Nella Chiesa riforme, ma non rivoluzione

sinodo-famigliaPer Rassegna Stampa 26 ottobre 2015

[Una versione parziale di questo testo appare oggi sul “Mattino” di Napoli]

 Massimo Introvigne

Si è concluso il Sinodo ordinario dei vescovi, «secondo tempo» dello sforzo sinodale cattolico sulla famiglia dopo il Sinodo straordinario del 2014. Oggetto di attese per alcuni e di preoccupazione per altri, ci si aspettavano dal Sinodo grandi riforme dell’insegnamento cattolico in tema di comunione ai divorziati risposati, convivenze, omosessuali.

I media avevano alimentato queste attese, qualche volta equivocando su che cos’è e a che cosa serve un Sinodo. Due volte nel corso del Sinodo è intervenuto Papa Francesco a ricordare che «un Sinodo non è un parlamento» ed è regolato, in attesa di eventuali riforme, dal documento del 1965 di Papa Paolo VI che lo ha istituito. Questo documento precisa che scopo del Sinodo non è introdurre riforme ma fornire «informazioni e consigli» al Papa in vista di decisioni che lui, e lui solo, potrà eventualmente prendere.

Anche la relazione finale del Sinodo, approvata ieri, non è un testo rivolto immediatamente ai fedeli per regolare la loro vita cristiana. È una sintesi dei consigli e delle informazioni che i padri sinodali intendono fare giungere al Papa, rimettendosi alle sue decisioni. Questa è la realtà teologica e canonica del Sinodo. Ma accanto a questa c’è una realtà sociologica. I padri sinodali vivono nel XXI secolo e sanno benissimo che molti fedeli e forse anche molti parroci leggeranno la loro relazione come opinione autorevole della Chiesa.

Che cosa ha detto, dunque, il Sinodo? Dalla lettura dei documenti mi pare di poter rispondere che non vi sono rivoluzioni, ma un generale spirito di riforma. Il Sinodo vuole anzitutto che ovunque si parli di più della bellezza della famiglia, del matrimonio, dell’amore fedele e indissolubile di un uomo e di una donna. Il Sinodo sa che in molti Paesi, Italia compresa, il primo problema non è la sorte dei matrimoni ma il fatto che un numero crescente di giovani sceglie di convivere senza sposarsi.

I padri sinodali non raccomandano al Papa anatemi e condanne, ma gli chiedono di guidare la Chiesa in una grande campagna mondiale perché i giovani si innamorino nuovamente del matrimonio e decidano di spendere la loro vita nel rischio e insieme nella bellezza della famiglia e dei figli.

Nel discorso conclusivo Papa Francesco ha rilevato che ci sono opinioni diverse su molti punti da un Paese e da un continente all’altro. Ha «sollecitato tutti a comprendere l’importanza dell’istituzione della famiglia e del Matrimonio tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana».

Nello stesso tempo, ha invitato alla misericordia, senza «condanne e anatemi» e ha affermato che «i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono».

Francesco lo aveva detto: non ci occuperemo esclusivamente e neppure principalmente di divorziati. La parte che riguarda i divorziati risposati occupa poche pagine, a fronte dell’amplissima trattazione della grandezza del matrimonio e del ruolo cruciale della famiglia nella Chiesa e nella società.

La relazione ribadisce che il matrimonio cristiano è indissolubile e non contiene nessuna apertura al divorzio. Invita ad accogliere i divorziati risposati nelle comunità cristiane, ma questo era stato detto tante volte in passato. Su un cammino che possa portare ad una eventuale ammissione eventuale ai sacramenti, senza mai menzionare esplicitamente l’eucarestia, invita a un discernimento caso per caso, in un brano della relazione – il numero 84 – che ha raggiunto la maggioranza prescritta per essere approvato per un solo voto.

Tra i criteri di discernimento si invita riguardo ai divorziati a «chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio». Un discernimento che, scrive il Sinodo, «non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità» ma dovrà mettere insieme verità e misericordia, come il Papa ha richiesto. Questo discernimento – lo rivelano tante inchieste sociologiche – di fatto già avviene nella maggioranza delle parrocchie, e criteri più precisi potranno essere indicati dal Papa.

Deludendo forse qualcuno, la relazione fa appena un cenno agli omosessuali, ripetendo quanto il «Catechismo della Chiesa Cattolica» del 1992 già affermava: vanno accolti nelle famiglie e comunità con «rispetto, compassione e delicatezza». Nello stesso tempo, ribadisce che il matrimonio è solo fra un uomo e una donna, e che la Chiesa non accetta «analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia».

Lungi dal cedere a chi cerca d’intimidire la Chiesa sostenendo che la teoria del gender non esiste, il documento afferma al n. 8 che «una sfida culturale odierna di grande rilievo emerge da quell’ideologia del “gender” che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina».

Nelle scuole e in altri ambiti educativi, denuncia il n. 58, «spesso vengono presentati modelli in contrasto con la visione cristiana della famiglia. La sessualità è spesso svincolata da un progetto di amore autentico. In alcuni Paesi vengono perfino imposti dall’autorità pubblica progetti formativi che presentano contenuti in contrasto con la visione umana e cristiana»: rispetto ad essi, «vanno affermati con decisione la libertà della Chiesa di insegnare la propria dottrina e il diritto all’obiezione di coscienza da parte degli educatori».

La relazione stigmatizza pure le organizzazioni internazionali che vogliono imporre la teoria del gender ai Paesi in via di sviluppo. Non sembra proprio un assist ai fautori di certe leggi, né in Italia né altrove. Su questo punto come su altri – in tema di anticoncezionali, si afferma che la Humanae vitae dev’essere «riscoperta», «al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita» – alla fine, nessuna rivoluzione: ma la riforma quotidiana di una Chiesa che Francesco vuole misericordiosa e accogliente, senza però rovesciare né demolire la dottrina, anzi riaffermandola. Il Sinodo, forse, ha capito più dei media questo Papa che, se è riformista, non è certamente rivoluzionario.