinenti oppure, peggio, falsati, il giudizio sarà erroneo e non conoscerà la realtà bensì una cosa falsa.

Purtroppo, la maggior parte dei media mainstream non sono interessati alla verità, piuttosto cercano di provocare una reazione emotiva nel senso desiderato in modo che il pubblico stesso diventi il mandante delle azioni che i governi vogliono intraprendere.

È per questa ragione che i titoli di testa di Tg e giornali enfatizzano o silenziano «le barbarie» secondo da che parte cadono le bombe.

È per questo che le domande fondamentali per formulare un corretto giudizio, come: «perché e per quale fine combatte l’esercito siriano?», «chi prolunga la guerra?», «chi supporta i terroristi?», «cosa ne pensano i cittadini siriani?», o quella fondamentale «chi è l’aggressore e chi è l’aggredito?», sono completamente eluse.