Bonus bebè l’esempio ungherese

Viktor OrbánLa Croce quotidiano 27 aprile 2016

Ci sono Paesi europei che ancora credono nella ricchezza di un bilancio di natalità in attivo, e che per questo dedicano parte sostanziosa del programma di welfare agli investimenti sulla natalità. Un esempio si trova nell’Ungheria di Viktor Orbán, il cui governo ha varato efficaci politiche per incoraggiare e premiare le nascite. Ben lungi da certo assistenzialismo italico (peraltro micranioso)

di Giuseppe Brienza

L’Europa, come sappiamo, ha il record negativo della natalità nel mondo, superata solo dal Giappone. Anche se molti vogliono convincerci del contrario, il declino demografico è causa di crisi di vario tipo, di ordine economico-finanziario ma anche sociale e culturale. Verso chi possiamo guardare oggi fra i Paesi europei impegnati a reagire a tutto questo? Prima di tutto all’Ungheria. Nei tempi antichi, il Paese magiaro è stato una efficace difesa (“antemurale”) della Cristianità contro gli attacchi provenienti da oriente ma, ai nostri giorni, possiamo dire che sotto diversi aspetti lo è diventato nei confronti la “dittatura del relativismo” proveniente dall’occidente (o, meglio, da una sua parte minoritaria ma potentissima, che ha in mano cioè il potere economico-finanziario e mediatico).

Nell’ultimo anno l’Ungheria di Viktor Orbán, per esempio, ha stanziato 32mila euro e un prestito dello stesso importo per le famiglie che mettono al mondo il terzo figlio, dove i genitori lavorino a tempo pieno, appena il bambino abbia compiuto sei mesi. Inoltre, nei centri abitanti in cui almeno cinque famiglie ne facciano richiesta, ha attivato servizi all’infanzia, come asili nido ed altro, entro un anno dalla richiesta.

Nella Repubblica Ungherese, insomma, come ha osservato giustamente Emanuela Bambara sulla testata on line “InTerris”, «le politiche per le famiglie non sono chiacchiere di propaganda elettorale e gli antichi aforismi diventano ottima realtà. Eppure, non ottengono il plauso dei media. Gli interventi a favore della vita, della famiglia e dell’incremento demografico del premier Orbán hanno provocato dure reazioni, piuttosto, da parte della stampa locale. Forse perché il primo ministro, cattolico, del Partito Popolare Europeo, ha contrastato i “poteri forti” della finanza internazionale, rendendo indipendente la Banca Centrale?» (Emanuela Bambara, Bonus bebè: il modello ungherese, in http://www.interris.it, 20 aprile 2016).

Sotto il governo di centro-destra del Fidesz (“Unione Civica Ungherese”), è un fatto, il numero di matrimoni è aumentato del 10 percento circa negli ultimi due anni, il numero dei divorzi è diminuito del 20 percento e, anche gli aborti, sono diminuiti nella stessa percentuale. Quali conseguenze per l’economia nazionale? Gli indici economici ungherese, che versavano in grave crisi al momento delle ultime elezioni presidenziali, sono notevolmente migliorati. Altro che “temi cattolici”, senza figli nessuno intraprende, inventa, genera fiducia ma, all’opposto, crescono i costi fissi e le tasse, diminuiscono le risorse, si perdono opportunità di lavoro.

Negli Stati in cui si registra una decrescita della natalità, le crisi economiche, politiche e sociali si moltiplicano. E non ci si venga a spiattellare lo slogan ideologico “Meno figli più immigrazione”, perché chi lo sostiene non è in grado di dimostrarne la fattibilità in termini di sviluppo e coesione sociale.

Le agevolazioni e i servizi per le famiglie numerose restano, nel nostro paese, irrisorie, anche dopo l’istituzione della “Carta Famiglia” nella Legge di Stabilità 2016, che prevede sconti e riduzioni tariffarie per trasporti, sport, cultura, per chi famiglie con almeno tre figli minori. L’assegno per il terzo figlio erogato dall’Inps, che è di soli 1.836,90 euro l’anno ed equivale a meno di quanto erogato per una mensilità in Ungheria, è riservato a nuclei familiari con almeno un genitore e almeno tre figli tutti minori, cittadini italiani e anche immigrati residenti, e un minimo di reddito fissato nel nuovo Isee 2016, sulla base di nuovi criteri che abbassano ulteriormente la soglia. E sono del tutto assenti gli incentivi alla natalità. Anzi, la natalità è culturalmente e nelle politiche attive disincentivata. Ad essere incentivato, piuttosto, è l’aborto e la contraccezione, ed anche su questo l’Ungheria ci insegna, avendo persino inserito nella sua nuova Costituzione la protezione della vita, dal concepimento alla morte, come principio fondante della Repubblica.

Nella seconda parte del testo costituzionale entrato in vigore il 1° gennaio del 2001, infatti, che concerne diritti e doveri dei cittadini, l’articolo II afferma che la vita umana è protetta fin dal momento del concepimento. Si è sostenuto che tale articolo violerebbe i valori europei; in realtà, esso è perfettamente conforme al principio del diritto romano secondo cui “infans conceptus pro nato habetur” (“il bambino concepito è considerato come nato”).

A chi va il merito di tutto questo? Al Primo Ministro Viktor Orbán che, da liberale e progressista che era, si è spostato prima di raggiungere il potere nel campo del centrodestra. È al 1993 che risale questa “conversione” politica e culturale di Orbán, non seguito da tutti i membri di allora del suo partito Fidesz. Alcuni non hanno accettato la svolta e hanno dato le dimissioni ma, la maggioranza, lo hanno seguito rendendo possibile la sua prima premiership, fra il 1998 e il 2002. Durante il suo primo governo Orbán si segnalò, fra l’altro, per aver promulgato una legge che concedeva prestiti a fondo perduto ai cittadini bisognosi per costruirsi una casa.

La stampa ungherese, controllata dai “poteri forti”, scatenò una campagna contro di lui e, d’allora, cominciarono le accuse tra l’altro di essere “antisemita”. Tanto si fece che ne provocarono la caduta ma, nel 2010, Orbán ritorna al governo una seconda volta, con la maggioranza parlamentare più solida affermatasi in Ungheria dopo la caduta del regime comunista (263 seggi su 386). Durante questo secondo mandato, che dura fino al 2014, entra in vigore, il 1° gennaio 2012, la nuova Costituzione, il cui Preambolo riconosce un valore fondante alla rivolta anti-sovietica del 1956, valorizzandone non gli elementi riformisti e “di sinistra”, quelli rappresentati dall’ultimo governo di Imre Nagy, ma quelli civici e nazionali.

Il primo punto della Costituzione maggiormente contestato in Occidente è stato comunque il riferimento a Dio ed alla religione, per cui si è addirittura parlato di una ispirazione “clericale” e di un progetto “teocratico”. E questo perché il testo costituzionale si apre con l’invocazione “Dio, benedici l’Ungherese!” (“Isten, áldd meg a Magyart”), riprendendo il verso iniziale dell’Inno di Ferenc Kölcsey (1790-1838), la poesia che, musicata da Ferenc Erkel, è diventata inno nazionale.

Sempre nel Preambolo della Costituzione si legge: “Siamo fieri del fatto che mille anni fa il nostro re Santo Stefano abbia collocato lo Stato ungherese su solide fondamenta ed abbia reso la nostra patria parte dell’Europa cristiana”. E più avanti: “Riconosciamo il ruolo di conservazione della nazione svolto dal cristianesimo”. Tali affermazioni sono state giudicate contrarie ai valori di laicità ai quali si ispira l’Unione Europea e sono sembrate discriminatorie nei confronti dei fedeli di altre religioni.

Per questo la nuova Costituzione ungherese, pur essendo stata approvata dai due terzi del Parlamento, è stata bollata in Occidente come antidemocratica e liberticida, suscitando in particolare le critiche delle istituzioni europee. L’Ungheria, infatti, con ben altre aspettative, era entrata nell’Unione Europea il 1° maggio 2004.

Altro articolo costituzionale provoca ancora attacchi fra i sostenitori dell’ideologia “pro-choice” è l’articolo L, nella prima parte della Carta, che definisce il matrimonio come “comunione di vita (“életközösség”) tra uomo e donna”. In un rapporto del 31 marzo 2011 Amnesty International ha giudicato problematico il fatto che la nuova Costituzione non interdica la discriminazione fondata sull’“orientamento sessuale”. In Parlamento europeo l’Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa (che riunisce varie formazioni politiche) ha protestato contro questo articolo che discriminerebbe le coppie omosessuali.

Nonostante tutto, nelle elezioni politiche dell’aprile 2014, il Fidesz ha ottenuto il 44,5% dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi. Ricevuto per la terza volta l’incarico di formare un governo, Orbán sta continuando ad attirare critiche e condanne. Noi siamo tra quelli che sostengono di conoscere prima di “deliberare”. Cominciando dal bonus bebè…