Toghe verdi

processo

Il processo alla presunta cellula di Al Qaeda nell’aula bunker di Bancali

Il Giornale 26 gennaio 2005

La decisione del GUP di Milano Forleo che ha mandato assolti imputati che organizzavano il reclutamento di terroristi per Ansar al Islam, la componente curda di Al Qaida, è del tutto aberrante ma non è purtroppo isolata. Viene dopo analoghe sentenze del 2004 con le quali il Tribunale di Napoli aveva mandato liberi membri del GIA e del GSPC algerini – organizzazioni responsabili di almeno centomila morti nel loro paese – e il TAR del Lazio aveva revocato l’espulsione dall’Italia del sedicente imam di Carmagnola Mamur, affermando che il possesso e la distribuzione di letteratura di Al Qaida non costituiscono reato trattandosi di “materiale di notevole interesse storico e sociologico”.

di Massimo Introvigne

La decisione del GUP di Milano Forleo che ha mandato assolti imputati che organizzavano il reclutamento di terroristi per Ansar al Islam, la componente curda di Al Qaida, è del tutto aberrante ma non è purtroppo isolata. Viene dopo analoghe sentenze del 2004 con le quali il Tribunale di Napoli aveva mandato liberi membri del GIA e del GSPC algerini – organizzazioni responsabili di almeno centomila morti nel loro paese – e il TAR del Lazio aveva revocato l’espulsione dall’Italia del sedicente imam di Carmagnola Mamur, affermando che il possesso e la distribuzione di letteratura di Al Qaida non costituiscono reato trattandosi di “materiale di notevole interesse storico e sociologico”.

La dottoressa Forleo ammette che il reclutamento per Ansar al-Islam in Italia è iniziato prima dell’invasione americana dell’Irak. Tuttavia – volendo concludere che non si tratta di terrorismo ma di legittima “resistenza” – afferma che già nel 2002 un attacco americano all’Irak poteva essere “notoriamente previsto come altamente probabile”. Si tratterebbe dunque non di terrorismo ma di legittime attività compiute ”nell’ambito di contesti bellici”, anche se “da forze armate diverse da quelle istituzionali”.

Ma in realtà l’articolo 2 della Convenzione internazionale per l’eliminazione dei finanziamenti al terrorismo delle Nazioni Unite (del 1999, di cui pure l’ordinanza milanese dice di tenere conto) definisce come “terrorismo” le attività non compiute da Stati o da governi che “intendono causare la morte o un grave danno fisico a un civile o comunque a chi non prenda parte attiva alle ostilità in una situazione di conflitto armato” allo scopo “di intimidire la popolazione, o di costringere un governo a porre in essere o a non porre in essere un determinato comportamento”.

Dunque, per sfuggire alla definizione di terrorismo, si deve provare o che Ansar al Islam è una struttura che, per quanto “non istituzionale”, non è privata ma è riferibile a un governo, oppure che le sue attività non colpiscono la popolazione civile. Che Ansar fosse un braccio clandestino del governo di Saddam Hussein lo hanno sempre sostenuto gli americani, ma negato gli stessi terroristi. In ogni caso, prima dell’invasione americana, Ansar era un gruppo non di difesa militare ma inteso semmai a terrorizzare la popolazione civile del suo stesso paese; dopo la caduta di Saddam non è più un gruppo riferibile “a uno Stato o a un governo” e dunque si tratta di terrorismo, tanto più che taglia teste quasi solo di civili.

È poi noto a chiunque legga i giornali che Ansar al Islam non si occupa di terrorismo solo in Irak ma anche altrove: per esempio, secondo i giudici spagnoli, ha partecipato alla preparazione dell’attentato dell’11 marzo 2004 a Madrid. Da mesi è anche noto, e dichiarato dai suoi stessi leader, che Ansar è integrata nella rete di Al Qaida.  Più grave ancora, tuttavia, è la decisione di Milano sul piano politico. La frase secondo cui i risultati della nostra intelligence sono “patologicamente inutilizzabili” dai giudici aumenterà la frustrazione delle nostre forze dell’ordine, tra le migliori del mondo quando si tratta di scoprire terroristi.

Ma questi sono poi sistematicamente liberati da “toghe verdi” afflitte da un anti-americanismo questo sì patologico, per cui perseguire i terroristi sarebbe – così recita la sentenza di Milano – una “ingiustificata presa di posizione per una delle forze in campo” nella guerra fra Stati Uniti e terrorismo internazionale, quasi che in questa guerra l’Italia fosse neutrale.

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