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PacsAvvenire, 10 dicembre 2006

Lo Stato deve incentivare le forme di unione che contribuiscono al bene comune;  le coppie di fatto al contrario sono estremamente instabili e “promuovono” l’infelicità dei figli

di Giacomo Samek Lodovici

Dunque entro il prossimo 31 gennaio il governo presenterà un disegno di legge che dovrà riconoscere «diritti anche in materia fiscale» alle coppie di fatto etero e omosessuali. Vedremo come agirà effettivamente il governo,ma fin da ora va rifiutata un’eventuale equiparazione tra il matrimonio e queste forme di unione. Non è una questione di fede,basta essere “laici” per sostenerlo. Infatti, lo Stato deve incentivare quelle forme di vita che contribuiscono al bene comune ed il maggior contributo consiste nella procreazione e nell’educazione dei figli, che assicurano la sopravvivenza di una società. Ora, il contesto più propizio per la nascita, la crescita e l’educazione di un uomo è una relazione interpersonale stabile.

Per contro, le unioni di fatto sono (con poche eccezioni) volubili ed i conviventi non si impegnano con un vincolo a rimanere uniti. Per es., M. Gallagher e L. Waite hanno rilevato che gli uomini che convivono sono 4 volte più infedeli dei mariti e che  le conviventi tradiscono 8 volte di più delle mogli. Da indagini sociologiche di ricercatori della Rutgers University risulta che 3 bambini su 4 nati da coppie di fatto subiscono la divisione dei loro genitori prima dei 16 anni di età. E S. Brown ha documentato sia che i figli di coppie conviventi soffrono di asocialità e depressione più frequentemente dei figli degli sposati, sia che la violenza domestica è più frequente tra le coppie di fatto che tra gli sposati.

Venendo alle unioni omosessuali, esse non possono contribuire alla continuazione della società mediante la procreazione. Possono farlo adottando dei bambini? Ciò vorrebbe dire quanto meno, privare volutamente dei bambini della figura paterna/materna. I dati finora a disposizione indicano che i bambini affidati a queste coppie hanno una propensione molto più alta a soffrire di disturbi psicologici, ad avere poca autostima, alla tossicodipendenza e ad autolesionarsi, almeno per i seguenti tre motivi. Primo: l’assenza della figura materna/paterna. Secondo: la fragilità dei rapporti omosessuali, molto più brevi dei matrimoni, con o senza figli.

D. McWirther e A. Mattison, due ricercatori gay, hanno esaminato 156 coppie omosessuali: solo 7 di queste avevano avuto una relazione esclusiva, ma nessuna era durata più di 5 anni. Inoltre, un’indagine su 150 omosessuali ha mostrato che il 65 % già a 40 anni aveva avuto più di 100 partner. Terzo: da altre ricerche si vede che gli omosessuali hanno una probabilità superiore di soffrire di problemi psicologici. Il matrimonio non è sempre duraturo, però dà maggiori garanzie in tal senso: la sua fragilità è una patologia, mentre per le altre unioni è la norma, come si riscontra dai dati citati. I matrimoni sono come automobili progettate per funzionare per tutta la vita e possono rompersi, ma gli altri tipi di unione sono come automobili progettate per funzionare solo per un certo periodo, dopo il quale si rompono quasi sempre: il vincolo giuridico matrimoniale ed il diverso atteggiamento dei coniugi rafforzano l’impegno.

Ancora, l’antropologia culturale mostra che la ritualizzazione (per es. la cerimonia nuziale) di un impegno accresce la capacità rispettarlo. Infine, i coniugi assumono i doveri di coabitazione, di curarsi reciprocamente, di contribuire ai bisogni della famiglia, di versare gli alimenti in caso di separazione o divorzio, ecc. Se il governo attribuirà ai conviventi i diritti dei coniugi, ma non gli stessi doveri, i coniugi saranno discriminati.