Aborto, immigrazione, Lgbt e lotta all’islamofobia Tutti i sogni nel cassetto di George Soros

open_societyVita Nuova settimanale cattolico di Trieste

1 settembre 2016

Per alcuni conservatori è il diavolo in persona, un puparo che si cela dietro a ogni evento funesto. Per altri è solo un cinico speculatore che compie ogni mossa per lucrare sulle perdite altrui. Stiamo ovviamente parlando del finanziere George Soros, uno degli uomini più ricchi del pianeta, classe 1930, ungherese ed ebreo “non sionista”. […]

di Stefano Magni

Per alcuni conservatori è il diavolo in persona, un puparo che si cela dietro a ogni evento funesto. Per altri è solo un cinico speculatore che compie ogni mossa per lucrare sulle perdite altrui. Stiamo ovviamente parlando del finanziere George Soros, uno degli uomini più ricchi del pianeta, classe 1930, ungherese ed ebreo “non sionista”. Torna alla ribalta in questo periodo ferragostano perché è vittima di una delle operazioni di hacker più eclatanti del decennio. Oltre 2500 documenti della sua Open Society Foundation sono stati infatti pubblicati sul sito DC Leaks. Dai quali possiamo capire meglio chi sia veramente e soprattutto a cosa miri.

L’Open Society nacque nel 1984 per contribuire alla liberazione dell’Est europeo dal giogo comunista. La prima sede fu aperta in Ungheria, sfidando la repressione del regime, per distribuire fotocopiatrici, con cui potevano essere replicati scritti proibiti. Altre sedi vennero aperte anche in Polonia e in Russia, negli anni a cavallo del collasso del blocco orientale. In parte la prima missione della Open Society è rimasta la stessa: aiutare i paesi usciti dal comunismo a compiere una transizione verso la democrazia e il libero mercato. L’impegno prosegue tuttora con l’Ucraina, di cui Soros è uno strenuo difensore.

George Soros

George Soros

E’ soprattutto per questo motivo che non gode di buona stampa nella Russia post-sovietica (che ne ingigantisce a dismisura le colpe). E pare che anche lo stesso furto di dati di cui si parla sia opera di hacker russi, stando a fonti dell’agenzia Bloomberg. Tuttavia, a questa missione storica nell’Est europeo post-comunista, si è poi aggiunto tutto il resto dell’agenda progressista, come nel caso di tante altre organizzazioni non governative per la difesa dei diritti umani nate durante la guerra fredda e poi cresciute nel ventennio successivo. Ci limitiamo a sottolinearne gli aspetti principali, quelli che interessano anche direttamente i principi non negoziabili, la politica europea e italiana. Ne emerge quella che è l’agenda di tutta la sinistra occidentale, nordamericana ed europea.

Immigrazione

Un documento pubblicato da DC Leaks invita a considerare il fenomeno dell’immigrazione in Europa, non come una crisi, ma come un “nuovo standard di normalità”, dunque permanente. L’obiettivo implicito della Open Society è quello di sottrarre le decisioni sull’immigrazione agli Stati nazionali per trasferire la loro gestione a enti sovranazionali. Insomma, quel che l’Ue ha provato a fare (senza riuscirci) con le quote di distribuzione dei rifugiati. Secondo un memorandum redatto da Anna Crowley e Kate Rosin dell’International Migration Initiative, si sollecita con un certo cinismo ad “approfittare della condizione creata dalla crisi attuale (sic!) per influenzare il dibattito sul ripensamento della gestione delle migrazioni”, cioè “riforme volte a una governance globale delle migrazioni”.

Obiettivo dichiarato è quello di far accettare all’Ue almeno 300mila rifugiati all’anno, in cambio di 30 miliardi di euro all’anno per realizzare un piano di asilo completo. Anche all’Ucraina (con 2 milioni di profughi interni causati dalla guerra nel Donbass) si propone di accettare una quota di rifugiati in cambio di aiuti economici. In un documento che riguarda gli Stati Uniti, risalente al febbraio del 2015, risulta che la Open Society abbia anche cercato di influenzare un verdetto della Corte Suprema, nel caso Texas contro Corte Suprema: lo Stato americano confinante col Messico aveva fatto causa contro un ordine esecutivo del presidente Obama, che avrebbe permesso il ricongiungimento dei parenti con gli immigrati regolari.

L’arma che la fondazione di Soros ha scelto per influenzare il parere dei giudici è una campagna a mezzo stampa, attraverso i suoi membri inseriti nei media più influenti, come Danielle Allen (Washington Post) Rosa Brooks (Foreign Policy) e Steve Coll (decano della scuola di giornalismo della Columbia University).

Islam

Ovviamente la campagna pro-immigrazione, specialmente in Europa, non può essere disgiunta dal tema dell’islam. In questo caso, DC Leaks rivela lo sforzo per combattere contro l’“islamofobia” a tutti i livelli. Un memorandum del 2011, “U.S. Models for Combating Xenophobia and Intolerance”, propone un finanziamento al Center for American Progress (fondato da John Podesta, capo della campagna elettorale di Hillary Clinton) per un programma contro l’islamofobia.

Un programma articolato in tre punti: “studiare il fanatismo anti-musulmano nella sfera pubblica”, “condurre un’inchiesta sul movimento islamofobo” e “riunire un convegno di esperti, compresi i rappresentanti di organizzazioni progressiste e della comunità araba, mediorientale, musulmana e sudamericana per formulare una strategia comune contro la xenofobia anti-islamica”. Fra gli “islamofobi” identificati nello studio figurano anche opinion maker di punta del mondo conservatore, come Pamela Geller e David Horowitz, Liz Cheney (figlia dell’ex vicepresidente Dick Cheney) e Cliff May.

La campagna riguarda soprattutto Israele. Con buona pace dei teorici della cospirazione che vedono in Soros un sionista volto a promuovere lo Stato ebraico, la sua fondazione finanzia iniziative anti-israeliane arabe e di sinistra, come l’Ong araba Adalah (beneficiaria di 2,7 milioni di dollari dal 2001) che considera Israele come una “impresa colonialista”. E l’Ilam Media Center (beneficiario di 1 milioni di dollari) che nel 2014 chiese al Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu di condannare e isolare lo Stato ebraico per la sua guerra a Gaza contro Hamas. In generale, citando uno dei documenti trapelati dal suo ufficio mediorientale, la fondazione di Soros vanta un “successo nella sfida alle politiche razziste e antidemocratiche di Israele nell’arena internazionale”.

Xenofobia

La lotta all’islamofobia è chiaramente una parte di una più ampia battaglia contro la xenofobia. Una lotta contro i mulini a vento, se consideriamo quanta attenzione venga riposta dal legislatore nordamericano ed europeo alla lotta contro il razzismo. Eppure la Osepi, la branca della Open Society che si occupa delle politiche europee, fornisce agli eurodeputati socialisti e democratici un corso di aggiornamento su come contrastare e letteralmente tacitare gli “xenofobi” europei, fra cui figura anche l’italiana Lega Nord. La Osepi, in uno dei documenti pubblicati da DcLeaks, ammette di organizzare incontri con gli eurodeputati per “riscrivere le regole del Parlamento al fine di vietare ogni discorso di odio”. Termine generico in base al quale si potrebbe tacitare ogni argomento non gradito alla sinistra multiculturale.

Tra i beneficiari della campagna di Soros contro la xenofobia risulta anche l’italiana Associazione 21 Luglio un’organizzazione non profit impegnata nella promozione dei diritti umani di rom e sinti. Ha ricevuto 49.782 dollari per il progetto “Per i diritti, contro la xenofobia”, svoltosi dal 1 gennaio al 1 luglio 2014, nell’anno delle elezioni europee. Ma un impegno ancor più vasto è volto a sostenere la lotta all’omofobia, quella che viene considerata come la nuova forma di “razzismo”…

LGBT

In Italia, l’Arcigay ha ricevuto ben 99.690 dollari per un progetto durato dal dicembre del 2013 al dicembre del 2014, sempre l’anno delle elezioni. Il titolo del progetto era “LGBT Mob-Watch Italy-Europe 2014”, e aveva quale obiettivo: “smuovere, canalizzare ed ampliare la voce e la domanda del popolo LGBT italiano ed i loro alleati per le elezioni europee del 2014, costruendo uno strumento permanente di monitoraggio, campagna, mobilitazione e lobbying per queste e le prossime elezioni”.

Negare che esista una “lobby gay” d’ora in avanti non sarà più possibile. Chiaramente il programma di Soros non si limita alla sola Italia, ma va a beneficiare anche la Ilga Europa (68.000 dollari ricevuti) per il progetto “European elections 2014: Cross-communities mobilization project for a universal and indivisible EU equality agenda”. In Grecia, l’organizzazione “Athens Pride” ha ricevuto 26.000 dollari per il progetto “Vote for your rights” volto a promuovere la comunità LGBTQ greca sempre in vista del voto europeo.

Il grosso dello sforzo per promuovere i “nuovi diritti” è ovviamente negli Usa, dove Soros ha elargito nel 2013 altri 100.000 dollari alla Gay Straight Alliance, la stessa organizzazione che ha promosso l’ormai celebre “guerra dei bagni pubblici” nella North Carolina. L’anno successivo, Soros ha elargito una somma ingente, mezzo milione di dollari, a Justice at Stake, un’associazione che promuove la “difesa della diversità” nei tribunali. Perché “una maggior diversità negli uffici dei giudici migliora la qualità della giustizia per tutti i cittadini”. Cosa vorrà dire? Sarà possibile intuirlo dopo le prime sentenze sulla diversità e sulla libertà di religione.

Vita

Ovviamente, assieme all’impegno per la comunità Lgbt non poteva mancare anche la campagna per l’aborto. La Open Society si è impegnata a promuoverlo in Irlanda e l’anno scorso si preparava a festeggiare la vittoria così, come leggiamo in un documento pubblicato da DC Leaks: “Con una delle leggi più proibizioniste del mondo, una vittoria là (in Irlanda, ndr), potrà avere un notevole impatto sull’opinione pubblica di altri paesi cattolici in Europa, come la Polonia, e fornire la necessaria prova che un cambiamento è possibile, anche nei posti più conservatori”.

Cora Sherlock, attivista pro-life, dichiara a Catholic News Agency che ora si spiega il perché di tanta potenza di fuoco del partito avversario: era estremamente difficile esprimersi a favore del diritto alla vita, difficile competere contro un avversario super-finanziato che alla fine è riuscito ad abrogare l’Ottavo Emendamento della Costituzione irlandese, quello che proteggeva la vita sin dal concepimento. L’impegno della Soros, dopo l’Irlanda, proseguirà in Messico, Zambia, Nigeria e Tanzania. Ovunque ci sono organizzazioni locali pronte a ricevere il messaggio e i soldi necessari, in un piano triennale che si dovrebbe concludere entro il 2019.

Sebbene sia impossibile trarre conclusioni definitive su una piccola parte di documenti rivelati e consultabili da meno di una settimana, il quadro che emerge sinora è quello di una fondazione che sta contribuendo a plasmare l’agenda delle sinistre occidentali. La Open Society non è unica nel suo genere: anche altre iniziative filantropiche miliardarie, come la fondazione di Bill Gates, hanno agende simili, a cui si aggiunge la campagna contro il riscaldamento globale.

Lascia perplessi, piuttosto, che una fondazione che si intitola Società Aperta (dal titolo del classico del liberalismo di Karl Popper) agisca con metodi non molto aperti, né troppo trasparenti per influenzare classi dirigenti in tutto il mondo. Lo dimostra il fatto stesso che c’è voluto un gruppo di hacker per sapere cosa bolle in quella pentola. E’ segno che queste politiche non potrebbero essere sostenute da ampie maggioranze dell’opinione pubblica, se fosse palesi sin da subito.

La sinistra ha perso il marxismo, ma non rinuncia alla sua agenda globalista in cui l’unico valore è ora la “diversità”, nuova declinazione dell’uguaglianza sociale. E sempre con i vecchi esponenti della vecchia sinistra, se è vero che, nel nostro paese, i possibili “compagni di strada” delle politiche europee promosse da Soros sono Sergio Cofferati (ex Cgil), Barbara Spinelli (L’Altra Europa con Tsipras) e Cécile Kyenge.