La ricchezza del cristianesimo

Tratto dalla mail circolare de il Cavaliere della Verità

(cavalieridellaverita@virgilio.it)

abbracciare_Cristo

  III° Sentiero

Si racconta che durante l’assedio di Parigi del 1870, un fratello delle Scuole Cristiane curava un soldato che aveva il vaiolo nero. Nel vederlo, un giornalista si stupì e gli disse: “Quel che fate voi, io non lo farei per diecimila franchi!” Ma il religioso rispose: “Ed io pure non lo farei per diecimila franchi: non sono mica pazzo.” Poi baciò il Crocifisso e aggiunse: “Lo faccio per Gesù Cristo!”

Un episodio come questo ci invita a riflettere su un senso del Cristianesimo che è tanto trascurato, soprattutto oggi. Mi riferisco alla pienezza (cioè alla ricchezza) della Promessa di Gesù.

Volendo semplificare, l’annuncio delle religioni non cristiane oscilla tra due estremi: confidare totalmente nelle capacità dell’uomo o annullare completamente queste capacità. Due esempi indicativi: l’Islam, pur proponendo una sorta di predestinazionismo, è contraddittoriamente incentrato sull’adempimento formale della legge (tutto è nelle capacità dell’uomo); le religioni orientali, proponendo l’illusorietà dell’individualità umana e del mondo, indicano invece la spersonalizzazione e il vuoto come mèta.

Il Cristianesimo no, esso è tutto proiettato verso una pienezza che è oltre l’uomo; ed è una pienezza che si esprime principalmente in due punti:

Primo, con l’appartenenza a Cristo.

Secondo, con la tensione al Paradiso.

Primo punto: Il Cristianesimo è la Persona di Gesù, e il cristiano non può affatto fare a meno della Vita di Grazia, che è il tutto della sua esperienza. Egli può anche impegnarsi a fare le cose più grandi (e può anche riuscirci), ma, senza la Vita di Grazia, non realizzerà mai se stesso, perché la sua felicità è solo nel Signore Gesù: “Io sono la Via, la Verità e la Vita.” (Giovanni 14,6). L’adesione intellettuale a Cristo è, sì, importante, ma non basta; occorre che si faccia convivenza: “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.(Giovanni 15,5). Gesù dice che non basta essere “accanto” a Lui, ma che bisogna essere “in” Lui.

Dunque, è la Persona di Cristo che costituisce la ragion d’essere del cristiano. Ecco perché sono fuori strada tutti quei tentativi di ridurre il Cristianesimo ad una delle tante opzioni ideali, ad una semplice visione della vita…una scelta in tal senso è solo una riduzione del Cristianesimo a ideologia.

Qui però va fatta una precisazione. Spesso quando si dice che il Cristianesimo non è un’ideologia, è perché si vuole negargli la possibilità che si faccia cultura e s’incarni nella società umana, si pensi a tanti cattolici progressisti o cattocomunisti che pretendono legittimare il loro dissenso dalla Dottrina Sociale della Chiesa dicendo, appunto, che il Cristianesimo non è un’ideologia.

No. Noi vogliamo intendere un’altra cosa, e cioè che il Cristianesimo non nasce né dal soggetto umano né tanto meno si riduce ad una scelta individuale, ma, pur partendo dalla libera scelta di aderire al Signore, si realizza solo con la Grazia che scaturisce dall’abbraccio con il Signore.

Veniamo adesso al secondo punto, ovvero che la pienezza del Cristianesimo è nella tensione al Paradiso.

Abbiamo già avuto modo di dire che il Cristianesimo è mille miglia lontano dal paganesimo, e lo è perché si realizza nella tensione di un “dopo” che non è qua, ma che porterà a compimento tutte le affezioni della vita terrena.

Il Paradiso cristiano non è né in un rapporto d’univocità, cioè d’identità con la vita terrena (così come è invece il paradiso islamico che è visto come prolungamento di questa vita con piaceri terreni portati all’estremo), né in un rapporto di equivocità, cioè di totale diversità (come per esempio la moksha indù e ancor più il nirvana buddista che sono la totale nullificazione della terreneità); bensì in un rapporto di analogia.

Il Paradiso cristiano è conservazione dell’individualità personale, è compimento di tutte le affezioni terrene ma è anche sublimazione di tutto questo nel lumen gloriae, cioè nella visione beatifica d’amore che ne costituisce il fondamento. Il Paradiso è Dio stesso che si offre all’uomo: quale maggiore ricchezza?

La ricchezza è nella constatazione di un “avere tanto” che si aggiunge al proprio sé. La ricchezza materiale è un avere più soldi, un avere più proprietà ecc…Il senso della ricchezza è tutto nel possedere, per –appunto- “arricchire” la propria vita.

Ebbene, il Cristianesimo fa suo il concetto letterale della ricchezza (l’uomo è ricco quando possiede), ma propone una ricchezza vera che è quella di arricchire la propria persona e la propria vita (realtà che non vanno annullate) non con realtà passeggere, bensì con l’Infinito e l’Assoluto.

Non so se ci avete mai pensato: ma solo nel Cristianesimo la mèta è il “possesso” di Dio. Né l’islam, né l’induismo, né il buddismo, né il taoismo, ecc…indicano la mèta finale nel possesso di Dio.

Tornando all’aneddoto da cui siamo partiti: è da pazzi rischiare la vita per diecimila franchi, non lo è per Gesù Cristo, perché solo Lui è il Dio che ha posto se stesso come tesoro da “possedere”.