Gli insospettabili paradossi del legame tra contraccezione e aborto

contraccettiviIl Foglio 26 ottobre 2005

 Assuntina Morresi e Eugenia Roccella

Meno bambini, sì, ma anche meno aborti. In Italia il ricorso all’aborto è in calo da anni: più sensibilmente se guardiamo i numeri assoluti, molto meno se si considera il rapporto tra gravidanze interrotte e gravidanze portate a termine. La tendenza italiana sembra confermare che la diffusione dell’informazione sessuale, l’abitudine all’uso di anticoncezionali, l’emersione dell’aborto dalla clandestinità grazie a una legge abbastanza buona (1), abbiano prodotto il risultato sperato.

Lo ha scritto su queste pagine (Il Foglio del 18/10/05) anche Luigi Manconi, in polemica con Giorgio Israel su un possibile paragone tra la pratica di massa dell’interruzione di gravidanza e la Shoah: “Rispetto ai primi anni Ottanta il tasso di abortività registra una riduzione percentuale di – 44”. Manconi non specifica, ma la cifra che riporta si riferisce esclusivamente al caso italiano. I dati internazionali dicono tutt’altro.

Dicono, per esempio, che l’interruzione di gravidanza è uno dei metodi anticoncezionali più diffusi al mondo, secondo soltanto alla sterilizzazione femminile. Le donne che hanno subito la legatura delle tube sono ormai più di 150 milioni, quasi tutte nei paesi terzi; una cifra da massacro, di cui nessuno sembra preoccuparsi. Gli aborti vengono immediatamente dopo; nel 1995, per esempio, sono stati complessivamente 46 milioni, di cui 26 milioni legali. Alcune nazioni detengono il primato in valore assoluto: circa 8 milioni di aborti in Cina, 6 in India, intorno a 2 nella Federazione Russa e altrettanti in Vietnam.

La realtà che emerge dalle cifre è articolata, complessa, diversa da paese a paese (soprattutto si legge, visibile e drammatica, la linea di demarcazione che separa le zone povere o in via di sviluppo da quelle sviluppate) ma ha una sua coerenza interna: l’aborto è uno dei metodi privilegiati nella lotta mondiale contro la crescita della popolazione.

Nonostante in quasi tutti i documenti ufficiali ci si preoccupi di enunciare l’aureo principio secondo cui “l’aborto non deve in nessun caso essere adoperato come mezzo di controllo delle nascite”, questo è quello che effettivamente accade. Tanto che gli stessi organismi internazionali, sempre così attenti alla scelta delle parole, ogni tanto si dimenticano del politicamente corretto e rubricano l’aborto tra gli strumenti di regolazione della fertilità.

Nella Guida 2002 dell’Oms, per esempio, si spiega come il controllo della fecondità si avvalga di “metodi e tecniche che vanno dai contraccettivi alla regolazione mestruale e all’aborto, usati con l’intenzione di prevenire la gravidanza e/o il parto”. Ricordiamo che per “regolazione mestruale” si intende l’evacuazione dell’utero, in caso di ritardo, senza aver effettuato un test di gravidanza; insomma, un aborto con il beneficio del dubbio.

Sempre per ammissione dell’Oms, “le statistiche sull’aborto sono notoriamente incomplete”, e va detto che in genere i dati della regolazione mestruale, e talvolta persino quelli della Ru486, non vengono conteggiati fra gli aborti. Nonostante i valori assoluti impressionanti di Cina, India e Vietnam, in Asia “solo” il 25 per cento delle gravidanze finisce in aborto, mentre il primato spetta all’Europa, con il 48 per cento di aborti.

Se si confronta il numero di aborti riferiti a 100 gravidanze, salta agli occhi la differenza: su 100 gravidanze iniziate, 23 finiscono in aborto nei paesi in via di sviluppo, e 41 in quelli sviluppati. Molto pesa la situazione dei paesi ex comunisti: la Russia di Lenin è stata la prima nazione al mondo in cui l’aborto è stato reso legale, nel 1920. Con Stalin tornò illegale nel 1936, ma dal 1955 la legge fu reintrodotta, e l’aborto divenne il primo metodo di controllo delle nascite: nei rapporti riguardanti il periodo 1965-1982 si parla di 8.500.000-11.700.000 aborti l’anno, con un tasso di 170-220 donne su 1000 (oggi,nel mondo, la media è di 35 donne su 1000). A detta dell’Oms, quella attuale di due milioni l’anno potrebbe essere una sottostima, per via della presenza di molte cliniche private nelle aree urbane.

Nel recente rapporto delle Nazioni Unite,“ Monitoraggio della popolazione mondiale 2002. Diritti riproduttivi e salute riproduttiva”, i primi 18 posti nella classifica mondiale della percentuale di aborti spettano a regimi ex o ancora comunisti: dal 63 per cento della Federazione russa, al 53 per cento della Romania e al 41 per cento dell’Ungheria (dati riferiti al 1999). Il rapporto Onu sottolinea la presenza di una “cultura abortiva” in questi paesi, in cui l’interruzione di gravidanza è tuttora ritenuta più semplice e sicura dei metodi contraccettivi.

Anche la tesi, in astratto convincente, secondo la quale a un più diffuso uso degli anticoncezionali corrisponderebbe un calo delle interruzioni di gravidanza, si rivela irrealistica: non esiste, almeno a leggere i dati, una correlazione necessaria tra crescita dell’uso di contraccettivi e riduzione degli aborti. A Cuba, dove il 72 per cento delle donne usa metodi contraccettivi, ed è alto anche l’uso (o meglio l’abuso) della sterilizzazione, il numero di aborti rimane comunque elevato, (78 donne su 1000 nel 1996, 59 per cento di aborti, pari a 2.3 aborti per donna, come la Romania), e in continuo aumento dal 1980. Quella di Cuba è una tendenza comune anche a molti paesi dell’Europa occidentale, dove a un aumento della diffusione dei contraccettivi corrisponde un aumento di aborti, specie nelle donne con meno di venti anni.

Qualche esempio: nel Regno Unito dal 1990 al 2000 è aumentata la percentuale, già alta, di donne in età fertile che adotta metodi moderni di contraccezione (dall’80 all’83 per cento). Dal 1990 è inoltre disponibile la pillola del giorno dopo (non conteggiata nel rapporto precedente), che aveva raggiunto 800.000 prescrizioni l’anno, e che, dal 2001, si acquista senza ricetta medica. Nello stesso periodo la percentuale di aborti per le donne al di sotto dei 20 anni è salita dal 36 al 39 per cento. In Francia dal 1999 la pillola del giorno dopo è distribuita anche nelle scuole, e se ne sono vendute oltre 2 milioni di confezioni, più del 97 per cento senza ricetta.

L’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Oms informa che su 1000 nati vivi, nel 2000 si contavano 253 aborti, saliti a 277 nel 2002. Nello stesso periodo e sempre su 1000 nati vivi, considerando solo le donne al di sotto dei venti anni, gli aborti sono passati da 1705 a 1820. Ancora dal 2000 al 2002 e su 1000 nati vivi: in Spagna gli aborti da 160 sono diventati 184, e per le donne al di sotto dei venti anni si passa da 808 a 898, mentre in Svezia dove gli aborti in generale sono aumentati da 343 a 348, per le ragazze al di sotto dei venti si va da 2995 a 3770 (si passa cioè da 30 a 38 aborti per 10 nati vivi) .

Quella della crescita simultanea di aborto e contraccezione è una tendenza comune nei paesi sviluppati, che rallentar solo di fronte al crollo della fertilità. Secondo alcuni studiosi, solo quando l’indice di natalità scende tra l’1 e il 2 per cento, e non c’è più equilibrio tra invecchiamento della popolazione e nuove nascite, la situazione tende a stabilizzarsi.

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1) Opinione in assoluto non condivisibile, ma da considerare, semmai, in relazione ad altre legislazioni nazionali sul tema, in effetti quasi sempre peggiori. (N.d.r.)