La guerra nazionale spagnola di fronte alla morale e al diritto (3)

del padre Ignacio G. Menendez – Reigada O.P
Docente di Teologia Morale, membro dell’associazione Francisco de Vitoria
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APPENDICE.

Sulla cattolicità del governo nazionale.

Abbiamo dimostrato in precedenza che il Governo Nazionale è cattolico, fondandoci principalmente su ciò che esso rappresenta – l’antitesi del Fronte Popolare – nei partiti politici che si associano ad esso in questa grande opera – tutti, in una forma o nell’altra, di glorioso lignaggio nazionale e, di conseguenza, cattolico – e nei suoi atti nazionali in senso chiaramente cristiano.

Ma è necessario insistere su questa affermazione concreta, perché quelli della fazione contraria, esperti nella calunnia e nel falsificare i fatti, si sforzano di presentare il nostro movimento come fascista o semplicemente militarista. Che strana ostinazione quella di chiamarci tutti fascisti, quando in anni precedenti non cessavano di bollare con questa etichetta i militanti dell’Azione Popolare, nonostante le reiterate dichiarazioni antifasciste del loro Capo e di tutta l’opera antifascista di questo partito politico!

Ma questa insistenza sul presentarci come fascisti, può sviare l’opinione di coloro che da lontano considerano il nostro movimento nazionale, e da ciò deriva la necessità di insistere su questo punto.

Il modo migliore di esporre manifestamente il carattere nazionale e cattolico di questo movimento, oltre a quanto già detto, sarà quello di copiare qui alcuni stralci di discorsi e dichiarazioni dei capi principali del movimento, e questo ci darà anche il modo di spiegare alcune frasi dei medesimi che potrebbero prestarsi a interpretazioni distorte, che vengono impiegate dai nostri nemici come un ariete formidabile per rivolgerci contro l’opinione del mondo cattolico.

Che questo movimento non sia fascista né militarista, lo ha dichiarato in primo luogo lo stesso Capo di Stato, il Generalissimo Franco. Ecco le sue parole: “La composizione delle forze che figurano nel campo nazionale permette di affermare che non si tratta di un movimento esclusivamente fascista. Se fissiamo l’attenzione nei principi programmatici e nelle ripetute dichiarazioni delle grandi milizie che figurano a lato dell’esercito, si può affermare che si tratta di masse dall’ideologia nazionale…

Tutto questo non vuole dire che non ci siano fascisti, considerando le convinzioni individuali … Non c’è nemmeno il diritto di qualificarci militaristi. Non è l’esercito che lotta da solo… Tutta la nostra Nazione è in armi e si è spontaneamente mobilitata tutta la popolazione civile, senza distinzione di sesso, classi ed età…” (La Gazzetta Regionale, di Salamanca, n° 5016).

Smentiti decisamente questi due concetti di militarismo e di fascismo ed affermato per contrapposizione il carattere nazionale del movimento, ascoltiamo nuovamente il “Caudillo” nell’allocuzione pronunciata dall’emittente “Radio Nacional” in occasione della sua inaugurazione, che è a volte il luogo dove ci esprime il suo pensiero in modo più chiaro e perentorio; pensiero che non è suo, bensì di tutta la nazione che al suo fianco e sotto il suo comando – che è forte e soave allo stesso tempo, come spinto dalla vera carità cristiana – ha intrapreso e sostiene questa crociata eroica contro i nemici di Dio e della Patria.

Trascriveremo solo alcuni paragrafi che attengono più direttamente al nostro tema, nei quali si dichiara il carattere nazionale del movimento in modo pieno ed a tutta luce, assieme ai motivi della nostra contesa ed al sentimento religioso che la informa. Parla il “Caudillo”.

“Questo è un movimento nazionale, lo svegliarsi di un popolo che non riconosceva sé stesso e si sentiva straniero e fuori posto… Per la pace ed il benessere dell’agricoltura; per il miglioramento, razionale e giusto, della classe operaia e di mezzo; per la libertà di coscienza ed il rispetto della Religione e delle tradizioni; per la tranquillità ed il benessere dei focolari; per la nostra civiltà minacciata e per il prestigio della nostra bandiera; per l’indipendenza della nostra Patria; per una Spagna nuova, per una Spagna libera, per una Spagna grande, i nostri soldati sono oggi in lotta contro l’invasione russo-comunista … È questo il nostro titolo di nobiltà: l’amor di Patria, l’onorabilità, l’amore del popolo, un sentimento cattolico profondo ed una fede cieca nei destini della Spagna. Nell’ambito religioso, alla persecuzione esasperata dei marxisti e comunisti a quanto rappresenta l’esistenza di una spiritualità, di una fede o di un culto, noi opponiamo il sentimento di una SPAGNA CATTOLICA, con i suoi santi ed i suoi martiri, con le sue istituzioni secolari, con la sua giustizia sociale e la sua carità cristiana … Questa è la Spagna che saluta il mondo, onorata con il riconoscimento di quei parsi che sanno della minaccia del comunismo e comprendono la santità della nostra crociata per la difesa della civiltà. La Spagna che gradisce cavallerescamente la assistenza spirituale di altri popoli che, senza esteriorizzazioni ufficiali, piangono come proprie le profanazioni dei nostri luoghi di culto ed il martirio che le orde sanguinarie infliggono ai nostri connazionali. La Spagna che è in comunione ed intima devozione col suo capo”. (ABC, di Siviglia, n° l0496).

Questo è il pensiero di “quell’illustre Caudillo della cavalleresca Spagna, che riassume l’hidalguìa, il valore, il sapere, l’austerità e la vera democrazia cristiana”. (Parole dell’ammiraglio Cervera, capo di Stato Maggiore della Marina Nazionale). Come commento e compendio unico dei nostri desideri, questo stesso capo cattolico della nostra Marina, ammiraglio Cervera, ci dirà in due parole quel che difendiamo. “Difendiamo, dice, l’onore e la vita della Spagna, grande, una e libera, e con essa le radici della nostra Storia e la sacrosanta e bella religione di Cristo“. (La Gazzetta Regionale, di Salamanca, n°5002).

Di fronte a queste dichiarazioni solenni e chiare, ci potrà essere chi dubiti che il Governo Nazionale è cattolico, come lo sono le persone investite di questa altissima funzione e l’autentico popolo spagnolo con cui sono perfettamente fuse? Nel nostro partito vi potrà essere chi individualmente non professa la religione cattolica; ma questo movimento nazionale è collettivamente cattolico, cattolico è lo spirito che lo anima e cattolici coloro che lo dirigono e rappresentano.

Ed anche individualmente, quelli che senza partecipare a questa convinzione e sentimento cristiano sono al nostro fianco, comunicano con noi nell’amore alla Spagna, alla vera Spagna, che è la Spagna cattolica dei nostri antenati, rigenerata e ringiovanita con questo battesimo di sangue; e questo amore alla Spagna non può fare a meno di produrre in essi un profondo sentimento di rispetto, di venerazione e persino di amore alla religione cristiana, che è come lo spirito della nostra anima spagnola ed il blasone di tutte le nostre grandezze ancestrali.

In questo si distinguono da quelli che stanno dalla parte contraria, che non sanno nulla di amore, ma solo di odio: odio alla madre Patria e odio a tutto quanto rappresenta. Dio è amore e chi si stacca da Lui non sa fare altro che odiare, mentre il vero amore nasce da Dio ed è via che a Lui conduce.

Qualche scrupoloso potrebbe tuttavia ritirarsi di fronte alla frase del “Caudillo” quando dice che lottiamo per “la libertà di coscienza ed il rispetto della Religione”.

Ma è necessario riconoscere che chi non comprende quello che questa frase significa in questo caso possiede poca vista. È che in Spagna, dall’avvento della Repubblica, la persecuzione religiosa si era scatenata nonostante le proteste fallaci degli scrittori del Fronte Popolare.

Per i cattolici spagnoli, che formano la maggioranza della nazione, non esisteva libertà di coscienza, né era rispettata la loro religione, ma era vessata ed oppressa; e quella libertà e quel rispetto è quello che esigiamo virilmente, come dichiara il nostro “Caudillo”, perché si tratta di un diritto inconcusso ed inalienabile.

Altre parole del generalissimo Franco meritano un breve commento, poiché di esse hanno abusato coloro che pretendono di convincere il mondo che il nostro movimento non è l’espressione dell’anima nazionale, vigorosamente cristiana, bensì un’insurrezione di parte con un contenuto più o meno politico. Sono quelle del discorso pronunciato a Burgos in occasione della sua nomina a Capo dello Stato. Dicono così:

“Lo stato, senza essere confessionale, concorderà con la Chiesa Cattolica, rispettando la tradizione nazionale ed il sentimento religioso dell’immensa maggioranza degli spagnoli …” (ABC, di Siviglia, n° 10403).

Confessiamo ingenuamente che quella frase, “senza essere confessionale”, ha scandalizzato non pochi, sia per malizia che per ignoranza.

Analizziamola un momento e vedremo che non c’è motivo di scandalo, se non farisaico. Le parole confessionale e aconfessionale possono essere intese, e di fatto lo sono, in sensi diversi. In questa gamma possiamo evidenziare tre gradi principali di confessionalità religiosa per qualunque istituzione od organismo sociale.

Nel supremo grado di confessionalità ci sono tutte quelle istituzioni che hanno come oggetto principale qualche fine religioso, e queste, trattandosi di istituzioni cattoliche, devono essere completamente sottomesse alla giurisdizione ecclesiastica.

Il grado più basso di questa gamma è costituito dalla aconfessionalità assoluta, vale a dire la negazione di ogni idea religiosa, l’ateismo ufficiale di una qualsiasi istituzione, il cosiddetto laicismo, nel quale si prescinde socialmente persino dall’idea di Dio, relegando la religione al segreto della coscienza o, perlomeno, al tempio e al focolare.

Fra questi estremi, c’è un altro grado intermedio, che è quello che conviene alle istituzioni che hanno un fine proprio distinto dal fine religioso, le quali non prescindono da Dio né dall’idea religiosa, anzi la accettano per conformare i loro atti a ciò che la religione e la morale prescrivono, senza che il fine loro proprio ed i mezzi per perseguirlo siano assorbiti dalla religione, né siano sottomessi, in quanto tali, alla giurisdizione ecclesiastica; così come le istituzioni di cui trattiamo non devono a loro volta immischiarsi in affari religiosi né arrogarsi autorità su tali questioni, come succede in Inghilterra con la sua religione di Stato.

Le istituzioni di questo genere hanno una confessionalità relativa, secondo la natura loro propria, e possono dirsi confessionali, come possono dirsi non confessionali. Sono confessionali a confronto con quelle di infimo grado, che hanno carenza di ogni confessionalità; e non sono confessionali rispetto a quelle di grado più elevato, che hanno come fine principale un qualche bene religioso.

E possono anche dirsi non confessionali rispetto a quelle che, avendo il loro fine proprio specificatamente distinto da quello religioso, ammettono, senza dubbio, la promiscuità dei fini, con l’introduzione di autorità diverse da essi, sebbene l’autorità religiosa si sovrapponga ed assorba fino ad un certo punto quella civile, o avvenga il contrario, come nel caso citato dell’Inghilterra.

Orbene il Capo dello Stato spagnolo dicendo che lo Stato non sarà confessionale (“senza essere confessionale”), parla di una aconfessionalità assoluta, che prescinda dall’idea di Dio e della religione cattolica che è quella “della stragrande maggioranza degli spagnoli”? Sarebbe tanto assurdo attribuirgli questo senso, che non si concepisce chi possa ammettere una simile interpretazione in buona fede.

Nel riconoscere la Chiesa Cattolica per accordarsi con essa, nel sentirsi il rappresentante di un popolo cattolico nella sua immensa maggioranza, egli dichiara già solennemente la sua confessionalità, questa confessionalità relativa di cui abbiamo parlato. E questo lo si prova anche per le altre testimonianze addotte e, soprattutto, per i suoi atti di governo.

Quello che il nostro “Caudillo” ci ha voluto dire con quella espressione, è che lo Stato non sarà confessionale perché i due poteri, civile e religioso, si manterranno dentro i propri limiti, senza assurde intromissioni nel campo altrui. Lo Stato non si immischierà in affari puramente religiosi, né cercherà di diminuire i diritti della Chiesa e della sua Gerarchia assorbendo poteri che non gli competono; e perciò aggiunge che “concorderà con la Chiesa Cattolica” i rispettivi diritti nelle materie miste.

Ciò si contrappone a quanto succedeva in Spagna al tempo della Monarchia, dove, col pretesto della cattolicità dello Stato, anche se in moltissimi casi non lo era nei fatti, esso si arrogava il diritto di intervenire nella nomina a cariche ecclesiastiche e in molte altre cose proprie solo della Chiesa. Questo non sarà fatto dal nuovo Stato spagnolo.

Ed affinché si veda con più chiarezza che questo è il senso della frase che abbiamo commentato, basta ascoltare quanto segue le parole già citate. Dopo avere riconosciuto il diritto della Chiesa Cattolica, la tradizione nazionale ed il sentimento religioso dell’immensa maggioranza degli spagnoli, aggiunge: “senza che ciò significhi intromissione né diminuisca la libertà nella direzione delle funzioni specifiche dello Stato”.

Vale a dire, che la Chiesa non sottrarrà allo Stato neppure un atomo della sua sovranità, né lo Stato si attribuirà funzioni ecclesiastiche; le parole secondo cui lo Stato non sarà confessionale non possono volere dire altro, contrapponendosi a certi Stati che, col pretesto di essere confessionali, cercano solo l’asservimento della Chiesa e l’ingerenza nelle cose ecclesiastiche.

Nessun cattolico vuole uno Stato confessionale nella forma in cui lo erano molti governi della Monarchia. Senza timore di falsificare il pensiero del Capo dello Stato spagnolo, potremmo tradurre le sue parole con queste altre: “Lo Stato riconoscerà i diritti della Chiesa Cattolica, assicurandole piena libertà negli affari di sua esclusiva incombenza e concordando con essa nelle materie di giurisdizione mista, rispettando la tradizione nazionale ed il sentimento religioso dell’immensa maggioranza degli spagnoli; senza che questo significhi intromissione né diminuzione di libertà per la direzione delle funzioni specifiche dello Stato”.

Questo significa Stato confessionale oppure no? Abbiamo già visto che si possono dire le due cose. È confessionale in quanto con esso si esclude l’ateismo politico dello Stato repubblicano che abbiamo subito negli anni passati; ed è non confessionale in quanto si oppone alla confessionalità del regime protezionista imperante in Spagna durante gli ultimi secoli, che in pratica non era altro che un mezzo nascosto per mantenere la Chiesa sottomessa e alle dipendenze dello Stato.

Questo sistema protezionista non può essere l’ideale di nessun cattolico. Quel che noi vogliamo, come cattolici e spagnoli, è che ognuno dei poteri, civile ed ecclesiastico, abbia una perfetta libertà e indipendenza nel perseguire dei suoi fini e nello svolgimento delle rispettive funzioni, concordando amichevolmente e in formule precise sugli argomenti in cui ci può essere conflitto di diritti essendo di giurisdizione mista.

E questa libertà mutuamente riconosciuta e rispettata religiosamente, condurrà a una mutua concordia e compenetrazione spirituale – non espressa in formule vuote, il cui contenuto reale è molto spesso di sospetto, prevenzione, sfiducia e sforzo di dominare l’altro potere ritenuto avverso -; e da ciò verrà il mutuo aiuto e appoggio che spiritualmente e indirettamente si prestino la Chiesa e lo Stato per il fiorire della Religione e della Patria, senza che uno dei due poteri pretenda di scavalcare e crescere a spese dell’altro; bensì, riconoscendo che l’ingrandimento di uno aiuta potentemente l’ingrandimento dell’altro, perché non hanno fini antitetici che stanno in ragione inversa, bensì in ragione diretta, compenetrati negli stessi soggetti.

La Chiesa, formando perfetti cristiani, forma anche dei perfetti cittadini, che sapranno sempre compiere i loro doveri verso la Patria ed innalzarla all’altezza che si merita. E lo Stato, lavorando per il bene temporale della stessa Patria, contribuisce indirettamente alla fioritura della religione che si professa in esso; e in modo più diretto, con leggi giuste e prudenti, reprime il vizio, l’immoralità, la propaganda empia e sovversiva, preparando il terreno affinché la semente religiosa metta radici e produca frutti squisiti.

Non voglio concludere questo modesto lavoro senza stamparvi le parole di uno dei principali capi e promotori del nostro movimento nazionale. Nel suo discorso del 28 gennaio del 1937, intitolato “chi siamo e dove andiamo“, pronunciato dall’emittente “Radio Nacional”, Emilio Nola, Capitano Generale dell’Esercito del Nord, si esprime nei seguenti precisi e pungenti termini. “siamo cattolici, ma rispettiamo le credenze religiose di coloro che non lo sono; pensiamo che la Chiesa debba rimanere separata dallo Stato, perché così conviene a quella e a questo, ma pensiamo anche che questa separazione non indica divorzio, bensì la forma esterna di uno stretto matrimonio spirituale, la Spagna, grazie a dio, non ha smesso né può smettere di essere cattolica“. E prima di finire il suo discorso, aggiunge: “Organizzeremo scuole dove i maestri insegnino ad amare Dio e la Patria” (La Gaceta Regional, di Salamanca, n° 4997).

Ecco il nostro cattolicesimo apertamente affermato da una voce autorizzata a farlo. Ecco il “matrimonio spirituale” di cui parlavamo un momento fa. Ecco lo Stato che aiuta la Chiesa e la Chiesa che aiuta lo Stato con la creazione di scuole “dove i maestri insegnino ad amare Dio e la Patri”.

Ci sarà per caso chi farà delle osservazioni per quanto si dice che “la Chiesa deve rimanere separata dallo Stato”? Può ben essere che, omettendo di fare caso a quel che segue, qualcuno si ostini a dire che quella separazione non è conforme alla dottrina cattolica. Cosa vuole dire dare alle parole un valore smisurato, prescindendo dal loro reale contenuto!

Giammai si potrebbe dire meglio con l’Apostolo che “la lettera uccide, mentre lo spirito vivifica”. Cos’è, infatti, quella separazione nella “forma esterna” con “stretto matrimonio spirituale”, più che la delimitazione necessaria degli attributi e delle funzioni di entrambi i poteri, senza il confusionismo ed il servaggio del regime protezionista, per l’utilità di entrambi, fra i quali deve regnare la più perfetta armonia?

Per la felicità di un matrimonio e la prosperità della famiglia, è necessario che vi sia una separazione di funzioni ed il riconoscimento dei mutui diritti, con il compimento esatto dei doveri di ogni coniuge, senza intromissione di uno in ciò che è esclusivo dell’altro, entrambi unificati da una stessa corrente vitale di amore, di fedeltà e di aneliti reciproci di prosperità.

La separazione, che è divorzio, è la rovina e la morte della società domestica; ma la separazione di cui parliamo è l’indice del suo ingrandimento. Altrettanto succede con la Chiesa e lo Stato per l’ingrandimento della società civile.

È vero che la parola separazione viene di solito intesa nel senso di divisione, di allontanamento, di “divorzio”, perfetto o imperfetto; e in quell’accezione non si applica né può applicarsi al caso presente. I fini della Chiesa e dello Stato sono perfettamente armonici.

Il fine dello Stato è procurare agli uomini la felicità imperfetta di questa vita, che non può raggiungersi se non all’interno di un ordine di morale e diritto, per lo stretto compimento del dovere e la pratica della virtù.

Il fine della Chiesa è di condurre quegli stessi uomini alla felicità perfetta della vita futura, sempre per mezzo della pratica della virtù, innalzata ad un ordine soprannaturale nella società cristiana e fomentata dai mezzi soprannaturali di cui la Chiesa dispone.

È da lì che nasce quello “stretto matrimonio”, quella compenetrazione spirituale fra i due poteri per l’ingrandimento di ambe le società ed a vantaggio dei loro membri, come sono i medesimi come cittadini e come cattolici, e non potranno giungere alla Patria celeste senza comportarsi come buoni cittadini nella Patria che abbiamo qui.

Forse non è ancora stata inventata una formula esatta che dichiari, da una parte, la separazione o limite di diritti e funzioni che ci devono essere fra la Chiesa e lo Stato, e, dall’altra, la perfetta unione o matrimonio spirituale fra entrambi i poteri quando si tratta di una società cristiana. A titolo di saggio, non con carattere definitivo, ci azzardiamo a presentare una formula tripartita che possa esprimere in modo adeguato il pensiero che bolle in mente a tutti.

Ecco: Libertà e indipendenza della Chiesa e dello Stato nel perseguire dei rispettivi fini e nell’esercizio delle rispettive funzioni; concordia giuridicamente prestabilita nelle materie di giurisdizione mista; compenetrazione spirituale, con mutuo aiuto e amichevole collaborazione per il bene integrale dei cittadini, in quanto entrambi i poteri agiscono su uno stesso organismo sociale.

Ci pare che questa formula esprima abbastanza esattamente il contenuto ideologico della filosofia cristiana per quanto riguarda le relazioni fra Chiesa e Stato, ed anche il pensiero dei principali capi del nostro movimento nazionale, come punto programmatico del nuovo Stato.

Ed in questa formula non tocchiamo la questione della superiorità della Chiesa a causa del suo fine, perché in pratica non è necessario stabilire tale superiorità se le mutue relazioni fra i poteri si regolano ordinandosi alla formula proposta, ed il parlare di superiorità della Chiesa potrebbe sembrare un segno di sfiducia, facendo pensare che si cercasse di diminuire la libertà e l’indipendenza dello Stato, inducendolo con questo motivo a prendersi la rivincita o a mantenersi in stato di difesa, cosa che romperebbe la cordialità e la vera unione spirituale a cui si ambisce.

Che Dio benedica il nostro movimento; che il sangue dei nostri martiri benedica il nostro suolo; che l’eroismo dei nostri soldati strappi le spine avvelenate dal nostro terreno; che lo spirito dei nostri capi alzi sulle rovine l’edificio della Spagna una, grande, libera e cattolica; che lo sforzo di tutti per il compimento del dovere ci rigeneri individualmente e collettivamente; che l’orazione unanime e fervente si slanci dai nostri petti, fiorisca sulle nostre labbra e profumi il nostro ambiente, sotterrando il linguaggio insolente e attraendo a noi una pioggia di grazie celesti; che la carità cristiana ci stringa coi suoi lacci soavissimi, cercando le nostre più pure soddisfazioni nel fare il bene ai nostri simili; e così giungeremo alla meta dei nostri ideali e raccoglieremo in abbondanza quel che oggi seminiamo con dolore e sacrificio.

continua

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