V. come vendetta

V for vendettaper Rassegna Stampa

di Rino Cammilleri

Chi ha visto il film V per vendetta dei fratelli Wachowski, con un sempre mascherato Hugo Weawing e una rapata Natalie Portman come protagonisti, ha anche visto un prologo che ai non inglesi forse non dirà granchè. Si tratta infatti dell’impiccagione, nel 1606, di Guy Fawkes, un giovane ex soldato di ventura cattolico che avrebbe voluto far saltare in aria il Parlamento londinese il giorno della sua apertura, re Giacomo compreso, il 5 novembre 1605. Da qui la filastrocca per bambini, popolarissima in Inghilterra, «remember, remember the fifht november…».

In verità nel film non si precisa che l’impiccagione per alto tradimento era, a quei tempi, parziale: cioè, si tirava giù il condannato ancora vivo, gli si slogavano le articolazioni e lo si squartava, poi le varie parti del corpo venivano impalate in diversi punti della città. Ancora oggi (ripeto, ancora oggi) il 5 novembre viene festeggiato dagli inglesi con fuochi artificiali e le maschere da teatro elisabettiano di cui abbiamo visto copia nel film.

Il film è tratto da un famoso fumetto degli anni Ottanta, opera di Alan Moore, un fumettista cult che ha già visto trasposti al cinema i suoi La leggenda degli uomini straordinari (con Sean Connery) e La vera storia di Jack lo Squartatore (con Johnny Depp: qui il serial-killer è la Massoneria). Geniale autore, Moore assomiglia, almeno in foto, a Charles Manson, e un certo alone luciferino aleggia anche attorno a lui.

Il fumetto V for vendetta (parola italiana -anzi, còrsa- che gli inglesi preferiscono al loro vengeance), il cui titolo andrebbe in verità tradotto «V come vendetta», è un’esplicita esaltazione dell’anarchismo, che nella visione di Moore è l’assenza, sì, di comando ma non di ordine (come ciò possa verificarsi però non viene spiegato), per questo il marchio di «V» è racchiuso in un cerchio come la «A» anarchica.

Per fortuna il film sorvola su questo punto e, in omaggio ai tempi correnti, fa estrinsecare tutta la dittatura «di destra» di un’Inghilterra immaginaria e futuribile in un fondamentalismo puritano che perseguita i gay e provoca ecatombi con esperimenti batteriologici sfuggiti di mano. Ma l’involontario paradosso dell’opera (e del film da cui è tratta) fa sì che venga esaltato il disperato tentativo di Guy Fawkes, che «V» cerca di emulare nei minimi dettagli addirittura impersonandolo nel travestimento. Il 5 novembre fa davvero saltare in aria il Parlamento, in mezzo ai fuochi artificiali, e muore abbattendo la dittatura e il terrorismo di stato che essa ha instaurato. Ebbene, è esattamente quel che non riuscì a Guy Fawkes e ai suoi uomini quattro esatti secoli fa.

L’Inghilterra di Enrico VIII e sua figlia Elisabetta I era davvero, per i cattolici, il regno del terrore e della persecuzione fisica nonchè amministrativa. Oltre settantamila cattolici perirono nelle «purghe» periodiche, nella quasi totale distruzione delle chiese, dei monasteri e di infinite opere d’arte «papisti». Solo nell’Ottocento i cattolici inglesi poterono godere dei pieni diritti civili. Si pensi che l’irlandese Oscar Wilde dovette farsi anglicano per poter frequentare l’università (si riconvertì solo sul letto di morte). Intere casate di antica e potente nobiltà furono letteralmente messe sul lastrico, solo perché cattoliche, col sistema delle fortissime ammende per chi non presenziava alle cerimonie religiose scismatiche.

Moltissimi martiri inglesi trovarono la morte in quei secoli, dal primo ministro s. Thomas More al gesuita s. Edmund Campion, dal b. cardinale Fisher alla b. Margaret Clitherow di York, il cui crimine era quello di nascondere sacerdoti braccati (fu stesa a terra con una pietra sotto la schiena, poi caricata di pesi fino a spezzarle la spina dorsale). Questo, nella celebrata «patria del diritto e della libertà», in quell’Inghilterra che gli illuministi francesi descrivevano, chissà perché, come un’Arcadia liberale, pur avendo visto Cromwell praticare il genocidio sui cattolici irlandesi («La maledizione di Cromwell sia su di te!» era un sanguinoso insulto ancora in uso in Irlanda fino a non molto tempo fa).

Dopo l’Atto di Supremazia con cui il re Enrico VIII diventava capo della Chiesa inglese nel 1536, i cattolici provarono a ribellarsi una prima volta (c.d. «pellegrinaggio di grazia»), fallendo. Poi con l’insurrezione in Devon, Cornovaglia e East Anglia, anche questa fallita. Infine, nella Pentecoste del 1569 col colpo di mano di Durham, capeggiato dal conte di Northumberland, sir Thomas Percy, il cui padre era stato giustiziato perché cattolico da Elisabetta I: i rivoltosi combattevano dietro una bandiera con su le Cinque Piaghe di Cristo, ma vennero sconfitti e le rappresaglie governative furono terrificanti. Nel 1570 il papa s. Pio V (quello, l’anno successivo, di Lepanto) scomunicò la regina. A quel punto, l’unica speranza per i cattolici stava nel nuovo re Giacomo I, figlio della cattolica Maria Stuarda. Ma quello reintrodusse subito le spietate ammende per chi non partecipava alle liturgie protestanti.

Ormai alla disperazione, cinque giovani idearono la «congiura delle polveri»: Guy Fawkes, Thomas Percy junior, Thomas Wintour, John Wright (questi tre, figli di nobili perseguitati), Robert Catesby (il cui padre era stato arrestato per aver nascosto il martire s. Edmund Campion). Affittarono una casa la cui cantina aveva un muro in comune con quelle del Parlamento e presero a scavare. Ma, non bastando lo spazio, dovettero procurarsi anche la cantina vicina. Che però non era in affitto ma in vendita.

Fu necessario procurarsi altro denaro, cosa che costrinse i cinque ad allargare il giro dei congiurati: il fratello di Wright, Christopher; Thomas Bates, domestico di Catesby; Robert, fratello di Wintour. Poi i loro parenti John Grant, sir Everard Digby, Robert Keyes, Ambrose Rookwood, Francis Tresham; più i gesuiti in clandestinità Henry Garnet e John Gerard (questi, abilissimo spadaccino, era stato torturato nella Torre di Londra ma era evaso). Fawkes procurava l’esplosivo in Olanda.

Nel 1605, a dieci giorni dal fatidico 5 novembre, il servizio segreto di Elisabetta si mosse. Il suo capo, Robert Cecil, era succeduto al tristemente famoso Walsingham (cui il nostro Giordano Bruno, ospite dell’ambasciata francese, denunciava i gesuiti che cercavano di entrare nel Paese); aveva avuto sentore del complotto ma abbisognava di prove. Così, fece portare una lettera a lord Monteagle, William Parker, proprio mentre questi era a cena coi suoi ospiti: in tal modo, avendo le mani sporche, quello fu costretto a farsela leggere ad alta voce. Lo si avvisava di tenersi alla larga dal Parlamento il 5 novembre. Così, la voce si sparse e i congiurati furono costretti ad accelerare i lavori.

La notte del 4 novembre il Fawkes compì un ultimo controllo sui trentasei barili di polvere piazzati nelle cantine ma trovò le guardie ad aspettarlo. Bestialmente torturato riuscì a tacere, permettendo agli altri di scappare. Il gruppo dei fuggitivi, però, dovette fermarsi a Holbeche, nello Staffordshire, perché alcuni di loro erano feriti. All’alba ripresero la fuga, lasciando i capi con gli infermi. Ma i rimasti vennero circondati dagli uomini dello sceriffo di Worcester e, dopo una lotta furibonda, catturati (i fratelli Wright, Percy e Catesby furono uccisi).

Gli altri  vennero tutti acciuffati nei mesi seguenti, tranne il Gerard. Francis Tresham morì sotto tortura nella Torre di Londra; Digby, Wintour, Grant e Bates furono giustiziati insieme a Thomas Wintour, Keyes, Fawkes e Rookwood. Vennero anche dissepolti i morti di Holbeche e le loro teste furono esposte sulle picche. Nicholas Owen, che scavava nascondigli per preti braccati, fu torturato a morte (è stato beatificato). Da quel momento sui cattolici inglesi calò una notte che sarebbe durata secoli.