Chavez accompagna l’Iran a caccia di adepti antiUsa

Carlos_Chavez

Carlos e Hugo Chavez

Il Giornale martedì 16 gennaio 2007

di Massimo Introvigne

Al peggio non c’è limite, ma perfino in Italia Prodi non la passerebbe liscia se dichiarasse che i terroristi delle Brigate Rosse sono «dei grandi amici (suoi) e dei grandi italiani».

Prima di Osama bin Laden, il peggiore terrorista che il mondo abbia conosciuto è stato Ilich (il nome di battesimo gli fu dato da papà, ricco avvocato comunista, in onore di Lenin) Ramirez Sanchez, meglio conosciuto come Carlos.Negli anni ’70 la sua organizzazione fece almeno 1.500 morti. Catturato nel 1994 e condannato nel 1997 a un ergastolo che sta tuttora scontando in Francia, il terrorista ha messo per iscritto nel 2003 nel suo libro L’islam rivoluzionario quella «dottrina Carlos» che aveva perseguito per tutta la vita.

Marxista convertito all’islam, Carlos propone oggi l’alleanza mondiale del terrore contro gli Stati Uniti, Israele e l’Occidente fra comunisti puri e duri, no-global impegnati in rivendicazioni localiste come l’Eta basca, e ultra-fondamentalisti islamici. Ma già negli anni d’oro della sua carriera il genio criminale di Carlos consisteva nel riuscire a mettere insieme il Kgb e Khomeini, la banda Baader-Meinhof (la versione tedesca delle Brigate Rosse) e Saddam Hussein, l’Eta e Arafat, i teologi della liberazione, cattolici disposti per odio anti-americano a sostenere le guerriglie comuniste e i primi fondamentalisti islamici in armi.

Oggi la «dottrina Carlos» non è più solo un problema di intelligence. Carlos è nato in Venezuela, dove è al potere Hugo Chavez, il quale intrattiene una corrispondenza con il terrorista e di recente lo ha definito «un grande amico e un grande venezuelano». Nella sua più famosa lettera a Carlos, Chavez scrive che «nelle profondità della nostra solidarietà sento pulsare la nostra intuizione condivisa che ogni cosa ha il suo tempo: il tempo di accumulare le pietre e il tempo di lanciarle», «un tempo in cui si combatte apertamente e un tempo in cui si resta nascosti ad aspettare in fervida attesa il momento della verità, così come Arianna lasciava dietro di sé i fili che l’avrebbero condotta fuori del labirinto».