I principi della democrazia non possono essere democratici, altrimenti non sarebbero principi

democraziaVita Nuova, settimanale cattolico di Trieste 30 luglio 2015

 Se i principi della democrazia sono democratici vuol dire che sono decisi a maggioranza e le maggioranze possono cambiare. Ma che principi sono dei principi che cambiano? Se invece i principi non cambiano, allora non sono decisi a maggioranza. La democrazia sta in piedi solo se si fonda su cose che la precedono e che non si decidono a maggioranza.

di Stefano Fontana

Nel numero di Vita Nuova di venerdì prossimo 31 luglio, una pagina di grande interesse sul rapporto tra democrazia e religione. Su Vita Nuova del 26 giugno Silvio Brachetta aveva criticato la Lectio Magistralis tenuta dal prof. Nida-Rümelin a Trieste. Ora la dottoressa Fiorella Battaglia critica a sua volta le tesi di Brachetta. Pubblichiamo qui un intervento di Stefano Fontana sul tema mentre vi diamo appuntamento alla pagina di Vita Nuova di venerdì prossimo.

La concezione della storia europea come caratterizzata dalle guerre di religione, messa così come fa la dottoressa Battaglia interpretando Rumelin è piuttosto ingenua. La ragione politica che avrebbe dovuto portare la pace dopo le guerre di religione non solo ha portato le stragi di regime e la sistematica soppressione violenta dell’avversario come durante la Rivoluzione Francese, ma ha portato anche una nuova religione, quella della ragione politica erta a suprema verità assoluta. Senza religione, la politica si fa religione, e sono guai per tutti. La ragione politica erta a suprema verità assoluta è anche quella che oggi pianifica in grande scala l’uccisione di esseri umani tramite l’aborto e vorrebbe riplasmare per via amministrativa la natura umana con l’ideologia del gender.

Ad avere previsto questa deriva sono stati molti spiriti avveduti, cattolici e laici, da Del Noce a Giovanni Paolo II, da Chesterton a Dawson, da Adorno ad Horkheimer, da Tocqueville a De Corte, da Pio IX a Talmon. Questo bisognerà pure spiegarlo o ci si vuole scaricare di ogni responsabilità gettandola sulle guerre di religione di cinque secoli fa?

C’è democrazia e democrazia. La democrazia liberale è senz’altro contraria al cristianesimo in quanto è una specie di totalitarismo nascosto, come dice Giovanni Paolo II nella Centesimus annus. Ci può essere una democrazia che va d’accordo col cristianesimo, se accetta che non sia il conto delle mani alzate a decidere i principi.

La democrazia che pensa questo è già totalitaria e, come diceva Horkheimer, non farà distinzione tra vittima e carnefice. E come si può non pensare così se non mettendo le cose sacre ed assolute in mano non a delle assemblee più o meno prezzolate ma a Dio? E a quale Dio se non a quello che, creato l’uomo a sua immagine, lo ha voluto libero nella verità?

La democrazia ha dei principi, sembra dire la dottoressa. E da dove li deriva? Se li deriva da qualcosa che sia extra democratico potrebbe essere accusata di essere una democrazia non democratica. Se li deriva da una decisione presa democraticamente essi non possono essere principi, ma avranno sempre l’instabilità di convenzioni che possono anche essere cambiate. Ciò vale anche per i famosi diritti umani. In questo caso la democrazia sarebbe senza principi ed allora è certo che non sarà democratica ma totalitaria.

La democrazia non può sfuggire al tema dei suoi fondamenti che però, per essere tali, non possono essere stabiliti democraticamente. E’ qui che essa ha bisogno della religione e in particolare della religione “dal volto umano”, quella nella quale la ragione politica si riconosce meglio e di più, solo che voglia veramente adoperare la ragione, che invece nelle democrazie liberali è sottostimata e scivola nel relativismo.

La democrazia, specialmente la democrazia liberale, ha i suoi dogmi e li impone spesso con violenza. Essi si fanno più gravi quanto maggiormente vengono espunti i dogmi religiosi, perché il dramma di un dogma non è di essere un dogma, ma di essere un dogma solamente umano.