L’attacco del Cremlino a Pio XII

Corrispondenza romana

n.983 del 10 marzo 2007

In un articolo apparso sulla rivista telematica americana “National Review Online”, l’ex generale dei Servizi segreti rumeni, Ion Mihoi Pacepa, accusa lo scrittore tedesco Rolf Hochhuth di aver basato le calunnie contro Pio XII nella sua opera Il Vicario su materiale manipolato dal KGB.

Nell’opera teatrale Der Stellvertreter (II Vicario), rappresentata per la prima volta il 20 febbraio 1963 da Erwin Piscator nel teatro am Kurfürstendamm e in seguito oggetto anche del film del regista Costa Gavras, Hochhuth accusò il Papa di aver taciuto sull’assassinio di milioni di ebrei.

L’ex spia rumena, fuggita in Occidente nel 1978 e che oggi vive negli Stati Uniti, racconta di avere partecipato personalmente a questa campagna di disinformazione, che sarebbe stata approvata da Krusciov con l’intento di screditare moralmente il Papa e la Chiesa cattolica.

L’articolo dell’ex ufficiale dei Servizi segreti rumeni è stato riassunto dal giornalista Werner Kaltefleiter sul sito http://www.korazym.org/, a cui attingiamo per la ricostruzione della vicenda.

Nel febbraio del 1960, l’ex Capo di Stato e del Partito Comunista Sovietico, Nikita Krusciov approva il “piano super segreto” per una campagna di disinformazione su vasta scala con il fine di distruggere l’autorità morale del Vaticano nell’Europa occidentale.

Secondo quanto raccontato da Pacepa, fino ad allora la lotta del KGB contro il suo «nemico mortale», la Chiesa cattolica, era stata condotta all’interno del blocco orientale dove i suoi rappresentanti, i vescovi e i sacerdoti cattolici in generale, venivano arrestati come spie. Ora la lotta contro la Chiesa doveva essere portata in Occidente, fin dentro il Vaticano. Dovevano essere i cattolici stessi a screditare la Curia romana come «bastione del nazismo» con la collaborazione di informatori compiacenti, forse agenti dei Servizi segreti travestiti da preti.

Obiettivo principale dell’attacco scelto dal KGB era Eugenio Pacelli, Papa Pio XII. Il Papa doveva essere rappresentato come «l’incarnazione del male», un antisemita che aveva incoraggiato l’olocausto di Hitler. Poiché Pio XII era morto nel 1958 si poteva procedere senza doversi preoccupare, secondo il principio per il quale «i morti non si possono difendere».

Per cominciare, il KGB aveva bisogno di documenti originali dagli Archivi segreti del Vaticano. Il contenuto di tali documenti doveva poi essere modificato dagli esperti del reparto Dezinformatsiya in maniera talmente impercettibile da non far dubitare nessuno della loro autenticità.

Si trattava di uno strumento utilizzato ed apprezzato da tutti i Servizi segreti, noto come “propaganda nera”, un sistema di “differenziazione” per servirsi delle forze contrapposte nel campo avversario mettendole l’una contro l’altra.

Nome in codice dell’operazione era Seat-12. La funzione di «deviatore», come lui stesso si definisce, toccò al generale dei Servizi segreti rumeni, Pacepa. Secondo quanto da lui affermato, egli era direttamente coinvolto negli sforzi programmati del Cremlino per screditare il Vaticano e Pio XII.

Perché i rumeni? È Pacepa stesso a fornire la risposta: il KGB non aveva accesso agli Archivi vaticani e per questo i Servizi segreti sovietici, noti per affidare le operazioni all’estero preferibilmente agli “organi fratelli”, si rivolsero ai “compagni” di Bucarest. L’incarico venne assegnato al Servizio d’informazioni estero rumeno, il DIE, creato nel 1949 dal generale Aleksandr Sacharovski e inizialmente da lui diretto.

L’ex generale dei Servizi segreti, Pacepa, ricorda un precedente del 1959, del quale lui stesso sarebbe stato il principale protagonista, che si sarebbe svolto nel territorio della Repubblica Federale di Germania.

Allora si era trattato della liberazione di agenti rumeni in cambio del vescovo cattolico rumeno Augustin Pacha arrestato ed incarcerato dal KGB sotto la falsa accusa di spionaggio. Pacepa, come vice direttore della missione diplomatica nella Germania occidentale avrebbe supervisionato lo scambio.

Come primo passo dell’azione volta a recuperare i documenti, Pacepa sarebbe stato autorizzato dal generale Sacharovski a sondare il terreno in Vaticano. La Romania si era infatti dichiarata disposta a riprendere i rapporti diplomatici con la Santa Sede interrotti nel 1951.

Come contropartita alla prospettiva di poter inviare nuovamente un rappresentante pontificio a Bucarest, si pretese di poter accedere agli Archivi segreti vaticani presentando la richiesta come necessaria per ritrovare del materiale storico che potesse aiutare il Governo rumeno a spiegare all’opinione pubblica la ripresa dei rapporti con il Vaticano.

Inoltre, “i compagni” rumeni auspicavano un prestito senza interessi per un ammontare di un miliardo di dollari e per una durata di 25 anni. Secondo Pacepa, Sacharovski avrebbe commentato questa proposta dicendo che «se c’è una cosa di cui questi monaci s’intendono, sono i soldi». In seguito, quando Pacepa aveva già cambiato fronte, la somma sarebbe stata ridotta a 200 milioni.

Il generale Pacepa descrive l’incontro con un «autorevole membro del corpo diplomatico» in un non meglio specificato hotel di Ginevra.

Si tratta di mons. Agostino Casaroli, in seguito diplomatico di punta della Ostpolitik vaticana sotto Papa Paolo VI. Per una fortunata coincidenza, Casaroli aveva iniziato la sua carriera negli Archivi della Segreteria di Stato prima di entrare in diplomazia nel 1950. Casaroli, che nel 1979 fu nominato a capo della Segreteria di Stato, secondo quanto sostenuto da Pacepa, avrebbe reso possibile l’apertura delle porte dell’Archivio segreto del Vaticano. È molto più probabile che ci si riferisca solo a una parte degli Archivi vaticani e più precisamente all’Archivio della Segreteria di Stato. Ad ogni modo, ben presto «tre giovani ufficiali sotto copertura», travestiti da sacerdoti rumeni, incominciano a scavare tra i documenti pontifici sperando di recuperare un tesoro per la campagna diffamatoria dei sovietici.

Nel periodo dal 1960 al 1962, secondo il racconto di Pacepa, i Servizi segreti rumeni (DIE) procurano centinaia di documenti «che in qualche modo hanno a che fare con Pio XII», fotografati di nascosto nell’archivio e nella biblioteca pontificia. Il materiale venne subito inviato al KGB.

Nel 1963 giunge il momento decisivo. Il generale sovietico Ivan Agajanz, «leggenda vivente nel campo della disinformazione», si recò a Bucarest per ringraziare “i compagni” per l’aiuto dato: l’azione Seat-12 aveva portato a creare una pièce teatrale piuttosto efficace per attaccare il Papa. Secondo Pacepa, Agajanz avrebbe citato anche il progetto e l’autore dell’opera: Il Vicario di Rolf Hochhuth. Una affermazione alla quale Hochhuth si é sempre opposto con forza rimandando, per le fonti delle sue informazioni, ai suoi contatti in Vaticano, conosciuti a Roma durante il soggiorno per le ricerche.

Come spiega oggi Pacepa, gli ufficiali della DIE infiltrati incontrarono ostacoli insuperabili nel tentativo di penetrare negli Archivi segreti del Vaticano, sebbene si fossero presentati con un travestimento quasi “ermetico”, ossia come sacerdoti.

Anche lo stesso Pacepa, nel suo ruolo di emissario accreditato dal suo Capo di Stato, durante le visite in Vaticano non sarebbe mai riuscito a trovare un vescovo disposto a parlare per uno scambio confidenziale di informazioni.

Come finirono i piani di Mosca per denigrare il Papa?

Pacepa ricorda come il Capo del Cremlino, Jurij Andropov, cambiò idea all’inizio degli anni ’70. Allora erano emerse alcune informazioni secondo cui Hitler, ben lungi dall’essere legato a Pio XII da rapporti amichevoli, aveva progettato un attentato per uccidere il Papa.

Jurij_Andropov

Pacepa fa riferimento ad avvenimenti che ormai sono di pubblico dominio. Pochi giorni prima che Andropov assumesse il suo incarico come Capo del KGB, un generale delle SS, Karl Wolff (che prima di essere impiegato in Italia era stato aiutante personale di Himmler), era stato rilasciato dal carcere e aveva rivelato che nel 1943 Hitler lo aveva incaricato di rapire Pio XII dal Vaticano. Il Führer, secondo questo racconto, avrebbe accusato il Papa di avere contribuito a spodestare Mussolini. Questo sequestro si sarebbe dovuto svolgere immediatamente ma Wolff aveva chiesto almeno sei settimane di tempo riuscendo, alla fine, a convincere Hitler a rinunciare al piano prospettandogli la grande eco negativa che l’operazione avrebbe suscitato.

«In una cosa certamente – commenta Werner Kaltfleiter – si concorderà con l’autore dell’articolo apparso nella “National Review”, ossia laddove scrive che non si può che auspicare che il Presidente Vladimir Putin sia disposto ad aprire gli archivi del ex Comitato per la sicurezza dello Stato e a tirare fuori i documenti, affinché il mondo intero possa vedere come i comunisti hanno denigrato uno dei pontefici più importanti dello scorso secolo. Tuttavia, bisogna aggiungere: resta da vedere se e in quale misura l’ex ufficiale del KGB Putin accoglierà questa richiesta».

Da parte sua padre Peter Gumpel, relatore della Causa di Beatificazione di Pio XII, ha dichiarato: «in Vaticano si sapeva da molto tempo che la Russia bolscevica era all’origine di questa campagna di discredito nei confronti di Pio XII. La cosa era confermata dal fatto che nei Paesi occupati dai comunisti dopo la Seconda Guerra Mondiale Il Vicario di Hochhuth venne rappresentato in maniera obbligatoria almeno una volta all’anno in tutte le grandi città».

«Se si vanno a vedere i quotidiani e le riviste comuniste, come “l’Unità” in Italia e “l’Humanitè” in Francia – ha continuato padre Gumpel – è facile constatare la grande propaganda che fecero e che fanno tuttora per l’opera di Hochhuth. Quindi sotto questo punto di vista non ci sono dubbi in merito all’influenza comunista».

«Insomma – ha affermato il padre gesuita – non posso sostenere che Hochhuth fosse un agente dei russi, ma che la sua opera fosse pesantemente influenzata da quell’apparato, questo è evidente».

A questo proposito p. Pierre Blet, storico di fama, anch’egli gesuita, ha affermato che «il dramma di Hochhuth non fa parte della storiografia ed è come se non esistesse. Se ha prodotto tanto chiasso è perché si tratta di un artificio imbastito da Mosca per guidare una campagna contro Pio XII e screditarlo».

Secondo padre Gumpel, «grazie a Il Vicario, Hochhuth ha goduto della propaganda dei comunisti ma anche dei nemici della Chiesa, ed è interessante notare che la sua rappresentazione fu respinta a Roma ma anche in Israele». Circa la credibilità del generale Ion Mihai Pacepa, il padre gesuita ha detto che «bisogna tenere presente che è il più alto funzionario dei Servizi segreti dei Paesi dell’Est che mai sia fuggito in Occidente, e che su molte delle storie da lui raccontate bisogna fare delle precisazioni».