Jihad dietro le sbarre

Guantanamo_prigionetratto da Human Events 28 maggio 2009

by Robert Spencer

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Dovremmo sul serio trasferire i detenuti di Guantanamo in prigioni americane, come ha proposto l’amministrazione Obama? Il capo dell’FBI Robert Mueller ritiene che non sarebbe una cosa assennata ospitare tali prigionieri, persino in un carcere di massima sicurezza: “Le preoccupazioni riguardanti i fiancheggiatori del terrorismo in suolo statunitense discendono dalla possibilità che questi possano fornire un supporto e che abbiano successo nel radicalizzare altri”.

Radicalizzare altri è una possibilità veramente realistica: James “Abdul Rahman” Cromitie ed Onta “Hamza” Williams, due dei quattro musulmani arrestati la settimana scorsa per aver ideato un piano per far esplodere due sinagoghe nel Bronx ed abbattere un aeroplano, si sono convertiti all’Islam mentre erano in prigione. Prima di finirvici, erano entrambi battisti.

Tutto ciò non dovrebbe sorprendere nessuno. Non è la prima volta che Mueller mette in guardia sul punto: le prigioni in America sono “terra fertile per gli estremisti.” Ed uno studio recente della Rand Corporation, realizzato meno di un mese fa, ha rilevato che gruppi del jihad islamico hanno puntato già da molto tempo sulle prigioni come centri chiave di reclutamento.

Un reclutamento che è sinora avvenuto in molte forme, ma principalmente è consistito nel proselitismo compiuto da cappellani legati a gruppi jihadisti o a loro alleati. Per anni, il principale organismo che selezionava i cappellani musulmani per le prigioni Americane era la “Societa islamica del Nord America” (l’ISNA).

Pur continuando a godere, come gruppo musulmano, di una reputazione di moderati, l’ISNA è stato coinvolto nel 2007 in un caso di terrorismo riguardante il finanziamento del gruppo jihadista Hamas. Nel corso di quel processo, le autorità hanno reso pubblico un documento interno dell’organizzazione islamica ed internazionale noto come la Fratellanza musulmana che s riferiva all’ISNA come un gruppo loro alleato in “questo peculiare grande jihad rivolto all’annientamento e alla distruzione della civiltà Occidentale dal suo interno, sabotandone la sua misera dimora in modo che la religione del vero Dio” – l’Islam – “risulti vittorioso sulle altre religioni.”.

Va anche detto che Cromitie e Williams non sono stati i primi ad uscire di prigione pronti di tutto punto a combattere per il jihad.

Quattro anni fa, le autorità scoprirono e sventarono un complotto jihadista elaborato all’interno della prigione “New Folsom” in California. Levar Hanley Washington, rilasciato sulla parola, ed il suo complice Gregory Patterson – entrambi convertiti all’Islam in carcere – furono arrestati per coinvolgimento in una serie di furti.

Con sé avevano un documento in cui si descriveva in dettaglio come preparare bombe azionate a distanza e come procurarsi silenziatori per armi da fuoco. La pista condusse gli investigatori fino alla cella di un detenuto della New Folsom, Kevin Lamar James, un altro convertito all’Islam. Qui trovarono le bozze di un comunicato stampa in cui si dichiarava aperto il jihad nella California Meridionale e che si riferiva a uno degli attacchi progettati come al primo di una serie:  “Questo è il primo di una serie di incidenti perpetrati al fine di difendere e di propagare l’Islam tradizionale nella sua purezza”.

I funzionari del sistema carcerario cominciarono a prenderesul serio la possibilità che all’origine delle idee di James sull’Islam vi fosse ciò che aveva letto nei libri messi a disposizione nella biblioteca della prigione. E così, pur tardivamente, iniziarono a dare un’occhiata al genere di libri religiosi presenti nelle biblioteche di tutte le prigioni.

Gruppi islamici hanno per anni riempito quelle biblioteche di letteratura jihadista. Ed anche quando i funzionari si sono attivati per espungere tale letteratura dalle biblioteche delle carceri, si sono trovati nella difficoltà di distinguere testi islamici meramente devozionali da quelli che contengono appelli a fare la guerra e a soggiogare gli infedeli.

Per esempio, gruppi islamici hanno distribuito in molte biblioteche carcerarie i testi di Ibn Taymiyya, un dotto islamico del tredicesimo secolo. Un libro polveroso, vecchio di settecento anni, non dovrebbe che avere un interesse storico, non vi pare? È improbabile che possa essere un test sovversivo che inciti alla violenza nel 2009, giusto?

Del resto, non ci sono ragioni per affermare il contrario: Ibn Tanymiyya spiega che la violenza insita nel jihad è un principio centrale dell’Islam infatti “il fare guerra secondo legge è essenzialmente jihad e dato che il suo scopo è che oggetto della religione sia solo Allah e che la sua parola sia sopra tutto, tutti i musulmani sono d’accordo nell’affermare che chiunque ostacoli questo scopo debba essere combattuto”. Ibn Taymiyya è uno dei pensatori preferiti da Osama Bin Laden e da altri jihadisti islamici dell’ultim’ora.

In generale, i detenuti di Guantanamo credono genuinamente a una forma virulenta, violenta di Islam. L’America può veramente permettersi di portare tali reclutatori del jihad all’interno dei confini dello Stato?

Mr. Spencer is director of Jihad Watch and author of “The Politically Incorrect Guide to Islam (and the Crusades)“, “The Truth About Muhammad,” and “Stealth Jihad” (all from Regnery — a HUMAN EVENTS sister company).