Modernismo e antimodernismo nell’epoca di Pio X (2)

Orione_coverTesto del prof. Roberto De Mattei tratto dall’opera “Don Orione negli anni del modernismo“, edita da Jaca Book, Milano 2002, pp. 320, Euro 23, e curato da Don Flavio Peloso dell’Opera Don Orione.

II. L’ANTIMODERNISMO DI PIO X

1. Il Magistero antimodernista di san Pio X

La reazione antimodernista all’interno della Chiesa si riassume emblematicamente nell’opera di magistero e di governo di Pio X anche senza evidentemente esaurirsi in essa. Il numero dei collaboratori pienamente fedeli agli orientamenti del Pontefice fu tuttavia meno consistente di quanto si possa immaginare e gli antimodernisti costituirono, come i modernisti, una minoranza all’interno della Chiesa.

Quando, il 4 agosto 1903, cardinale Giuseppe Sarto, patriarca di Venezia, venne elevato al soglio pontificio, il padre Semeria ne apprese la notizia da don Minocchi in Russia. «Chi han fatto Papa?», domandò. «Sarto – rispose Minocchi – con il nome di Pio X». «Un reazionario! Siamo fritti», rispose Semeria (1).

Il «reazionario» Pio X, «fu nel medesimo tempo – come ben sottolinea Roger Aubert – uno dei più grandi pontefici riformatori della storia» (2). Il suo programma di restaurazione della società cristiana, riassunto dalla formula Instaurare omnia in Cristo, implicava, oltre alla ferma difesa dell’ortodossia della Chiesa minata dal modernismo, anche un vasto programma di iniziative pastorali e di riforme, a cominciare da quella della Curia pontificia.

La reazione di Pio X contro il modernismo non fu d’altra parte, semplice repressione, ma profonda riflessione e fermo giudizio sui problemi che esso sollevava. Ciò risulta chiaramente dalla enciclica Pascendi (3), l’atto più significativo del suo regno e uno dei documenti pontifici di maggior spessore teoretico del secolo XX. La Pascendi venne preceduta dal decreto Lamentabili (4) che sta ad essa come il Sillabo alla Quanta cura e fu seguita dal giuramento antimodernista Sacrorum antistitum, che ne costituisce il compimento.

L’ampio ed elaborato documento è diviso in tre punti in cui vengono analizzate e ricondotte a unità le diverse personalità che si fondono nei fautori del modernismo: il teologo, lo storico, il critico, l’apologeta, il riformatore. Seguono le istruzioni disciplinari che i vescovi debbono attuare nella scelta dei professori nei seminari e per l’incremento degli studi filosofici, teologici e delle materie profane ausiliarie.

Per Pio X, l’agnosticismo, secondo cui la ragione umana è ristretta interamente entro il campo dei fenomeni e non può innalzarsi a Dio, né conoscerne l’esistenza, sia pure per mezzo delle cose visibili, costituisce l’aspetto negativo del modernismo (5). La dottrina dell’immanenza vitale ne costituisce l’aspetto positivo (6).

L’immanenza, come ogni fenomeno vitale, nasce per i modernisti da un bisogno che sorge a sua volta da un «movimento del cuore», un sentimento religioso, la cui specificità è la fede che non poggiando su alcune premesse razionali è in realtà fideismo. La fede per essi non è l’adesione dell’intelligenza ad una verità rivelata da Dio, ma una esigenza religiosa che per «vitale immanenza» si sprigiona dall’oscuro fondo (subcoscienza) dell’anima umana. L’immanenza postula l’equivalenza tra coscienza e rivelazione intesa come l’apparire di Dio all’anima: di qui «la legge che erige la coscienza religiosa a regola universale sullo stesso piano della rivelazione e alla quale tutto deve essere sottoposto, perfino l’autorità suprema, nella sua triplice manifestazione, dottrinale, culturale, disciplinare»(7).

L’immanenza viene applicata dal teologo alle formule e verità di fede con la conclusione che le rappresentazioni della realtà divina si riducono a «simboli», espressioni di particolari situazioni di coscienza la cui «formula intellettuale» muta a secondo dell’«esperienza interiore» del credente. Le formule del dogma, per i modernisti, non contengono verità assolute: esse sono immagini della verità che devono adattarsi al sentimento religioso (8).

Il modernismo respinge i concetti della trascendenza teologica di Dio rispetto al creato, della divinità di Gesù Cristo, considerata unicamente presente nella coscienza del credente e della divinità della Chiesa, prodotto dell’esperienza collettiva. In ultima analisi l’unica formula valida della verità religiosa si risolve nella struttura che la coscienza dà a sé stessa di fronte ai singoli problemi della fede.

In questo senso viene capovolta la prospettiva tradizionale secondo cui l’esperienza religiosa può essere soltanto un valore secondario e indipendente dalla Rivelazione e dal Magistero ecclesiastico e si riprende il tentativo dello gnosticismo di abbracciare tutte le istanze della verità attraverso un principio unico, la soggettività della verità e la relatività di tutte le sue formule (9).

Il nucleo del modernismo per Pio X non consiste tanto nell’opposizione all’una o all’altra delle verità rivelate, ma nel cambiamento radicale della nozione stessa di «verità», mediante l’accettazione del «principio di immanenza» che sta a fondamento del pensiero moderno (10), come riassume la proposizione 58 condannata dal Decreto Lamentabili: «La verità non è più immutabile dell’uomo stesso, giacché essa si evolve con lui, con lui per lui».

Dio stesso si fa in noi e non sarà mai attuato in pieno perché il divenire non può arrestarsi. La conseguenza di quest’errore è la professione dell’evoluzione dei dogmi: il significato e valore dei dogmi non proviene più dal loro immutabile contenuto, ma dall’«esperienza religiosa» del credente, dall’emozione soggettiva che il dogma può suscitare in lui. Contrariamente ai principi di identità, di contraddizione e di causalità, il divenire è a se stesso la sua ragione, senza una causa superiore, in un vortice evolutivo in cui l’essere si confonde con il non essere, il vero con il falso, il bene col male.

Considerata nella sua struttura fortemente teoretica ed anche nel suo inconfondibile stile, la Pascendi può essere considerata come un documento fondamentale del Magistero della Chiesa e fra tutti gli atti di Pio X resta «il monumento più insigne del suo pontificato»  (11)sottolinea Poulat(12) lo sbocco logico dell’orientamento vigorosamente affermato da Pio X, circa mezzo secolo prima, nel Sillabo (1864): «Pio IX denunciava gli errori ad extra (all’esterno della Chiesa) che correvano nel mondo; Pio X, al contrario, colpiva un fenomeno ad intra (all’interno della Chiesa), colpendo quegli stessi errori che si erano infiltrati nella Chiesa, dove avevano preso forme e radici» (13).

La Pascendi costituirà un riferimento anche per l’enciclica Humani generis di Pio XII (14) e la Fides et Ratio di Giovanni Paolo  II (15).

Il documento di Pio x fu inaspettatamente elogiato per la sua potenza filosofica e la sua coerenza dai due principali pensatori «laici» dell’Italia del tempo, Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Croce, dopo la pubblicazione dell’enciclica, scrisse un articolo sul «Giornale d’Italia» del 13 ottobre 1907, dal titolo Insegnamenti cattolici di un non cattolico. Benedetto Croce a Salvatore Minocchi in cui concludeva ponendo ai modernisti l’alternativa: «o andare innanzi o tornare indietro. Ossia, o ricongiungersi ritardatari alle schiere dei pensatori non confessionali: o, dopo essersi dibattuti vanamente per qualche tempo, ricadere nel cattolicesimo tradizionale» (16)

Gentile da parte sua scriveva che «in verità l’enciclica Pascendi dominicis gregis è una magistrale esposizione e una critica magnifica dei principi filosofici di tutto il modernismo: e l’accusa di sfiguramento (secondo il termine tolto a prestito dall’enciclica stessa) che l’enciclica avrebbe fatto di esso modernismo, è gridio di paperi, come avrebbe detto il Carducci. L’autore dell’enciclica ha visto fino in fondo e interpretato esattamente, da critico enunctae naris, la dottrina giacente nelle esigenze filosofiche, teologiche, apologetiche, storiche, critiche, sociali dell’indirizo modernista»(17).

L’opera antimodernista di san Pio x fu coronata dal Motu proprio Sacrorum antistitum del 1 settembre 1910 (18) e dal giuramento che esso imponeva. «Questo giuramento, senza nulla aggiungere di essenziale agli atti precedenti, ne è quasi un solenne riassunto» (19): esso costituisce una positiva e diretta riaffermazione delle dottrine cattoliche alle quali si oppongono le eresie moderniste.

In particolare il giuramento respinge «l’eretica invenzione della evoluzione dei dogmi, secondo la quale tali dogmi cambierebbero di significato per riceverne uno diverso da quello che è stato dato loro dalla Chiesa agli inizi»(29) e rigetta la concezione modernista che vede nella dottrina cristiana una «creazione della coscienza umana» che si sarebbe formata poco a poco con lo sforzo degli uomini e dovrebbe perfezionarsi indefinitamente.

La Chiesa ribadisce che la «dottrina della fede» è stata «trasmessa dagli apostoli e dai Padri ortodossi» come un «deposito divino» e non come un prodotto umano, frutto del pensiero o della coscienza dell’uomo. Infine l’ultimo articolo, fondendo la dottrina del concilio Vaticano i e quella della Pascendi ricorda che la fede non è «un cieco sentimento religioso che erompe dalle oscurità del subcosciente», ma che essa è «un vero assenso dell’intelletto» alla verità rivelata da Dio (21).

Nel corso del suo pontificato, Pio X seguì personalmente l’esecuzione delle disposizioni dell’enciclica e quelle relative al giuramento antimodernista. Questi interventi e le sanzioni ecclesiastiche che colpirono i protagonisti, circoscrissero la portata e gli effetti del movimento ma non valsero ad arrestarne il corso né a frenarne la profonda influenza.

2. I collaboratori di Pio X nella difesa dell’ortodossia

De gentibus non est vir mecum (Is. 63,3), aveva confidato Pio X a mons. Archi che era stato suo metropolitano a Venezia (22). La croce del suo pontificato fu la solitudine nell’affrontare la lotta, con pochi veri e devoti collaboratori all’interno dell’episcopato italiano e della stessa Curia romana. Oltre alla sua segreteria, diretta da mons. Giambattista Bressan (1861-1950), Pio X fu coadiuvato soprattutto da due cardinali (23), il segretario di Stato Rafael Merry del Val (24) (1865-1930) e il prefetto della Congregazione Concistoriale per i Vescovi Gaetano De Lai (25) (1853-1928).

Se De Lai rappresentò, secondo alcuni, «l’uomo forte del pontificato» (26) Merry del Val fu realmente unito a Pio X «cor unum et anima una», (27) in undici anni di aspre lotte su molteplici fronti. Una unione intima e costante tra due uomini di così diverse provenienze che si spiega solo, come ben sottolinea Orio Giacchi, se si pensa «all’altissima atmosfera in cui le due anime vivevano»(28): canonizzato il Pontefice, in attesa di beatificazione il suo Segretario di Stato, i due personaggi illuminarono indubbiamente con le loro personalità un’oscura epoca nella storia della Chiesa.

Mons. Alfonso Archi (1844-1938), chiamato nel 1905 alla diocesi di Como che resse fino al 1925, e mons. Giovanni Volpi (29) (1860-1931) vescovo di Arezzo dal 1904 al 1919, furono i due presuli più vicini a Pio X, rappresentando «le due punte più in vista dell’antimodernismo all’interno dell’episcopato italiano» (30).

Entrambi furono, oltre che zelanti pastori, insigni direttori di anime. Mons. Archi fu direttore spirituale della visitandina Benigna Consolata Ferrero (31) (1885-1916), di cui è in corso il processo di beatificazione; mons. Volpi, già vicario e vescovo ausiliare della diocesi di Lucca, lo era stato della beata Elena Guerra (1835-1914) e di santa Gemma Galgani (1878-1903) (32). I loro nomi non avevano tuttavia il prestigio e l’influenza di altri vescovi, come il cardinale di Pisa, Pietro Maffi (1858-1931) e il cardinale arcivescovo di Milano Andrea Carlo Ferrari (1850-1921), favorevoli alla cosiddetta «stampa di penetrazione», avversata dal Pontefice che appoggiava quei giornali che affermassero apertamente e senza compromessi i principi cattolici in tutti i settori della vita cristiana (33).

Il quotidiano «L’Unità cattolica» fondato nel 1863 a Torino da don Giacomo Margotti (1883-1887), poi trasferito a Firenze nel 1892 e affidato alla direzione di Giuseppe Sacchetti (1845-1906) era il più importante quotidiano intransigente dell’epoca e il più vicino a Pio X (34). Esso fu diretto da due giovani sacerdoti, don Paolo de Toth (35) (1881-1965) e poi don Alessandro Cavallanti (36) (1879-1917).

A Breganze, nella diocesi di Vicenza, uscì dal 1890 al 1915, la rivista «La Riscossa, Per la chiesa e per la patria» dei fratelli Scotton (37), Jacopo (1834-1909), Andrea (1838-1915) e Gottardo (1845-1916). Nella rivista, voce ufficiosa dell’Opera dei congressi, più volte incoraggiata dalla Segreteria di Stato (38), Paul Sabatier vedeva, con l’«Unità Cattolica», lo «specchio del pensiero di Pio x»(39).

A Genova infine, nel 1908, l’«Eco d’Italia» divenne «La Liguria del Popolo» sotto la direzione di don Giovanni Boccardo (40) (1877-1956), membro, per un certo tempo, del Sodalitium Pianum (41), legato a mons. Volpi, che gli affidò la direzione del seminario di Arezzo.

Nei momenti delle più calde polemiche, Pio X manifestò la sua simpatia e benevolenza, «con gesti ed espressioni pubbliche ed inequivocabili», (42) verso questi giornali che sussidiava, come ricorda il suo segretario particolare mons. Pescini, perché combattevano contro il modernismo (43).

3. Mons. Benigni e il Sodalitium Pianum (1909-1921)

Mons. Umberto Benigni (44) (1862-1934), entrò in scena qualche anno più tardi, con la sua agenzia di informazioni «Corrispondenza romana» (1907) (45), prima pubblicata in italiano e poi in francese e poi con il Sodalitium Pianum, o Sodalizio San Pio v (1909), sotto il patrocinio del Papa che aveva istituito il Sant’Uffizio e ottenuto la grande vittoria di Lepanto contro i turchi (1571).

Nato nel 1862 a Perugia dove aveva completato gli studi ecclesiastici, Benigni aveva iniziato una duplice attività nel campo storico e in quello giornalistico nella redazione di quotidiani intransigenti come il ligure «l’Eco d’Italia» e il romano «La voce della Verità». Personalità di forte ingegno e di vasta cultura, con notevoli doti di organizzatore, il 24 maggio del 1906, su proposta di mons. Gasparri, fu chiamato alla Segreteria di Stato come sottosegretario della Congregazione degli Affari Ecclesiastici straordinari e il 28 agosto 1906 venne nominato prelato domestico di Sua Santità (46). Rimase in quella carica fino al 7 marzo 1911 quando gli successe l’allora monsignor Eugenio Pacelli (47).

Fu certamente questo il periodo più importante della sua vita. Grazie alla sua conoscenza delle lingue e alle sue relazioni internazionali, egli si occupava in particolare del servizio stampa della Santa Sede, svolgendo, per la prima volta nella storia, un ruolo che lo rese l’antesignano di quella che sarà la «sala stampa» vaticana (48).

Nella sua testimonianza al processo di beatificazione di Pio X, il cardinal Gasparri riferendosi al Sodalitium Pianum sottolinea «con dispiacere che questo fu approvato da Pio X e dalla Concistoriale audito Pontifice» (49). Pur non avendo mai ricevuto un’approvazione canonica formale, il Sodalitium pianum fu effettivamente conosciuto e incoraggiato dalla Santa Sede: in particolare dalla S. Congregazione Concistoriale, di cui era prefetto il card. De Lai e dallo stesso Pio X che inviò tre autografi papali di benedizione ed assicurò una sovvenzione annuale; costituito nel 1909, il Sodalizio fu sciolto dopo la morte di Pio X per essere riattivato nel 1915, d’intesa con la Congregazione Concistoriale. Venne definitivamente sciolto in data 25 novembre 1921 (50).

Da quel momento in poi e fino alla morte, il 26 febbraio del 1934, mons. Benigni non esercitò alcuna carica ufficiale, al di fuori dell’insegnamento (51).

La storiografia contemporanea ha ripreso le accuse di «delazione» e di «spionaggio» già lanciate dai modernisti contro il prelato romano: Benigni sarebbe stato, in una parola, «il peccato di Pio X» (52). Si dimentica però il «multiforme e fervido lavorio segreto»(53) del modernismo, svolto, come scrive Bedeschi, da un «un reticolo inafferrabile e variegato»(54) diffuso nelle principali città italiane (a Napoli Avolio, a Milano Casciola, a Roma Genocchi, a Genova Semeria); in particolare si deve a Sabatier «la creazione di una controinformazione vaticana e modernista» (55) attraverso un efficace collegamento coi corrispondenti dalle capitali europee di autorevoli organi di infomazione, dal «Times» al «Journal des Débats», dal «Temps» a «Le Siècle», dal «Daily News» al «Morning Post». Così, nel 1907, Sabatier che era alla ricerca di notizie su Benigni per passarle al giornalista Maurice Pernot (56), si rivolge all’oratoriano Mattia Federici per conoscere notizie sul passato genovese del direttore di «Corrispondenza Romana» (57): metodi non molto diversi da quelli «spionistici» attribuiti al suo avversario.

Attorno a mons. Benigni e al Sodalitium pianum si è creata una vera e propria «leggenda nera», in maniera tale da impedire un giudizio obiettivo sul personaggio che ebbe un carattere difficie (58), ma intese, come scrive il card. Antonelli nella Disquisitio, «mettere sé stesso, le sue molteplici qualità intellettuali, le sue vaste esperienze, soprattutto nel campo storico-culturale e sociologico, al servizio della Chiesa»(59). Va tenuta in conto la obiettiva ricostruzione dell’opera del prelato romano e dei suoi collaboratori di uno studioso come Poulat, così come sono di grande valore storico le conclusioni che scaturiscono dalla Disquisitio, che poté basare il suo esame sul prezioso incartamento della S. Congregazione Concistoriale (60).

1) Il Sodalitium pianum, considerato in sé e sulla base del suo Statuto e Programma, era un’organizzazione buona e destinata a buon fine.

2) Il Sodalitium pianum voleva essere un organo di penetrazione (vita esemplare dei membri in conformità a tutte le direttive pontificie: vita cattolica «integrale»), e di informazione (raccolta personale, rapida e sicura, di notizie su tutti i campi della vita religiosa, politica, sociale, culturale) a servizio della Curia Romana.

3) Il Sodalitium pianum nella idea primitiva di Benigni, avrebbe dovuto essere una specie di istituto ecclesiastico «secolare» sottoposto alla S. Congregazione Concistoriale, così come vivono e agiscono gl’Istituti religiosi sotto la S. Congregazione dei Religiosi.

Il Sodalitium pianum servì effettivamente la Santa Sede offrendo regolari informazioni, facendo uso alle volte, per garantire la sicurezza della corrispondenza, di un apposito cifrario (61). Il padre Jules Saubat (62) (1867-1949), procuratore generale dei Padri di Betharram, che fu indirizzato a Benigni dal cardinale Merry del Val (63) e divenne segretario del Sodalitium pianum, testimonia che «mai nella lotta furono usati mezzi illeciti o disonesti; però tutte le arti umane, anche le più scaltre, furono messe al servizio della verità»(64).

Ma, depone ancora lo stesso Saubat: «Spia no: la spia è il male al servizio del male e per il male. Qui c’è la vigilanza attraverso mezzi umani sufficientemente onesti, per il bene. Altrimenti bisognerebbe dire: spie sono i Nunzi che sono incaricati di informare; spia il Segretario di Stato a cui tutte le mattine il Papa domanda: Custos quid de nocte? Il Segretario di Stato passa per la scala regia: Benigni passava per la scala di servizio; è tutta qui la differenza»(65).

«In conclusione, e considerando oggettivamente le cose – afferma il card. Antonelli nella Disquisitio – il segreto e il cifrario erano in un certo senso mezzi necessari, per lo meno utili, certo non immorali, dal momento che Benigni non ebbe segreti verso l’autorità competente della Santa Sede con la quale si teneva in contatto» (66)

4. La Compagnia di Gesù al centro della tempesta

Al centro dell’acceso scontro tra modernisti e antimodernisti si trovò la Compagnia di Gesù la cui rivista «Civiltà Cattolica», fin dalla sua fondazione legata alla Santa Sede, esprimeva il tradizionale spirito di attaccamento al Papato dell’Ordine, al cui interno tuttavia si erano manifestate gravi defezioni, a cominciare da quella del padre Tyrrell, espulso dalla Compagnia solo dopo il 1906.

All’inizio del secolo, la «Civiltà Cattolica», che era stata un bastione delle posizioni intransigenti, si era piegata al vento delle novità, avvicinandosi a poco a poco, come scriveva l’oratoriano genovese Mattia Federici, amico di Loisy, «alla scuola esegetica che prima riteneva fosse suo compito combattere» (67).

Accanto a Pio x, si schierarono tuttavia le menti più fortemente speculative della Compagnia di Gesù come i padri Louis Billot (68) (1846-1931) e Guido Mattiussi (69) (1852-1925). Scrittore, conferenziere, professore, promotore del movimento tomistico in Italia (70), Mattiussi «fu veramente il propugnatore della verità cattolica. Col suo ingegno potente ed acuto, penetrava con tale facilità le verità più alte, da dare la sensazione che ne avesse piuttosto un’intuizione che una qualunque cognizione» (71) scrive il padre (poi cardinale) Paolo Dezza ricordandone «l’irremovibile fermezza nel difendere la verità» (72).

Billot, nel suo volume De inspiratione Sacrae Scripturae (1903), confutava non solo Loisy, ma gli scritti, ispirati alla metodologia storico-critica loisista, dei suoi confratelli Franz-Xavier Funk (1840-1907) Franz von Hummelauer (1841-1914) e Ferdinand Prat (1857-1938), ospitati tra il 1902 e il 1903 da «La Civiltà Cattolica» al cui interno esistevano, intorno al 1902, una tendenza «conservatrice» e una tendenza «progressista» (73).

Il padre Angelo De Santi (1847-1922), esponente dell’ala «progressista», dimostrava una sorprendente benevolenza nei confronti di Harnack, definendolo «un critico giusto, leale ed erudito» (74) e tentando, la ambigua operazione di prendere «il buono che seppe darci il professore berlinese, lasciando a lui e ai suoi il cattivo» (75), mentre il padre Prat teorizzava il «terzo partito», tra eterodossia e ortodossia, «quello dell’esegeta geloso di conciliare l’ortodossia più rigorosa con il desiderio di essere del suo tempo» (76). Quando la rivista dei gesuiti arrivò al punto di pubblicare un articolo sostanzialmente elogiativo nei confronti del filosofo positivista ed evoluzionista Herbert Spencer, morto nel 1903, scese in campo lo stesso padre Mattiussi.

Tra i gesuiti vicini a Pio X vanno ricordati inoltre lo storico Ilario Rinieri (77) (1853-1941), il sociologo Giulio Monetti (78) (1874-1948) e il padre Giuseppe Chiaudano (79) (1858-1915), superiore della Provincia piemontese della Compagnia dal 1903 al 1910. Quando nel 1913 il padre Salvatore Brandi (1852-1915) fu colpito da apoplessia, Pio X, che stimava la pietà e la dottrina del padre Chiaudano, lo nominò inaspettatamente rettore del collegio degli scrittori della «Civiltà Cattolica», ma il padre Chiaudano sopravvisse di poco a Papa Sarto. Gli successe il padre Enrico Rosa (80) (1870-1938), allievo del padre Sante Schiffini (81) (1841-1906), mentre ferveva la polemica sul sindacalismo cattolico.

Pio X non nascose la sua diffidenza verso la nuova linea della Compagnia di Gesù. Il padre Franz-Xaver Wernz (1842-1914), preposito generale della Compagnia, gravemente malato, il 31 luglio 1914 scrisse una lunga lettera protestando la fedeltà sua e dell’ordine e chiedendo direttive al Papa. Papa Sarto non rispose e in un colloquio confidenziale col nuovo «assistente d’Italia» manifestò le sue preoccupazioni per la linea delle riviste «Etudes» e «Stimmen aus Maria Laach» e per la persona del padre Wlodzimierz Ledochowski (1866-1942), «assistente» del padre Wernz e dall’11 febbraio 1915 suo successore come generale dell’Ordine (82).

5. L’affermazione della «terza forza»

Tra modernisti e antimodernisti esisteva un «terzo partito» (83) impersonata fino al 1913 dal cardinale Mariano Rampolla del Tindaro (84) (1843-1913), Segretario di Stato di Leone XIII e mancato Papa nel conclave del 1903. Rampolla, nel 1901, aveva scelto come suoi collaboratori diretti mons. Giacomo Della Chiesa (85) (1854-1922) e mons. Pietro Gasparri (86) (1852-1934); il primo lo aveva nominato segretario della Congregazione per gli Affari ecclesiastici ordinari e Sostituto alla Segreteria di Stato; il secondo, segretario della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari. Pio X, dopo aver nominato segretario di Stato il card. Merry del Val, aveva allontanato dalla Segreteria di Stato entrambi i protetti del cardinal Rampolla, il primo sostituito da mons. Nicola Canali (1874-1961), il secondo da mons. Raffaele Scapinelli di Legniguo (1858-1933).

Dopo il 1908, la Segreteria di Stato, diretta da un cardinale Segretario comprendeva due sezioni, alla prima delle quali, la congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari, vennero affidati i compiti propri della Segreteria di Stato, mentre la seconda si occupava degli Affari interni. Dal cardinale Segretario di Stato Merry del Val dipendevano monsignor Canali, sostituto della Segreteria di Stato, a cui erano affidati gli Affari ecclesiastici ordinari e monsignor Scapinelli di Legniguo, segretario della sezione degli Affari ecclesiastici straordinari, coadiuvato fino al 1911 dal sottosegretario Umberto Benigni; una terza sezione si occupava dei brevi pontifici.

Mons. Gasparri fu creato cardinale nel concistoro del 6 dicembre del 1907 per assumere il compito di stendere la nuova codificazione del diritto canonico; mons. Della Chiesa, nell’ottobre del 1907, fu nominato a sua volta arcivescovo di Bologna, dove attese per ben sette anni la sua elevazione al cardinalato, avvenuta il 25 maggio del 1914 (87).

Pio X morì il 3 agosto 1914; appena tre mesi dopo il conferimento della porpora, il 3 settembre 1914 mons. Della Chiesa venne eletto a sorpresa al soglio pontificio: «I retroscena del Conclave, ormai noti abbastanza nei circoli romani – scrive Buonaiuti a Houtin il 17 settembre 1914 – mostrano indubbiamente che l’elezione del card. Della Chiesa ha voluto rappresentare l’indicazione di un governo ecclesiastico che fosse l’antitesi perfetta del regime di Pio X» (88).

Quattro mesi dopo la morte di Pio X, mons. Eudoxe Mignot (1842-1918), arcivescovo di Albi, fece pervenire al cardinal Ferrata, primo segretario di Stato del neoeletto Benedetto XV, un Memoriale in cui attaccava duramente il movimento di reazione antimodernista promosso da san Pio X e invitava la Santa Sede ad una politica di «riconciliazione» con i modernisti (89). Il 13 ottobre 1914, nominando, dopo il cardinale Ferrata, il cardinale Pietro Gasparri suo Segretario di Stato (90), Benedetto XV manifestò la sua decisa volontà di mutare l’orientamento del pontificato piano (91), tornando alla linea di governo «rampolliana» abbandonata da Pio X.

Benedetto XV in accordo con il cardinale Gasparri smantellò il Sodalitium pianum (92) e tese la mano, senza successo, a Buonaiuti (93). Dopo la morte di Benedetto XV, l’ultima battaglia tra la tendenza ecclesiastica antimodernista che si richiamava a Pio X e la linea moderata impersonata dal card. Gasparri si svolse nel corso di un conclave che, secondo quanto avrebbe confidato lo stesso Gasparri, fu «uno dei più contrastati nella storia» (94). Il cardinale arcivescovo di Milano Achille Ratti venne eletto Papa il 6 febbraio del 1922 con il nome di Pio XI. L’aspro dibattito che aveva contrapposto il modernismo all’antimodernismo andò estinguendosi. Si aprì una stagione di apparente tregua in cui il modernismo parve inabissarsi e l’antimodernismo dissolversi.

NOTE

1) Il dialogo è riportato in A. Agnoletto, Salvatore Minocchi, cit., pp. 116-117. In termini pressoché analoghi si esprimeva Blondel in una lettera all’abbé Johannes Wharle del 5 agosto 1903, cit. in M. Blondel-A. Valensin, Correspondance 1899-1912, Aubier, Paris 1957, vol. I, p. 94.

2) R. Aubert, Pio IX tra restaurazione e riforma in Storia della Chiesa, vol. XXII/1, La Chiesa e la società industriale (1878-1922), a cura di E. Guerriero e A. Zambarbieri, tr. it. San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano), 1990, p. 137. cfr. anche M. Guasco, Modernismo, cit., p. 194. Tra le biografie: Yves Chiron, Saint Pie X, réformateur de l’Eglise, Publications du Courrier de Rome, Versailles 1999.

3) Pio X, Enciclica Pascendi dominici gregis dell’8 settembre 1907, in AAS, vol. 40 (1907), pp. 596-628; Denz-H, nn. 3475-3500. Tra le opere di scrittori antimodernisti che si affiancarono a Pio X in occasione della pubblicazione della Pascendi, cfr. Franz Heiner, La dottrina dei modernisti confutata, Desclée, Roma 1907; Id., Le disposizioni contro il modernismo contenute nell’enciclica «Pascendi» e nel motu proprio «Sacrorum antistitum», Pustet, Roma 1911; Giovanni Battista Lemius, Catechismo sul modernismo secondo l’enciclica «Pascendi Domini gregis» di Sua Santità Pio X, Desclée, Roma 1908; Ilario Rinieri s.j., La enciclica «Pascendi Dominicis gregis» e la evoluzione della Chiesa e del dogma, Tip. S. Bernardino, Siena 1908; Christian Pesch s.j., Fede, Dogmi e fatti storici. Studio sulle dottrine moderniste, Pustet, Roma 1909; Enrico Rosa s.j., L’enciclica Pascendi e il modernismo. Studi e commenti, La Civiltà Cattolica, Roma 1909; Guido Mattiussi s.j.,Dichiarazione del giuramento antimodernista imposto dal S. P. Pio X. Lezioni di apologetica, Tip. S. Alessandro, Bergamo 1912; Felice Cappello s.j., Errori modernisti nello studio del diritto pubblico ecclesiastico, ossia La natura giuridica della Chiesa cattolica difesa contro le aberrazioni del modernismo e del semi-modernismo, Tip. Cuggioni, Roma 1912.

4) Decr. S. Officii Lamentabili del 3 luglio 1907, in AAS, vol. 40 (1907), pp. 470-478; Denz-H, nn. 3401-3466.

5) Il modernismo si collega in tal modo alle due linee scaturite dal protestantesimo, il razionalismo, che subordina la religione alla filosofia e l’irrazionalismo fideistico che pone l’essenza della religione nel sentimento individuale del divino. Gli errori ottocenteschi del fideismo e del razionalismo confluiscono, nella tesi hegeliana per cui la fede riposa unicamente sulla ragione e in quella analoga e contrapposta dei «filosofi del sentimento» (Jacobi, Schleiermacher, Fries) secondo cui la fede si riduce al manifestarsi interiore del «sentimento di dipendenza (Abhengigkeitsgefühl)»: l’«esperienza religiosa» si sostituisce simultaneamente sia alla ragione che alla fede. Cfr. C. Fabro, Dall’essere all’esistente, Morcelliana, Brescia 1957, pp. 71-125.

6) Il testo si collega alle condanne di Pio IX del fideismo (Denz-H, 2751-2756 e 2765-2769), del razionalismo (Denz-H, 2828-2831 e 2850-2861) e dell’ontologismo (Denz-H, 2841-2847).

7) La proposizione XX del decreto Lamentabili condanna la definizione della rivelazione di Loisy secondo cui «la rivelazione non ha potuto essere altro che la coscienza acquisita dall’uomo della sua relazione con Dio». La Chiesa non nega che la verità rivelata sia ricevuta «nell’uomo», ma si rifiuta di vedere nella rivelazione il prodotto di un’attività semplicemente umana e naturale. L’uomo riceve il messaggio divino ma il suo contenuto procede da Dio ed è stato affidato alla Chiesa come un deposito da conservare fedelmente e da proclamare infallibilmente. La Rivelazione non è dunque una realtà in divenire, prodotto della coscienza umana, ma un deposito di verità soprannaturali affidato alla custodia della Chiesa; cfr. René Latourelle, Teologia della Rivelazione, tr. it., Cittadella, Assisi 1973, pp. 289-299.

8)  «È superfluo far notare con quale fedeltà questo quadro ricostruisce le diverse affermazioni trovate in Sabatier, Loisy e Tyrrell. Indubbiamente in quegli autori, esse non hanno i contorni netti che attribuisce loro l’enciclica. Rimane però il fatto che, nell’insieme i tratti vi corrispondono. Il documento pontificio le ha riunite e confrontate per scoprirne gli elementi dissolvitori»; R. Latourelle, cit., p. 295.

9) Cornelio Fabro, Modernismo, in EC, vol. VIII, col. 1191.

10) Ibidem, col. 1190.

11) Ibidem, col. 1190.

12) E. Poulat, Modernistica, cit., p. 25.

13) Ibidem, p. 25.

14) Pio XII, Lettera enciclica Humani generis del 12 agosto 1950, in AAS, vol. 42 (1950), pp. 562-563.

15) Nella Fides et Ratio, Giovanni Paolo II ricorda esplicitamente il «prezioso contributo» (n. 54) dei suoi predecessori, affermando che oggi «i problemi di un tempo ritornano, ma con peculiarità nuove» (n. 55). «Il pragmatismo dogmatico degli inizi di questo secolo, secondo cui le verità di fede non sarebbero altro che regole di comportamento, è già stato rifiutato e rigettato», afferma Giovanni Paolo II, ricordando esplicitamente la proposizione 26 del DecretoLamentabili. «In questo caso – aggiunge – si cadrebbe in uno schema inadeguato, riduttivo, e sprovvisto dell’incisività speculativa necessaria. Una cristologia, ad esempio, che procedesse unilateralmente «dal basso», come oggi si suole dire, o una ecclesiologia, elaborata unicamente sul modello delle società civili, difficilmente potrebbero evitare il pericolo di tale riduzionismo» (n. 98); Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Fides et Ratio del 14 settembre 1998, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XXI,2 (1998), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000, pp. 277-454.

16) L’articolo di Benedetto Croce è ora riportato in Pagine sparse, Laterza, Roma-Bari 1960, pp. 383-387.

17) Giovanni Gentile, Il modernismo e i rapporti fra religione e filosofia, Sansoni, Firenze 1962 (1908), pp. 49-50. «Giudizio perfetto – commenta Augusto Del Noce – perché effettivamente la Pascendi definisce in maniera insuperabile l’essenza del modernismo»; A. Del Noce, Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea, Il Mulino, Bologna 1990, p. 184.

18) Motu proprio Sacrorum antistitum del 1 settembre 1910, in ASS, 2 (1910), p. 669-672; L’obbligo del giuramento fu sospeso nel 1967.

19) R. Latourelle, cit., p. 296.

20) Denz-H, n. 3541.

21) Denz-H, n. 3542.

22) E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, cit., pp. 100-101.

23) A questi due nomi, il cardinale Augusto Silj, nella sua testimonianza al processo di beatificazione (Positio, p. 719) aggiunge quello del prefetto dell’Indice, il cappuccino José Vives y Tuto (1854-1913).

24) Su Merry del Val, oltre alla sua Positio, cfr. le biografie di mons. Pio Cenci, Il Cardinale Merry del Val. Segretario di Stato di San Pio X Papa, L.I.C.E. – R. Berruti, Roma-Torino 1955 (l’opera è redatta in realtà dal card. Canali); P. G. Dal Gal, Il servo di Dio card. Raffaele Merry del Val, Paoline, Roma 1956 e José M. Javierre, Merry del Val, Juan Flors, Barcelona 1965. Si veda, più avanti, pp. 96-99.

25) Su De Lai, cfr. la voce di R. Cerrato in DBI, 36 (1988), pp. 278-280; E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, passim. De Lai, formatosi al seminario di Vicenza, prima di completare i suoi studi presso il Pontificio Seminario Romano, era stato ordinato sacerdote nel 1876 e aveva iniziato la sua carriera curiale. Nel 1889 aveva conosciuto il vescovo Giuseppe Sarto, in occasione di una sua visita alla diocesi di Mantova. Nel 1903, dopo l’elezione di Pio X, era stato promosso segretario della Congregazione del Concilio e l’anno successivo membro della commissione per la formazione del codice di diritto canonico. Creato cardinale nel concistoro del 16 dicembre 1907, venne nominato segretario della Congregazione concistoriale il 20 ottobre 1908 ufficio che mantenne fino all’ottobre 1928, quando gli successe il card. Carlo Perosi.

26) E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, cit., pp. 65, 270.

27) Cfr. G. Dal Gal, cit., pp. 69-76.

28) Orio Giacchi, Il Cardinale Raffaele Merry del Val, Società Editrice «Vita e Pensiero», Milano 1933, p. 9.

29) Su mons. Volpi, cfr. la voce di A. Romiti in DSMC, vol. III/2, 899-900. cfr. anche Alfonso Cenni o.s.b., Il vescovo del Sacro Cuore. Mons. Giovanni Volpi (1860-1931), Tip. Artigianelli, Lucca 1962.

30) L. Bedeschi, L’antimodernismo in Italia, Edizioni San Paolo, Milano 2000, p. 182.

31) Cfr. Massimo Petrocchi, Storia della spiritualità italiana, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1984, p. 554.

32) Cfr. M. Petrocchi, cit., pp. 523-527.

33) «Come infatti si possono approvare – scriveva il 20 ottobre 1912 al Prevosto di Casalpusterlengo – certi giornali che colla etichetta nascosta di Cattolici, perché qualche volta riferiscono i ricevimenti pontifici o le note vaticane, non solo non dicono mai una parola sulla libertà e l’indipendenza della Chiesa, ma fingono di non accorgersi della guerra continua che gli vien fatta? Giornali, che non solo non combattono gli errori che avvolgono la società, ma portano il loro contributo alla confusione delle idee e massime divergenti dalla ortodossia, che prodigano incensi agli idoli del giorno, lodano libri, imprese ed uomini nefasti alla religione?» (cit. in Disquisitio, p. XVII). Sul problema della stampa cattolica, cfr. più ampiamenteDisquisitio, pp. 53-100. Sul cardinale Andrea C. Ferrari, ora Beato, cfr. Maria Torresin, Il Cardinale Andrea C. Ferrari, arcivescovo di Milano, e San Pio X, in «Memorie storiche della diocesi di Milano», vol. IX (1963), pp. 37-297; Carlo Snider, L’episcopato del cardinale Andrea C. Ferrari, 2 voll., Neri Pozza, Vicenza 1981-1982.

34) L. Bedeschi, Note e documenti per la storia dell’antimodernismo. De Toth e Cavallanti alla direzione dell’Unità Cattolica in «Nuova Rivista Storica», LV (1971), fasc. 1-2, p. 90132; id., L’antimodernismo in Italia, cit., pp. 53-68; Maurizio Tagliaferri, L’Unità Cattolica. Studio di una mentalità, Pontificia Università Gregoriana, Roma 1993.

35) Su De Toth, cfr. il profilo di Marco Invernizzi, in Voci per un Dizionario del Pensiero Forte, a cura di Giovanni Cantoni, Cristianità, Piacenza 1997, pp. 239-244.

36) Di Cavallanti si veda Modernismo e modernisti, Libreria del Sacro Cuore, Torino 1908, 2a ed.; su di lui cfr. il necrologio in Civ. Catt. 1612 (1917), p. 370 e le voci di L. Bedeschi in DBI, 22 (1979) pp. 680-683 e P.L. Ballini in DSMCI, vol. III/1, pp. 200-202.

37) Cfr. Ermenegildo Reato, voce Scotton, in DSMCI, vol. II, pp. 591-593; G. Menara, I fratelli Scotton (mons. Jacopo, Andrea e Gottardo). Memorie biografiche, Tip. S. Maria Novella, Firenze 1925; L. Bedeschi, L’antimodernismo, cit., pp. 68-74. Il nome di mons. Andrea Scotton, che Pio IX nominò Cameriere Segreto e Pio X Protonotario Apostolico, resta legato in particolare a un Corso completo di Catechismo, più volte ristampato (S.A.T. Editrice, Vicenza): Il simbolo apostolico (1949); I Sacramenti (1950); I comandamenti (1950);L’orazione e la giustizia cristiana (1952).

38) E. Reato, voce cit., p. 591.

39) P. Sabatier, Les modernistes, cit., p. 224. «Hanno torto questi scrittori del Periodico – scriveva Pio X il 28 marzo 1911 al cardinal Ferrari, attaccato dai fratelli Scotton – quando negli attacchi si lasciano sopraffare dalla passione, quando dai casi particolari vengono alle conclusioni generali, quando discendono alle personalità, ma hanno pure una attenuante alla loro colpa quando conoscendo il male si trovano di fronte a chi ostinatamente lo nega e adoperano per difendersi le stesse armi colle quali sono colpiti» (Disquisitio, p. 178).

40) Su don Giovanni Boccardo, direttore de «La Liguria del Popolo» dal 1908 al 1915, si veda L. Bedeschi, Lineamenti socioreligiosi dell’antimodernismo genovese, in «Fonti e documenti», 4 (1975), pp. 23-29. Il Boccardo fu ospite del Convitto Ecclesiastico dell’Opera di don Orione dal 1951 alla morte, il 6 dicembre 1956.

41) Cfr. Disquisitio, p. 287; E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, cit., pp. 582-583.

42) Giacomo Martina, Storia della Chiesa, vol. IV, Morcelliana, Brescia 1995, p. 99.

43) Pio X, Positio, p. 109.

44) Su mons. Umberto Benigni le due opere fondamentali sono i volumi di E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral (cit.) e Catholicisme, démocratie et socialisme. Le mouvement catholique et mgr. Benigni, Castermann, Bruxelles-Paris 1977; per una sintesi bio-bibliografica cfr. la voce dello stesso Poulat in DSMCI e quella di P. Scoppola in DBI, vol. VIII (1966), pp. 506-508. Si veda inoltre: Sergio Pagano, Documenti sul modernismo romano dal fondo Benigni, e id., Il fondo di mons. Umberto Benigni dell’Archivio Segreto Vaticano, Inventario e indici in «Ricerche per la storia religiosa di Roma», 8 (1990), pp. 223-300, 347-402.

45) Il primo numero della «Corrispondenza romana» apparve il 23 marzo 1907, prima come ciclostilato, poi a stampa; dal numero del 2 ottobre 1909 cambiò il titolo in «La Correspondance de Rome» e durò fino al 31 dicembre 1912. Il direttore responsabile, Giovanni Grandi, e il gerente erano laici. Emile Poulat ne ha ricostruito e riprodotto una collezione pressoché completa (Feltrinelli Reprint, Milano 1971, 3 voll.).

46) Nel 1907 mons. Gasparri fu elevato alla porpora e al suo posto, come immediato superiore di Benigni, fu chiamato, il 18 maggio 1908, mons. Raffaello Scapinelli di Leguigno.

47) La ragione per cui Benigni lasciò la Segreteria di Stato risale probabilmente a una divergenza di vedute con Merry del Val. Che uscisse dalla Segreteria di Stato con onore lo si rileva dal fatto che Pio X creò per lui ex novo il posto di un ottavo Protonotario apostolico partecipante, mentre quel Collegio non aveva mai avuto più di sette membri. Sui rapporti Benigni-Merry del Val, Poulat scrive con giudizio: «Observation capitale: ce n’est pas dans la compréhension des évènements, dont ils ont l’un et l’autre une vue identique, mais sur la conduite des affaires que leur divergence s’est affirmée» (Intégrisme, cit., p. 77).

48) L. Bedeschi, L’antimodernismo, cit., p. 49-50.

49) Disquisitio, p. 10.

50) Fra i cardinali che ebbero stima del Sodalitium pianum e di cui si servirono bisogna ricordare, oltre a Merry del Val e De Lai, il cappuccino José Vives y Tuto (1899-1913), prefetto della Congregazione dei Religiosi, il domenicano Tommaso Pio Boggiani (1863-1942), assessore della Concistoriale e poi Arcivescovo di Genova e Cancelliere di Santa Romana Chiesa, Girolamo Gotti (1834-1916), prefetto di Propaganda, il redentorista Wilhelmus van Rossum (1854-1932) poi prefetto di Propaganda (1918), Hector-Irenée Sevin (1852-1916) arcivescovo di Lione; Disquisitio, p. 234.

51) Nel 1933 un anno prima della morte, Benigni pubblicò l’ultimo volume della sua Storia sociale della Chiesa, il cui primo volume era apparso nel 1907. «Morì povero – ricordò don Paolo de Toth – e questa è una delle sue migliori glorie e delle più significative prove della sua onestà e lealtà»; Disquisitio, p. 48.

52) La formula è stata usata da uno dei suoi difensori, il padre Jules Saubat, in Disquisitio, p. 34. «Ceux qu’il combattit sont unanimes à voir en lui leur pire ennemi; en même temps qu’un produit typique et repoussant de ce catholicisme intégral qui leur apparaissait comme l’inversion du vrai catholicisme. Pour eux, il aura été sans contexte le péché de Pie X, un péché qui a retardé la canonisation en cours du Pontificat apres avoir failli l’arrêter»; E. Poulat, Catholicisme, démocratie et socialisme, cit., pp. 39-40.

53) L. Bedeschi, Interpretazioni e sviluppo, cit., p. 86.

54) Ibidem, pp. 86-87.

55) Ibidem, p. 85.

56) Pernot avrebbe utilizzate le notizie fornite da Sabatier nel saggio Le Vatican et l’organisation de la presse, apparso su «La grande revue», dicembre 1908, pp. 209-227.

57) Cfr. Carteggio Federici-Sabatier, in «Fonti e Documenti», 5-6 (1977), p. 58.

58) Disquisitio, pp. XXII-XXV e 237.

59) Disquisitio, p. 199.

60) La Disquisitio trae dalla Congregazione Concistoriale lo statuto e il programma delSodalitium Pianum, nella redazione dell’autunno 1913, definendolo un documento di «importanza capitale» (p. 161). Cfr. anche i documenti tratti dal Fondo Benigni dell’Archivio Segreto Vaticano (59, ff. 288-289, citati da S. Pagano in Documenti sul modernismo romano, pp. 233-234).

61) Una lunga lettera del 21 giugno 1910 di mons. Benigni al cardinale segretario di Stato Merry del Val, pubblicata da Pagano in Documenti sul modernismo romano, cit., pp. 230-232, offre un chiaro quadro dell’attività informativa di Benigni di cui la Santa Sede beneficiava; cfr.Disquisitio, pp. 48-49.

61) Sul Saubat, cfr. Poulat, cit., pp. 419-421; accanto al Saubat va ricordato il nome del padre Charles Maignen (1858-1937), religioso della Congregazione dei Fratelli di San Vincenzo de’ Paoli; Poulat, cit., pp. 273-275.

63) Disquisitio, pp. 31-32.

64) Disquisitio, p. 32. Anche il padre Henri Jeoffroid, procuratore generale della Congregazione dei Fratelli di San Vincenzo de’ Paoli, testimonia che «Il Sodalizio fu promosso con intenzioni del tutto rette, nell’intento d’informare la Santa Sede sopra i movimenti spesso subdoli delle tendenze erronee»; Disquisitio, p. 43

65) Disquisitio, p. 37.

66) Disquisitio, p. 231.

67) Mattia Federici, Chronica biblica, in  «Divus Thomas»  25 (1903), p. 251, cit. da A. Zambarbieri, Il cattolicesimo tra crisi e rinnovamento, cit., p. 76.

68) Il padre Louis Billot, di origine alsaziana, tenne la cattedra di dogmatica presso l’Università Gregoriana dal 1885 al 1911 quando fu creato cardinale. In seguito alla condanna dell’Action Française da parte di Pio XI rinunziò alla porpora. cfr. J. Lebreton, Son Eminence le cardinal Billot, in «Etudes», 129 (1911), pp. 514-525 Henri Le Floch, Le cardinal Billot lumière de la théologie, Beauchesne, Paris 1947. Sulle dimissioni di Billot, cfr. Jacques Prévotat, Les catholiques et l’Action Française. Histoire d’une condamnation. 1899-1939, Fayard, Paris 2001, pp. 480-486.

69) Mattiussi era discepolo di Giovanni Maria Cornoldi (1822-1892). cfr. Luciano Malusa,Neotomismo e intransigentismo cattolico. Testi e documenti per un bilancio del neotomismo. Gli scritti inediti di Giovanni Maria Cornoldi, IPL, Milano 1989, p. 66.

70) Aniceto Molinaro, La neoscolastica italiana nel XX secolo, in E. Coreth-W. M. Neidel-G. Pfligersdorffer La filosofia cristiana nei secoli XIX e XX, vol. II. Ritorno all’eredità scolastica, ed. it. a cura di G. Mura e G. Penzo, p. 778.

71) Paolo Dezza, Alle origini del neotomismo, Fratelli Bocca, Milano 1940, p. 132 (cfr. ampiamente, pp. 131-142).

72) Ivi. Di Mattiussi, cfr. tra l’altro: L’essenza del cristianesimo per Adolf Harnack,Artigianelli, Monza 1903; Il veleno kantiano, Artigianelli, Monza 1907; Le speranze svanite del darwinismo, Artigianelli, Monza 1909; Le XXIV tesi della filosofia di S. Tommaso approvate dalla S. Congregazione degli studi, Befani, Roma 1917. Benedetto XV fece pubblicare l’opera dalla S. Congregazione delle Università e degli Studi come autorevole guida nelle scuole superiori cattoliche. La pubblicazione delle XXIV tesi diede occasione tuttavia a controversie, specialmente tra i fautori dell’eclettismo a sfondo nominalista di Suarez e i difensori del tomismo integrale; cfr. C. Fabro, Storia della filosofia, Coletti, Roma 1954, p. 864. Si veda anche Carlo Giacon, Per una prima genesi delle XXIV tesi del tomismo specifico, «Doctor communis», XXXIV (1981), pp. 175-193; Id., Le grandi tesi del tomismo, Patron, Bologna 1967.

73) Cfr. Giovanni Sale, «La Civiltà Cattolica» nella crisi modernista (1900-1907),  Jaca Book, Milano 2001, pp. 157-160.

74) In G. Sale, cit., p. 74.

75) A. De Santi, Per la storia dell’antica letteratura cristiana fino ad Eusebio, cit., p. 328.

76) F. Prat, La questione biblica nell’esegesi, in Civ. Catt., XVIII, vol. VII III (1902), p. 154 (142-156). Cfr. anche G. Sale, cit., p. 82.

77) Sul Rinieri, cfr. W. Maturi, Interpretazioni della storia del Risorgimento, Torino 1962, pp. 588-589; M. Tagliaferri, cit., pp. 173-174.

78) Del padre Monetti, ricordiamo i Problemi vari di sociologia generale, con prefazione di Stanislao Medolago Albani, UES, Bergamo 1913 e La sociologia cristiana, La Favilla, Bergamo 1931. Cfr. la voce di G. Formigoni, in DSMCI, vol. III/2, pp. 570-571.

79) Sul padre Chiaudano, cfr. le voci di Andrea Camilletti in DBI, 24 (1980), pp. 618-620 e C. Valente, dsmci, III/1, p. 219.

80) Sul padre Enrico Rosa, oltre alla biografia del padre Ambrogio M. Fiocchi, Padre E. Rosa s.j., scrittore della «Civiltà Cattolica» (1870-1938), La Civiltà Cattolica, Roma 1957, cfr. A. Zambarbieri, Il cattolicesimo tra crisi e rinnovamento, cit., e G. Sale, cit., passim.

81) Dopo aver insegnato filosofia e teologia nel Collegio romano, il padre Schiffini insegnò fino alla morte teologia nel collegio gesuita di Chieri; cfr. A, Zambarbieri, Il cattolicesimo tra crisi e rinnovamento cit., pp. 51-133. Schiffini aveva confutato La méthode historique del padre Lagrange.

82) G. Martina, Storia della Chiesa, vol. IV, cit., p. 100.

83) Utilizziamo il termine applicando, per analogia, la terminologia di «terzo partito» utilizzata da Emile Appolis in Entre Jansénistes et Zelanti. Le tiers-parti catholique au Xviii siècle, A. et J. Picard, Paris 1960.

84) Sul card. Rampolla del Tindaro, cfr. la voce di Francesco Malgieri, in DSMCI, II, p. 532-534 con bibliografia. Il 31 dicembre 1908 venne nominato Segretario della S. Congregazione dei Vescovi, carica che ricoprì fino alla morte.

85) Cfr. le voci di G. De Rosa in DBI, 8 (1966), pp. 408-417, e di François Jankoviak, inDizionario storico del papato, diretto da Philippe Levillain, Bompiani, Milano 1936, pp. 173-178.

86) Mons. Giuseppe De Luca ricordò che Pietro Gasparri era da molti definito «il Giolitti della Chiesa, uomo di grande mestiere, ma di mestiere»; G. De Luca, La figura del card. Pietro Gasparri nel volume collettaneo Il cardinale Pietro Gasparri, a cura del Pontificio Ateneo Lateranense, Caccia, Roma 1969, p. 69. Sul Gasparri, cfr. le voci di Danilo Veneruso, in DSMCI, II, pp. 222-225 e Romeo Astorri-Carlo Fantappié, in DBI, 52 (1999), pp. 500-507.

87) Secondo la testimonianza del conte Ferruccio de Carli, fu lo stesso Merry del Val a insistere presso Pio X per la nomina a cardinale di mons. Della Chiesa, quando si accorse che il suo nome mancava nella lista preparata dal Pontefice per il prossimo Concistoro: «Padre Santo e l’Arcivescovo di Bologna? Che cosa dirà il mondo di una nomina che tarda da sette anni?». Al che il Santo Padre Pio X prese la penna e aggiunse il nome di Giacomo Della Chiesa»; R.R. Merry del Val, Positio, p. 185.

88) Carteggio, cit., p. 131. Sui rapporti Gasparri-Buonaiuti, cfr. Pellegrino di Roma cit., pp. 190-194.

89) Cfr. Memoriale di mons. Mignot, in L. Bedeschi, Interpretazioni e sviluppo del modernismo cattolico, cit., p. 189-198. Sul ruolo del Mignot, cfr. Jean Madiran, L’intégrisme.Histoire d’une histoire, Paris 1964, pp. 27-60; M. Bécamel, Monseigneur Mignot et Alfred Loisy, in «Bulletin de Littérature Ecclésiastique», 70 (1969), pp. 267-286. Mons. Giacomo Della Chiesa, arcivescovo di Bologna, in una lettera al card. De Lai del 5 dicembre 1912, si era espresso sarcasticamente nei confronti dei direttori de l’«Unità Cattolica» e della «Riscossa» proponendo di farli «Consultori Generali della S. C. dell’Indice»; Disquisitio, cit., pp. 127-128.

90) Mons. Pacelli era succeduto a mons. Benigni, il 7 marzo del 1911 come sottosegretario della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari di cui fu nominato pro-segretario (1912) e segretario (1914) prima di essere inviato nunzio in Baviera (1917) dove lo visitò l’avvocato Joncx che affermava: «Mons. Pacelli est un élève et fidèle ami de nos amis» E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, cit., p. 258. Il cardinale Gasparri mantenne l’incarico sotto Pio XI, fino al 1930, quando gli successe il cardinale Eugenio Pacelli.

91) Merry del Val fu nominato segretario del Santo Uffizio e a mons. Canali, in compenso del perduto ufficio di Sostituto fu offerta una nunziatura, che egli rifiutò, preferendo rimanere a Roma presso il suo cardinale e accontentandosi perciò della nomina a segretario della Cerimoniale; cfr. la deposizione di mons. Alberto Serafini in R. Merry del Val, Positio, p. 172. Sul cambiamento di orientamento, cfr. E. Poulat, Intégrisme, cit., pp. 600-602. Su Benedetto XV, cfr. John F. Pollard, Il papa sconosciuto. Benedetto XV (1914-1922) e la ricerca della pace, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001.

92) Il card. Gasparri ottenne per Buonaiuti la revoca della scomunica, poi reiterata dal Sant’Uffizio il 25 gennaio 1926. Il caso Buonaiuti sotto il pontificato di Pio xi non fu trattato forse con la prudenza che meritava, passando da compiacenti imprimatur a misure estreme come la scomunica vitando; cfr. Giovanni Sale, Il «caso Buonaiuti»: una vicenda che interpella ancora la Chiesa, Civ. Catt., 3596 (15 aprile 2000), pp. 125-138. Interessanti novità sul tentativo di recuperare Buonaiuti alla comunione ecclesiale nel 1928 sono presentate in questo libro dal contributo di F. Peloso «Don Orione ed Ernesto Buonaiuti». Il rapporto Gasparri-Buonaiuti, come osserva Fiorani, è un passaggio importante, ancora tutto da studiare della storia del modernismo (Modernismo romano, cit., p. 55). Nelle sue Memorie, Buonaiuti parla a lungo e con grande deferenza di Gasparri, arrivando a dire che verso il 1918-1920 gli era consentito accedere al Segretario di Stato un paio di volte la settimana;Pellegrino di Roma, p. 152.

93) L’astio del card. Gasparri nei confronti di mons. Benigni, che egli stesso aveva nominato alla Segreteria di Stato, traspare dalle sue Memorie. Cfr. Giovanni Spadolini, Il cardinale Gasparri e la Questione Romana (con brani delle memorie inedite), «Nuova Antologia» 2050 (ottobre 1971), pp. 47-50 (poi ripubblicato nei Quaderni di Storia di Le Monnier, Firenze 1972); Angelo Martini in Le memorie del card. Gasparri e la loro presentazione, Civ. Catt., 2943 (3 febbraio 1973), pp. 259-267, formula serie riserve sulle Memorie, che non permettono una ricostruzione esatta e completa del personaggio e «non sono sufficienti a ricostruire definitivamente la sua azione né a stabilire il suo pensiero religioso e politico» (p. 267).

94) Così mons. Primo Principi nella sua deposizione raccolta in R. Merry del Val, Positio, p. 116. Per una ricostruzione del conclave, cfr. Domenico Sparpaglione, Il Cardinale Pietro La Fontaine Patriarca di Venezia, Paoline, Roma 1951, pp. 282-286.

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