Si può sconfiggere il terrorismo?

attentato_LondraComunità Ambrosiana Newsletter di Alleanza Cattolica in Milano n. 203

aprile 2016

Marco Invernizzi

Care amiche, cari amici

Forse non ci siamo ancora resi conto veramente che, anche in Italia, il rischio terrorismo è molto reale. Chi ha una certa età non può non ricordarsi che ci fu un’altra stagione, negli Anni Settanta, in cui il terrorismo era ben presente nella nostra società. Un terrorismo che non era soltanto quello stragista e ambiguo della bombe sui treni o nelle banche, ma era un terrorismo presente nelle scuole e nelle università, nelle fabbriche e su molti giornali, un terrorismo che negava la libertà di parola agli anticomunisti e che giustificava la loro eliminazione, a volte anche fisica.

Certo, non tutti i comunisti erano terroristi, ma i terroristi agivano nel nome del comunismo, così come oggi non tutti i musulmani sono terroristi, ma i terroristi agiscono nel nome di quello che credono essere l’Islam.

All’inizio i terroristi comunisti erano degli “infiltrati dai servizi” o “fascisti provocatori”, poi divennero “compagni che sbagliano” e infine vennero denunciati alla Magistratura e alle Forze dell’ordine, quando il Pci smise di coprire coloro che erano in parte usciti dalle sue fila. Soltanto allora il terrorismo venne sconfitto, quando perse il consenso che aveva nelle manifestazioni, nei diversi partiti della sinistra, nelle stesse istituzioni e nei giornali. Chi allora andava a scuola o all’università ricorda bene le tante connivenze.

Anche oggi bisogna che le comunità islamiche che vivono in Occidente espellano dai loro ambienti coloro che appoggiano o praticano il terrorismo.

Questo noi lo possiamo auspicare e richiedere, ma non possiamo sostituirci alle comunità che professano l’Islam. Possiamo però imparare da allora che questo male non verrà mai debellato finché non ci decideremo a far circolare di nuovo nei nostri Paesi quei princìpi che distinguono la nostra fede e la civiltà cristiana che è nata dalla fede in Cristo.

Ho un amico che si è convertito dall’islam, dopo un lungo combattimento interiore, che mi ha spiegato come il motivo dominante della sua conversione fosse il fatto che i cristiani gli parlavano sempre di amare, di volere il bene delle persone che gli stavano intorno. I musulmani no. Allora mi chiedo quando cominceremo a rivendicare con fierezza questa peculiarità, mostrandola a chi, da noi, professa altre religioni, così come facevano i primi cristiani, che convertivano i pagani soprattutto con la loro vita, quando dimostravano di volersi bene dentro un mondo pieno di rivalità, di rancore, di odio. È così con tutte le altre caratteristiche della fede, che è anzitutto un incontro personale con il Signore, ma è anche un modo particolare di relazionarsi con il prossimo che convince anche solo da un punto di vista umano.

Questo è un aspetto importante della nuova evangelizzazione. C’è la preghiera certamente, che può tutto, anche spostare le montagne e dunque entrare nei cuori che abitano le nostre città provenienti da altre religioni e culture. Ma c’è anche il nostro uscire da noi stessi, dai nostri piccoli o grandi problemi, come il Pontefice ha suggerito nella Notte Santa, invitando a uscire da sé, ad andare incontro alle esigenze del prossimo, a vincere la tristezza come una malattia terribile e devastante.

Non solo, ma c’è anche una cultura politica da re-insegnare. Il cristianesimo è anzitutto il seguire il Figlio di Dio, ma la fede deve diventare cultura e costruire un mondo migliore. Il terrorismo rosso cominciò ad essere sconfitto quando iniziò a favorire il recupero di una tradizione culturale che sembrava scomparsa. Provate solo a confrontare i libri di impostazione cattolica e controrivoluzionaria che uscivano allora e quanti invece ne escono oggi. Molto è stato fatto da questo punto di vista e io stesso posso personalmente testimoniarlo.

Lo stesso si può fare oggi di fronte alla sfida della inaudita violenza e della cultura della morte professata dai terroristi. Avviciniamo le comunità islamiche, coinvolgiamo i loro bambini mostrando loro che si può vivere nell’amore, nella fratellanza, nella libertà, senza rinunciare alla ricerca della verità, senza dimenticare l’obbedienza e il rispetto di una morale scelta e non imposta. Coinvolgiamoli nella difesa della famiglia e nel contempo mostriamo loro l’unicità e l’indissolubilità dell’amore coniugale.

Il nostro mondo occidentale sta morendo, ma non siamo alla fine del mondo. Un altro mondo nascerà: o sarà il frutto del nostro apostolato, o saremo soggiogati da un’altra cultura.