Nasce il Popolo della Famiglia

popolo_famigliaDal blog Il ciellino partigiano

domenica 13 marzo 2016

Devo dire che mi sono ricreduto

Da tempo pensavo all’eventualità che dalle manifestazioni del Family Day potesse nascere una qualche rappresentazione politica. Anzi, ho anche temuto che l’evento del Family Day finisse per essere da traino per qualche entrata in politica. Ma non mi sono posto il problema di parteciparvi o no per questo motivo, perché era troppo importante e significativa la posta in gioco per porsi in quel momento queste domande. E pensando alla possibilità di un flop politico, avevo finora scartato l’idea come un cattivo pensiero

Quando poi è uscita la notizia, sono rimasto perplesso anche se in attesa di capire meglio. E l’uscita dei primi commenti negativi (come quello di Socci) mi aveva confermato alcuni dubbi

Ma ho partecipato al primo incontro fondativo del Popolo della Famiglia, tenuto a Roma venerdì 11 e personalmente ogni perplessità è scomparsa. Le perplessità erano quasi svanite quando il giorno prima avevo letto sul sito lacrocequotidiano.it un articolo di Gianfranco Amato nel quale confutava le dieci obiezioni più diffuse sulla nascita di questo partito e sulla entrata in politica dei suoi protagonisti. Dopo quella lettura, mi sono detto che valeva la pena andare a vedere di persona.

Sono andato e ho trovato conferma delle sane motivazioni che hanno condotto a questa iniziativa.

La prima motivazione per me convincente è qualcosa che si può definire come “il clima”, l’aria che si respira vedendo le persone convenute e la familiarità dei rapporti. Qualcosa che si capisce e insieme non si può descrivere. O si può descrivere perché ciascuno di noi ha un amico, qualcuno che, se non si vede per un pò di tempo, poi si saluta con particolare affetto. Ecco, tutti lì si salutavano con particolare affetto. Questa per me è stata la prima evidenza: un luogo umano in cui le persone si trattavano con una familiarità e un’amicizia destata “dal presentimento del vero”.

Questo è il vero motore di quella iniziativa che da quel giorno ha ufficialmente un’etichetta e si chiama “Popolo della Famiglia”.

La seconda motivazione (del mio ricredermi) è la coscienza evidente, espressa a chiare lettere, che dalla coscienza del valore della famiglia è ormai nata la coscienza di essere un popolo. E un popolo si muove, agisce, un popolo identifica un progetto e si muove secondo una direttrice che identifica un valore. Un popolo che non solo agisce (finora nel privato delle famiglie) ma pure reagisce di fronte a degli eventi di grande calamità. E la grande calamità è stato il grande tradimento dei politici cosiddetti “cattolici” che alla fine hanno votato la Cirinnà, calpestando il Magistero della Chiesa.

La terza motivazione è la dichiarazione fin da subito del programma del partito: la Dottrina Sociale della Chiesa. In un momento in cui tutto è calpestato (e prima di tutto i valori e i nostri diritti), porre la DSC come programma di partito vuol dire iniziare a porre il fondamento per una “resistenza prudente e coraggiosa, giusta e temperante nella misura del possibile, nei confronti dell’ordine sociale, economico e politico dominante nella modernità avanzata” (MacIntyre, “Dopo la Virtù”, Armando Editore, 2007, pag. 26). Di fronte a questa posizione, la problematica del risultato è una questione sfumata, perché, come hanno detto Mario Adinolfi e Gianfranco Amato, più del risultato, è fondamentale esserci, non era più possibile attendere oltre. E se non si inizia perché si ha paura del (possibile) flop elettorale, allora non si inizierà mai.

Poi potrei raccontare di molte altre motivazioni, dal racconto delle aggressioni subite (come inizio non c’è male!) alla presentazione dei candidati a sindaco delle principali città in cui si andrà a votare. Ma le ragioni profonde sono per me quelle espresse qui sopra.

Per questo da oggi aderisco moralmente, culturalmente e politicamente al Popolo della Famiglia