Adamo ed Eva: per la scienza è plausibile

Adamo_EvaIl Timone n.141 Marzo 2015

 Le indagini recenti sembrano proprio confermare che tutta l’umanità discende da un uomo e da una donna vissuti 200 mila anni fa in Africa. Non da un gruppo più numeroso di progenitori

di Umberto Fasol

Le ricerche scientifiche sull’origine dell’uomo aggiungono di continuo nuovi dati e nuove riflessioni che ci aiutano a dare una risposta sempre più plausibile al grande interrogativo: da dove veniamo?

Sappiamo che quello della Bibbia è il racconto teologico della storia dell’umanità, che utilizza un linguaggio e un metodo che le sono specifici, che si preoccupano di dire la verità esistenziale, quella che serve a dare un senso alle cose e alla vita. Il racconto teologico non indica coordinate temporali o spaziali perché non gli interessano.

La zona della nostra origine

Ci chiediamo ora quale sia invece il racconto dell’origine dell’uomo fatto dalla scienza, o meglio dagli scienziati.

Entro subito nel vivo della questione aprendo con una lunga ma molto ricca citazione da un articolo di Telmo Pievani, che pur è un autore spesso anticattolico (dal suo articolo, però, trarrò delle conclusioni diverse dalla sue): «Da una zona forse vicina al sito eritreo di Abdur, dove la presenza di Homo sapiens è attestata 125 mila anni fa, iniziano le dispersioni multiple della nostra specie fuori dall’Africa, seguendo spesso gli stessi tracciati delle precedenti diaspore. Le espansioni di Homo sapiens hanno lasciato una traccia genetica flebile ma significativa. I quasi sette miliardi di esseri umani che abitano oggi il pianeta presentano una variazione genetica molto ridotta e proporzionalmente più bassa mano a mano che ci si allontana geograficamente dal continente africano. Questo dato suggerisce che l’intera popolazione umana sia discesa da un piccolo gruppo iniziale, che conteneva gli antenati di tutti noi» (T. Pievani, Siamo frutto del caso, «Micromega», 1/2012).

L’intera popolazione umana, dunque, deriva per generazione e per migrazione da un piccolo gruppo iniziale presente in Africa nord occidentale, presso l’attuale Eritrea, circa 100 mila anni fa. Le prime tracce di Homo sapiens risalgono, in quella stessa posizione geografica, a circa 200 mila anni fa; la sua migrazione verso l’Europa e verso l’Asia inizia solo dopo un periodo di assestamento sul territorio. Osserviamo ora però un altro particolare curioso: nel mondo Homo sapiens non è solo, per un certo periodo, ma convive con altre (specie) diverse, chiamate forme umane: «50 mila anni fa, in Africa ed Eurasia convivono ben cinque forme umane contemporaneamente. Non siamo mai stati soli, tranne che nelle ultime, poche migliaia di anni» (ibi).

Queste altri forme di vita umanoide si erano evolute in loco a partire da precedenti ondate migratorie del genere Homo, sempre provenienti dal Corno d’Africa: si tratta dei noti Neanderthal e dei discendenti asiatici dell’erectus, tra cui i Denisova e i Florensis, dell’isola omonima.

I predecessori dell’Homo sapiens

Facciamo ora un passo indietro nel tempo e torniamo sempre in Africa a cercare le origini del genere Homo: «intorno a due milioni di anni fa troviamo in Africa una pletora di specie (forse venti) appartenenti addirittura a tre generi diversi» (ibi).

Più indietro ancora, che cosa troviamo in Africa? Circa sei milioni di anni fa ci sono i primi ominidi, che sono specie che si differenziano tra loro, ma a partire da un antenato comune (non ancora identificato), condiviso anche con le scimmie. È importante sottolineare che anche le ipotesi evolutive odierne (vera o falsa che sia la teoria dell’evoluzione, cosa che qui non ci interessa) escludono categoricamente per l’uomo una discendenza diretta dalla scimmia: si parla solo di un antenato comune.

Homo sapiens è dunque emerso 200 mila anni fa da questo cespuglio formato da tanti fili, esili e vicinissimi tra loro, che non sono più cresciuti. La radice di questo cespuglio ci è ancora ignota.

Ora proseguo con una mia riflessione che propongo a tutti voi. Un gruppo ha dato origine a questo ultimo ramoscello: forse una coppia?

Può darsi, anzi, è molto probabile: ogni ramoscello deriva da una gemma. E questa gemma che è l’Homo sapiens ha delle caratteristiche così uniche ed esclusive da renderla altamente improbabile. Possiede qualità sintonizzate tra loro in combinazioni uniche: le caratteristiche esclusive dell’uomo, come il bipedismo totale, il telencefalo sviluppato, la pelle nuda e sottile, la dentatura di tipo onnivoro, il linguaggio simbolico, l’intelligenza creativa e l’autocoscienza, l’ironia e il senso religioso, la famiglia come ambito di educazione dei figli (durante il loro lunghissimo periodo di sviluppo fisico e mentale), eccetera, sono caratteristiche tali da poter emergere tutte insieme in due persone di sesso diverso, nello stesso momento storico e nello stesso sito geografico, con una probabilità che è decisamente tendente allo zero.

A maggior ragione, è quasi impossibile che queste caratteristiche siano emerse nello stesso momento storico in una moltitudine di persone, invece che in una coppia. Per questo è ragionevole immaginare che la specie sapiens sia sorta in un punto della storia e della geografia in una coppia e non in una moltitudine.

Inoltre, come ha scritto Giancarlo Cavalleri (cfr. bibliografia) alcuni scienziati hanno fatto una campionatura su scala mondiale degli esseri umani. Sono stati svolti circa 2.500.000 campionamenti del DNA e dei mitocondri ed è risultato proprio che l’origine dell’homo sapiens sapiens è avvenuta 200.000 anni fa, e si è verificata tra il Tigri, l’Eufrate e il Corno d’Africa. In particolare, è stato rilevato che tutta la popolazione mondiale viene da un’unica coppia.

Come hanno scritto A.C Wilson e R.L Cann («Le Scienze», n. 286, giugno 1992), docenti dell’Università di Berkeley: «i confronti genetici […] depongono a favore del fatto che l’umanità attuale possa essere ricondotta per ascendenza materna a una sola donna che visse probabilmente in Africa 200.000 anni fa. L’umanità moderna apparve in un solo luogo a da lì si propagò». Ad analoghi risultati sono giunti anche L. Cavalli-Sforza e il suo gruppo di ricerca della Stanford University (cfr. «Le Scienze», n. 281, gennaio 1992).

Il primo homo sapiens poteva dunque essere stato «tratto dalla terra» facendo riferimento alla sua composizione materiale e la prima donna sapiens poteva essere giustamente chiamata «madre di tutti gli uomini»? Credo che il racconto biblico sia veramente compatibile con quello scientifico.

In definitiva, tutti i dati moderni concorrono a focalizzare il centro originario dell’umanità in un unico punto, Africa settentrionale, sia per quanto concerne i primi ominidi 6 milioni di anni fa, sia per quanto concerne i primi sapiens, 200 mila anni fa. L’umanità non è nata in modo diffuso in Europa, in America e in Asia, ma è piuttosto emersa come un lampo in un unico punto del globo terrestre, in Africa. Le scimmie si trovano anche in Asia, ma non hanno dato origine a nessun uomo. Tutto questo fa pensare che sia effettivamente esistita una prima coppia interamente umana, almeno nel senso di appartenente alla specie sapiens, che ha diffuso, con i propri figli, la nuova identità.

Alla luce della scoperta di Dmanisi

C’è un altro dato, tuttavia, raccolto lo scorso anno, su cui vorrei riflettere a conclusione e a conforto di questa ipotesi. I crani scoperti a Dmanisi («Science», ottobre 2013 cfr. il mio articolo su «il Timone» di agosto 2014, www.iltimone.org), nella Georgia europea, sembrano infierire enormi sforbiciate al cespuglio preumano ed umano che è descritto da Pievani (come pure da Giorgio Manzi, ordinario di paleoantropologia alla Sapienza di Roma e firma della rivista «Le Scienze»).

Nel nuovo bozzetto, allora, si troverebbe non più un cespuglio, ma due insiemi distinti di viventi: il primo formato da scimmie di varie dimensioni e fattezze e il secondo da uomini di varie razze o varietà. Due popolazioni diverse tra loro: una di scimmie e una di uomini. Con la stessa enorme variabilità intraspecifica che osserviamo oggi tra i cani e i gatti o tra certe specie di vegetali. Il criterio distintivo è molto semplice: in presenza di bipedismo sicuro e di capacità cranica superiore alla soglia di 800 centimetri cubici, possiamo e dobbiamo parlare di genere umano (Homo); in assenza di entrambi questi elementi, non possiamo parlarne.

Anche in questa seconda ipotesi, qualora venisse confermata, avrebbe senso parlare, a maggior ragione, di una coppia progenitrice di una specie così unica e peculiare sul pianeta

Per saperne di più…

Umberto Fasol, Evoluzione o complessità?, Fede e Cultura, 2012.

Giancarlo Cavalieri, Bibbia: la scienza conferma?, «il Timone», 69 (2008), pp. 50-51